Capitolo 46
«Perché non mi...»
Katherine stava per parlare, per mandare tutto a puttane. Stava per dire, davanti a tutta la classe, chissà quale frase che dichiarasse il suo torturato amore.
'Porca troia, ma che cazzo le prende?!
Se parla davanti a tutti, sarò costretta a chiudere qualsiasi contatto con lei e bloccare l'esperimento.
No, non può mandare a puttane tutti i miei piani così. Cazzo, cazzo, cazzo!'
Jade sentì la tensione irrigidire i nervi e pomparle il sangue. Aveva il terrore di non fare in tempo a recuperare quella situazione.
Sudava sotto ai vestiti mantenendo un'espressione calma all'apparenza.
Aveva ben imparato a soffrire in silenzio, a reprimere e non mostrare alcuna debolezza.
Se fossero state da sole di certo la rabbia avrebbe preso il sopravvento rendendola un mostro, ma in classe, davanti a tutti, doveva mantenere la calma.
'Gli ordini non funzionano. Ha perso lucidità e sta dando di matto. Ha bisogno che affermi quel che c'è tra noi per rassicurarla.
Devo farla sentire considerata per farla tornare in sé.' si affrettó a sbrogliare quel problema prima che la impiccasse.
«Kat...» sussurrò guardandola ad occhi ben aperti, mostrandole la propria preoccupazione.
Lo bisbigliò avvicinandosi, tenendolo nascosto alle orecchie altrui, come se solo il suo nome avrebbe potuto svelare il loro segreto.
Valentine si incantò a guardarla con un triste ed innamorato sguardo, come a supplicare con gli occhi, di bisbigliare ancora il suo nome a quel modo, che le increspava la pelle dandole i brividi, ricordandole le carezze e i baci.
Jade posò una mano sul banco, cercando il suo sguardo, facendola incartare con le parole e con i pensieri.
«Perché n-non...»
«Ehi, va tutto bene...» ripeté piano West, sperando con tutta se stessa di riuscire a calmarla, ma Katherine riprese, senza perdere la propria disperazione.
«Perché non mi...»
Ecco, lo sapeva, ormai era tardi.
L'insegnante strinse i denti aspettando il peggio, preparandosi a rigirare le cose a proprio vantaggio, ad umiliarla davanti a tutti e farla passare per pazza.
«Interroghi… Perché non mi interroghi?» finì la frase con tono insicuro e distaccato.
Riprendendo consapevolezza abbassò il capo. Si lasciò andare un sospiro e sgranò gli occhi.
Sbalordita si guardò attorno, osservando i propri compagni come se si fossero appena materializzati davanti ai suoi occhi. Avrebbe giurato di essere stata sola con Jade, in quella stanza.
«Che cazzo sto facendo.» si rimproverò shockata, lasciandosi cadere sulla sedia.
'Stavo per mandare tutto a puttane.
Che cazzo stavo facendo.
Se avessi parlato... io e Jade non avremmo più...' il cuore le batteva all'impazzata. La consapevolezza del rischio le crolló addosso tutta insieme, insieme agli sguardi disprezzanti dei compagni.
West chiuse gli occhi e fece un sospiro sollevato. Non poteva credere di esserci andata così vicina.
«Non accetto volontari...» rispose la Professoressa apatica, con una sola nota affannata nella voce.
«Ora fate tutti gli esercizi di pagina 234 che a fine ora li ritiro a tre persone e li valuto.» si affrettò a dar qualcosa da fare agli altri così da distrarli dall'accaduto.
Valentine si coprí il viso con una mano. Incurvandosi sul banco.
«E tu Valentine, dato che volevi offrirti, me ne fai anche alcuni in più...» finse di cercarne altri accucciandosi su di lei, e sfogliando il libro sul suo banco.
«Scusa...» le sussurrò l'alunna. I ciuffi rossi scompigliati le nascondevano gli occhi.
L'adulta strinse i denti.
L'infarto che le aveva appena fatto avere sarebbe costato ben più di semplici scuse.
«Sei una testa di cazzo.» rispose fredda, sporgendosi verso di lei con il libro, come a farle vedere quali esercizi fare.
«Ti rendi conto? Che avrebbero pensato i tuoi compagni? Sei una testa di cazzo, se dai spettacolo della tua idiozia un'altra volta ti distruggo.» la fulminò.
Osservando meglio il banco della studentessa, West notò un particolare insolito: "Jade" era scritto a matita, decorato da dei cuoricini. Ben in vista, sotto allo sguardo di tutti.
La Professoressa sentì la rabbia scorrere lungo tutto il corpo.
Come cazzo poteva essere così stupida ed imprudente? Non ci sarebbe voluto niente, bastava che un solo compagno leggesse il suo nome e poi tutti avrebbero saputo della sua cotta.
E a quel punto ogni momento in più passato da sole o troppo vicine, sarebbe stato notato.
E sicuramente avrebbero iniziato a prendere di mira Valentine e farle domande e Jade non l'avrebbe sopportato.
Come poteva essere così stupida da mettersi a rischio?
«Scusami, hai ragione.
Scusa Jade, non succederà più.
Non so che mi è preso, ti prego perdonami.» la supplicò.
Katherine non voleva rovinare tutto, al contrario aveva un dannato bisogno di lei nella propria vita. Aveva solo bisogno di lei, delle sue attenzioni.
Senza di lei non valeva la pena svegliarsi al mattino, senza di lei sarebbe tornata ad essere misera ed infelice. Non voleva tornare sola.
Non avrebbe potuto sopportarlo, non di nuovo, non dopo aver conosciuto una vita migliore.
«È che... ho bisogno di te.
Non ce la faccio, impazzisco se mi ignori.
Lo so che mi stavi ignorando...
Perché non mi vuoi? Per piacere, non lasciarmi sola ora...» bisbigliò tutto d'un fiato seguendo il fiume dei propri pensieri.
Il terrore di averla allontanata di più con quella stupida mossa le strinse le ossa.
«Ti..
Sono innamorata di te...» si corresse. Non riusciva a dirlo. Lo pensava, lo sapeva di amarla. Lo sentiva il desiderio di dirlo guardandola negli occhi per farle vedere fosse reale, ma non ci riusciva.
Aveva il terrore del rifiuto e di rovinare tutto.
Era come un suicidio.
Era prendersi in giro.
Era come tuffarsi in un burrone convincendosi di star saltando dal trampolino. Ripetendosi che l'acqua è calda, quando basterebbe tenere gli occhi aperti per vedere che di acqua non ce né.
L'insegnante non rispose.
Katherine alzò la testa, notò cosa stava guardo West. Il calore l'avvolse facendola arrossire, ricordandole ciò che aveva segretamente scritto in un momento di noia. Quando con la testa tra le nuvole, il nome di Jade era l'unica cosa che riempiva le sue giornate. Finiva per scriverlo ovunque senza nemmeno accorgersene.
«Sei così stupida da farmi schifo.» con un gesto fermo la professoressa passò la mano sul banco, trasformando la scritta in un segno sbavato.
Ci mise un secondo. In un secondo la traccia del suo amore venne cancellata come niente.
In un secondo la crudeltà di quelle parole colpì la ragazzina come un pugno allo stomaco. Quasi sentiva il sapore del sangue in bocca.
West senza aggiungere altro tornò alla cattedra.
La rabbia la riempiva, palpitando al suo interno. Disprezzo puro.
Voleva farle male, voleva solo farle male per punirla di aver fatto rischiare tanto ad entrambe, per svegliarla dalla propria rischiosa infantilità. Doveva pagarla per essere stata così cretina a farsi notare da tutti, per essere stata fuori dal suo controllo, per aver scritto il suo nome sul banco come una stupida dodicenne innamorata.
Jade posò i propri occhi su Valentine, premeditando la sua reazione, immaginando il suo dolore. Godendo al solo pensiero di darle ciò che meritava.
Non sapeva che rapporti avesse Valentine con Amber, ma ciò che sapeva era che la sua bambolina soffriva di gelosia da far schifo.
«Oh Kristen, tranquilla il tuo non lo ritiro.
Ti ho già interrogata, puoi pure non fare niente e rilassarti.
Comunque… hai una gonna stupenda.» si rivolse all'alunna con un sorriso gentile. Spezzando la tensione generale.
«Ah... okay. Gra-Grazie Professoressa.» Presa alla sprovvista arrossì leggermente, mentre i compagni la guardarono invidiosi.
Katherine sentì il colpo di grazia e poi conati di vomito. La nausea per il troppo dolore.
Non si accorse nemmeno degli occhi lucidi.
Si alzò in piedi di scatto.
«Vado in bagno.»
Fuggì verso l'uscita, evitando il contatto visivo con chiunque.
«Nessuno ti ha dato il permesso.
Valentine torna al tuo posto.» la sgridò la Professoressa. Kat noncurante aumentò il passo, chiudendo la porta alle proprie spalle.
Jade lasciò che uscisse. Aspettò in silenzio.
Katherine a sua volta aspettò. Aspettò di sentire le urla, di sentire la porta aprirsi alle sue spalle e West pronta a recuperarla, ma non sentì nulla, se non la voglia di scoppiare in lacrime.
«Ma oggi quella deficiente di Valentine che problemi ha? Sta dando di matto.
Ne sai qualcosa Kristen?» commentó aprendo il registro.
«N-no. Quella è strana sempre.
Forse oggi ha perso tutte le rotelle.»
L'insegnante a quel commento rise, non perché la facesse ridere, ma perché sapeva che così la ragazza, sentendosi appoggiata, avrebbe continuato. Infatti Kristen sorrise.
«Sa alcune persone hanno questa mania di dover stare al centro dell'attenzione.
L'invidia.
Valentine è una capra in matematica, sarà stata gelosa.»
Rise e 'sta volta perché il fatto che fosse così vicina alla verità la divertì enormemente.
«In ogni caso, Kristen posso chiederti il favore di avvisare Valentine che le ho messo una nota sul registro e che chiamerò i suoi genitori per fissare un colloquio?» finì di firmare la nota.
«Certamente.» le sorrise la ragazza.
«Grazie mille, sei un tesoro.» ricambiò il sorriso con uno sguardo malizioso che la lasciò interdetta.
Katherine stava correndo, ma non in bagno, non voleva essere trovata nel caso Jade fosse tornata a cercarla.
Si rifugiò nello stanzino segreto che portava all'uscita, quello dove si trovava con Jack.
Lì Jade non l'avrebbe mai potuta trovare.
«La odio. Lo fa apposta. Mi fa male così facilmente.» Kat si catapultò dentro.
L'aria le pareva soffocante, e i pensieri in quella stanza ancora di più.
Le parole si ripetevano in loop.
'Da farmi schifo.'
'Sei così stupida.'
'Da farmi schifo.'
I singhiozzi la spezzarono in due liberandola dalla tensione.
«Non ci riesco. Sono terrorizzata.
Non posso perderla.»
Se l'avesse persa le sarebbero mancati i suoi baci, i suoi sguardi, i sorrisi cattivi, il suo profumo, la sua pelle, il suo tocco gentile e violento, dolce ma gelido, caldo ed egoista.
Le sue parole, il suono della sua voce, la sua fossetta sulla guancia destra ogni volta che aveva quell'espressione soddisfatta sul volto, il modo in cui intrecciava le dita lungo i capelli, neri come la notte.
E i suoi occhi? I suoi occhi non li avrebbe mai scordati. Lo sapeva.
Sarebbero rimasti dentro di lei per sempre.
Sarebbe vissuta in quel vuoto dalle sfumature ghiacciate. Avrebbe perso la felicità tra le sbarre di quelle iridi.
Non poteva perderla.
Il solo pensiero la faceva impazzire dal panico.
«Porcaputtana! Ti amo. Vaffanculo! Ti amo.
Lo sai che ti amo? Vaffanculo, ti amo troppo per riuscire ad odiarti.» iniziò a parlare da sola, trascinata dalla propria tristezza.
«Mi odio, e ti amo perché riesci a farmi odiare me stessa un po' di meno. Perché riesci a non farmi sentire completamente inutile.
Perché riesci a riempire la mia esistenza, nonostante tu sia una stronza senza cuore.» digrignò i sentimenti tra i denti col viso rosso sporco di lacrime.
Delirante proseguì il proprio monologo dal cuore spezzato.
«Una stronza che gode del mio dolore.
Una stronza che mi nutre di dolore.
Una stronza che si nutre di me.
Una stronza che mi fa impazzire, che sa quanto mi piace farmi male.
Che sa che ci sono sposata con il dolore, con l'odio per me stessa.
Perché non sono mai abbastanza. Son solo un miscuglio di errori.
Ma sai qual'è il vero problema mia bellissima stronza? Lo sai?
Il problema è che le persone come me si fanno male troppo facilmente e che alle persone come te non frega un cazzo.
Ma nonostante questo, va bene così.
Anche se non vuoi lasciarti andare di fronte a me, anche se non vuoi fidarti di me.
Eppure io non ti lascerei mai cadere in pezzi, sai? E sono terrorizzata all'idea di perderti.
Ma tu non stringeresti mai la mia mano, non ti fideresti mai di aprire il tuo cuore.
E questo mi fa sentire peggio di qualsiasi schiaffo.
Lo sai Jade? Le sai tutte queste cose?
Probabilmente sì… tu sai sempre tutto.
Ma tanto che ti importa? Di una stupida ragazzina innamorata.»
Le parole finirono, lasciando spazio alle lacrime.
*
Jack si era rotto il cazzo di stare in classe.
Non seguiva, non riusciva a seguire e non gli importava di farlo. Era tutto il giorno che la voce nella sua testa non lo lasciava stare.
Così se ne stava girovagando per i corridoi, evitando in tutti i modi di farsi notare.
Camminava a testa bassa con le mani nelle tasche, pensando a Kat, a se stesso, a quella voce.
Aveva bisogno di riflettere.
«Posso chiederle scusa, voglio farlo.
Non volevo allontanarmi così, sono stato uno stronzo... e ora mi manca e sono preoccupato per lei.
Probabilmente mi odia, non ha tutti i torti, mi odio anche io...»
'Ma ti senti? Sei patetico.
Tu volevi allontanarla. Tu volevi farle male.
E ti è piaciuto farlo, sai? Te lo ricordi?
Svegliati! A lei non frega un cazzo di te, a nessuno frega un cazzo di te.
Nemmeno ad Alexander, ma ancora non l'hai capito…'
«Non provare a metterlo in mezzo. Non c'entra niente. È già tanto che non mi ha lasciato dopo il casino che hai fatto.»
'Sì, sì va bene. Crediamoci.
Ti amano tutti proprio.
Quindi ti vuoi riavvicinare a quella stronza, eh?
Lo sai che preferirà sempre la Prof a te, che non gliene frega un cazzo di quanto ti sforzi per lei, perché prima di te ci sarà sempre quella. Ti ha già messo da parte… non so quante volte.'
Jack sentì l'oscurità germogliate annaffiata da quelle parole.
«Smettila.» bisbigliò a se stesso.
'Di fare cosa Jack? Di dire la verità?
Le persone sono capaci solo di farti del male. Ti hanno abbandonato tutti e hanno fatto bene. Sei solo uno scarto destinato alla solitudine. Ma guarda il lato positivo io non ti lascerò mai.
Non come hanno fatto gli altri.
Te li ricordi tutti i loro volti, mh? Il primo, quello di tuo padre.
Lo senti tutto questo dolore, si vero? Brucia molto l'odio, che delizia.
Dovresti smettere di combattere e lasciarmi entrare. Non soffriresti più Jack. Non sentiresti più niente.'
«Non ti darò mai il controllo del mio corpo. Tu mi faresti ammazzare, io lo so. Ti conosco.»
'Ed è così male?
Quando piangi al buio e ti distruggi da dentro non mi sembra che il suicidio ti schifi tanto.
Non pregavi forse di morire? Non mi pregavi di ucciderti?'
'Stai zitto!' Jack di impeto diede un pugno al muro, lungo cui stava camminando.
Per fortuna era da solo per i corridoi.
Non sentì il dolore, era drogato di emozioni, incapace di sentire il proprio corpo o la realtà.
Sentì la voce ridere nella sua testa. Deriderlo per la sua debolezza.
«Parlerò con Kat. Le spiegherò tutto.
Le dirò che mi ha ferito, ma che non avrei dovuto reagire così, che mi dispiace e non ero in me...
Le parlerò di te.
Cazzo, ti giuro che le dico tutto.»
'Ma per piacere. Sei un coglione, come puoi fidarti di lei? Che vuoi dirle, scusa?
Che non è colpa tua, ma della voce cattiva che abita nella tua mente? Ridicolo.
Vuoi ridicolizzarti tanto? Davvero?
Non ti permetterò di farlo, lo sai? '
Jack sentiva l'emicrania togliergli lucidità, quasi stesse per esplodergli il cervello.
Un miscuglio di dolore ed odio strisciava lungo la sua spina dorsale
Sapeva che la voce fosse più forte di quanto immaginasse. Lo sapeva bene.
Ma era sicuro che concentrandosi molto ce l'avrebbe fatta.
Stava giusto passando di fianco al loro nascondiglio. Aveva continuato ad andarci nonostante il litigio. Ci andava solo quando voleva fumarsi una sigaretta, senza rischiare di farsi beccare.
Jack pensò che con quel mal di testa infernale una sigaretta avrebbe aiutato.
Il ragazzo, che stava prendendo l'accendino dallai tasca si accorse della presenza di Kat solo quando, con la sigaretta tra le labbra, alzò la testa per accenderla.
Quasi gli cadde di bocca quando se la trovò lì.
Silenzio; di quello imbarazzante e scomodo, di quello sorpreso e carico di affetto.
Nessuno dei due sapeva come iniziare.
«E-ehi...» si fece avanti il ragazzo.
Capì subito che qualcosa non andava.
La sua amica sembrava una bambina, accoccolata su se stessa e col viso gonfio dal pianto. Istintivamente sentì il bisogno di abbracciarla, ma si trattenne.
«Tutto ok?» chiese in tono gentile.
Katherine prima di rispondere lo squadró titubante.
«S-sì...» mentì passando la manica del felpone ad asciugare le ultime tracce di lacrime.
L'amico con spontaneità si sedette al suo fianco.
«Mh... ne vuoi uno?» le passò un pacchetto di fazzoletti. Kat non potè fare a meno di sorridere.
«Grazie.» accettandolo si soffiò il naso.
«Oh, nessun problema. Sai noi froci abbiamo praticamente i fazzolettini che ci escono dal culo.» il ragazzo spense la sigaretta a terra e la appoggiò dietro all'orecchio.
La rossa riprese a ridere tra una soffiata di naso e l'altra. Non poteva farne a meno, Jack era il più bravo nel farla ridere.
«Kat volevo scusarmi con te.
Non so se potrai perdonarmi, ma ecco, mi piacerebbe tornare ad essere tuo amico.
Lo so che mi sono comportato da stronzo, non è colpa tua, sono io…
È che ho dei problemi... strani. Se vuoi, se puoi perdonarmi e vuoi tornare a sentirti con me, posso parlartene.»
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