Capitolo 27

Maeve non sapeva cosa avesse di sbagliato o cosa le mancasse rispetto a tutti gli altri, ma nonostante la Professoressa la stesse minacciando e fosse effettivamente minacciosa, non riusciva proprio a trovare la voglia di stare al gioco. Si annoiava. Era la sua più grande maledizione: la noia.
Osservò l'incazzatura sul volto della Professoressa: era bona anche da incazzata, aveva delle tette abbondanti, si chiese se fossero naturali. Le voleva anche lei. Pensò che ad arrabbiarsi così le sarebbero venute le rughe, ma si trattenne dal dirglielo.
«No, dai Prof.» borbottò soltanto sospirando e coprendo uno sbadiglio assonnato col braccio.

«Paige, alza subito il culo.»
Il cervello malato di Maeve la fece ridere. In un altro contesto quella stessa frase sarebbe suonata davvero ambigua. La professoressa West non apprezzó la sua risata facile.
«Fammi indovinare sei troppo stupida per capire cosa ho scritto sulla lavagna?» la provocò incrociando le braccia.
'Che tette.' pensò Maeve guardandole il davanzale schiacciato.
'Perchè non crescete.' ammonì la propria terza pushappata. Avrebbe voluto concentrarsi su quello che le stava dicendo l'insegnante, ma per natura era incline al cazzeggio. Era una sorta di malattia da cui non poteva guarire.
Guardò l'esercizio alla lavagna. Erano numeri e lettere: la solita roba.
«Boh, Prof. Forse. Non lo so. È la solita roba di matematica, no?» i compagni la stavano guardando allibiti, soprattutto Katherine che sembrava parecchio nervosa e preoccupata per lei; non capiva il perché.

«Paige, ma sei scema in culo?» sbottò di cuore West. Maeve scoppiò a ridere. Non si aspettava che un'insegnante potesse usare quel linguaggio. Constatò fosse davvero particolare quella nuova Professoressa e la cosa le piacque perché almeno si sarebbe annoiata meno.
«Ma una Prof le può dire 'ste cose?» chiese a Katherine che sbiancò.
«Oh guarda, io posso dire e fare anche di peggio.» i nervi di Elizabeth si tesero al limite.
In tutta la sua carriera non le era mai capitata una studentessa del genere. Era un soggetto da studiare per capirne i punti deboli, e lo avrebbe fatto se non fosse stata in un periodo così confuso e incasinato della propria vita. In un'analisi veloce vide solo una ragazza estremamente superficiale. Decise di provare a provocarla sul tema "aspetto fisico", dato che sembrava l'unica cosa che le interessasse tanto…
«Hai rubato l'outfit alla baldracca in strada mentre venivi qui?»

‘Sí, era tua madre ti saluta.’
‘Riconosce la divisa perché è del mestiere?’
‘Ah quindi è una cliente abituale?’
Maeve ebbe un infinità di risposte sulla lingua che dovette mordere. Risposte date per il divertimento di avere la parola pronta, non perché ce l'avesse troppo con quella. Riprese a ridere immaginando di risponderle così, ma ripiegò su altro.
«No Prof, sono io la puttana all'entrata della 69. Ho il turno dalle 7. Alle donne faccio lo sconto se è interes-» si tappò la bocca realizzando ciò che stava per dire.
«No, scusi Prof. Oddio! Scherzo, sto male.» si piegò sul banco dal ridere. Non dava mai peso a ciò che diceva, o per dirla in un altro modo non pensava mai prima di parlare. Era più divertente così: almeno poteva stupirsi e ridere delle proprie battute come tutti gli altri. Adorava la propria spontaneità.

Katherine si sentì male al suo fianco. Era imbarazzata, divertita, stupefatta, sconcertata e, anche se Maeve non lo vide, gelosa.
Jade rimase allibita. I compagni ridevano: i ragazzi si lanciavano occhiate perverse, alcune ragazze scuotevano la testa scioccate, altri si godevano lo spettacolo comico e basta. Capì il ruolo di quella ragazza: Paige era la "puttana della classe". Ridevano e giudicavano lei e le sue assurdità, ma impressionalmente a lei non poteva fregare meno, adorava il proprio senso dell'humour.
A Jade scappò un sorriso; era un umorismo adulto e progressista che solitamente apprezzava e  spesso praticava.
Si rassicurò nel vedere che, vista la sua poca autorevolezza nella catena gerarchica della classe, poteva anche evitare di demolirla perché non avrebbe dato nessun esempio da seguire; i suoi compagni non volevano essere come lei. Lei era il cattivo esempio, il peggio della classe. Tutto ciò da criticare perché segretamente invidiato e tutto ciò da non essere e non fare. In più Maeve non aveva intenzione di minacciare il suo ruolo, non voleva dare spettacolo o iniziare una guerra contro la "Prof stronza di Matematica", voleva solo essere lasciata stare e Jade non aveva nessun problema nel abbandonare gli stupidi studenti al proprio destino. Fosse stata una professoressa migliore si sarebbe impuntata abbastanza da creare un rapporto e obbligarla ad impegnarsi e mettersi in gioco. Perché alla fine sapeva bene che segretamente era ciò che tutti gli studenti volevano: essere visti e non essere lasciati indietro. Ma per sua fortuna essere una professoressa migliore non era mai stato il suo scopo.

West si appoggiò alla cattedra alle sue spalle, alzò gli occhi al cielo.
«Dio… ci mancava l'ennesima deficiente. Paige ti becchi una nota… a meno che non ti alzi e provi a fare l'esercizio. Perché sono clemente con la tua idiozia.» le comunicó sedendosi alla cattedra.
Maeve finí di ridere, guardó la lavagna poi Jade ed infine sospirò lasciandosi cadere sul banco. Scosse la testa.
«Non c'ho voglia Prof. È troppo presto per vivere.» alzò le spalle strafottente. Katherine la osservava come si guardava una creatura mitologica meravigliosa ed incomprensibile, qualcosa che forse hai sognato o visto una volta in un dipinto impressionista fatto male.

«Bene. Nota. Non ti renderò la vita facile sappilo.» la fulminò sperando di farla sentire minacciata invano.
'Ma che strana questa. È simpatica glielo concedo. Non mi fa nemmeno venire voglia di incazzarmi seriamente, bah.' si sedette alla cattedra aprendo il registro ed inserendo la nota. Si chiese se fosse stata una battuta o cosa. Non pensava Maeve fosse attratta dalle donne, non le sembrava attratta dal suo corpo, avrebbe notato un qualche sguardo o interesse. L'idea la rassicuró, doveva essere così; Maeve doveva essere etero. Sperò comunque che non avesse un brutta influenza su Katherine ma non le sembrò quello il caso.


Katherine senza parole osservò Maeve con la testa appoggiata al banco pensare ai fatti propri mentre disegnava l'ombra di un'altra erezione nascosta da una gonnella.
Era incredibile. Non le fregava davvero di nulla. Kat era convinta di essere quella a cui importasse meno del mondo in quella stanza e invece si sbagliava. Riappoggió la propria attenzione sull'esercizio svolto a metà e lo continuò dirigendosi verso la fine.
Le aveva dato fastidio quella battuta, non tanto perché Maeve fosse una minaccia; no. Non era interessata a Jade, aveva gusti ben più particolari che principalmente spaziavano dai ragazzi in top e reggicalze a quelli al guinzaglio. O almeno così le aveva raccontato nel primo quarto d'ora di lezione.
Le aveva dato fastidio il fatto che potesse essere vero: che per quanto ne sapesse Jade potesse davvero essere il tipo di persona da andare a puttane. Ancora di più il tipo di persona da andare con un'alunna che si offre di farle da puttana. La infastidí la volgarità rabbiosa dei propri pensieri, ma non riuscí a placarla. Quell'uscita inappropriata aveva fatto ridere la sua insegnante e forse per quello non era stata poi così crudele nel metterle la nota. Pensò a Maeve e a quanto fosse seducente, ricordó il commento che Jade aveva fatto sul suo outfit e realizzò che per averlo fatto doveva averla scannerizzata da testa a piedi. La gelosia le scaldò le guance. Si obbligò a finire l'esercizio cercando di scacciare il pensiero. Finito provò a rileggerlo, ma il pensiero di cosa avrebbe potuto pensare West del corpo di Paige la ossessionava.
'Avrà pensato che è una figa pazzesca, anzi no, che è una puttanella scopabile. Perché West ha classe… Avrà pensato che è bona e sexy da paura, perché è vero. Che se la farebbe con piacere e ci passerebbe seriamente se fosse in strada per una scopata, e d'altronde come biasimarla me la farei anche io…
È una splendida ragazza per chiunque non sia cieco. Solo che West non dovrebbe avere pensieri simili per le proprie alunne...'

«Amo, hai sbagliato.» la sua compagna di banco interruppe bruscamente i suoi pensieri intrusivi. Senza chiederglielo le rubó il quaderno e ci scrisse sopra. Cambiò un più con un meno e corresse altri due errori, uno di calcolo e uno di procedimento, poi come se fosse nulla le spinse il quaderno sotto il naso riappoggiandosi guancia al banco.
Katherine osservò le correzioni e realizzò che non fossero due peni disegnati sul suo compito, ma fossero effettivamente delle correzioni e per di più corrette. Non se lo aspettava. Rimase qualche secondo senza parole a ricontrollare i calcoli, poi guardò la sua compagna compiaciuta che la osservava sorridente, come se volesse fare colpo.
«Lo so. Un genio, vero?» rise sotto ai baffi.
«Le sai fare. Potevi andare alla lavagna.» realizzò ad alta voce.
«Lo so. Sono seria quando dico che non ho voglia.» disse come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.
«Ma hai preso una nota per nulla…» si dispiacque quasi per lei. Maeve la ascoltó, ma non la ascoltó per davvero e rimase a pensare per un po'.
«Ti sei mai chiesta perché si chiama nota? Cioè cosa bisogna notare? Sembra più un termine positivo o descrittivo, tipo se fossi una Prof scriverei tipo "NOTA: l'alunna è vestita da Dio, ottimo abbinamento di colori outfit - trucco. Unghie favolose." o al massimo " NOTA: gentili signori vostro figlio non si lava da una settimana e attira più mosche di una merda calpestata, siete pregati di portarlo all'autolavaggio o in toelettatura."
Ecco, queste sono cose che si notano e sono degne di nota.»
Katherine rise di nuovo senza volerlo.
«Tu non hai senso.»
«Perché pensi che qualcosa abbia senso qui dentro? La vita non ha senso, gattina.» le rispose con premura.
«Per questo mi spacco di alcol e canne.» le toccò veloce la punta del naso con l'indice, trattandola da bambina.

Katherine arricciò il naso infastidita e tornò al proprio esercizio.
'Come darle torto.' pensò tra sé e sé. Almeno il cinismo di Maeve la faceva sentire meno sola. Forse la vita stessa non aveva davvero senso e non era solo la sua a non averne, o per lo meno poteva consolarsi nel pensare di non essere sola.
«Chi viene alla lavagna? Chiamo io?» interruppe i suoi pensieri.
«Io Prof.» un'alunna alzò la mano. Katherine sentì il sangue bollire nel vedere Sarah vicino a Jade. Era uno scenario terribile. Non che a West sembrasse importare di quel alunna, non era nemmeno nei suoi gusti, era troppo maschile e sembrava un ragazzino, ma la vista di Sarah le dava sui nervi, e vederla tanto vicina a qualcuno di così importante per lei, la scaldò di emozioni che non capiva.

Sarah corresse l'esercizio, mentre la supervisionava. West pensò di starlo immaginando, ma poi ne ebbe la certezza: le tirava delle occhiate curiose di tanto in tanto. Probabilmente era lesbica. Più che probabilmente. Ce l'aveva scritto in fronte, o meglio addosso: indossava jeans scuri di due taglie in più grandi stretti da una cintura, una camicia bianca larga per metà infilata nelle braghe e una cravatta con dipinta sopra "La notte" di Van Gogh. Le parve una bizzarra barbona elegante. Elegante per essere una barbona, non perché la fosse, era un tentativo fallito.
«Bene. Brava è giusto. Vai a posto ora.» la liquidó, notó la sua delusione. Forse desiderava più riconoscimento dalla professoressa stronza, ma sexy. Ipotizzò sorridendo tra sé e sé.

Osservò Katherine vedendola prendere appunti. Si era persa davvero molto delle scorse lezioni. Si chiese se riuscisse a stare al passo, in ogni caso di certo non le avrebbe più dato un'insufficienza.
«Tutto chiaro ragazzi?» chiese alla classe però guardando solo Valentine. La rossa annuì. Jade strinse le labbra fra loro soffocando un sorriso spontaneo. Non vedeva l'ora di passare il pomeriggio con Katherine a parlare, stare insieme. Magari l'avrebbe portata a fare un pic-nic nel proprio giardino, le sembrava un'ottima giornata per farlo.

*

“Ti metti l'intimo migliore e vieni da me?”

Erika rilesse il messaggio sorseggiando il proprio caffè in sala docenti. Era appena finito l'intervallo e lei aveva un'ora buca. Ora buca che avrebbe passato a rimuginare intrappolata nel proprio malessere.
'Ti metti l'intimo migliore e vieni da me?' ripeté nella propria testa provando a realizzare tutto ciò che stava dietro a quel messaggio.
Quando lo aveva ricevuto era impallidita. Quando lo aveva ricevuto stava piangendo sul proprio letto perché le mancava James. Le aveva scritto "arrivo" di risposta, ma poco prima di premere invio aveva desistito controllata da una rabbia vorace. Aveva gettato il cellulare lontano e urlato tra le lacrime. Non stava bene, per nulla e non sapeva più cosa fare per stare meglio. La sua mente oscillava di continuo, giorni dove si sentiva meglio, giorni dove odiava Jade atrocemente, giorni dove la desiderava, giorni dove il senso di colpa era troppo.
'Saresti dovuta andare e scoparci.' rimpianse l'occasione mancata.
'Mi sarei solo sentita morire.' rispose razionalmente.
'Ma era tutto ciò che desideravi. Toccarla di nuovo. Avere un'occasione per esistere e farti vedere da lei. Prendere qualcosa, quel qualcosa che ti ha strappato via.' gli occhi le pizzicarono. Se ne era scopata un'altra, non aveva la certezza perché non la conosceva più come prima, ma se era rimasta la stessa stronza, allora di certo ne aveva chiamata un'altra. Perché una distrazione valeva l'altra.
'E comunque per mandare un messaggio del genere sei rimasta la stessa merda. Quindi sei esattamente come prima. Quindi ho ragione io.'

'Ti metti l'intimo migliore e vieni da me?' rilesse il messaggio. Sentiva un blocco nella propria mente. Come se non riuscisse a provare tutte le emozioni che quel messaggio avrebbe dovuto farle provare. Come se non fosse più una persona con la propria storia e le proprie emozioni, aveva bisogno di qualcuno che le spiegasse come sentirsi davanti ad un messaggio del genere. Non capiva più cosa aveva e cosa non aveva il diritto di provare, di pensare.
'Voleva scopare. E ha pensato di averti a sua disposizione. Proprio come nel suo ufficio. Dopo tutto quello che c'è stato di bello tra voi, dopo il modo di merda in cui ha mandato a puttane tutto, dopo il sadismo con cui ti ha continuato a trattare. Non gliene frega un cazzo di te. Ti odia. Lo sai. Ti ha cancellata per tutti questi anni, non gliene frega un cazzo di te. Vuole solo usarti. Ti da per scontato perché sa che sei sempre a sua disposizione, perché sa che supplichi per le sue attenzioni. Fattene una ragione. Accettalo.' provò rabbia nel realizzarlo, e poi un'immensa depressione. Non riusciva a voler male a Jade, non abbastanza da vederla come la cattiva, non abbastanza da rendersi conto di quanto l'avesse distrutta. Si sentiva come se tutto quel dolore fosse colpa sua e non di Jade. Perché chiunque dopo tutto quel tempo se ne sarebbe fatto una ragione, quindi doveva essere colpa sua, doveva esserci qualcosa di difettoso nel suo cervello, doveva meritarsi tutta quella sofferenza. Non riusciva a pensare che il trauma di Jade fosse stato tanto profondo e intricato da segnarla per sempre.




Spazio scrittrice:

Buon Natale a tutti in ritardo ❤️ spero che il capitolo vi sia piaciuto e che abbiate passato delle belle feste.
Grazie a tutti per il supporto
Senza di voi DT non esisterebbe, sono seria. Fatemi sapere pure che ne pensate del capitolo o la vostra opinione in generale che mi interessa sempre. :)

Intanto che ne pensate di Maeve?
Io la adoro xD almeno spezza la tensione generale

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