Capitolo 19
Erika si allontanò immediatamente presa dal panico e dalla fretta di doversi coprire, mentre Jade togliendole le mani di dosso con fermezza e apparente calma tornò a sedersi alla poltrona, come se nulla fosse.
Violet scossa, si tastò i vestiti tirandoli verso il basso, provando a nascondere il passaggio della lussuria sulla sua pelle. Per imitazione si sedette anche lei, tremante per l'imbarazzo e la paura che qualcuno potesse notare i brividi vogliosi rimasti sul suo corpo.
Bussarono ancora. Insistentemente.
«Sí? Avanti.» urlò Jade.
Erika appoggiò una mano alla fronte per coprirsi il volto. Pregò di scomparire, di diventare invisibile ed essere ignorata da chiunque sarebbe entrato. La vergogna la divorava da dentro. Si sentì esattamente come quando nelle sue diete malate da anoressica, si ritrovava a piangere in bagno per aver ceduto a qualche biscotto.
La bidella si affacciò e West sembrò scocciata di vederla, almeno così intuì Violet grazie alla rughetta impercettibile sulla sua fronte.
«Mi scusi l'interruzione…» intonò a disagio la signora.
«Si tratta della studentessa…
Ecco, di Valentine…» ricordò il suo nome.
La preoccupazione assalì entrambe le insegnanti.
Erika sobbalzò, quel nome cancello qualsiasi altro pensiero; si girò verso la bidella sentendo il sangue gelare nelle vene.
«Sta bene?» intonò allarmata, precedendo West; facendosi odiare.
La bidella annuì nervosamente.
«Altrochè! Sta dando di matto, ma sicuramente sta abbastanza bene da mancare di rispetto alla scuola e al suo personale.»
West rimase interdetta, elaborò più volte quella frase nella propria testa senza trovarne un senso.
«Eh? Mi scusi, ma di qualsiasi cosa parli, si starà confondendo con un'altra alunna. Avrà confuso il nome.» sorrise. L'idea di Kat che mancava di rispetto a degli adulti, o che semplicemente non rispettava le regole, era qualcosa di tanto fantascientifico che nemmeno riusciva ad immaginarlo.
«No, no. Proprio lei! Capelli rossi lunghi, bassina e felpe larghe. Ha una certa fama…
So chi ho visto e non mi sto sbagliando.» insistette la bidella. Nemmeno Violet sembrò convinta. Chiunque conoscesse Kat non avrebbe creduto a quelle parole.
«E cosa avrebbe fatto Valentine?» chiese Jade con un ghigno beffardo.
*
Katherine guardò la vicepresidenza e poi l'uscita. Voleva scappare. Sentiva il bisogno di fuggire da tutto il proprio malessere, come se la stesse seguendo, o come se l'ossigeno all'interno dello scuola fosse stato fumo nero, sporco della cattiveria, della rabbia e dello stress dei pensieri di ogni alunno che ci si era perso dentro.
Odiava tutto e tutti, non con furore, ma con sottile apatia e disinteresse. Diede un'ultima occhiata alla vicepresidenza, poi alla porta d'uscita. Katherine iniziò ad assaggiare la propria nuova persona, facendo qualcosa che la vecchia Kat mai avrebbe neanche sognato di poter fare.
Sorrise, superando l'uscita principale della scuola. Senza cartella, o giacca, senza alcuna ansia o preoccupazione. Abbandonando ogni ragione, seguace solo dei propri impulsi.
Sentì la bidella urlarle dietro.
«Non puoi uscire! Dove credi di andare? Fammi vedere il permesso!»
Kat si girò continuando a camminare all'indietro verso il cancello. Guardò la bidella e le scoppiò a ridere in faccia. Sorpresa di se stessa, si guardò alzare il medio in risposta, e quando la bidella iniziò ad urlare oltraggiata alzò anche quello della mano sinistra, portando entrambe le dita ben in vista sopra la propria testa.
Non poteva credere di starlo facendo davvero.
Un impeto di gioia e frenesia le corse nelle vene, scuotendo la sua spina dorsale, sgusciando in una risata tra i suoi denti. Girandosi verso la strada iniziò a correre; sola e libera, senza una meta, con solo una risata tra i denti e i crampi alla pancia per la pura gioia di ciò che aveva appena fatto.
Il mondo le schizzò vicino: strade, case, persone. Tutte schizzavano a lato della sua visuale, mentre l'aria le raffreddava il volto e le sue gambe spingevano il suolo con tutta la forza che aveva in corpo. Senza fiato, o energia, continuò a correre e ridere, posseduta da un'insana voglia di vivere. Il parco la accolse e si lasciò cadere sull'erba, sotto il cielo sporco di nuvole.
Non aveva idea di come ci fosse arrivata. Senza più aria inspirò a pieni polmoni. Un sorriso enorme le aprì il volto.
Mille emozioni le turbinavano dentro; tutte nuove, tutte bizzarre ed insensate.
Tutte sue; intimamente, unicamente sue.
«Ommioddio! Ahahahah! Lo hai fatto davvero! L'ho fatto davvero! Puahahah!»
Scoppiò a ridere, ai limiti dell'isteria, senza fiato e dolorante per gli spasmi. Lacrime agli occhi.
Chiunque fosse; amava la nuova Katherine.
*
«Mi sta dicendo che Valentine l'ha mandata a fanculo, mi scusi il francesismo, correndo via da scuola come una fuggitiva?» ripeté la vicepreside incredula.
«Esattamente! Mi ha pure riso in faccia!
Ora io capisco il trauma che ha passato, ma questo non può giustificarla dal fare ciò che vuole e diventare una maleducata.» insistette la bidella.
West dovette fare un enorme sforzo per sopprimere anche solo l'ombra del sorriso divertito che le spingeva sul volto. Katherine che compiva un'impresa del genere sembrava qualcosa di sensazionale. Sentí inizialmente il brivido di una preoccupazione: Valentine stava mutando, stava cambiando radicalmente e questo la spaventava, ma non stava solo cambiando, Katherine si stava liberando da tutte le sue prigioni e il pensiero di una Kat abbastanza coraggiosa da uscire dalle righe per essere niente meno che se stessa le diede un tipo di gioia nuova, la fece sentire fiera di lei.
«La condizione di Valentine è molto particolare, comunque dobbiamo tenere conto della sua fragilità mentale, ma sono d'accordo sull'educazione. Non si preoccupi, prenderò provvedimenti.
Signorina Violet, può andare nella classe di Valentine, giusto per accertarsi che sia davvero lei. Grazie.» riuscì a rimanere seria.
«Grazie, davvero.» sentendosi gratificata la collaboratrice scolastica uscì dall'aula.
Erika si alzò sbigottita.
«Mi sembra assurdo possa davvero essere lei. Scommetto che è in classe…
Non posso andare a controllare.» aggiunse preoccupata. Non poteva farsi vedere di nuovo da Kat. Era uno dei suoi incubi.
«No, non sarà in classe, me lo sento che è lei. Kat se n'è è davvero andata mandando a fanculo tutto. Insomma, è in piena crisi esistenziale. Dopo un trauma del genere è normale che stia rivalutando tutta la propria vita. Lo faremmo tutti.» rifletté West ad alta voce. Immaginò quella tappetta rossa andarsene così; mandando tutti a fanculo. Scoppiò a ridere e scosse la testa.
«E se ti sbagli ed è in classe? Se mi vede? Non hai paura che possa ricordare?»
Quelle parole mossero le vipere silenti nel ventre di Jade. Si innervosì per il dolore.
«Ho detto che non sarà in classe.
Vai a controllare!» sbottò infastidita. Il marcio di tutta quella questione tornava sempre, per quanto cercava di non pensarci.
«E comunque; è inevitabile, prima o poi ti vedrà. Posso toglierti la sua classe dalle supplenze e lo farò, ma vi incrocerete per i corridoi prima o poi. Credo che l'importante sia non farci vedere insieme nello stesso posto insieme. Dovremmo ignorarci per un po' a scuola, Violet.» lo affermò roboticamente, seguendo il filo razionale dei propri pensieri, poi con sadica curiosità osservò la reazione della rossa.
Erika annuì, sollevata e preoccupata, colpevole e spaventata. Vedere meno Jade era sia la cosa giusta, che la cosa più difficile.
«Ha senso… ma preferirei davvero non andare io a controllare.» si toccò il braccio con la mano sinistra, puntando lo sguardo a terra.
Jade si bagnó le labbra con la punta della lingua, provando un brivido di piacere. Il costante peso di tutta quella questione le dava sempre fame di potere.
«Ho detto: vai a controllare.
Già non sai gestire una classe, ora non sai nemmeno obbedire ad un semplice ordine?»
Essere crudele con Violet le veniva talmente spontaneo da sorprendersi da sola, era diventato qualcosa di inevitabile. Se mai avesse voluto smettere si sarebbe dovuta sforzare.
Erika eclissò fuori dalla porta, fuggendo spaventata. Tra i corridoi il panico le strinse le viscere. 'È colpa tua.' la voce di Jade che le dava la colpa per ciò che era successo a Kat, le sobbalzò in mente quando passò il muro lungo il quale avevano avuto quella conversazione. Si sentiva soffocare, ad ogni passo verso la porta di Valentine sempre più. Stupide lacrime le riempirono gli occhi.
Jade si prendeva gioco di lei; la maltrattava, per vendetta, per sadismo, per la propria perversione. Per una o per l'altra cosa, che differenza faceva? La vera oscenità era l'odio che provava per se stessa per lasciarsi trattare così. Era la mancanza di amore che non le permetteva di trovare una sola parola, ad un solo valido motivo per difendersi.
La classe terza si proiettò sul muro davanti ai suoi piedi.
Si costrinse a soffocare tutto, a trattenerlo dentro di sé, anche se la dilaniava cercando di uscire. Non sarebbe mai uscito, perché non esistevano parole per esprimere l'orrore che Jade le aveva lasciato dentro, da anni ormai.
Bussò, aprendo la porta di scattò. Il docente la guardò interrogativo. Violet rimase in corridoio, avvicinandosi ma non abbastanza da farsi vedere dalla classe.
«Valentine è qui?» chiese pacata.
«Direi di no. A dire il vero è andata in bagno da un po'.» il professore sbiancò poco dopo aver sentito le proprie parole. Balbettò preoccupato gesticolando in modo confuso.
Violet tirò un sospiro e lo precedette.
«Niente panico, sta bene. È solo uscita prima. Potete darmi la sua cartella?»
*
Katherine all'avventura con se stessa si era introdotta nei meandri del parco. Era uno dei più grandi della città. Fino a quel momento aveva gracchiato indietro a due cornacchie, osservato un pettirosso, seguito una stradina di formiche e aveva contemplato la danza degli arbusti che scossi dal vento oscillavano vivi, tutto intorno a lei.
Non c'era nessun altro, almeno non in quella zona. Ricordò fosse solo mattina con un sorriso e fu lieta della quiete e della mancanza di bambini strillanti o coetanei idioti. Gli unici che vedeva di tanto in tanto erano i ciclisti.
Stava studiando uno strano coleottero capovolto al suolo, che si scuoteva con pigrizia, come a pensarci due volte prima di trovare l'energia per ribaltarsi sul lato e tornare a volare, quando il suo telefono vibrò. Dovette alzare la luminosità dello schermo per leggere la dicitura di un numero che non conosceva.
Senza pensarci ed indifferente al tutto, rispose.
«Pronto?»
«Kat?» una voce familiare chiese conferma.
«Sì, sono io. Tu chi sei?»
«Sono io; Jade. Stai bene vero? Mi hanno detto che te ne sei andata mandando tutti a fanculo. Avrei voluto vederti perché non riesco manco ad immaginarlo.
Comunque qui ho il tuo zaino.» la sentì ridere in sottofondo.
L'alunna sorrise sedendosi sul prato. Il coleottero era già volato via. Le fece piacere sentire West, allora; realizzò.
«Come fai… cioè, da quando hai il mio numero?»
«Me lo hai detto una volta, tipo qualche mese fa… e me lo ricordavo.» Valentine lo ricordava vagamente, sembrava una vita addietro, come se i ricordi prima del tentato suicido fossero solo un qualche film che aveva visto. Il sole si affacciò da dietro le nuvole grigie illuminando l'erba verde.
«Ah già. Vero, che hai la super memoria.» sorrise.
«Dove sei ora?» andò diretta al punto West.
«Al parco. A rilassarmi un po'.» non diede spiegazioni.
La Kat del passato avrebbe sentito l'impellente bisogno di giustificarsi. Di accertarsi che Jade non fosse arrabbiata.
Forse avrebbe dovuto comunque dare motivazioni, ma non ne aveva voglia. La annoiava. Non le sembrava fosse rilevante il cosa l'avesse spinta via da scuola, o meglio, era rilevante per lei, era la sua vittoria, ma si sentì gelosa del proprio segreto con se stessa, della propria bolla. O almeno non sentiva il bisogno di parlarne con gli altri.
«Va bene. Arrivo e ti porto lo zaino.»
Valentine rise, ricordando che Jade non chiedeva; agiva.
«Mi trovi nella città incantata delle betulle. Almeno credo siano betulle. Sono quelle bianche, vero?» strappò un ciuffo d'erba con due dita.
«Non ho idea di cosa tu stia farneticando, ma non smettere.» rise l'insegnante grata di sentire il barlume della vecchia Kat, incastrata tra descrizioni spontanee e bambinesche.
La rossa percepì un pizzico di tenerezza in quella frase e nel suono dolce della sua risata. Stranamente però le sue guance non arrossirono, ma sorrise provando un nuovo tipo di adrenalina che se avesse conosciuto avrebbe chiamato orgoglio.
Rimase in silenzio assaporando quel momento, sentendo la possibilità di varcare una nuova strada. E buttandosi; osò.
«In che senso; "non smettere"?» sorrise immaginando la reazione di West, curiosa della sua risposta.
Jade rimase in silenzio per qualche secondo.
«Ne parliamo quando arrivo. Dieci minuti e ci sono.» riagganciò impaziente.
Spazio autrice
Perdonatemi la sparizione. Finalmente ci sono! Cercherò di pubblicare ogni weekend! Intanto auguro a tutti gli adolescenti buon fine scuola ahaha mentre buona fortuna agli universitari e lavoratori.
Vorrei riuscire a tornare a pubblicare costantemente e mi impegnerò molto per tornare ad avere una routine sana con me stessa. Vorrei pubblicare di più anche altre storie. Vedrò che riesco a fare tra lavoro e esami ahaha
Comunque cosa ne pensate di questa nuova versione di Kat? Vi piace? Vi spaventa?
Fatemi sapere se il capitolo vi è piaciuto, lasciate pure commenti su cosa ne pensate e stellinate se vi va ❤️ e accetto qualsiasi critica o segnalazioni di errori se ci sono. Grazie a tutti per il supporto. Vi adoro sempre.🥺❤️
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