Capitolo 35
Jade sentì un colpo al cuore, si sentì davvero morire. Gli occhi di Adeline la guardavano privi di amore. Le sue vesti nere. Il suo volto tetro rigato dalla pioggia.
«Non è vero. Sono qui» Jade allungò le braccia verso di lei sentendo il sapore salato della perdita sulle labbra.
Adeline rimase immobile a osservarla, il vento le soffiava addosso eppure i suoi capelli corvini rimanevano statici.
Mosse le labbra, ma non fu la sua voce ad uscire.
Non sei qui, tu sei morta
Lo urlò lo scorrere del fiume, del vento. Lo gridò il boato, il tuono sopra la sua testa. Come se la natura tutta fosse la corda vocale di Adeline. Come se il fiume intero non fosse altro che la sua gola.
Sei morta
Jade iniziò ad urlare disperata. Non sapendo più nemmeno lei distinguere il reale, non sapendo nemmeno più se quella fosse la realtà o la sua morte.
Morta
Tutto si fermò di nuovo. Il silenzio. La quiete.
Anche le sue stesse urla si silenziarono.
Il suo dolore pure si sospese nel vuoto.
Adeline la guardava di nuovo ma questa volta sembrava vederla davvero.
West sentì una morsa al cuore, finalmente si videro, si guardarono; Adel era stupenda, i suoi occhi scuri piangevano, erano rossi, affranti, devastati. Il vento finalmente la accarezzava spostandole le ciocche sul volto e facendo danzare le pieghe della sua gonna nera ricamata di rose.
«Liz… sono al tuo funerale. Tu sei morta… da tempo», le rivelò in singhiozzi, mentre la sua voce si piegava in un lamento penoso e gutturale. Il suo corpo magro, fragile cadde in ginocchio iniziando a piangere tanto forte da contrarsi, da urlare, grugnire e singhiozzare, da farsi venire i conati.
Il cuore di Jade si spezzò in due. Rimase senza voce mentre i suoi occhi facevano tempesta fuori dalla sua volontà.
Non poteva vedere Adeline soffrire così. Non poteva. Non poteva vedere Adeline soffrire.
Non poteva vedere Adeline soffrire così.
Non poteva. Non poteva. Non poteva.
Un lamento lungo vibrò fuori dalla sua gola, insieme alla consapevolezza di essere morta.
Era vero: quello era il suo funerale.
Lo vedeva, lo sapeva, lo ricordava: era morta.
Era morta da molto tempo.
Scoppiò in lacrime insieme alla sua amata ricordando improvvisamente come ci si sentiva ad essere in vita, realizzando improvvisamente quale vuoto immenso fosse dentro di lei, quale buco avevano creato i vermi che l'avevano divorata sotto terra mentre decomponeva.
Non avrebbe mai più provato la vita, non avrebbe mai più provato l'amore, non avrebbe mai più stretto Adel tra le sue braccia, non l'avrebbe mai più baciata. Non avrebbe mai più sentito null’altro che il nulla, che l'apatia, che l'abisso senza fine.
Un fulmine la colpì alla punta della testa con pieno panico e disperazione. Un turbine distorto di immagini nella sua mente, come se un'ombra scura le stesse strappando via i pensieri, i ricordi. Tutti. Come se la corrente la stesse svuotando di tutte le sue memorie prosciugandola nella morte, dissolvendo via la vita passata.
«No! NOO!! VOGLIO VIVERE. ADELINE! ADELINE! SCUSA! SCUSA VOGLIO VIVERE!»
I suoi ricordi sbiadivano come immagini di carta disciolte in acqua, ferocemente tentò di afferrarli con le dita. Stava morendo, cancellata nella propria identità.
La corrente la gettò bruscamente a fondo, altre
mani estranee ad afferrarla, a tirarla giù.
Era all'inferno.
Doveva essere il suo inferno. L'acqua le stava entrando nel naso, poteva sentirla. Il dolore le pugnalava lo spirito, i polmoni. Combatté per un'ultima volta tornando a galla. Cercò Adeline ancora una volta, ma la riva non c'era più. Come se non fosse mai esistita. Tossì e rigurgitò acqua e sangue.
Silenzio.
«Prof! Professoressa!» sentì una voce chiamarla, ma non riusciva a capire da dove provenisse.
«Prof West!» ancora qualcuno la stava chiamando. Si sentì come strappare via da un sogno, da un altro universo.
Improvvisamente ricordò. Era… Katherine?
Valentine sbucò fuori dalla sua memoria lontana anni luce.
«Professoressa West!?»
«Sono qui! Aiuto!» chiamò ad alta voce sperando di essere udita. Sperando che qualcuno arrivasse a salvarla.
Una mano le accarezzò la spalla facendola sobbalzare e scattare sul posto.
«Eccola Prof!» Katherine di fronte a lei era immersa nel fiume, aveva i capelli bagnati che le coprivano il volto.
Si sentì immediatamente rassicurata a non essere più da sola.
«Aiutami Kat. Ti prego portami a casa. Non so cosa sta succedendo. Forse sto impazzendo», la supplicò prendendola per mano.
Kat le accarezzò una guancia preoccupata.
«Stavamo facendo una nuotata. Non si ricorda, Prof?» le spiegò teneramente.
«Non si ricorda, Professoressa West?»
Jade osservò la figura sfocata di Katherine semisommersa.
«Non si ricorda?» sentì ripetere di nuovo, ma non era stata Kat a parlare, realizzò iniziando a tremare. La voce proveniva dalle sue spalle.
«L’hai sentita… anche tu?» le bisbigliò immobilizzandosi.
«Cosa?» le chiese la rossa.
«Professoressa West?»
«Non si ricorda? Stavamo facendo una nuotata…» ora non era più una voce sola, erano due. Due voci. Due ragazze.
E provenivano da molto più vicino.
Sentì il rumore e il flusso dell'acqua che si spostava dietro di lei. Erano alle sue spalle.
Tremò di freddo e paura, non si sarebbe voltata. Non ne aveva la forza.
«Le hai sentite!?» insistette convinta di star impazzendo.
La rossa rise.
«Kat, non ridere sono seria! Ti prego, dimmi che siamo solo noi, che non ci sono altre ragazze qui» piagnucolò disperata combattendo contro l'istinto di girarsi e guardare.
Sentiva la loro presenza. Lo sapeva; erano lì.
«Non si ricorda? Stavamo facendo una nuotata…»
«Ricorda? Stavamo facendo una —-ata…»
West smise di respirare.
Due mani le si appoggiarono addosso, una per spalla, ne sentiva il peso delle cinque dita.
Lo sapeva, erano loro, erano loro due.
Chiuse gli occhi rabbrividendo, stringendo i denti.
«Kat ti prego…» supplicò chiudendo gli occhi tremante.
«Jade… qui non c'è nessuna…»
West riaprì gli occhi sollevata nel sentirselo dire. Era come pensava, stava impazzendo, era l'alcol o era diventata psicotica. Non era reale. Niente di quello era reale.
«Non c'è nessuna Katherine, qui» la ragazza di fronte a lei rise spudoratamente e le due mani sulle spalle la strinsero.
«Professoressa West, non si ricorda?»
«Stavamo facendo una scopata», ripeterono le due ragazze abbracciandola e avvinghiandosi alla sua schiena.
Un'onda spostò le ciocche dal volto della sua studentessa: Katherine non era Katherine. Era Violet, era il volto di Violet ben più giovane.
«No! No! Lasciatemi! Lasciatemi stare!»
Presa dal panico iniziò a contorcersi per liberarsi, ma le unghie delle ragazze erano strette sulla sua schiena, la deridevano.
«Ma come Prof?»
«Non si ricorda di noi?», sibillavano al suo orecchio.
«Stavamo solo facendo una scopata, giusto?»
«Non si ricorda? Ci ha buttate via»
«Ricorda? Stava solo facendo un gioco con noi»
«Solo un esperimento»
Le voci si duplicarono, triplicarono, moltiplicarono.
Erano loro.
«Solo una scopata»
«Questo se lo ricorda, Prof?» altre mani, altre teste sbucarono dall'acqua puntando i propri volti sfocati verso di lei.
Alzarono le braccia e le sorrisero, mostrandole il sangue che sgorgava dalle loro ferite tingendo le acque di rosso, del rosso del suo peccato. Le immobilizzarono le braccia, le afferrarono le gambe, la strinsero tanto forte da farle male, da toglierle il respiro.
Erano loro, erano tutte le alunne che aveva lasciato indietro.
«Lasciatemi! Lasciatemi stare!» urlò disperata spingendo e tirando con tutte le proprie forze. Non voleva guardare.
«Mi darà un bel voto Prof? Sarò brava. Vuole che risolva l'equazione Professoressa? Mi impegnerò di più. La rende fiera di me? Vuole che venga alla lavagna? Che vada bene nella verifica? Sorriderò sempre per lei Prof. Vuole aiutarmi Prof? Farò ripetizioni, lei è così gentile professoressa. Vuole vedermi nuda Prof? Vuole sbattermi alla cattedra? Mi farò scopare Prof. Mi farò maltrattare. Vuole buttarmi via Prof? Vuole umiliarmi, la eccita tanto vero Prof? Vuole vedermi piangere Prof? Le piace? La fa godere? Vuole farmi del male Prof? La fa sentire bene? Vuole vedermi morta Prof? Mi taglierò le vene Prof. Mi lascerò ammazzare Prof. La fa sentire meglio professoressa? Che cosa può farla sentire meglio Prof? Che cosa?» tutte quelle voci iniziarono a martoriarle le cervella come una trivella puntata ai timpani. Jade pianse per il dolore, per la paura, per la colpa. Pianse continuando a lottare mentre le mani le afferravano il volto, la gola, le tiravano i capelli, le tappavano la bocca dandole il sapore metallico del sangue.
Era tutta colpa sua.
Niente poteva farla sentire meglio.
Era tutta colpa sua.
Era tutta colpa sua.
Tutte le vite che aveva spezzato la volevano, volevano vendetta, volevano l'amore che aveva promesso loro, volevano soffocarla col proprio.
«Professoressa West, perché? Perché ci ha fatto questo? Perché?» esalavano tutte le sue vittime in coro, sangue piangeva dagli incavi scuri sui loro volti. Jade West si pietrificò, l'aria non riusciva a passare nei suoi polmoni, rimaneva ferma davanti a quello scenario raccapricciante.
Le studentesse la lasciarono andare chiudendosi a cerchio intorno a lei, costringendola a guardare, a vedere il frutto del suo lavoro, della sua violenza. West si tappò la bocca con una mano continuando a vedere, ruotando sul posto e continuando a vedere ciò che mai avrebbe voluto.
Il cerchio si aprì.
Katherine avanzò vestita di bianco.
Era lei, lo sapeva, lo sentiva. Le venne incontro fermandosi di fronte a lei a testa bassa.
Silenzio tagliente.
«Ti prego, no… ti prego…» la supplicò Jade sull’orlo. Presagendo il peggio.
Katherine alzò la testa e i suoi occhi erano orbite vuote, buchi che prosciugavano la sua sanità mentale.
Le mostrò i polsi, e degli squarci si aprirono sulle sue vene. Il sangue prese a scorrere impetuoso, sgocciolando nel fiume piatto, scrosciando nel sangue.
«É colpa tua. Tutta questa sofferenza è colpa tua.
Saresti dovuta morire prima, saresti dovuta morire Tu»
Il cuore di Jade si ruppe in pezzi.
Desiderò morire intensamente in quel momento. Singhiozzò scuotendo la testa.
«Scusa, scusa, ti prego perdonami. Sono stata io. È colpa mia. Scusa. È colpa mia. Vi prego, perdonatemi, vi supplico…» piagnucolò supplicante.
«È troppo tardi. È troppo tardi per chiedere scusa», bisbigliò tetra Katherine.
Due mani afferrarono Jade alle caviglie.
La trascinarono giù.
«NO! SCUSA, SCUSA!» gridò Jade nel silenzio.
Katherine si svegliò di soprassalto, spaventata dalle urla. Ancora intontita dal sonno guardò West urlare ad occhi chiusi mentre delle lacrime le rigavano il volto.
«SCUSA!»
Che cosa stava succedendo? Senza pensarci la toccò per svegliarla. Jade aprì gli occhi di botto, alzandosi dal proprio incubo continuando a piagnucolare senza riuscire a realizzare la realtà.
«Scusa! Scusa, scusa Katherine!» si buttò al suo collo supplicando in lacrime, tremando tra i singhiozzi.
«Scusami, scusami, è colpa mia. Adeline, lo sa. Adeline…» scoppiò sommessa.
Katherine di istinto la strinse tra le proprie braccia, lasciandola piangere al suo collo. «Shhh… va tutto bene. Va tutto bene Jade. Era un sogno. Era un brutto sogno. Va tutto bene… tranquilla», la abbracciò forte preoccupata e confusa. Sentiva ancora la testa annebbiata, le sembrava un sogno; Jade che piangeva come una bambina al suo petto. Tremava sotto le sue dita, sussultava con tutto il proprio corpo, bagnandole il collo di lacrime.
Non poteva crederci, era assurdo fosse sveglia, fosse reale.
Osservò intorno a sé per fare il punto della situazione; fuori c'era il sole, la luce entrava dalle finestre. Ricordò meglio come era finita nel letto di Jade a quell'ora e la strinse a sé.
Ricordò la conversazione che avevano avuto prima di andare a dormire insieme; aveva sognato Adeline di nuovo! Tutto tornava. Quelli dovevano essere i sogni, anzi gli incubi di cui le aveva parlato. Quella doveva essere la disperazione che l'aveva spinta a bere e a devastare il proprio salotto.
Le accarezzò la testa. West tra le sue braccia tremava come una ragazzina, la sentì piccola e bisognosa. La vide piccola e bisognosa per la prima volta. Quasi non ci poteva credere. Jade stava davvero soffrendo in maniera disumana. Non aveva idea stesse tanto male. Era terribile.
Jade pianse tutte le proprio lacrime di terrore e senso di colpa prima di realizzare fosse solo un sogno, allora smise di piangere e provò un pizzico di sollievo aggrappandosi alla realtà, poi provò immensa disperazione ricordando che la realtà non fosse meglio, ma fosse solo lo specchio del suo incubo. Allora desiderò quasi che il suo sogno divenisse realtà, allora desiderò poter vedere Adeline sull’altra sponda, desiderò essere morta e che Katherine e tutte le altre alunne la odiassero e incolpassero, che potessero beneficiare del suo funerale. Si liberò dall'abbraccio dell’alunna e scoppiò in lacrime di nuovo ricordando cosa significasse essere sveglia nella sua vita, mettendo insieme il proprio sogno, il senso del proprio inconscio e la realtà. Sovrastata da quelle sensazioni reali, da quel mondo freddo dentro al fiume dove si sentiva ancora immersa nello spirito. Anche quando la sua coscienza si svegliò realizzando e giudicando il patetico scenario che stava creando, anche allora non riuscì a smettere di piangere sovrastata da emozioni ben più grandi di lei, da secoli di intricati pensieri e convinzioni rimossi; ora tornati a galla.
Nella flebile consapevolezza di starsi rendendo tanto ridicola di fronte a Katherine, scese dal letto e incespicando sul parquet corse in bagno, fuggendo come una ragazzina, chiudendo la porta alle proprie spalle e scivolando al suolo in singhiozzi. Abbracciò le proprie gambe mentre dentro di lei qualcuna che aveva dimenticato sembrava piangere tutto il dolore che non aveva voluto affrontare. Strinse i denti implorando il proprio ego di aiutarla a ricomporsi, ma questo si era sbriciolato sotto il peso di una realtà che non avrebbe più potuto negare a lungo. La sua parte più infantile e spaventata piangeva disperata sulle piastrelle del bagno controllando ogni muscolo del suo corpo e lei inerme non poteva far altro che osservarla, incapace di prendersene cura, incapace di amarsi e accudirsi come avrebbe dovuto saper fare. Rimase in sospeso nel conflitto del proprio io, a condividere i giudizi contro una fragilità inaccettabile, a provare il panico di un pianto primordiale e bambino che non aveva idea di come placare. Ancora sospesa a metà tra il mondo sveglio e l’universo offuscato del suo inconscio; sentiva con chiarezza quasi materiale qualsiasi emozione che le passasse attraverso gli occhi in quel momento.
La sua bambina interiore piangeva, piangeva, piangeva. Come una creatura abbandonata nel mondo, bisognosa, affamata, supplicante, minuscola. Come qualcosa di sé che aveva perso e che ora sapeva a malapena riconoscere. Le urlava parole semplici: ho paura, aiutami! Ho paura, ho male. Aiutami.
Ma lei non sapeva aiutare nessuno e la sua sicurezza era solo finzione, era solo arroganza che dissolveva in un brutto sogno. Era solo insicurezza, incapacità di ripetersi un semplice e caldo “va tutto bene”. Era l'incapacità di essere adulta, di essere madre, responsabile della propria piccola Liz terrorizzata da tutti i suoi errori, richiamata nel suo bagno da un universo parallelo di dieci, venti anni prima.
Allora Jade si arrese. Pianse per la compassione che non riusciva ad avere, pianse per l'odio che riservava a quella piccola e fastidiosa cosa dentro di sé, pianse per il disprezzo tanto immenso che provava nel vedersi ridotta così. Non sarebbe mai guarita.
Pianse perché le mancava tanto Adeline, le mancava sua zia, le mancava sua madre. Le mancava il suo “va tutto bene” meritato alla nascita.
Poi il suo cervello sembrò svegliarsi dal sonno, dalla semi-realtà, percepí le piastrelle fredde e concentrandosi su quella sensazione si impose di respirare, di farlo profondamente, di smetterla di tossire e soffocare tra le lacrime. Inspirò ed espirò, come le aveva insegnato a fare Dayana nelle crisi peggiori. Inspirò ed espirò fino a che il mondo sembrò aprirsi oltre alla sua mente. Inspirò ed espirò finché il bagno non tornò chiaro e vivido intorno a lei e la realtà tornò un luogo tangibile a cui apparteneva. C'era la vasca, e gli asciugamani, e il phone che non aveva riposto, e i suoi cosmetici, e il tappeto morbido. Osservò gli oggetti intorno a sé respirando e realizzando pienamente di essere sveglia. Solo allora sentì la voce della ragazzina che le parlava.
Kat continuava a chiamarla provando a farsi sentire. Non capiva. Perché era scappata? Perché non era rimasta a calmarsi tra le sue braccia? Perché non si era fatta consolare? Sentiva tutta la sofferenza di Jade, anzi poteva vederla, vederla per davvero per la prima volta, e ne era spaventata. Ne era spaventata perché percepiva fosse molto più di quanto potesse immaginare, forse molto più di quanto potesse sopportare. Le mancò aria alla gola, mentre cercava le parole giuste, mentre batteva le nocche sul legno senza ricevere risposta sprofondando nell'impotenza. Si chiede se ne avesse la forza. Avrebbe voluto solo dormire abbracciata alla sua insegnante e dimenticare tutto, dimenticare qualsiasi tristezza e preoccupazione. Avrebbe voluto fare l'amore e giocare ai videogiochi, chiacchierare, mangiare schifezze e fare l'amore di nuovo. Non era giusto, ma ancora una volta tirò fuori la voce urlando.
«Jade? Aprimi per piacere. Era solo un incubo. A tutti capita, lascia che ti dia una mano a calmarti. Non devi vergognarti»
‘Non devi vergognarti’
Era tutto ciò che non bisognava dire ad una narcisista per non farla vergognare, era ciò che bastava dire per farla sentire un verme.
Jade venne svegliata violentemente dal suo ego ferito, dalla vergogna profonda realizzando di come era scoppiata in lacrime tra le braccia della sua alunna. Si alzò in piedi. Proprio quando le sembrava che non sarebbe potuto andare peggio di così, ecco che il suo rapporto con Katherine, già sospeso su un filo nel baratto, diventava più incontrollato di quanto potesse immaginare. Doveva ricomporsi, doveva trovare il coraggio per uscire senza sembrare l'essere più penoso e idiota che fosse mai esistito. Chiuse la porta a chiave.
«No Kat. Dammi un attimo. Non capisco… non so come sia potuto accadere», le rispose tirando su col naso e dirigendosi al lavandino per rinfrescarsi il volto paonazzo.
Katherine spazientita provò ad aprire ma scoprì fosse chiusa a chiave. Sbuffò scocciata, era preoccupata per lei. Per quello che poteva farsi o fare… era frustrata da quella situazione che stava durando troppo, che la rendeva inquieta.
Perché Jade doveva essere così stupida? Perché non poteva semplicemente accettare di essere un essere umano come tutti con momenti di fragilità e il bisogno degli altri? Perché doveva essere così drammatica complicando qualcosa di tanto semplice come un abbraccio, come la vicinanza?
La stava irritando, la stava irritando in una maniera che mai aveva provato. La stava rendendo intollerante a quelle manifestazioni di fragile virilità. Era tutto legato alle apparenze a come West voleva apparire e specialmente come non voleva apparire. Era talmente stupido, era la cosa più inutile del mondo preoccuparsi tanto del parere altrui, imporsi di essere in un certo modo, darsi un tono e delle arie con i vestiti, gli interessi, i discorsi, gli averi materiali e altre stronzate simili.
Cercare di sembrare intelligenti agli occhi altrui era la manifestazione più fastidiosa di insicurezza, di mancanza di amor proprio. Era quasi ignoranza, era ignoranza dell'animo umano, era ignorare il proprio. Non a caso le persone più intelligenti che conosceva erano spesso silenziose e timide.
«Avanti apri! Non ha senso che ti isoli. Facciamo tutti incubi, puoi aprire sta porta? Non mi piace parlare con le porte chiuse, mi senti almeno?» urlò battendo sul legno sentendo il nervosismo salire.
«Aspetta. Non sono in me. Ho bisogno di riprendermi» le urlò dall'altro lato della porta, dovette appoggiare l'orecchio per sentire qualcosa.
«Eh? Non ti sento!» strillo contro quella barriera che le separava, che le imprigionava in una solitudine fatta di incomunicabilità.
«Ho detto che non sono in me. Devo riprendermi» ‘sta volta sentì meglio, ma la risposta non le piacque.
«Appunto! Se non sei in te non devi chiuderti da sola! Non ti ho mai vista così turbata. Potresti avere la febbre…» ipotizzò ad alta voce.
«Cosa?» urlò Jade dall'altra parte. Kat fece un respiro profondo e di istinto provò di nuovo ad aprire la porta; era come un muro, come essere in due universi separati da una stupida porta, come non potersi sentire, toccare, capire.
«Aprimi! Stai male, non devi stare da sola, magari hai la febbre!»
«No. Non posso, non dovevi vedermi in queste condizioni»
«Ma cazzo…» borbottò Katherine scuotendo la maniglia della porta per aprire.
«Sento la metà di quello che dici! Dai aprimi!» batte con rabbia sentendo tutto il proprio corpo tremare. Era la solitudine più vasta di casa sua, della sua anima. Era soffocante.
«Ho detto no! Non puoi vedermi così!» le arrivò la voce di West dall'altro lato e la fece straripare come un fiume in piena.
La rabbia esplose in tutti i suoi muscoli e si scaraventò sulla porta in pugni. Gridò con tutta la voce che aveva in corpo.
«Ma porcodio Jade! Apri sta cazzo di porta! Quanto cazzo sei drammatica? Hai solo pianto per un incubo, non dovevo vederti in che condizioni? Nelle condizioni di essere un essere umano normale come noi tutti? Beh mi dispiace dirtelo, ma la sei! E il fatto che io ti veda non cambia un cazzo, se non il fatto che puoi lasciarti aiutare per un volta nella tua maledetta vita. E ora apri sta cazzo di porta!»
Spazio autrice
Che dire....
Prima voi.
Che ne dite?
Cosa ne pensate dell'incubo? Ve lo aspettavate? Vi ha inquietato? Come vi siete sentiti? Secondo voi cosa simboleggia?
E Jade che PIANGE ADDOSSO a Kat??? Questo è il vero incubo di Jade lol ve lo immaginavate? Cosa ne pensate? Vi prego datemi feedback devo parlarne con qualcuno-tutti aiuto
E la reazione di Jade che scappa via mammamia, e la sua parte bambina che esce e di cui non si sa prendere cura... che ne pensate? Vi ha toccato?
E il colpo finale di Kat che non ci sta dentro e bestemmia (chiedo scusa ai credenti dovevo, anzi Kat doveva)
Cioè assurdo ma ve lo immaginavate???? Che ne pensate di sta Kat? Aiuto
E come vi siete sentiti durante tutto il capitolo? Vi ha dato delle sensazioni/emozioni particolari? Vi ha fatto riflettere o capire qualcosa?
Scusate le mille domande but i need to know se avete provato anche voi quello che ho provato io e tutti i vostri pensieri e opinioni a riguardo.
Cioè ci ho messo due mesi, ma cavolo... No parole, la qualità✨
Uno dei capitoli più belli che abbia scritto. È quasi terapia, raggiungo un livello di profondità psicologica qui che non so più se questo sia scrivere un romanzo o boh
Comunque sono portata per scrivere cose inquietanti horror, avrei fatto un libro intero sugli incubi di Jade. È così di evocativo e psicologico, potrei quasi interpretarlo e le parole e le emozioni sono uscite in modo così fluido e intenso mentre le scrivevo. Vabbè ma queste sono considerazioni mie sulla scrittura in sé.
Torniamo a Kat e Jade...
Voi che ne pensate?
Perché io non so più cosa stia succedendo 😂
Non so se le cose dovevano andare così, ormai evito di avere un'idea di come dovevano andare perché vanno sempre in qualche altro modo, spero di riuscire a farle evolvere un minimo come avevo in mente. Sono alla pari vostra a sto punto, possiamo metterci a fare teorie insieme e fangirlare perché non dipende da me ahaha
Credo che questo sia un capitolo davvero importante, di svolta. Sento che da qui Jade dovrà per forza cambiare (in meglio? In peggio???) penso proprio che questo sia "toccare il fondo" e che più giù di così non possa andare (ti prego Jade non morire più di così i cant lol)
E KAT???? CHE CAZZO STA SUCCEDENDO A KAT??? Si volaaaaaa
Io pensavo che l'equilibrio del loro rapporto sarebbe cambiato ma me lo immaginavo tipo lento il cambiamento non tanto brutale. È quasi critico. Cioè o trovano un punto di incontro qui o si mandano a fanculo. Non ho idea di come reagirà Jade a questa Kat, non ho idea di se Kat riuscirà a sopportare Jade. non so più niente tranne che adoro scrivere un libro di cui posso essere lettrice
Comunque buone feste, buon natale buon capodanno, buon solstizio. Buon tutto rega 😂❤️
Se non lo fate già vi invito a seguirmi su Instagram (@dangerous_teacher) dove ogni tanto posto spoiler sui capitoli new o curiosità
Grazie come sempre per il supporto e l'amoreeee. Vi adorooooo❤️
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