Capitolo 26
Jack si accese una sigaretta nervoso. La campanella aveva già suonato l'inizio delle lezioni, ma lui aveva deciso di concedersi cinque minuti prima di entrare. Tanto anche se fosse stato chiuso fuori dalle bidelle poteva sempre entrare dalla sua entrata segreta.
La nicotina colpiva dritta al suo cervello rilassando tutti i suoi muscoli. Gli ultimi ragazzi si stavano affrettando a correre in classe, un gruppetto di fighetti fatti a stampo stava finendo di fumare come lui. Lo guardavano di sbieco. Era fortunato ad essere robusto e incutere timore, di certo un gruppo di stronzi come quello avrebbe provato a mettergli le mani addosso se non fosse stato per il suo aspetto. Ne aveva sentito di tutti i colori; la gente diceva di lui che fosse mafioso, che avesse accoltellato un ragazzo, che spacciasse, che facesse parte di una setta satanica. Nessuno lo conosceva; nessuno sapeva che amava i cuccioli e le cose carine, e che il suo peluche preferito d'infanzia, un panda, lo aspettasse sul suo letto ogni sera. Lo faceva ridere che tutti avessero paura di lui. Non aveva mai alzato un dito contro nessuno, o bullizzato al contrario loro.
«Oh ma avete sentito che la pazza suicida è tornata ieri?»
«Sí, è vero. L'ha vista anche Mati.»
Una nuvola di fumo si impigliò alla sua gola facendolo soffocare. Una tempesta di colpi di tosse gli percosse lo sterno. Sputò il catarro per terra. Il gruppetto lo giudicò divertito, ma lui non vide altro che Katherine nella propria testa. Appoggiò le mani alle ginocchia tremanti e gettò la sigaretta a terra schiacciandola.
'Raccoglila, non inquinare.' commentó una voce -non sua- nella sua testa.
'Kat è tornata. È tornata. Sta bene. Devo fare qualcosa?' i pensieri corsero più in fretta di lui.
Senza rendersene conto stava entrando a scuola. Camminò verso la propria classe e la superò.
'Ti odia. Ti odierà. È anche colpa tua. L'hai abbandonata, l'hai lasciata sola.'
'Sei una merda di amico.' 'Siamo persone orribili.' sentì piangere nei propri pensieri. Non riuscì a capire a quale delle sue parti appartenessero quelle voci, ma sicuramente a più di una.
'Devi andare a parlarci. Devi chiederle scusa e fare pace.' 'Chissá come sta, povera…'
'Ci odia. Facciamo schifo. Dovremmo sparire dalla scuola e non farci vedere mai più.'
'Senti non è colpa nostra. L'avevamo avvisata di stare attenta alla pedo-prof.' una terribile emicrania lo fece arrancare. Si appoggiò spalle alla parete rosso mattone del corridoio, alzò la testa per riprendere fiato e realizzò solo in quel momento di essere davanti alla classe di Katherine.
Smise di respirare quando la vide. La porta era aperta. Kat stava guardando il proprio quaderno al primo banco, era concentrata, non l'aveva mai vista così seria in vita propria. Come bruciato da quella visione o dalla paura di essere visto, schizzò via. Si diresse verso l'uscita segreta. Aveva bisogno di fumare e riordinare i propri pensieri e sentimenti.
Quando chiuse la porta di sicurezza le voci si calmarono lasciandogli tirare un respiro. Aveva tempo per pensare e capire se stesso. Si sedette al solito gradino accendendosi una sigaretta. Improvvisamente venne aggredito dal flashback di una delle ultime volte che era stato lì: quando aveva insultato Kat, quando aveva perso il controllo e l'aveva maltrattata.
'Sei una merda. Perché dovrebbe volerti rivedere? Forse è anche meglio se stai fuori dalla sua vita. Hai già fatto abbastanza danni.' pensò e fu certo che quel pensiero gli appartenesse.
'D'altronde sei una cazzo di maledizione; chiunque ti si avvicina non ha altro che una vita di merda' quello non sapeva se fosse un suo pensiero o no, ma non aveva idea di come non condividerlo.
Esasperato dalla confusione del proprio io provò a concentrarsi sulla propria testa; nella propria testa, e per la prima volta notò la sensazione che ci fosse qualcuno. Come se non fosse stato solo, sentiva la presenza di qualcun'altro. Come se qualcuno fosse stato in quella stanza, ma fuso insieme a lui, come se ci fosse stato un fantasma appoggiato alla sua forma. Per la prima volta in vita sua Jack provò curiosità e non terrore e repulsione per ciò che stava avvenendo nella sua mente, forse perché l'idea di scoprirsi pareva molto meno terrificante paragonata al pensiero di Katherine.
«Chi c'è?» sussurrò a sé stesso.
'Io'
'Anch'io'
'...'
"Qualcuno" era più di uno a quanto pareva. Riconobbe il silenzio della sua parte persecutrice, ci aveva avuto tanto a che fare da riconoscerlo. Era un momento solenne, di rivelazione.
«Cosa pensate di Kat?» sentì la propria parte negativa aprire bocca, ma la zittì prima offendendola. Casualmente il fumo della sigaretta gli andò di traverso facendolo tossire. Una risata.
'Simpatico.' commentó. C'era tanto lavoro da fare con lui prima che ci fosse andato d'accordo.
'Siamo cattivi. Siamo schifosi. sta male per colpa nostra. Dobbiamo vergognarci tanto e sparire. Dobbiamo andare via.' sentì piagnucolare e percepì che quella parte doveva essere bambina. Forse poteva essere il piccolo Jack che aveva visto anche Xandh.
'Dobbiamo chiederle scusa. Starà passando un periodo orribile. Non puoi non andare a chiederle come sta e non chiederle scusa per tutto' era una parte diversa, logica e premurosa, che non aveva mai percepito. Forse era femminile, le dava la sensazione fosse una donna, qualcuno di adulto e affidabile, a tratti rassicurante.
Quello significava che, compreso lui, erano già in quattro.
*
Maeve entrò in classe sotto gli occhi curiosi e desiderosi di tutti e come una diva li ignoró andando a sedersi al proprio posto.
«Ciao amo.» si sporse e schioccó due baci sulle guance di Kat che rimase immobile confusa da tutta quella confidenza.
«Ciao…» borbottò sforzandosi di non darle conto. Non le piaceva che tutta la classe le stesse guardando, eppure condivideva l'incredulità di tutti. Dovevano essere una strana accoppiata vista da fuori. Osservò Matthew che incontrando il suo sguardo lo distolse infastidito. Conoscendolo era certa che ci avrebbe provato con Maeve prima o poi. Sarah la osservava curiosa, Kat si premurava di evitare di guardarla negli occhi, sentiva il suo sguardo addosso ma non voleva salutarla, o darle l'idea di volerle parlare e conoscerla. Anche se non aveva fatto niente di male non riusciva a non detestarla e trovarla arrogante in maniera insopportabile. In fondo sapeva che il nome di quel fastidio fosse "gelosia", ma la sola idea la scaldava di rabbia.
Maeve le tirò una gomitata leggera alla ricerca della sua attenzione. Sbuffò infastidita. Darle corda significava distrarsi ogni cinque secondi ed essere bocciati, cosa che non era nei suoi piani. Aprendo il quaderno di matematica ricordò a sé stessa il proprio obiettivo: avrebbe recuperato tutte le materie e nemmeno Maeve, e la sua predisposizione naturale nel rompere le palle, l'avrebbero fermata.
«Amo, ma ieri te ne sei andata così a cazzo?» chiese curiosa cercando il tabacco nella borsa. Katherine annuì senza guardarla in volto, osservò il suo outfit, incuriosita dal suo stile alternativo; indossava calze a rete, una gonna a scacchi rossa e una camicetta nera. Due croci nere appese a due anelli le pendevano dai lobi ciondolando allegramente ad ogni sua scossa di capo.
«Ma adoro! Non hai manco fatto in tempo a tornare. Quando lo faccio io mi sospendono. Ti hanno cazziata in presidenza?» rise stupita. Katherine la degnò solo di uno sguardo e annuì di nuovo; non era vero, ma non voleva incitarla a continuare la conversazione.
«Ma tu pensa. Non me l'aspettavo. Cose sei, una cattiva ragazza Katherine?» la provocò con un briciolo di malizia, abbozzando un sorrisetto seducente. La rossa non sapeva se facesse apposta ad essere provocante, o se fosse il suo mood naturale. Visto il soggetto optó per la seconda ipotesi.
«No. Sono una ragazza che vuole ripassare e non essere distratta, Maeve.» si limitò a rispondere. La compagna alzò gli occhi al cielo scocciata.
«Gneh… ripassare e non essere distratta, Maeve.» le fece il verso con voce stridula. Katherine la guardò male, pensando a quanto fosse immatura e stramba, ma in fondo sapeva che la vecchia Kat probabilmente l'avrebbe adorata, forse ci si sarebbe addirittura incrushata.
Maeve aprì le dita della mano come fossero artigli e la mosse miagolando a bassa voce.
«Faccio arrabbiare la gattina?»
Valentine scosse la testa disapprovando.
«Ma finiscila…» rispose apatica, ma una piccola rughetta divertita le si appoggiò a lato della bocca, e Maeve sembrò notarla appropriandosene con orgoglio.
«L'hai capita? "Gattina" perché ti chiami Kat-therine.» insistette.
Sì, la vecchia Kat avrebbe amato una stupida battuta del genere, e forse un po' di quella Katherine esalò una risata dai meandri del suo subconscio. Strinse le labbra per costringersi a non sorridere. Il "ma sei seria?" che stava pensando trapelò cristallino dalla fossetta tra le sue sopracciglia. Puntò i propri occhi increduli in quelli divertiti della compagna. Scosse la testa.
«Ma quanto sei-»
«Stupenda? Simpatica? Gnocca da paura? Fantastica? Geniale? Tutto ciò che chiunque potrebbe mai desiderare?» la precedette senza darle il tempo di finire.
«Sí gattina, lo so. Mi vedo allo specchio ogni giorno.» ghignò vanitosa ridacchiando.
«Stupida.» finì la frase Kat. «Volevo dire stupida.» non se ne rese conto, ma stava sorridendo.
«Smettila di distrarmi e smettila di chiamarmi gattina.» la ammonì con dei residui di divertimento tra i denti.
«Va bene… gattina.» sussurrò la mora per ripicca. Essere fastidiosa era il suo hobby preferito.
L'insegnante di Storia entrò in classe.
«Ma non c'è Mate? Storia è alla seconda.» chiese a Maeve.
«No, c'è Storia alla prima. Me lo ricordo perché si dorme.» incrociò le braccia sul banco appisolandosi comoda.
«Ma c'è sempre stata Mate.» replicò.
«Boh, amo, ma che ne so io. Avranno cambiato l'orario. Pensa che a me hanno cambiato la classe.» Per un secondo Katherine pensò di chiederle se le mancassero i suoi vecchi compagni, se avesse degli amici nell'altra classe. Immaginò quanto fosse destabilizzante per i nuovi della 3B. Quasi si sentì in colpa per aver scomodato tutti tanto, ma fermò quel pensiero prima che potesse degenerare. L'insegnante inizió l'appello, mentre Valentine tiró fuori il libro giusto.
Capì presto che stare sedute vicino a Maeve significava dover ascoltare commenti bizzarri e ricevere proposte indecenti in sprazzi casuali di lezione. Era una ragazza strana e indecifrabile, ma era sicuramente la persona più interessante e "diversa" della classe.
«Madó, ho le tette gonfissime oggi, hai visto gattina?»
«Te l'ho detto che amo i ragazzi con la gonna?»
«Ti va di votare da quanto non scopano le Prof? Questa da 75 anni. Credo ne abbia 103.»
Metteva a dura prova la sua apatia e spesso riusciva a strapparle un sorriso, o almeno una smorfia che doveva ricordarlo.
«Ma tu non dovevi dormire?» le rispose fingendo fastidio alla fine della lezione. Maeve alzò le spalle per poi stiracchiarsi.
«Uhh, questa ha scopato stanotte. Ci metto la mano sul fuoco.» diede un'occhiata all'uscio.
Katherine osservò West entrare in classe con disinvoltura, si rivolsero uno sguardo complice. Sperò che Maeve non lo avesse notato.
«Se fossi una Prof sarei così… però indosserei gonne più corte e mi scoperei i ragazzini, ma solo dopo avergli fatto indossare una gonna, magari la mia.» preciso Maeve appoggiando la guancia sul banco e guardando la rossa.
Kat arrossì ricordando quando Jade le aveva fatto indossare uno dei vestitini della sua collezione, ma non se ne rese conto, al contrario di Maeve che spostò una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
«Aww ti imbarazza immaginarmi professoressa che mi scopo i femboy?»
'Non proprio Maeve, ma te lo farò credere.' pensò ridendo.
West tiró fuori la propria agenda e sistemò il libro degli esercizi e il quaderno della teoria sulla cattedra. Non aveva assolutamente voglia di fare lezione. Voleva solo che la giornata finisse per poter ricreare la propria bolla con Valentine, aveva bisogno di ridare un senso alla situazione tra di loro. Non sentiva di avere un controllo, non sentiva nemmeno di capire Katherine e quella consapevolezza la terrorizzava. Pose l'attenzione su di lei vedendola ridere con la sua compagna di banco. La gelosia le lasciò un retrogusto amaro sulla lingua. Non aveva ancora inquadrato Paige Maeve, ma di certo per ricordarsi il suo nome l'aveva richiamata fin troppe volte. Aprì l'agenda. Osservò la pagina vuota della lezione che non aveva avuto tempo per programmare; non era mai stata tanto disorganizzata nella propria carriera.
Tutto sommato era felice che Kat avesse una compagna di banco che la facesse sorridere, il suo volto piatto ne aveva bisogno, però non si fidava di Paige. Le sembrava una zoccoletta, un'ignorante superficiale, una stronza falsa delle tante; quelle che sparlavano alle spalle erano le peggiori.
«Ragazzi, ricordatemi dove siamo rimasti.» chiese alla classe.
«Pagina 243 Prof.» suggerí una delle ragazze dell'altra classa, lo intuì perché non era terrorizzata all'idea di risponderle. Non aveva avuto tempo per distruggere psicologicamente anche gli alunni nuovi, stranamente non ne aveva voglia, sentiva gli occhi di Valentine puntati su di sé, gli aveva sentiti anche quando non c'era stata. Temeva di ricordarle quanto era stata cattiva, temeva di ricordare a se stessa cosa aveva fatto, temeva di provare vergogna per ciò che aveva fatto. Insegnare stava diventando più difficile e pesante del solito. Sentiva come se ci fosse un limite nella crudeltà che poteva manifestare, un limite che se superato le ricordava Katherine umiliata davanti a tutti dalle sue parole, Katherine in lacrime in bagno, Katherine in sangue. Odiava che niente fosse più come prima, il panico le punse le budella.
«Comunque io voto: da meno di un giorno. Tu?» bisbigliò Maeve a Katherine.
«Cosa stai dicendo ora?» rispose alzando gli occhi al cielo. Ignorarla stava diventando impossibile. La cosa non le piaceva.
«Da quanto non scopa la Prof per te?» le punzecchiò. Valentine guardò West e sentì una morsa al cuore, ricordando con sollievo di averne ancora uno. Si sforzó di ricordare l'ultima volta che l'avevano fatto, ma i ricordi erano confusi, sembrava passata un'eternità.
«Da troppo.» rispose secca a Maeve che sogghignò ipotizzando che quell'insegnante non le stesse particolarmente simpatica.
«No serio, amo, fidati. Questa l'ha fatto stanotte. Guarda come è rilassata, poi si vede, si sente…» insistette.
«Ma si sente cosa? Da cosa lo vedi scusa?»
L'idea che Jade facesse sesso e non con lei le diede un fastidio inimmaginabile. Si rese conto di non avere alcuna certezza a riguardo, di essere stata in coma, di non essere fidanzata ufficialmente con lei, di non averle mai chiesto nulla a riguardo tranne se lo facesse con la sua amica Dayana; con cui no, non lo faceva.
«Ma non lo so: i capelli, la tranquillità, il fascino, i vestiti. È tipo un mio superpotere, guardo la gente e capisco da quanto non sco-»
«Hai finito tu al primo banco?» West la riprese.
Paige strette le labbra fra loro sforzandosi di non scoppiare e annuì.
«Ma perché se la prende con me se stai parlando anche tu!» Jade la sentí lamentarsi con Valentine. Lo trovò divertente.
«Okay, facciamo degli esercizi in classe. Ve lo scrivo qui, provate a farlo, poi chiamo qualcuno a risolverlo alla lavagna...
Così lo spieghiamo anche a chi non c'era le scorse lezioni.» evitò di fare il nome di Katherine per non attirare l'attenzione di tutti su di lei. Aveva solo bisogno di silenzio e di non sforzarsi troppo: era distrutta fisicamente dall'avventura della notte prima, anche se ripensarci la appagava. Non erano tanto le due ragazze, quanto la fuga da tutto il suo casino interiore. L'aveva reso sopportabile. Ora riusciva a guardare la testa pel di carota di Katherine senza sentirsi morire, si sentiva come se un po' dell'imperturbabile Jade West fosse tornato in lei. Non aveva ancora idea di cosa fosse la cosa giusta da fare, in più Dayana l'aveva mollata nel momento del bisogno, non aveva nemmeno voglia di pensare alla loro discussione. Inghiottì il magone e il fastidio nelle viscere. Osservó con attenzione il faccino imbronciato della sua alunna preferita; chissà cosa aveva pensato il giorno prima rimasta da sola al parco a guardare le nuvole. Ripensò ai suoi modi diversi, al suo coraggio, al suo menefreghismo, alla sua apatia e alle sue richieste di vicinanza. Era tutta una nuova Katherine. Le faceva paura tanto quanto la incuriosiva. Ripensó alle due ragazze tra le sue gambe per sopportare la frustrazione emotiva che palpitava ogni qualvolta pensava troppo a quanto Katherine fosse depressa per colpa sua. Non vedeva l'ora di normalizzare quella nuova Kat, di non sentirne più il peso, di abituarsi a lei.
Jade spostò lo sguardo sulla sua compagna di banco e si rese conto che non stava facendo nulla, o meglio si stava guardando le unghie con fare pensante. Sospirò affaticata dal proprio ruolo. Perché gli alunni non potevano semplicemente fare il loro lavoro?
«Paige, se hai già finito l'esercizio portamelo pure che vediamo se è giusto.»
Maeve sobbalzò, ma poi si rilassó sulla sedia come se nulla fosse.
«No, Prof. Non l'ho iniziato.» Kat guardò il suo foglio bianco: aveva solo disegnato una gonnellina con una protuberanza e un piccolo pene a lato della pagina. Pregò per lei che Jade non glielo ritirasse.
«Cosa stai aspettando? Un intervento divino?» sbuffò l'insegnante.
«Seh Prof, il divino ha già perso le speranze da un po' con me.» sghignazzò facendo ridere la classe. West incrociò le braccia, odiava la sua sicurezza.
«Direi, visto come sei conciata.» si fece scappare non per sbaglio, ma Maeve lo prese come un complimento e le sorrise irritandola.
«Inizia l'esercizio, muoviti!» la fulminò col proprio sguardo ghiaccio. Non capiva cosa c'entrasse quella con Katherine. Quanto era cambiata per trovarsi bene con una così? Si prendeva fin troppe confidenze, le studentesse come lei erano da segare prima che fosse tardi.
Dopo qualche minuto West sentì il fumo alle orecchie nel vedere il foglio bianco di Maeve sul banco e lei con lo sguardo perso nel silenzio dell'aula. Le rendeva difficile trattenere i nervi, d'altronde perché avrebbe dovuto trattenerli con una così?
«Paige vuoi venire alla lavagna dato che hai finito l'esercizio?»
Era incazzata, anche chi non conosceva la professoressa West poteva percepire lo sfrigolio della sua ira nell'aria.
«No Prof, non l'ho manco iniziato.» rispose senza alcuna vergogna o preoccupazione. Katherine sentì la pelle d'oca per lei, si sentiva in mezzo a due fuochi; non voleva che Maeve mancasse di rispetto a West, ma allo stesso tempo non poteva che desiderare di vederla vincere. Si era fatta un'idea idilliaca su di lei e la sua strafottenza, e segretamente voleva raggiungesse le sue aspettative. Poteva essere la prova dell'esistenza di una via di fuga dall'oppressione degli adulti, dei genitori, dei professori. Senza rendersene conto l'aveva idealizzata tanto da renderla la sua paladina segreta in soli due giorni.
«Paige, alza immediatamente il culo e vieni alla lavagna: non solo risolverai l'esercizio, ma ti darò anche il voto e se mi lasci la lavagna i bianco ti becchi un bel due.
Ti ho motivata abbastanza?» le ordinò glaciale.
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