Capitolo 22

Jade aspettava Dayana con nervosismo. Non aveva avuto molto tempo per prepararsi, era dovuta correre dalla scuola al fruttivendolo per comprare mezza zucca fresca, tagliata a cubetti. Quella giornata le sembrava una parodia della propria vita. Non ne trovava il senso, le sembrava una di quelle giornate senza fine e senza un filo logico. Le cose con Katherine non avevano avuto un senso, invitare la sua amica a cena non aveva avuto senso, e sprecare tanto tempo per cucinare la cena ne aveva ancora meno, ma ormai era lì, intenta nella propria impresa. Si asciugò il sudore sulla fronte e cercò un elastico per farsi una coda. Non aveva voglia di affrontare Day. Avrebbe voluto non litigarci, ma solo il pensiero della sua amica le dava sui nervi. Tutte le cose che le aveva detto durante la loro litigata erano cazzate e odiava la sua faccia tosta sempre pronta a giudicarla e a sputarle in faccia sentenze. Il campanello suonò dandole i brividi.
Quando entrò in casa, West le fece un cenno della testa rapido per poi correre verso i fornelli con la scusa di dover cucinare.

Day sì guardó allo specchio all'entrata, osservò il riflesso di un'illusa, che ancora credeva nell'impossibile. Solitamente aveva un piano, ma Elizabeth li aveva già mandati in fumo tutti.
Era ancora arrabbiata. Le sembrava una bambina, come al solito. Non aveva la più pallida idea di cosa dirle e di come. Si tolse giacca e le scarpe sistemandole all'entrata. Alzò il polso per far scivolare il braccialetto d'oro più vicino al gomito, le era leggermente largo e rischiava sempre di perderlo. Era molto delicato, era uno dei suoi preferiti: un filo sottile d'oro da cui diramavano piccole foglie. Glielo aveva regalato Adeline…
Si era vestita bene per quella cena; un duello di parole necessitava la giusta armatura e la sua era la camicetta in seta nera decorata da un campo di rose viola.
Non raggiunse immediatamente West in cucina, ma come se fosse a casa propria andò in bagno a lavarsi le mani e rinfrescarsi. Si sentì infantile ad assecondare il broncio della sua amica, ma sentiva di avere bisogno di quel distacco per prepararsi ad evitare un altro potenziale esaurimento emotivo. Non aveva assolutamente alcuna voglia di litigare ma sapeva che sarebbe successo. Si sciacquò le mani ed il viso e le asciugò sull' asciugamano morbido, di colore nero, di fianco al lavandino. Lo avevano comprato insieme una vita prima, ricordò. Uscì dal bagno degli ospiti facendo un sospiro. Era certa che Elizabeth si aspettasse delle scuse e sapeva che l'unica cosa che l'avrebbe resa più morbida sarebbe stato riceverle, ma l'unica cosa che aveva voglia di darle in quel momento era un pugno.
Arrivata in cucina si sedette al proprio posto. Sapeva che capotavola era il posto solito di West e il suo era quello alla sua destra.
L'aria era densa di attrito. Guardò il profilo della donna ai fornelli: aveva i capelli raccolti in una coda scomposta, un paio di pantaloni neri e leggeri le ricadevano morbidi lungo le gambe, facendola sembrare più alta. Indossava una canottiera in pizzo rosso. Si sorprese di non vederla elegante e in ordine, soprattutto perché era stata lei ad invitarla. Era come se non avesse avuto il tempo per vestirsi meglio, non che fosse vestita male, ma non era da lei. Il trucco della giornata le si era schiarito sul viso. Continuò ad osservarla, ipotizzò fosse stanca, o forse nervosa; evitava di guardarla, la stava ignorando volontariamente. Si chiese se fosse preoccupata o solo menefreghista.
Involontariamente iniziò a preoccuparsi per lei: che la sua alunna fosse morta? Le sembrò più magra, stava mangiando? Aveva passato quei giorni senza di lei a bere ed autodistruggersi? Era in grado di affrontare tutte quelle emozioni da sola? Lentamente Dayana iniziò a sentirsi in colpa per averla lasciata sola, anche se razionalmente sapeva di non avere colpe.

West sentiva il silenzio e non poteva fare a meno che incolpare Dayana sentendone il peso. Si sentiva studiata, sapeva bene che ciò che più amava fare la sua amica era osservarla in silenzio per percepire ogni piccolo dettaglio del suo atteggiamento. Solitamente amava le sue attenzioni e ammirava la sua capacità di leggerla, ma non in quel momento dove avrebbe dovuto dire qualcosa, qualsiasi cosa per toglierle tutto quel nervosismo di dosso ed arrivare al punto.
«Allora? Non mi chiedi scusa?» sbottò Elizabeth continuando a darle le spalle.
Bastò quel piccolo commento per far sparire qualsiasi tipo di senso di colpa da Dayana. Fece un respiro profondo.
«Come?» rispose scocciata.
'Mamma mia, ora ti prendo a testate. Sei proprio fastidiosa.' incrociò il suo sguardo vedendola ghignare al solito. La padrona di casa si avvicinò al tavolo portando da mangiare. Aveva fatto il risotto alla zucca. Day sorrise amorevolmente vedendolo.
«Hai fatto il mio preferito.» le fece notare.
«Ah sì? Me l'ero scordato.» tagliò corto Jade evitando il contatto visivo. Non le avrebbe mai rivelato di aver speso almeno un'ora per comprare quella dannata zucca, tantomeno di averlo fatto più che consapevolmente. Quasi se ne pentí.

'Sei così irritante e tenera.' pensò Dayana, trovando un po' di clemenza alla prima forchettata.
«Quindi le mie scuse?» la provocò di nuovo sedendosi al suo fianco ed iniziando anche lei il pasto. La mora la guardò negli occhi per capire quanto fosse seria, il loro colore ghiaccio la lasciava sempre ammaliata ed infastidita, forse addirittura invidiosa. Erano l'opposto dei suoi: caldi e dorati del colore del sole.
West era seria, titubante ma seria. Sentiva di meritare delle scuse, sentiva di non meritare tutta la rabbia che Day le aveva ritorto contro. Sentiva il proprio orgoglio tragicamente offeso, aveva bisogno di ricevere delle scuse per far calmare la bestia che sbraitava in lei, o per lo meno aveva bisogno di essere fastidiosa per sentirsi meglio.

«Sei pregata di smetterla.» le rispose soltanto l'amica scuotendo la testa apatica. West ghignò, godeva sempre quando riusciva ad ottenere una sua reazione scocciata. Era come una quindicenne borderline alla prima seduta di terapia.

«Che crudeltà, Dayana. Vieni qui in casa mia, a mangiare il mio risotto e nemmeno delle scuse per avermi aggredita verbalmente o un ringraziamento per l'ospitalità.» la punzecchió con infantile sadismo. Day bevve un sorso d'acqua, non la prese sul serio, la conosceva fin troppo bene per cascarci.
«Grazie per il risotto. Delizioso come sempre.» rispose soltanto con compostezza.
«Tutto qui? Ora ti mancano le scuse…» pretese di più.
Dayana la guardò storta, sapeva che avrebbe continuato così fino a litigare o ad avere ciò che voleva, ma proprio non voleva dargliela vinta.

La guardò intensamente facendo crescere l'attesa. Elizabeth la osservó con un sorriso presuntuoso sul volto, gustava già il sapore delle proprie scuse sulla lingua.
«Sembri una bambina offesa.» sentenziò provando una nuova tecnica, ponendola sullo scherzoso. Curiosa del risultato.
Liz si ritirò confusa, prendendo altre due forchettate in bocca. Non capiva, Dayana non le aveva mai detto una cosa del genere. A dire il vero erano poche le volte che scherzava. Non pensava avesse un vero e proprio senso dell'umorismo dato che raramente rideva alle sue battute e che per lo più la guardava male in disappunto.
«Ma che dici? Vuoi distrarmi?» aggrottò le sopracciglia e si versò dell'acqua. L'odore caldo del risotto le arrivava al naso dandole l'acquolina. Faceva caldo. Azionò l'aria condizionata dall'applicazione sul cellulare.

«Dico quel che penso: sembri una bambina. A dire il vero mi sembri una bambina la maggior parte delle volte. Oggi sembri una bambina offesa, fai quasi tenerezza.» ammise curiosa della reazione dell'altra.
Liz si sentì scaldare a quel commento, forse per rabbia ipotizzò, ma non si sentiva arrabbiata. Si chiese se fosse imbarazzo. Forse l'incapacità di Dayana di scherzare la metteva a disagio?
«Ma ti sei fumata il cervello?» rise stando al gioco. Controlló i gradi dell'aria condizionata.
«Sono Jade Elizabeth West.» le ricordó con una certa fierezza, come se significasse qualcosa.

«Beh, eri Jade Elizabeth West anche quando avevi nove anni, immagino. Puoi sembrare una bimba pur rimanendo Jade Elizabeth West.» le fece notare.
Liz seguì il suo ragionamento trovandone il senso, ma non capì come Day fosse finita a dire stronzate simili. A volte le sembrava nello spettro autistico per i ragionamenti esageratamente razionali che seguiva. Si versò dell'acqua, continuava a sentirsi stranita e calda. Se chiunque altro le avesse dato dalla bambina si sarebbe inferocita, o avrebbe risposto a tono, ma Dayana che glielo ripeteva era diverso: era strano, imbarazzante, ma accettabile.
«Ma che stai dicendo? Ma la finisci con sta storia? Sei inquietante…
Chiedimi scusa e basta.» corrugò la fronte e mise il broncio evitando il contatto visivo.
La donna la guardò in volto e scoppiò a ridere, il faccetto offeso di Liz gliela fece visualizzare da bambina. Non pensava avrebbe reagito così. Provò a trattenersi con poco successo quando gli occhi di ghiaccio la ammonirono imbronciati.

Liz sentì ancora più caldo, Day stava ridendo come una matta a caso. Non aveva senso. La guardava e rideva, ma non di lei, non con cattiveria, al contrario con una certa tenerezza nello sguardo. Sentì caldo in petto e scosse la testa evitando di guardarla, sperando si ricomponesse presto.
«Dayana ma hai sbattuto la testa sul vialetto di casa mia prima di entrare? Ma non stai bene, eh. Io una visita neurologica la farei.»

Day rise per le battute e poi di se stessa. Sì, si stava comportando in modo bizzarro, ma era divertente vedere West a disagio per una volta. Smise di ridere e bevve un sorso d'acqua con Jade che ancora la guardava di sbieco.
«Comunque sia… mi spiace se abbiamo litigato e di averti ferita, ma non ti chiederò scusa perché non ho nulla di cui scusarmi, ho dovuto dirti la verità pur sapendo che non fosse delicata e…»
«Ma fottiti!» non la fece finire.
«Mi hai dato della pedofila, della violentatrice, dell'uomo! Hai detto che sono sola, disperata, disgustosa!» le rinfacciò tutto ciò che ricordava, che da giorni sentiva ripetere nella propria testa. L'aveva ferita profondamente anche se non l'avrebbe mai ammesso così.

Day rimase in silenzio, pensò bene alle parole che poteva usare. Si prese le mani tra loro in grembo. Il condizionatore faceva un lieve rumore bianco di fondo. Il piatto vuoto, sporco di pennellate arancioni, rifletteva la luce. West la guardava a braccia incrociate, dei ciuffi le cadevano sulle spalle fuoriuscendo dalla sua coda. Raramente la vedeva con la coda, non era abituata. Lasciò passare abbastanza tempo per far calmare il respiro di Liz che attendeva una sua reazione.

«Come stai?» le chiese tuttuntratto.
«Eh? Che c'entra? Sto bene.» rispose acida.
«No, per davvero. Come stai? Mi spiace non averti chiesto come stai più volte e prima.»
La ruga sulla fronte di West si fece più profonda e triste. Le sue ferite sussultarono bisognose di essere viste. Forse non voleva delle scuse, forse aveva solo bisogno di sapere che Day non la trovava disgustosa. Forse aveva solo bisogno di sapere di non essere sola.
«Non lo so. Secondo te come sto dopo le stronzate che mi hai detto? Sono incazzata. Sto una merda ed è già tanto se ho svuotato tutte le bottiglie di alcol nel lavandino e finito le sigarette. Fa schifo.» la guardò rabbiosa, incapace di mostrarsi fragile.

«E la tua alunna?» chiese cambiando di nuovo discorso. Il volto della sua amica le rispose rilassandosi prima che aprisse bocca.
«Sta bene...diciamo.
È anche tornata a scuola oggi.» pensare a Kat le chiuse lo stomaco. Per fortuna il suo piatto era già vuoto.
«Grazie a Dio.» commentó Dayana sospirando di sollievo. Per lo meno la sua amica non era un'assassina.

West annuì d'accordo, poi dopo un'attenta riflessione prese parola alzando la mano e gesticolando appena.
«Comunque è maggiorenne, non sono una pedofila. Non puoi paragonarmi ai quarantenni che si fanno i bambini. È diverso. E non l'ho mai obbligata a fare sesso con me. Non puoi paragonarmi agli stupratori, non è la stessa cosa. Io amo dare piacere fisico alle donne, non violenterei mai qualcuno, conosco il corpo femminile e non lo uso per darmi piacere come gli uomini.» si giustificò disgustata. Non poteva accettare che la sua amica la considerasse alla pari dei molesti, non poteva accettare una realtà del genere. Non poteva neanche solo immaginare di aver avuto un atteggiamento del genere, per questo evitava di pensarci trovando tutte le prove contrarie possibili.
'Kat era maggiorenne, ma le altre?' la incolpò la sua coscienza. Pregò che Dayana non le chiedesse la stessa cosa, non voleva ricordare che età avessero avuto le studentesse prima.

Dayana la ascoltò chiedendosi se le stesse dicendo la verità, o meglio, se ciò che credeva Liz fosse la verità oggettiva.
La maggior parte delle violenze sessuali avveniva con il partner, o il marito. Rendersi conto di star costringendo qualcuno a fare sesso non era una cosa così facile da capire. Era una questione delicata, il consenso e l'educazione affettiva non venivano insegnati fin dalla tenera età. La maggior parte degli uomini credeva che avere il consenso una volta, o essere fidanzati e sposati, significasse avere il diritto di fare sesso anche se il partner non ne aveva voglia, ma quella era violenza sessuale, anche senza il sangue, senza le lacrime o senza un no. Era coercizione e faceva sentire la vittima come un oggetto da usare per il piacere del carnefice. Era traumatico. Capiva che accettare di aver fatto tanto male a qualcuno, per cui si poteva provare affetto, poteva essere spaventoso. I sensi di colpa potevano essere tanto forti da creare infinite scuse e resistenze pur di non prendersi le proprie responsabilità. Era un mondo di insensibili e codardi, e purtroppo temeva Liz rientrasse nella descrizione.

Come poteva spiegare tutto quello ad Elizabeth e farsi pure ascoltare?
«Okay. Sicuramente non ha la stessa identica gravità, ma ciò non significa che la situazione di per sé non sia immorale o grave.
Io…» si bloccò appoggiandosi una mano alla fronte. Stava andando così bene, non voleva dire la cosa sbagliata e mandare tutto a puttane. West si alzò iniziando a sparecchiare presa dal nervosismo. L'angoscia tornò a torturarla. Senso di colpa liquido lungo le vene. Non riusciva ad ascoltarla facendosi guardare in faccia. Il terrore zampillava nel suo sguardo. Katherine sarebbe potuta morire e il mondo la incolpava di continuo.

«So che ti senti in colpa per quel che è successo e, che tu voglia condividerlo con me o no, so che sei consapevole di quanto sia sbagliato. Non voglio farti sentire peggio. Non è il mio obbiettivo.» le sembrò un buon inizio.
«Sono qui per aiutarti a fare la cosa giusta da ora in poi. Non so che genere di impulsi tu abbia, non so che tipo di empatia provi, non ho idea di come tu viva la realtà e le tue emozioni. Non so che genere di disturbi della personalità potresti avere, li ipotizzo ma non posso diagnosticarli e vista la tua bravura sicuramente tu stessa ti sarai resa conto di alcuni sintomi meglio di me. Sicuramente sei consapevole di non vivere in un modo sano per te e per gli altri. Questo a livello oggettivo visti i fatti accaduti. Ti consiglio vivamente di cercare un sostegno psicologico, sia per il periodo depressivo che stai vivendo ora, che per i comportamenti disfunzionali che ti hanno spinta fin qua.» si fermò un attimo infastidita dal rumore dei piatti che sbattevano tra loro mentre li metteva in lavastoviglie.
Jade si sentì sollevata per le parole di Dayana, non le sembrava giudicante ma comprensiva, nonostante ciò non riusciva ad accettare tutto quel che le stava dicendo. Freneticamente cercò di infilare le stoviglie sporche tra gli scomparti.
«Okay, ci penserò» tagliò corto dopo un interminabile silenzio.

Day sorrise, sperando dicesse seriamente.
«Va bene. Con la ragazzina come hai deciso di comportarti?»
West urtò un coltello incastrato tra le sbarre della lavastoviglie e si tagliò. Una goccia di sangue le bagnò la pelle bianca.
«Cazzo!» imprecò mettendo il dito sotto al getto del lavandino. Aveva una soglia del dolore molto alta, eppure quella goccia di sangue sanguinava del senso di colpa che aveva per Katherine.
Dayana si alzò preoccupata.
«Mi sono tagliata» le spiegò, prima che potesse chiudere il rubinetto Day era andata a prendere i cerotti, era come se fosse casa sua dopo tutte le volte che le aveva fatto da infermiera.
«Vieni qui» le ordinò aprendo la boccetta del disinfettante.
«Ma va. È solo un taglietto non c'è bisogno di-»
«Muoviti. Che se ti si infetta, voglio vedere.» le ordinò sporcando il dischetto di cotone di disinfettante: l'alone verde prese posto nel proprio letto bianco.
Jade obbedì alzando gli occhi al cielo e pensando fosse esagerata. Si sedette vicino a lei e le porse la mano. La spiò in volto mentre attenta e con delicatezza le curava la ferita. Aveva un'espressione concentrata e seria, come se la stesse operando a cuore aperto. Inspiegabilmente West sentì il cuore correrle in gola, arrossì tanto da sentire le guance bruciare e una botta di calore la fece improvvisamente sudare.
«È profondo. Devi stare più attenta.» il disinfettante la pizzicò poco. Le mani di Dayana erano nodose, ma morbide e calde, con attenzione le posarono il cerotto sul dito. Le diedero i brividi, brividi che le corsero giù lungo tutto il corpo. Un'intensa emozione le spinse in petto. Il panico più profondo le diede le lacrime agli occhi, di getto si alzò prima che potesse vederla in faccia.

Un'esplosione di emozioni incomprese la travolse. Non capiva perché doveva farla sentire sempre così emotiva e fuori controllo di sé, non capiva cosa le prendesse, ma di una cosa era certa: era colpa di Dayana.
«È solo un taglietto, porca puttana! Sei esagerata, cazzo. Smettila di preoccuparti manco fossi mia madre. Sei asfissiante davvero. Devi finirla di essere così appiccicosa.» Si sentiva esposta, esposta come non mai. Si sentì in trappola, desiderò intensamente che la sua amica sparisse nel nulla, poi desiderò distruggerla.

Dayana non capì, ma era abituata ai suoi sbalzi d'umore. Pensò che l'argomento della alunna fosse tanto triggerante da farla scoppiare, così la perdonò ancor prima di ascoltare le sue parole.
«Va bene, mi dispiace. La prossima volta te lo disinfetterai da sola.» chiuse il tappo e buttò la spazzatura in tutta calma. West uscì dalla cucina andando a sedersi in sala. Cercò da bere ma la credenza vuota le ricordó di aver gettato tutto quel ben di Dio. Improvvisamente si ricordò della scorta di alcol nella stanza dei videogiochi.

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