Capitolo 2
Si stava scocciando di aspettare tanto. Proprio quando stava per andare a controllare, Erika vide l'ambulanza passarle di fronte, diretta verso la scuola.
Che diamine stava succedendo? Qualcuno si era sentito male?
Incerta sul da farsi l'insegnante rimase immobile per un lungo attimo, poi si incamminò.
Si chiese che fosse successo.
Una fastidiosa voce le sussurrava una vaga e terribile risposta, una flebile ed orrenda soluzione dai capelli rossi. Decise di non ascoltarla, eppure, spaventata dalla possibilità di non stare sbagliando, rallentò il passo.
Quasi a farlo apposta raggiunse l'uscio dell'istituto solo quando l'ambulanza, con le sirene a tutto volume, se ne andò, correndo lungo la strada.
Le bidelle all'uscita la accolsero in uno stato pietoso, evidentemente sotto shock.
«Cosa è successo?
Avete visto la Professoressa West Jade?» chiese loro titubante.
«È salita.» indicò l'ambulanza trattenendo le lacrime.
«Insieme alla studentessa che ha tentato di togliersi la vita...
C'era così tanto sangue...» l'anziana signora scoppiò in lacrime, trovando supporto tra le braccia della collega più giovane.
Erika si paralizzò.
Ne era certa; la ragazza di cui stavano parlando era Valentine, non poteva che essere che lei.
Dopo quel bacio era corsa via... corsa via a nascondersi, a soffrire tanto da tentare il suicidio...
Sangue ovunque...
Erika senza dire una parola si girò seguendo il meccanico ciondolare dei propri passi sull'asfalto, diretti verso casa. Avrebbe preso l'autobus per tornare, o avrebbe fatto l'intero tragitto a piedi.
Katherine aveva tentato il suicidio.
Era anche colpa sua, avrebbe dovuto seguirla, avrebbe dovuto capirlo! Perché era stata così cieca da non pensarci? Perché si era fatta convincere da Jade?
Avrebbe dovuto prevederlo. Si sentì una stupida. Chi se non lei avrebbe potuto aspettarselo? Era l'unica che poteva sapere, che ci era passata.
Una forte rabbia la invase.
«Sei una stupida! Dovevi fare qualcosa! Dovevi andare da Kat! Stupida!» le unghie premettero contro ai suoi stessi palmi.
Un'altra persona ferita per colpa della sua debolezza. Se solo avesse agito subito, se solo avesse fatto la cosa giusta. Se non fosse stata un'incapace. Avrebbe potuto evitare ogni cosa.
Si odiò immensamente e pensò fosse giusto così.
Una parte di lei cercò di tranquillizzarsi, di evitare quel logorante peso di cui si faceva carico; non poteva darsi tutta la colpa dell'atto di Valentine. Ci aveva provato. Aveva cercato di avvisarla.
Si incolpó comunque: avrebbe dovuto fare di più, avrebbe potuto fare di più...
Si difese: l'aveva vista, aveva visto gli occhi di Jade cercare lo sguardo dell'alunna intenzionalmente, prima di baciarla.
Era stata una mossa.
Sì, esattamente! Una mossa di quell'enorme gioco creato e governato da West.
L'aveva baciata per fare male, non per spontaneità, non per bisogno, solo per sfruttare quell'attimo e ferire, finire a morte la sua vittima.
Ora che ci ripensava le sembrava chiaro!
Forse in parte era anche colpa sua per averlo lasciato accadere. Per non averlo previsto. Era complice, era una pedina su quel tabellone, ma la colpa era di Jade West.
Non poteva darsi la colpa.
Non tutta.
Lei lo conosceva quel dolore, lo aveva vissuto sulla sua pelle, lo aveva temuto e predetto.
Erika con lo sguardo perso nel caos dei propri pensieri non si accorse nemmeno di inciampare, finché lo schianto al suolo non la colpì risvegliandola.
Non c'era nessuno ad aver assistito alla sua caduta. Fortunatamente si era solo sbucciata le ginocchia, niente di ché. Rialzandosi in piedi vide il sangue lungo la propria gamba.
Le diede i brividi.
'Sangue ovunque...'
Non si sentiva molto bene.
Aveva bisogno di casa, di dormire nell'abbraccio di James.
'Ah no...'
James non c'era più.
Nemmeno Jade c'era più, anzi no, Jade non c'era mai stata.
Improvvisamente le venne voglia di piangere.
Perché nonostante dovesse essere un'adulta, non si sentiva altro che un'impostore, una stupida bambina bisognosa?
Il mondo divenne troppo abbagliante per i suoi pensieri.
Se Kat fosse morta non se lo sarebbe perdonato mai. Sarebbe stato un altro marchio a bruciarla per sempre.
Tremava.
«Mi manchi...» sussurrò persa.
«Dove sei James?» non conosceva altre braccia tra cui rifugiarsi quando si sentiva tanto vulnerabile.
“Mi manchi…”
Mandò un messaggio al ragazzo senza pensarci.
Come aveva fatto West a distruggere tutti così? Aveva tirato i fili della sua nuova marionetta fino a farli spezzare.
La detestava per tutto quel male, eppure non era abbastanza. La rabbia, l'odio che provava, non erano abbastanza per recidere quel fottuto legame che la tratteneva a lei.
Forse Jade dopo l'azione di Valentine si sarebbe resa conto. Finalmente avrebbe smesso con tutti i suoi giochi sadici, avrebbe smesso con le studentesse, avrebbe accettato di andare avanti e stare con quelle della sua età.
Un lato di lei pensò che in quel momento Jade era insieme alla sua nuova alunna, a prendersi cura di lei, del dolore e dei danni che aveva causato. Sentì una fitta bruciare, insieme al suo senso di colpa...
Che fosse invidia, o solo l'insicurezza di non valerne la pena?
Non poté fare a meno di chiedersi come mai lei al culmine della disperazione, con le cicatrici sulle braccia, non avesse avuto nessuno a salvarla. Di certo non West.
Perché Valentine sì, ma Violet no?
Cosa aveva quella ragazzina, che in lei era mancato?
Perché non era stata abbastanza per un aiuto, per un briciolo di gentilezza, perché lei non era stata salvata da se stessa?
Perché Jade non aveva salvato la piccola Violet? Perché aveva salvato solo Katherine?
Perché una ragazzina sul punto di aprirsi le braccia, non avrebbe dovuto meritare un briciolo di sostegno ed amore?
Perché West continuava a farla sentire come se non lo meritasse?
Una fitta la trapassò.
Stava piangendo.
Odiava Jade perché non l'aveva salvata. L'aveva abbandonata al proprio odio, all'odio che aveva fatto crescere, che aveva nutrito e reso possibile. L'aveva abbandonata al dolore, all'apatia, all'autodistruzione. L'aveva lasciata diventare un disgustoso insieme di insicurezze, di vuoti da riempire e svuotare. Un corpo malato di perversione, affamato ed anoressico di amore.
Era così, no?
Chissà perché solo recentemente aveva deciso di tornare vegetariana. La carne le dava il voltastomaco, ma sapeva benissimo fosse una scusa. In realtà qualsiasi cibo le dava il voltastomaco. Non aveva più fame.
Se solo West fosse tornata in tempo per salvarla da ciò che era diventata, da ciò in cui l'aveva trasformata.
Aveva passato notti ad aspettarla nei propri sogni, nei letti di sconosciuti che le promettevano amore che lei non sapeva assaggiare, o peggio sesso che non la riempiva. Per tanto tempo non era più stata capace di sentire niente, di fidarsi. Era stata capace solo di lasciarsi usare, alla ricerca di quelle stesse sensazioni.
La solitudine l'aveva nutrita sotto gli sguardi della gente a lungo, dopo che aveva perso tutta sé in Jade.
'Che sfiga però. Jade dice di credere in noi, e Valentine decide di suicidarsi. Ci manca che nevica.' pensò cinica, bisognosa di sdrammatizzare tra le lacrime. Osservò il cielo.
Il telefono vibrò in tasca. Affamata di notizie lo prese subito, aspettandosi la dicitura -Jade- sullo schermo.
La scritta -Amore mio- apparve sul display.
Era James.
Non aveva ancora cambiato il nome...
Turbata si fermò, osservando il telefono squillare, quasi senza respirare, combattuta tra il bisogno d'amore e l'immagine di Jade. Lentamente fece per accettare la chiamata... ma fu troppo tardi.
Un sospiro di sollievo le riportò il cuore in petto. Tremava ancor più violentemente di prima.
Una notifica e il messaggio di James sotto ai suoi occhi.
“Anche tu.”
La rossa scoppiò in singhiozzi.
*
Non sapeva che aspettarsi. Il tono di Liz quando l'aveva chiamata era diverso dal solito: era turbato.
Non le aveva dato nessuna spiegazione, le aveva semplicemente chiesto se poteva andare a prenderla all'ospedale, sottolineando di stare bene, o meglio, di non essere lei ad essere stata male.
Dayana accostò vedendo Elizabeth sul marciapiede, aspettando entrasse al posto del passeggero.
Una volta dentro non la salutò nemmeno. Era sconvolta, glielo leggeva in faccia. Conosceva bene la sua espressione sconvolta, doveva essere successo qualcosa di grave per aver ridotto West così.
Il silenzio tagliava l'udito.
Jade non sapeva cosa dire. Era sempre stata molto chiusa rispetto alle proprie emozioni, a malapena riusciva ad accettare il fatto che Dayana conoscesse le sue fragilità. A sua volta, l'amica essendone consapevole, cercava sempre di non spingerla in discussioni difficili. Solo quel gesto era prova di quanto fosse intimo il loro rapporto. Entrambe lo sapevano.
L'amica non sapeva esattamente che dire. Avrebbe voluto chiedere spiegazioni, ma Jade continuava a guardare il finestrino senza nemmeno ricambiare il suo sguardo.
Fece un respiro profondo per spezzare la tensione.
«Ti porto a casa? Liz?» la chiamò in cerca della sua attenzione.
Quando Jade si girò verso di lei, vide l'apatia nel suo sguardo, nei suoi occhi rossi dal pianto, segnati dalla sofferenza.
Erano anni che non vedeva Elizabeth piangere...
«No, la macchina. A scuola...» le frasi le uscirono disconnesse, il suo sguardo perso nel nulla.
Era completamente dissociata, si rese conto Dayana. Non aveva nessun contatto con la realtà, la sofferenza doveva averla travolta tanto da allontanarla da sé.
Anche West si rese conto di come le proprie parole e i propri pensieri tremassero insicuri e sconnessi tra loro.
«La macchina è a scuola...» riuscì a spiegarsi meglio senza avere la forza di guardare l'amica in faccia. Non voleva vedere la preoccupazione sul suo volto, non voleva sentirsi commiserata in quel momento. Non voleva vedere la propria disperazione riflessa in quello sguardo dolce.
Dayana mise in moto.
«Non credo tu sia in grado di guidare ora. Ti porto a casa.
Non ti preoccupare, alla macchina ci penso io.» capì che in quel momento West aveva solo bisogno di riposare e riprendersi, e Jade era troppo stanca per ribattere.
L'amica si sentiva maledettamente confusa e preoccupata. Non aveva idea di cosa fosse successo e più provava a pensarci, più idee ridicole le saltavano in mente.
Che c'entrasse la collega con cui si stava sentendo?
Non aveva altri indizi, Liz non le parlava mai della propria vita privata.
«Una... » Jade tentennò, facendo un profondo respiro per bloccare le lacrime.
Dayana strinse il volante sorpresa.
«Una mia alunna ha...» si bloccò, il sangue le gelò nelle vene.
Non poteva. Non voleva usare quella parola o altre simili.
«Si è tagliata le vene...» riuscì a pronunciare.
Bastò quello a darle il voltastomaco e pizzicarle gli occhi.
«Ah...» Dayana ingoió un boccone amaro.
Ora tutto aveva un senso.
Dayana rimase in silenzio.
Ricordare dell'autolesionismo di Adeline fece male anche a lei, davvero male.
Aveva passato giorni interi vicino al suo corpo in coma.
A quei tempi odiava Liz; l'avrebbe voluta incolpare di aver peggiorato le cose facendo finire Adeline su quel lettino, ma sapeva che se non fosse stato per West, allora Adel sarebbe morta nel suo bagno. Invece era stato solo grazie a Jade, se i medici erano riusciti a salvarla.
Lo ricordava come fosse ieri. Assurdo.
La sua migliore amica, la persona più importante della sua vita sospesa tra vita e morte. La paura di perderla, e il sollievo di quando aveva riaperto gli occhi.
Dayana strinse i denti. Quei ricordi bruciavano in particolar modo nella sua memoria, ma li aveva già affrontati. Dovette sopprimerli per non distrarsi dalla guida, per non sentire quella fitta soffocarla.
Si chiese se sarebbe mai riuscita a perdonare Liz per averle portato via Adel. A volte pensava a come sarebbero potute andare le cose se West non fosse comparsa, a come avrebbero potuto essere felici insieme, senza di lei...
«Ho capito.» bisbigliò Dayana lasciando che i pensieri rubassero l'attenzione di entrambe.
«L'hai trovata tu?» osò chiedere, formulando la domanda in modo tale che bastasse solo un sì o un no, o anche solo con un cenno della testa.
«Sì...» West ingoiò la saliva.
Sangue, tutto quel sangue. Si guardò le mani. Ormai lo aveva sciacquato via, si era mischiato con l'acqua scendendo giù per le tubature, sarebbe finito nei corsi d'acqua, nel torrente, nel fiume...
La consapevolezza che non sarebbe mai più potuto tornare nelle vene di Kat le fece girare la testa. Averlo avuto sulle proprie mani era stato ironico, no? Lei era il carnefice con le mani sporche del sangue dell'ennesima vittima. Finalmente non solo in senso figurativo. Era un mostro, lo era sempre stata.
«Dove?» dopo quella domanda riformulo subito.
«Nei bagni?» chiese con cautela, continuando a guidare moderatamente, tenendo gli occhi sulla strada.
«Sì...» West continuava a vedere immagini del momento ripetersi nella sua testa, frammentate tra Kat ed Adeline, collegate da quella scia rossa.
«La conosci molto bene?» osò Dayana. Liz di risposta annuì soltanto, debolmente, senza fiatare.
A quel cenno fece di tutto per soffocare il singhiozzo e non farsi sentire, mentre una lacrime scendeva sulla guancia del suo riflesso al finestrino.
Dayana avrebbe voluto chiedere notizie della ragazza, ma capì che fosse troppo. Un'altra domanda l'avrebbe fatta scoppiare, e dopo tutto quello che aveva vissuto non era il caso. Le avrebbe chiesto i dettagli più tardi.
Arrivate a casa Dayana accompagnò Liz, tendendola sotto braccio.
West si lasciò trasportare, senza guardarla in faccia, osservando sempre il pavimento, trattenendo quel poco della propria dignità.
Dayana la rendeva debole. Perché sapeva di potersi fidare di lei, per questo tutte le sue fragilità si davano il lusso di spingere fuori in sua presenza, ma in quel momento non avrebbe retto di scoppiare in lacrime un'altra volta. Non di fronte alla propria amica. Per questo fece di tutto pur di non guardarla negli occhi. Le concesse di farsi accompagnare come una bambina, senza rifiutare l'aiuto. Sapendo di averne bisogno, grata del suo contatto.
Lo sapeva; di essere sola. Solamente Dayana si prendeva cura di lei, raggiungendola persino nei posti più improbabili nel momento del bisogno. Era stata una stupida a litigarci da ubriaca. Ci teneva a Dayana, ci teneva davvero.
Perché spingeva tutte le persone che amava lontano? Perché stava lasciando che il dolore, l'orgoglio, il suo carattere di merda le rovinasse la vita?
Rovinasse le vite altrui. Ancora.
«Grazie Dayana...» bisbigliò West quando l'amica la lasciò sul divano.
«Ti porto dell'acqua.» andò in cucina tornando poco dopo, e porgendole il bicchiere. Liz non aveva sete, ma bevve ugualmente. Trovando un sapore metallico sulla propria lingua.
«Scusa per le cose che ti ho detto l'altra sera...» bisbigliò piano prima di sforzarsi per finire il bicchiere.
«Va bene così. Eri ubriaca. E poi ti conosco, Liz... »
«No, non è vero.
Non mi conosci, non ti dico un sacco di cose. Altrimenti ti farei schifo.»
Dayana senza capire la guardò accigliata, leggermente dispiaciuta nel sentirla dubitare di lei.
«Faccio schifo a me stessa.» un sorriso amareggiato passò sul suo volto.
«Non mi fai schifo, non mi faresti schifo.
Ho visto il peggio di te, ma sono ancora qui...» si sedette a fianco a lei appoggiandole una mano sulla spalla.
West avrebbe voluto lasciarsi andare e dirle... dirle che razza di mostro era diventata, che razza di sociopatica, quale essere disgustoso e senza cuore, ma non ce la fece. La paura di perdere l'unico sostengo la soffocò.
«Abbracciami... per piacere.» quella sorta di ordine sussurrato disperatamente spezzò il cuore della donna. West non le aveva mai dato o chiesto un abbraccio, non dopo Adeline, nemmeno da ubriaca, nemmeno per salutarla.
Jade si abbandonò a quelle braccia calde che la stringevano forte.
Si sentiva così fragile in quel momento, e la dolcezza con cui Dayana la sosteneva la fece sentire ancora più piccola ed emotiva.
Il calore nel suo petto stava diventando atrocemente intenso, se avesse continuato l'avrebbe distrutta, e sarebbe scoppiata a piangere lì.
Bruscamente si scostò dall'abbraccio.
«Basta, vattene.
Voglio stare sola. Ho bisogno di stare sola.
Mi vado... faccio un bagno.
Ho bisogno di stare sola.» ripeté spaventata dalle proprie emozioni, alzandosi in piedi di fretta, quasi cadendo.
«Va bene, va bene.» la rassicurò Dayana tirandosi su piano e parlando lentamente.
Era molto preoccupata per lei. Non voleva scatenare reazioni violente ed autodistruttive, ma soprattutto le faceva davvero male vederla così. Come se tutti quegli anni non fossero passati, come se tutto quel tempo non fosse servito a niente.
West spezzata le faceva sempre dispiacere.
Guardandola darle le spalle le sorrise premurosa.
«Un bagno mi sembra un'ottima idea.» si incamminò verso l'uscita.
«Vado a chiamare qualcuno per recuperare la macchina. Torno tra un'oretta per ridarti le chiavi.» le prese dalla borsa all'entrata.
«Okay.» sollevata West guardò la donna uscire di casa.
Nel momento in cui la porta si chiuse scoppiò a piangere profondamente. Mille singhiozzi le perforarono il petto, mentre lei scompariva, sempre più piccola su quel divano tanto grande.
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