Capitolo 41

West incrociò le braccia al petto e guardò l'alunna con sufficienza.
«Senti Paige, sarò diretta con te, tu non mi piaci. Non mi piace il tuo comportamento in classe, non mi piace l'influenza che hai su… sui tuoi compagni, non mi piace il modo in cui non rispetti l'autorità. Penso che tu sia una poco di buono con manie di protagonismo» gesticoló con una mano portandola sotto al mento.
«Ma ho anche dei difetti…» bisbigliò Maeve guadagnandosi un'altra occhiataccia che la zittì sul posto.
«Sempre con sta fissa di dover rispondere, ti ho detto che devi tacere» le ordinò e una certa violenza fredda e diretta scandì le ultime parole dando il magone alla ragazzina che obbedì. Quel tono le ricordava suo padre. Quella professoressa non le stava per niente simpatica.
Jade sorrise sentendo il silenzio, guardandola con sfida, fomentando il suo odio. Il suo sorriso si rilassò, insieme alla tensione che le circondava.
«Detto ciò ho bisogno che mi spieghi una cosa…» il suo tono calmo non nascondeva la sua curiosità.
«Cosa?» bofonchiò l'alunna alzando lo sguardo annoiata, già pronta a sentire la solita ramanzina.
«Come è possibile che la tua media in matematica sia cinque e mezzo? Non è possibile che la ragazza che ha risolto l'esercizio alla lavagna sia la stessa con questa media indecente!»
Maeve arrossì involontariamente per il complimento velato. Non se lo aspettava. Una strana sensazione le scaldò il petto. Incrociò le braccia abbassando lo sguardo, intimorita da quella domanda, intimorita da quella strana sensazione che la lasciava senza parole.
«È che… ma che ne so Prof! È che non c'ho sbatti!» sbroccó nell'unica lingua che sapeva parlare.
«Cosa significa che non “hai sbatti”? Con il talento che hai potresti avere la media del dieci! Potresti ambire a molto di più. Ma non ti rendi conto?» le rispose con enfasi personalmente coinvolta, mettendo entrambe le mani aperte sulla scrivania e sporgendosi verso di lei.
«Eh Prof… boh, cioè lo so che sono brava in matematica. Capisco sempre tutto e le cose mi vengono facili e veloci. Cioè è matematico, no? Ma non ho voglia…» borbottò rimanendo chiusa in se stessa, le guance rosse, un lieve sorriso sul volto. Non le piaceva per nulla quella sensazione; era abituata a ricevere insulti, ad essere screditata, odiata. Non aveva idea di come doveva gestire tutti quei complimenti. Si sentiva a disagio.
West si ricompose sulla sedia, prendendosi del tempo per analizzare quella ragazza osservandola a fondo.

La vicepreside batté le unghie sul legno confabulando coi propri pensieri.
«Capisco… ho capito come sei…» le sorrise con arroganza.
Maeve alzò gli occhi al cielo infastidita da tutta quella sicurezza. Quanto odiava le persone che le dicevano così, si vantavano di conoscerla ma in realtà nessuno capiva mai un cazzo, perché nemmeno lei si capiva.
«Pff… sì certo!» sbuffò.
«Tu sei un genio. Ci sono passata. Anche io la sono d'altronde. Solo che il mio potenziale è stato riconosciuto, e questo mi ha permesso di crescere in brevissimo tempo e di arrivare dove sono ora» continuò il proprio monologo pacata, provando a convincerla, notando il sorriso che l'alunna cercava di nascondere tra i denti.
«Ti annoi perché sei troppo avanti rispetto ai tuoi compagni. Hai bisogno di una sfida per sentirti coinvolta e stimolata, hai bisogno di fare progetti. Scommetto che ti annoi facilmente e hai costante bisogno di provare cose nuove, di cercare l'adrenalina.
Peccato che tu sia, una sorta di bestia selvaggia, senza alcun controllo e senza alcuna disciplina o motivazione intrinseca»

«Wow, sono un genio, ma anche una bestia. Non capisco, devo sentirmi insultata o lusingata?» rispose con cinismo ridendo, non fidandosi delle parole di quella donna.
«Hai per caso più talenti? Più interessi? O ti limiti alla matematica?» le chiese sinceramente incuriosita da lei, e Maeve lo percepì, le sue domande erano spontanee, era davvero interessata a lei. La cosa le fece piacere, per quanto non volesse ammetterlo.
«Ma che ne so Prof… mi piace disegnare, e vabbè, scrivere a volte…»
«E sei brava?» chiese alla ricerca di una conferma per la propria tesi.
«Beh sì…» ammise sorridendo orgogliosa. Amava vantarsi dei propri talenti, amava stare al centro dell'attenzione ma in quel momento sentiva qualcosa simile all'imbarazzo, cosa che non era per niente abituata a provare.
«Proprio come me da giovane….» disse tra sé e sé, proiettando in Maeve se stessa.
«Nelle altre materie fai fatica?»
«Bah, sono noiose. Non so. Studio solo a fine anno per recuperare» ammise senza riuscire a nascondere un po' di vanto. D'altronde aveva sempre pensato di essere speciale, superiore a molti suoi compagni stupidi e senza alcuno stile, ma non pensava che una professoressa avrebbe mai potuto confermare i suoi sospetti dandole del genio. Soprattutto non se lo sarebbe aspettato dalla nuova stronzissima professoressa di Matematica.

Gli occhi di Jade si fermarono nei suoi scintillando in trepidazione.
«Voglio iscriverti a dei concorsi» le annunciò trasportata da una scarica di adrenalina. Come se attraverso quella ragazza potesse rivivere la propria vita per una seconda volta.
«Eeeeeeh?» squillò confusa Maeve che non aveva la più pallida idea di che stesse parlando.
«Dei relly e concorsi per giovani talenti matematici»
«Ehhh? No, Prof. Col caz-volo che faccio ste cose da secchiona. Io ho un'immagine da mantenere. Non diventerò la sua cocca, o la secchiona della classe»
«Stai tranquilla, non correrai mai il rischio di diventare la mia preferita con i tuoi modi da scaricatrice di porto. Te lo posso assicurare. Comunque non era una domanda, non accetterò un no come risposta» prima che la ragazza iniziasse a lamentarsi Jade la guardò dritta negli occhi.
«Ascoltami: tu sei un genio, non sfruttare la tua intelligenza sarebbe un insulto a chi non ne ha, ma si impegna ben più di te. E poi non capisci l'enorme possibilità che hai? La vita non finisce con il liceo, cosa pensi che farai dopo con i tuoi pessimi voti e la tua reputazione da zoccola?» esaltata batté una mano sulla scrivania. Era da tempo che si aspettava un'occasione del genere, non se la sarebbe lasciata sfuggire, non avrebbe perso la sua occasione solo per la pigrizia sconclusionata di un’adolescente.

«Ma… Prof! Mi da della zoccola così?» scoppiò a ridere sorpresa. Forse si sarebbe dovuta offendere, ma lei non dava un significato negativo a quella parola e il fatto che una noiosa insegnante, nonché vicepreside, si comportasse così, era figo in un certo senso. Di certo non era noioso, ed era inaspettato. Il fatto che la professoressa West fosse una ribelle, che se ne fregava delle regole e delle formalità, le rendeva quasi stimabile.
«Paige, siamo nel mio ufficio e parlo come cazzo mi pare. Mi dispiace se non te ne fossi accorta, ma la reputazione che hai a scuola è questa. Basta fare un giro tra le scritte nei bagni per rendersene conto, d'altronde» Incrociò le braccia parlando liberamente, permettendosi di essere se stessa, di dire quello che pensava per quanto fosse crudo. Se aveva capito bene com'era Paige, solo quei modi schietti e spontanei l'avrebbero convinta a fidarsi di lei.

«Ma che cazzo, lei è pazza forte…
E lei lo sa di avere la reputazione della stronza psicopatica? Comunque non sono cazzi suoi» rise nervosamente e provò a ribattere per ferirla, ma Jade ignorò le sue provocazioni completamente assorbita dalla propria missione.
«Che piani hai per il tuo futuro?» perseguì.
«Oddio, ma che ansia. Ma che ne soooo, non so nemmeno se domani mi sveglio viva» sospirò affaticata da quella conversazione del tutto inaspettata, del tutto folle e insensata. Odiava pensare al proprio futuro, le metteva angoscia, angoscia che gestiva masturbandosi compulsivamente sulle foto dei femboys. Cosa che non poteva permettersi di fare a scuola.
«A qualcosa avrai pur pensato? Vagamente?»
«Boh, pensavo di sfruttare questo bel faccino e andare a fare pool dance per fare la ballerina nei locali. Si guadagna bene, penso. Oppure mi apro onlynfans e via. Vede così mi evolvo da troia a troia digitale ricca sfondata» ironizzò divertita, percependo di avere una certa libertà di parola visti i modi della sua insegnante.
«Stai scherzando spero…»
«Perché ha qualcosa contro le donne che guadagnano con il loro corpo?» la guardò male mettendola alla prova, diffidente. Cercando di capire se non fosse tutta una farsa. Probabilmente sotto sotto non era altro che una stronza chiusa di mente come tutti gli adulti.

West capì fosse un test dal suo sguardo indagatore. Se voleva convincere quella ragazza doveva prima piacerle, doveva prima guadagnarsi la sua stima. Per sua fortuna era sempre stata brava a piacere alle studentesse e non aveva mai perso la propria scintilla di giovinezza, dato che per anni aveva continuato a frequentare gli adolescenti, rimanendo aggiornata sui loro mondi in costante evoluzione.
«No. Non ho niente contro la libertà delle donne di poter sfruttare questo mondo di maiali per fare soldi. So bene che sono gli uomini il problema, ma Maeve… almeno prendi in considerazione un piano B, questo talento che hai è una fortuna di un certo peso, si vincono anche dei premi consistenti a questi concorsi…»
«Intende soldi? Tipo tanti soldi?» chiese Maeve improvvisamente interessata.
Jade sorrise furba, d'altronde tutti quei vestiti che indossava, e quello stile che amava ostentare doveva avere il suo costo. Era prevedibile, perché non ci aveva pensato prima? Era ovvio che Paige Maeve fosse una persona materialista.
«Sí, esatto. Ora dipende dal concorso e dalla tua bravura, ma io vinsi parecchio ai tempi. Sarebbero soldi tuoi, con cui potresti fare ciò che vuoi. Pensaci…» il suo tono persuasivo.
«Va bene ci sto!» rispose tutto di un fiato lasciandola sbigottita. Non ci aveva nemmeno pensato prima di accettare.

«Ah… così, davvero?»
«Sí, cazzo. Se mi basta scrivere due calcoli su un foglio per portarmi a casa un centone lo faccio subito. Ho fatto di peggio per venti euro…»
West si chiese se fosse compito suo in quanto insegnante indagare quell'ultima dichiarazione a dir poco preoccupante, ma decise di lavarsene le mani. Non voleva sapere della vita triste e disperata di quei ragazzi, aveva già la propria con cui fare i conti. Se quella ragazzina si prostituiva davvero non era affar suo, a lei importava solo del suo successo perché avrebbe avuto peso anche sulla sua, di carriera. Forse le avrebbe potuto addirittura aprire una nuova porta. Rimase in silenzio a riflettere sul da farsi, su come preparare la studentessa e da dove farla partire.

Maeve aspettando una sua risposta notò i suoi occhi color ghiaccio, notò come contrastavano con la carnagione pallida e i capelli corvini. Notò per la prima volta la simmetria del suo volto, gli zigomi alti e delineati, e quanto tutto l'insieme fosse piacevole allo sguardo. Era una donna innegabilmente bellissima, pensò.
«Ma lo sa che ha degli occhi fighissimi Prof?» le chiese sorridendole e arrotolandosi una ciocca di capelli attorno al dito.
West rimase sbigottita a quel commento. Nessuno studente se ne sarebbe uscito con una stronzata del genere. Maeve non era mai a disagio, né stava mai zitta. E poi cos'erano quei complimenti? Ci stava provando con lei? Certo con una frase tanto banale…

«Ah e non dire le parolacce. Prima hai esultato esclamando: “sí, cazzo”» la riprese.
«Ma non è giusto, lei le dice!» obiettò la ragazza.
«Io posso, sono la fottuta vicepreside» la sorrise facendola scoppiare a ridere, si guardarono con un pizzico di complicità. Non potevano negarlo, si assomigliavano e non poco. Jade incrociò le dita tra loro, forse Paige non le stava poi tanto antipatica.

*
[Tw: molestia sessuale, violenza]

Maeve l'aveva rassicurata con uno sbrigativo “poi ti spiego, ma tutto apposto, tranqui” quando era tornata in classe.
La cosa l'aveva calmata, ma per un breve istante era scivolato tra i suoi pensieri un dubbio inquieto: e se Jade ci avesse provato anche con la sua amica? Ma quel pensiero svanì come era comparso; aveva come la certezza che non ci fosse alcuna possibilità che una cosa del genere potesse accadere. Se lo sentiva, così per una volta ascoltò il proprio intuito lasciando sfumare le proprie ansie.
Si preoccupò di più per Maeve, spaventata dall'idea che Jade potesse distruggere la sua splendida autostima o personalità. Sperò non stesse male sotto le apparenze, non la conosceva abbastanza bene da sapere come si comportava quando stava male, ma per quel che aveva visto le sembrava solo più distratta del solito.  Era stata stranamente silenziosa e pensierosa, non l'aveva disturbata una volta durante la lezione, ma le sembrava di buon umore mentre fantasticava osservando fuori dalla finestra con un lieve sorriso sul volto. Si chiese a cosa stesse pensando.

Quando la campanella segnalò la fine dell'ora la sua amica afferrò la borsa e sporgendosi verso di lei le lasciò  un bacio sulla guancia.
«Amo oggi troppa fatica, torno a casa a dormire. Cia’» la abbandonò senza farsi troppi problemi, dedicandole un sorriso e lasciandola interdetta senza nemmeno darle il tempo di rispondere. Kat sospirò dispiaciuta, senza una compagna di banco le lezioni sembravano rallentare insieme alle nuvole fuori dalla finestra e i suoi pensieri sembravano farsi più pesanti. L'effetto dei farmaci continuava a farle trattenere grossi sbadigli, l'avevano avvisata degli effetti collaterali dei primi giorni, ma continuava a sentirsi sconnessa dalla realtà, distante, come se quella vita non fosse sua. Si sentiva come un automa, il suo corpo un burattino a cui tirava i fili per muoverlo meccanicamente. Era spaventata da quella sensazione di estraneità nell'essere dentro se stessa. Cercava sempre di prenderla con curiosità, per rimanere positiva, ma quella scomodità che viveva nel indossare il proprio corpo, nell'osservare i propri pensieri, se ci si concentrava troppo poteva essere terrificante.

Ripensò a Jade, le venne in mente come avevano fatto l'amore sul divano, era per quello che non pensava sarebbe stata capace di approfittare proprio della sua compagna di banco; l'aveva toccata, baciata con troppa devozione per poterla tradire così. Era certa che, anche se non c'era niente di ufficiale tra loro, non ci avrebbe provato con nessun altra studentessa. Si chiese se quella regola valesse anche per lei… continuava a scaldarla l'idea di poter avere qualche chance con Maeve. Se non fosse stata sotto farmaci forse si sarebbe sentita in colpa per quei pensieri, ma in quel momento sapeva solo essere sincera con se stessa. Non che si potesse innamorare di lei, per quanto la sua amica la facesse sentire leggera, dentro di sé Kat non sentiva più niente. Viveva il presente senza farsi troppe domande, senza il filo conduttore delle sue emozioni, dei suoi pensieri, cambiando umore rapidamente.
Infatti lo scazzo per West le era già passato, a dirla tutta non capiva nemmeno perché si fosse offesa prima. Ci stava che West si comportasse come una professoressa qualsiasi davanti alla classe. Era stata irrazionale ad aspettarsi altro… forse era Maeve a renderla arrogante, assorbiva un po' della sua personalità ogni volta che ce l'aveva vicino. Quando era da sola invece tornava nella propria bolla di apatia dove niente importava poi così tanto. Quindi non si sentiva più offesa, né sentiva il bisogno di parlare con Jade di quello che era successo. Tuttavia le sembrò incredibile; non era mai riuscita ad offendersi con la propria insegnante, nemmeno quando la trattava peggio e aveva tutte le ragioni per farlo, non era mai riuscita ad ignorarla davvero o a provare vero rifiuto nei suoi confronti, scoprire di esserne capace la colpì in un modo che non era né del tutto positivo, né del tutto negativo.
Era quella la chiave della sua libertà? Se solo lo avesse voluto sarebbe davvero riuscita ad allontanarsi dalla sua insegnante? La stessa per cui si diceva follemente innamorata?
La campanella suonò e, a differenza degli ultimi tre anni, Kat sistemò le proprie cose ed uscì insieme al resto della classe. Non aveva più voglia di essere l'ultima. Non vedeva l'ora di tornare a casa a collassare sul proprio letto, non desiderava niente di più al mondo, il sonno che premeva su di lei la faceva già sentire come se fosse tutto solo un sogno. I corridoi erano ancora una calca di ragazzi che come un fiume fluiva fuori dal portone nel cortile scolastico con estrema lentezza. Forse essere l'ultima aveva i suoi vantaggi; ovvero non dover stare ammucchiata contro tanti adolescenti puzzolenti. Fece una smorfia cinica mentre finalmente raggiungeva l'aria fresca e i flebili raggi del sole, alla ricerca di uno spiraglio da cui scappare. Si fece di lato per uscire da quella valanga, avrebbe fatto il giro lungo. Una voce familiare attirò la sua attenzione.

«Ma quella è una puttana tanto. Vi giuro, rega, la sfondo. Da davanti, da dietro, così si dimentica di quella lesbica sfigata di merda» Matt sputó per terra. Katherine sentì ogni parola e rimase apparentemente impassibile, un groviglio di emozioni distorte crebbe in lei. Non le importava che la chiamassero lesbica di merda o sfigata, non le importava se la guardavano male o se le parlavano dietro, ma sentire parlare così di Maeve, l'unica persona in quella classe che aveva mai preso posizione per difenderla, le fece male in una maniera del tutto nuova. Le diede carburante per un nuovo giovane tipo di odio, uno puro e dirompente, fomentato dalla sua apatia che la rendeva del tutto insensibile alla paura. Fece un respiro profondo riempiendosi i polmoni di rabbia.
«Seeeeh bro cazzo! Matt sempre a cazzo duro!» risero tra loro scambiandosi strette di mano e gesti di solidarietà.
«Le ricordo davvero che è una cazzo di puttana e non deve permettersi a parlarmi, a parlarci così. Al suo posto deve stare… a terra a succhiarmelo!»

«Quanto cazzo mi fai schifo…»
Tutti e quattro i ragazzi si girarono verso l'intruso rimanendo increduli; si innervosirono sul posto.  Katherine con un’espressione disumana fissava i propri occhi in quelli di Matt sperando di poterlo impalare con il proprio sguardo. Qualcosa dentro alla mente assonnata di Kat si ruppe, come una diga, una valanga travolse i suoi nervi tutti, caricandola di energia dirompente.
«Sei l'essere più disgustoso e ripugnante che abbia mai visto. Non ti devi permettere di parlare così di Maeve. Non sei minimamente alla sua altezza, dovresti ritenerti fortunato solo a poter stare in classe con una Dea del genere. Non ti cagherà mai, come non ti caga nessuna ragazza, d'altronde visti tutti questi bei discorsi da stupratore, fanno bene…» le sue parole ferme e serie, come proiettili centrarono il bersaglio, approfittando dell’istante di mutismo causato. Non aveva più paura, non aveva più motivi per stare in silenzio, non poteva più subire le loro stronzate da sessisti omofobi del cazzo.

Il volto di Matt si tinse di rosso mentre la rabbia cresceva in lui facendolo sembrare un pomodoro, Kat ghignò soddisfatta. Gli occhi azzurri del ragazzo stonavano con il suo volto rosso dandogli un aspetto ridicolo. Nessuno dei ragazzi riusciva a credere a cosa fosse appena successo, il branco non sapeva come comportarsi, aspettó la reazione del proprio leader.
«Che… che cazzo hai detto lesbica di merda?» le sputò ai piedi con fare minaccioso avvicinandosi a lei. Matt era almeno quindici centimetri più alto di lei, e nonostante non fosse ancora sviluppato, il suo fisico era robusto. Un sorriso nervoso e crudele gli spaccò le labbra, cercò il sostegno dei propri amici scambiando degli sguardi con loro.
«Come cazzo osi lesbica di merda, sei cazzo impazzita del tutto? Ahahah tu fai schifo cazzo. Non servi ad un cazzo, sei così disabile che non riesci manco a farti fuori. Pensi davvero di poter piacere a qualcuno? Sei un cesso. Maeve ti avrà cagata perché le fai pena, appena si stuferà di te, tornerà a farsi scopare da mezza scuola. Ti manderò il video appena me la fotterò» le ringhiò fomentato di un aggressività violenta, il gruppo scoppiò a ridere dandogli manforte.

L'odio che Katherine provava le scintillava nello sguardo, non abbassò lo sguardo né arretrò, tenendo testa al proprio bullo. Quelle parole avrebbero potuto ferirla, marcando le sue insicurezze, ma non la fecero sentire né piccola, né spaventata, diedero solo legna al fuoco della sua giustizia. Non si trattava più solo e unicamente di lei, Matthew avrebbe potuto rovinare la vita a tante altre ragazze come lei, forse lo aveva già fatto. Lo squadrò e ridacchiò tra sé e sé.

«Sei davvero disgustoso, come ho potuto dare peso a qualcuno come te… preferisco essere un cesso, una sfigata, una lesbica di merda che una persona di merda come te, sembri solo un cazzo di stupratore. Ti agiti come un bamboccio insicuro» le sue parole calme, il suo volto fermo colpì in pieno Matthew che si aspettava di vederla scoppiare in lacrime come più volte era successo in passato.

Il suo orgoglio ferito nel profondo esplose, non poteva farsi mancare di rispetto così davanti a tutti. Matt la prese per il colletto della camicia strattonandola, i loro volti fin troppo vicini.

«Sfigata di merda non farmi incazzare. Io ti distruggo, porcodio» le sbraitó contro. La sua aggressività era palpabile, tanto da mettere a disagio i suoi amici. 

Uno di loro gli appoggiò una mano sulla spalla per calmarlo.

«Bro, non davanti a tutti…» gli borbottò. Matt la lasciò andare facendo un respiro profondo senza staccare gli occhi dai suoi. Rise nervoso.

«Senti… non so che cazzo di problemi hai, cercare di ammazzarti ti avrà rotto il cervello più di quanto fosse già sputtanato. Facciamo così, chiedi perdono e forse… forse dimenticherò le stronzate che hai detto. Fottuta malata mentale» sorrise con arroganza, alla ricerca di un briciolo del proprio potere. 

«Chiedo perdono… a me stessa per aver avuto paura di un insicuro come te, di un disgusto egomaniaco talmente fragile da non saper accettare il rifiuto, talmente misero da dover maltrattare gli altri per sentire di valere qualcosa» Matt le prese il braccio stringendolo come ammonizione, ma Kat non reagí, rimase impassibile come una bambola vuota, come l'ospite di un corpo che non le apparteneva.

«Stai attenta a quello che dic-»

«Non devi dimenticare una sola parola delle “stronzate” che ti ho detto» aggiunse col proprio volto di pietra.

Matthew impazzì dalla rabbia, le strattonò il braccio tirandola verso di sé, la vena sulla sua fronte gonfia, non poteva farsi trattare così da quella nullità, da quella disgustosa sfigata che valeva meno di zero. Si era montata la testa solo perché qualcuno le aveva dato attenzioni per la prima volta in vita sua, ma l'avrebbe rimessa al proprio posto fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Tetro guardò i propri amici con aria maligna.

«Avvertitemi se arriva qualcuno…» ringhiò ai propri amici. Tirandola per il braccio si incamminò all'angolo dietro alla scuola, dove la gente non passava e non potevano vederli. 

«Matt non fare cazzate…» provò a farlo ragionare l'unico ragazzo con un poco di buon senso in testa.

«Stai zitto coglione, vi ho detto di coprirmi!» gli urlò contro aggressivo.

Katherine non urlò, ma quando furono coperti dal muro che li nascondeva dalla folla, si liberó strattonando e graffiando le braccia muscolose del ragazzo lasciando dei segni rossi, Matt non curante, rapito dalla propria vendetta non sentì nemmeno dolore e si limitò a spingerla spalle al muro bloccandole la strada con le proprie braccia. Katherine non aveva mai visto Matthew così, il ghigno che aveva sul volto avrebbe fatto paura a chiunque, ma non a lei che lo vedeva per il patetico essere che era.

«Facciamoci una bella chiacchierata Katherine. Tu mi fai davvero… schifo, dal primo momento in cui ti ho vista. Sempre così moscia e noiosa, una sfigata di prima categoria, mi fai così schifo che ogni volta che ti guardo mi fai ribrezzo. Capisci? Mi dai lo sbocco, cazzo! Sei una cazzo di perdente, una fottuta nullità. Finché stavi zitta a piagnucolare per lo meno avevi la decenza di stare al tuo posto e accettare la tua cazzo di inferiorità. Dio, quanto ti odio. La tua personalità è così fastidiosa, ripugnante. Cazzo quando ho saputo che ti eri fatta fuori sai cosa ho pensato? Ho pensato: porcodio finalmente! Finalmente quella cazzo di nullità si è tolta dal cazzo. Avrei voluto vederti mentre ti affettavi come un salame, il solo pensiero di te coperta dal sangue mi ha messo tanto di buon umore che ho festeggiato sbronzandomi e menandomi una sega. Una goduria pensare di essere riuscito a farti capire quanto cazzo fossi inutile per questo mondo. Siamo onesti, non farai mai nulla di buono nella tua miserabile vita, sei una perdente senza futuro. E invece, diocane, eccoti qui, più scema di prima, a irritarmi più di prima. 

Cosa volevi delle scuse? Pensavi di meritare qualcosa? Non meriti un cazzo, le fallite come te non meritano un cazzo. Dovevi ammazzarti» Matthew vomitava su di lei tutta la propria violenza, tutta la propria rabbia, la sua vena pulsante al collo, il suo volto si contorceva in smorfie scavate dal male stesso. La bestia che nascondeva ogni giorno davanti agli adulti dipingendosi come il ragazzo perfetto, finalmente allo scoperto sbraitava divertita da tutta quella libertà.

Kat immobile, impassibile, distaccata da quel fiume di violenza. Come una spettatrice. Non era più la stessa Kat di prima, sentire parlare del suo passato, della Kat che aveva tentato il suicidio, le sembrava stesse parlando di qualcun'altro. Lo studiava oggettiva.

«Non sono io la malata mentale. Tu sei psicopatico…» gli fece notare rimanendo calma. 

«DEVI STARE ZITTA PORCODIO!» le urlò in faccia afferrandola per i vestiti. Scoppiò in una risata malata irrefrenabile spingendola di nuovo al muro.

«Psicopatico… ahahah, psicopatico... 
Mi piace. Dovresti chiudere quella cazzo di bocca quando parli con uno psicopatico. Ma sei così scema da non capire nemmeno quando devi stare zitta. Dio, io ti distruggo. Sono serio. Io ti distruggo finché non ti ammazzi di nuovo, stavolta per bene e se non ti ammazzi tu, ti ammazzo io» le sorrise divertito cercando in lei un minimo di reazione di terrore, ma Kat era illeggibile, l'apatia nel suo sguardo la faceva sembrare qualcosa di già morto.

Lo fissò, sentiva il proprio cuore correre spaventato, sentiva il proprio corpo ripieno di adrenalina allarmarla del pericolo, eppure la sua mente non si preoccupava altrettanto, tutt'altro;  rimaneva lucida e stabile. Si inumidì le labbra sistemandosi i vestiti stropicciati come niente fosse. Pensò a cosa dirgli mentre lui la guardava con trepidazione aspettando di vederla crollare, aspettando di sentire la sua paura, le sue suppliche.

«Io…» borbottò Kat.

Non sapeva se Matt stesse bluffando, sicuramente non poteva ucciderla lì dietro scuola, non si sarebbe rovinato la vita così, era troppo intelligente, e poi non aveva più paura di morire, non che ne avesse il desiderio. Subire le sue minacce, farsi schiacciare dalla sua crudeltà, era stata quella la vera morte, tutti quegli anni di bullismo facevano molto più paura, molto più male, di una misera minaccia.

«Io ho sempre cercato di capire… cosa potesse rendere una persona così cattiva. Sai? Mi sono sempre chiesta… cosa ti avesse reso così mostruoso» lui le sorrise rassicurato vedendo in quella dichiarazione una manifestazione della sua debolezza, del suo essere patetica. La lasciò continuare.

«Pensavo che una persona dovesse essere molto ferita per diventare così cattiva…
Invece ora sono sollevata. Non c'è niente in te di salvabile, non c'è un motivo, sei semplicemente vuoto e patetico. Sei… sei deprimente. Odiare una ragazza che non ti ha fatto nulla, per il gusto di sentirsi più forti, più fighi… è davvero… è davvero debole. Mi fai pena, non mi fai paura, mi fai davvero pena Matthew. Preferirei morire che essere te, e sinceramente se fossi in te allora sì che avrei una ragione valida per ammazzarmi, almeno non rovinerei più la vita a nessuno. Tu sì che sei una persona disgustosa, odiabile, tu sì che fai schifo. Il tuo ego è così fottutamente fragile, hai tanto bisogno di piacere agli altri, di sembrare forte, ma sei solo un insicuro vuoto e solo. Mi hai detto tante volte che nessuno mi amerà mai, ora capisco che stavi solo parlando di te stesso e delle tue paure, perché sai che nessuno potrebbe mai amarti o sopportart-»
Matt si gettò su di lei furioso stringendole le mani al collo. 
«STAI ZITTA CAZZO! IO TI AMMAZZO» Kat gli graffiò le dita per liberarsi, ma la sua presa strinse più forte. L'aria non passava nella sua gola, sentiva bruciare, il dolore lancinante. Gli occhi ricolmi di violenza nei suoi. 

Non gli avrebbe dato quella soddisfazione.

Soffocando, Kat gli sorrise.


Spazio autrice:

Per chiunque fosse turbato e stesse vivendo situazioni pesanti del genere ci tengo a lasciarvi questi numeri di aiuto

Numero Antiviolenza e Stalking - [1522]

Bullismo e Cyberbullismo - [800 66 96 96]

Se siete vittime di qualsiasi tipo di violenza se trovate la forza chiedete aiuto, ci sono tante strutture che hanno questo scopo🥺❤️

Mi dispiace per la pesantezza di questo capitolo, è stato davvero doloroso e faticoso scrivere di tutta questa violenza e questo odio, ma voglio rassicurarvi per lo meno che non ci sarà un capitolo più pesante di questo (non che io abbia previsto per ora almeno)

Mi sono sempre chiesta se mettere scene che trattassero della violenza sistematica maschile sulle donne, che è un tema che mi sta a cuore e per cui ci sarebbe moltissimo da dire, essendo una donna su tre vittima di molestie, ma alla fine ho deciso di evitare. Per quanto DT parli già di violenza nelle relazioni e sessuale da parte di Jade nei confronti di un po' tutti, volevo che almeno fosse libero da quel tipo di pesantezza che purtroppo sono certa molte di voi, come me, conosceranno.

Se questo capitolo vi ha scosso, o ha causato reazioni emotive molto forti sentitevi liberi di sfogarvi nei commenti o anche di scrivermi su instagram [a @dangerous_teacher]

Spero che nonostante la pesantezza il capitolo vi sia piaciuto, purtroppo DOVEVO scriverlo perché è una di quelle scene che avevo in programma di scrivere da tipo cinque anni, e che sarà un pilastro di svolta importante per la trama. Sì mi sento in colpa per tutto quello che sto facendo vivere a Katherine q.q

Cercherò di pubblicare presto, magari questo mese, perché non posso proprio lasciarvi così ad aspettare per un mese o più. Va bene la suspance ma non sono un mostro 😭

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