Capitolo 15

Erika rimase spiazzata, rise nervosa.
«Cosa... Cosa stai dicendo?» borbottó accigliata, ancora triggerata dalle sensazioni passate che tornavano a tormentarla.

Senza capire cosa volesse insinuare Jade, insistette, terrorizzata dal proprio senso di colpa.
«Ci siamo baciate davanti a Valentine. Sai anche tu che è questo che l'ha portata a...
Quello che è successo è gravissimo ed è colpa nostra. Dobbiamo parlarne.» Erika abbassò lo sguardo persa nel proprio incubo.
Le cose intorno a lei sembravano così grandi e lei si sentiva così piccola. Sentiva le pareti del corridoio stringersi, come se potesse esservi schiacciata da un momento all'altro.

Non sapeva cosa aspettarsi da West.
Forse voleva solo sentirsi capita, ascoltata, voleva solo condividere il senso di colpa, voleva solo sapere se Jade stesse male almeno quanto lei per Valentine.
Voleva solo sapere se Jade stesse male almeno quanto lei per tutto quel dolore che aveva reso possibile.

West freddamente continuò a deriderla, senza nemmeno ascoltare il significato delle sue parole, limitandosi a provare piacere nel vederla abbassare il volto intimorita.
«Cosa? Ma stai scherzando?
Violet tu mi hai baciato.
Non ti ricordi? Tu mi hai baciato.» il suo tono spontaneo e sicuro, come se stesse affermando un'ovvietà qualunque, come un bambino che afferma che il sole brilla nel cielo. Per West quel ovvietà fu facilissima da introdurre nei ricordi, quella menzogna fu dolcissima da accettare, abbastanza dolce per distogliere gli occhi dalla realtà e crearne una nuova.

«Tu mi hai baciato.» un sorriso compassionevole, come se bastasse credere in due ad una bugia per renderla reale, per crederci e fuggire dai propri demoni, dal passato, dal sangue sulle sue mani.

Erika guardò l'insegnante affermare quelle parole con sicurezza e un sorrisetto meschino sul volto. Uno di quei sorrisi che la derideva, che le ripeteva "Povera stupida Violet." con pena.
Glielo faceva echeggiare in mente; 'Povera stupida Violet.'
«Non è vero, West. Non è così.
Sei tu che sei entrata in classe a salutarmi. Io avevo l'ultima ora di sostegno. È impossibile.» scosse la testa incredula, pregando bastasse quello per convincersi, per ricordare un dettaglio futile.

Jade incrociò le braccia cercando i suoi occhi spaventati. Ormai i ricordi distorti stavano prendendo spazio nel loro passato, sovrapponendosi alla realtà, stavano diventando solidi ed ingombranti, dolorosi da spingere nel proprio orecchio.
«Stai scherzando?
Sì, io sono entrata in classe a salutarti e dirti che ci vedevamo alla macchina, ma tu mi hai baciato, poco prima che andassi.
Pensaci bene, Violet. Avevo la tua lingua in bocca e non mi pare stesse ferma.
Non ricordi quanto desideravi baciarmi e continuare a farlo a casa mia? Cosa ti ricordi?»
Nessuno avrebbe potuto capire si trattasse di una bugia, perché West stessa credeva disperatamente alle proprie parole. Perché era una vita che Jade si nutriva di bugie dette agli altri per farle sentire a se stessa, per credere sinceramente ad una realtà distorta e pulita, ma d'altronde quanta importanza aveva la realtà? Per quanto fosse fasulla, a lei bastava solo non fosse pesante e la vedesse vincitrice.

Erika sbiancó davanti a tutta quella sicurezza.
Era vero; Jade le aveva chiesto di vedersi alla macchina.
Era vero; le loro lingue si erano toccate.
Era vero; lei aveva desiderato ardentemente baciarla, amarla e continuare a farlo.
Era davvero vero?

«Io... Non lo so.» le ore di sonno mancate, la perdita di James, la stanchezza nel suo corpo, nella sua mente, lo zucchero che mancava nel suo stomaco, al suo cervello, improvvisamente quelle mancanze sembrarono combattere tutte contro il suo disperato tentativo di ricordare chiaramente qualcosa, mentre le parole di Jade prendevano forma nella sua testa, coincidendo coi suoi ricordi, ricoprendoli, come il bianco della neve su un giardino dimenticato.
West sembrava sicura, sembrava ricordare ogni particolare. Tutto quel che affermava era ben più limpido dei suoi ricordi sfocati.

Violet guardò gli occhi ghiaccio scintillare crudeli. Quante volte li aveva visti così?
Non li avrebbe mai scordati.
Non si ricordava nulla, non con tanta sicurezza, ma sapeva che non l'avrebbe mai fatto e sapeva anche che Jade era solita rigirare le cose a proprio vantaggio.
Una briciola di rabbia risalì lungo il suo petto; per tutte quelle volte che l'aveva fatta sentire "nulla", per tutte quelle parole che si era rimangiata, per i "ti amo" che aveva detto e negato, per le colpe insulse che le aveva da sempre dato.

«Non è possibile...
Jade non è così... Non sono pazza.
Non farmi sentire come se la fossi.
Ti conosco, hai sempre fatto così con me.
Questo me lo ricordo; mi hai sempre dato la colpa, ti sei sempre rimangiata le tue azioni, le tue parole, le tue bugie. Non sono stupida.» i suoi occhi pieni di lacrime, di rabbia e dolore.

Le stava crollando la realtà addosso. Non capiva niente, non ci capiva più niente. Troppe emozioni spingevano per uscire e lei disperatamente provava solo a reggersi in piedi.

Jade infastidita dalla sua resistenza vagò con lo sguardo sul muro, come alla ricerca di un appiglio, di una fessura dove nascondersi.
Mantenne la calma, nonostante la rabbia fosse troppa. Era un momento cruciale; doveva raggirare Violet se voleva controllarla. Infuriarsi l'avrebbe solo portata a farsi ritrarre come un mostro, ma lei non aveva colpe, non in quel gioco, non in quell'universo dove Erika l'aveva baciata e la realtà era pongo sotto le sue parole.

«Violet, appunto perché non sei stupida accetta la realtà.
È da sempre che menti a te stessa, e il fatto che io smentisca le cose, è la scusa che ti dai per non affrontare le tue azioni.
Io ti conosco Violet e soprattutto, sappiamo entrambe che a contrario tuo, ho una memoria infallibile.

Vuoi che ti descriva come eri vestita? Con i jeans blu scuro e la camicetta che stai indossando ora.
Ti sei semplicemente avvicinata spingendolo le tue labbra contro le mie.
Quando mi sono resa conto di Kat, mi sono spostata lentamente per non ferirti. Ti sei pure preoccupata e arrabbiata perché non l'avevi fatto di proposito, ti eri dimenticata fosse rimasta in classe per ultima, non l'avevi vista, poi ti ho spiegato che avevo chiuso con lei per rassicurarti. Ricordi?
Come credi che io abbia trovato Kat? Perché avrei dovuto cercarla, se fossi stata io a baciarti? Non ha senso. Tu l'hai baciata ed era logico l'avessi ferita, per questo sono andata a cercarla subito dopo. La colpa è tua, ma non volevo farti pesare un bacio, almeno finché non l'ho vista in bagno...»

West descrisse la situazione come un film; Violet la vide sotto i propri occhi. Vide se stessa, con quei jeans che odiava tanto, si vide alla ricerca di un misero dannato bacio. Sentì il sapore della lingua di West in bocca, le sensazioni in petto, il desiderio di farlo durare per sempre. Sentì il senso di colpa. Si ascoltò chiedere di Kat che correva via, e accettare le parole gentili di Jade rassicurarla.
Lo ricordava precisamente. Era così reale nella sua mente, così vero. Più concreto della realtà stessa.

Violet senza parole iniziò a tremare, cercò appoggio alla parete. Era colpa sua. Era colpa sua? Era davvero così stupida? Il terrore prese piede sul suo volto.

West sorrise soddisfatta.
Violet stava cedendo e lei non aveva intenzione di darle tregua.
«Rispondi alle mie domande: non hai lasciato il tuo ragazzo per me?» la rossa che non si aspettava quel cambio di discorso, rimase confusa prima di rispondere.

«Sì...» si passò due dita sotto le occhiaie, per asciugare le lacrime che stavano dissolvendo.
Il dolore lancinante al pensiero di James che non c'era più le diede il bisogno di piangere e rannicchiarsi. L'aveva lasciata andare e basta. Era completamente sola, completamente sola contro Jade e i propri sbagli. Contro se stessa. Si asciugò una lacrima sperando non si fosse notata.

Jade nascose un sorriso. Un gradino alla volta, le bastava fare un gradino alla volta.
Per quanto Erika fosse cambiata, il potere che aveva instaurato in lei era troppo forte per essere cancellato.
«Non speravi di venire a casa con me?»

«Beh, sì. Ma che c'entra...
Lo sai.» borbottó la rossa, scocciata da quelle domande ovvie, che la spingevano passo passo al dirupo, che le toglievano l'aria.

Un sorriso sadico alla volta.
Il piacere che West stava provando nell'avere tutto sotto il proprio controllo era impagabile.
«Non stavi già dando per scontato che tra di noi ci fosse qualcosa?»
Una lenta tortura che si divertiva a compiere, spingendole il coltello alla gola.

Violet nemmeno la guardava in viso, tremante, con la spalla appoggiata alla parete e le braccia incrociate ad abbracciarsi, nel disperato tentativo di tenere i pezzi attaccati.
«Beh, forse. Sì... Lo speravo.»
Erika era incapace di mentire, soprattutto con lei che la torturava finché non trovava la verità.

Il sorriso di West si aprì in sostegno della prossima domanda. Il coltello pronto a spingere nella carne, la sofferenza pronta a sgorgare.
«Non hai detto tu di amarmi e volermi, Violet?
Mi ami? Hai bisogno di me?»
Sapeva quanto la rossa fosse incapace di trattenere le proprie emozioni dentro. Davanti a lei non poteva avere angoli nascosti; l'aveva cresciuta bene.

Erika sentì le proprie ossa tremare. Un misto di terrore, rabbia e bisogno, mentre lo sguardo ammaliante dell'insegnante la metteva alle strette.
"Sì" sarebbero state le braccia di West come ricompensa, dove smettere di combattere solo per un secondo.
"No" sarebbe stato allontanarla e poi l'inferno senza avere più pace. Sarebbe stato continuare a correre tra i corridoi alla ricerca di una soluzione, ma ammettere "sì" l'avrebbe privata di dignità, l'avrebbe fatta arrossire ed imbarazzare rendendola una ragazzina insicura.

«Non so cos'è l'amore, credevo fosse James… ma ho mandato tutto a puttane per te.
Vorrei soltanto che le cose tra noi potessero andare meglio…
Vorrei non stare più così male. So solo che c'è qualcosa che mi tiene legata a te, che mi distrugge. So solo che non è possibile soffrire tanto per persone di cui non ci interessa...» ritrovando un briciolo di sé, Erika tentò disperatamente di evadere da quella trappola, di evadere nella verità. Sperando di riuscire ad uscirne seguendo le stesse regole del loro gioco silenzioso.

«Quindi hai bisogno di me.
Hai mandato tutto a puttane per me.
Ti rimango solo io, senza di me sei completamente persa.
È così, Violet, o sbaglio?» sottolineó. Un sorriso prepotente le incorniciava il viso. Non si poteva scappare dal Dio di un gioco crudele, da un Dio che ne conosceva le scorciatoie, che ne aveva creato le basi.

La rossa sentì la disperazione premere addosso. Come sempre West aveva chiare tutte le carte, come sempre aveva tutti i fili per muoverla come un burattino.
La stava pregando solo di avere un briciolo di amore, di sostegno, per tutto il male che le aveva inflitto, per tutte le parti che le aveva staccato.

«È così, Violet?» il suo cognome ancora a bruciare nei ricordi, insistente.
Piccoli insegnamenti che tornavano a galla: doveva sempre dare una risposta.
La rossa abbassò la testa annuendo debolmente, sentendo le lacrime bruciarle gli occhi.

Se lei era l'assassina di Valentine, allora era la solitudine, era un insieme di errori e sbagli che cercava aiuto, che richiedeva ciò che le era stato portato via, che supplicava per la conferma di essere abbastanza, che aveva la colpa di essere stata se stessa.

Le lacrime sgorgarono, provò in tutti i modi a nasconderle, ma lo sguardo gelido di West godeva di ogni nota di dolore che mostrava involontariamente il suo corpo.

Il dolore di Violet uscì a fiotti colpevole di essere fragile.
Mandava tutto a puttane, continuamente; una vita di errori su di sé e sugli altri. James meritava di meglio.
Katherine non meritava quello, avrebbe fatto qualsiasi cosa per tornare indietro ed evitare quello stupido errore. Quella ragazzina aveva il cuore spezzato... e lei aveva baciato Jade davanti ai suoi occhi.
Inghiottí la propria voglia di vomitare. Il senso di colpa le dava allo stomaco.

L'idea di aver spinto Valentine a quello stesso dolore che lei ricordava perfettamente, che aveva passato e mai superato del tutto, le dava l'impressione di starsi lasciando uccidere una seconda volta.
Lei era stata quella studentessa e non era stata abbastanza forte per reagire.
Kat era quella studentessa e lei non era stata abbastanza forte per salvarla.
Lei era quella alunna, lo era ancora, era lì a piangere ed odiarsi davanti a Jade, senza alcuna forza per reagire. Era lontana anni luce dall'adulta che voleva essere, era stata fagocitata dal proprio passato e non trovava più la strada per il presente.

Jade continuando a sorridere le si avvicinò.
«Oh, Violet.» il suo tono dolce.
Senza aggiungere altro posò le mani sulle sue spalle stringendola a sé.

Erika si lasciò stringere.
James l'aveva abbandonata. Non aveva più nessuno. Di certo non aveva se stessa. Aveva bisogno di scappare e West era un perfetto terribile luogo in cui dimenticarsi di esistere.
Pianse più forte, sentendo quell'abbraccio bruciare come veleno. Lasciò il permesso alla sua tristezza di uscire ed essere riconosciuta come tale.
«Povera la mia Violet.» Jade le accarezzó i capelli rossi. Le alzò il volto, maniacale. Voleva vederle, voleva le lacrime, il dolore delle sue iridi. Voleva assaporare tutta la sofferenza.

Le asciugò le guance tenendo i propri occhi ghiacciati fissi in quelli prosciugati della rossa.
Lasciò che un piccolo sorriso smascherasse il suo malato sadismo. Violet, lo sapeva, già lo conosceva, ma che altro poteva farci? Nulla, e Jade lo sapeva bene.

«Come sta Valentine?» sperava solo le sue condizioni non fossero così gravi.
I singhiozzi continuarono a spezzarla, come se le braccia stesse di West alimentassero il dolore.
«È sveglia, sta bene. Non ti preoccupare.
Non si ricorda nulla di questa storia e io non dirò a nessuno cosa hai fatto.» rispose come un Dio caritatevole, che nonostante tutto le offriva riparo, le offriva la grazia.

«Sono una stupida. Faccio schifo.
Ti piace sentirmelo dire, vedermi così.
Mi odi, vero? Ho ferito la tua alunna, mi odi per forza. Tu mi odi, mi hai sempre odiato. Io mi odio.» le lacrime continuarono a scorrere, mentre la rossa si perdeva in un turbine contro le proprie emozioni. Crolló in mille pezzi nella stanchezza emotiva e fisica, nel bisogno di pietà.

«Sì. Ti odio per quel che hai fatto.
Hai ragione; io ti odio.» lo ammise piano con un sorriso gentile sul volto, sollevata, come se Violet fosse la sua ombra, fosse lo sbagliato del mondo; il suo. Lo affermò grata di poterlo finalmente buttare fuori, senza alcuna pena per i propri errori, senza alcuna pena per chi commette errori, solo con troppo odio per se stessa; se fosse stata colpa sua… ma in quell'universo di plastilina Erika l'aveva baciata e l'ombra di Jade West non aveva colpe.
Erika tra le sue braccia prendeva tutti i suoi errori lasciandola pulita, prendeva tutto il suo odio lasciandola intatta nel suo universo fasullo.

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