Capitolo 45
Sentì il fumo appesantire i polmoni prima di gettarlo all'esterno con un lungo sospiro.
Il ragazzo era stanco. Non aveva ancora iniziato la giornata, ma già si sentiva terribilmente stanco. Lo era dentro.
Si sentiva perennemente consumato, esausto dall'interno, e questo da troppi giorni.
Perdere Katherine gli aveva fatto terribilmente male. Perdere anche lei.
L'unica che l'aveva accettato in quella dannata scuola. L'unica amica a cui probabilmente era davvero importato qualcosa.
Finiva sempre così, finiva sempre solo.
Per colpa di quella stupida voce, per colpa della sua stupida paura. Allontanava tutti e non capiva nemmeno come o perché.
Aveva il terrore dell'abbandono, aveva tanta paura del rifiuto che ogni volta che si legava a qualcuno, riusciva a rovinare tutto e ad allontanarsi per primo. Non sapeva, non aveva idea di come fermarlo. Non capiva se fosse tutta colpa sua, se meritasse la solitudine, o se fossero gli altri troppo poco per la sua complessità, per la sua fedeltà.
Ma era certo di essere stanco. Della solitudine, di sentirsi pieno di odio e cattiveria.
Aveva preferito l'odio al dolore, perché era troppo debole per reggerlo, e sapeva di esserlo. Sarebbe stato tutto più semplice senza quell'ombra nei propri pensieri. Era certo fosse tutta colpa sua, di quella parte marcia dentro di sé.
'Come no. Tu hai bisogno di me.
Sei un codardo, come puoi darmi la colpa della tua solitudine? Eh? Sei per caso scemo? Io e te siamo la stessa cosa.
È solo colpa tua se la gente non ti vuole.
Se non ci fossi io, allora sì che saresti solo, veramente solo.
Se non ci fossi io tutti quegli stronzi ti starebbero massacrando, compresa quella puttanella della tua amichetta.
Ringraziami, è solo grazie a me se non ti sta usando come zerbino, altrimenti a quest'ora ci staresti ancora piangendo sopra.
Ringraziami Jack.'
Come sempre non tardava a rispondere. Era sempre con lui, nella sua testa ad ascoltare ogni singolo pensiero, a giudicare ogni sua scelta.
«Stai zitto.» bisbigliò Jack innervosendosi, facendo un tiro profondo.
Erano anni che condivideva la propria mente con quella voce. Era pazzo, non c'era altra spiegazione. Erano anni che si ripeteva di esserlo.
'Le persone normali non hanno altre persone chiuse in testa. Oppure sì, ma nessuno dice niente, per non sembrare pazzo...come me.' rimuginò guardandosi attorno con aria distaccata.
Gli mancò il respiro. Tossí il fumo.
Valentine, a pochi passi stava andando verso l'entrata della scuola. La osservò malinconico.
Era al telefono. Stava sorridendo.
Si sentì felice nel vederla così leggera, ma durò poco. La rabbia si fece strada in lui spaccandolo da dentro.
Jack sentì i muscoli irrigidirsi e tutto il suo corpo diventare freddo.
'Guardala la stronza egoista.
Di sicuro sorride così perché sta parlando con la Professoressa che se la fotte, eh?
La stessa che ti ha sospeso, perché ti sei messo in mezzo per aiutarla, per salvarla.
Oh Jack! Sempre pronto a sacrificarsi per gli altri, sempre pronto a farsi usare.
E lei ti ha tradito! Nonostante i tuoi sacrifici!
Disgustosa eh? Non la trovi disgustosa?' l'eco delle parole rimbombava ovunque dandogli il mal di testa.
Sì, più la guardava, più si sentiva disgustato.
La sensazione di nausea lo avvolse.
Il cuore tremó di rabbia.
Non lo voleva, non le voleva quelle sensazioni, ma non poteva fermarle. Erano parte di lui, della sua carne.
Eppure razionalmente, gli mancava Kat.
Desiderava solo che le cose non fossero andate così.
Odiava quel meccanismo distorto che lo aveva trascinato fin lì.
Odiava Jade per aver rovinato tutto.
Katherine era buona, non voleva ferirlo e lui lo sapeva, ma lo aveva tradito.
Era la verità.
Aveva preferito quella sadica di merda a lui; un vero amico, disposto a fare di tutto.
Era troppo fragile per accettare di farsi mettere da parte senza arrabbiarsi.
Era stato troppo fragile per accettare che la fantastica amica che aveva trovato, non lo trovasse importante quanto lui trovasse lei.
'Potrei dirle tutto. Lei capirebbe...
Potrei spiegarle che mi ha fatto male, che sono un patetico codardo che odia la propria vita.
Lei mi capirebbe. Sa di che parlo.
Forse Xandh ha ragione, potrei spiegarle della voce, delle cose orribili che dice...
Non so se mi crederebbe, ma sarebbe l'unica in grado di farlo.' rifletté contrastato dalla sensazione di nausea che gli premeva lo stomaco.
'Parlargli di me? E distruggere così il nostro piccolo segreto?
Parlale di me, sì. Cosí potrà prenderti per pazzo e conoscere i punti deboli da colpire.
Tanto ti piace soffrire, no?
Che patetica nullità che sei.
Ma lo fai apposta ad avere idee di merda? Ti piace farti calpestare?
Godi solo al pensiero che ti facciano soffrire? Non ti bastano i tagli che ti faccio io, eh Jack?'
*
«Te l'ho detto, ho disinstallato Whatsapp…
Perché lo avevo solo per Jack...»
Non le era mai capitato di riuscire a trattenere un sorriso subito dopo quel nome. Non ci fece nemmeno caso. Kat teneva il telefono appiccicato alla guancia, pizzicata dal freddo mattutino.
«E poi non capisco che ti alzi presto a fare, visto che potresti benissimo dormire tutta la mattinata Charlotte.» rise tra sé e sé immaginando la faccia della sua nuova amica, che dal tono di voce probabilmente stava trattenendo un sorriso.
«È risaputo, signorina Valentine, che l'attività cerebrale è più attiva al mattino presto.
Anche se in molte persone potrebbe non sembrare così...» la voce lentamente si spense sull'ultima frase, come ad insinuare qualcosa.
«Ehi!» le gridó offesa al telefono, mettendo il broncio.
«Ooohh! E che è? Mi vuoi pure sorda? Non ti basto disabile?»
Dopo un attimo di silenzio, entrambe scoppiarono a ridere.
Charlotte adorava la sua nuova piccola amica, era affascinata dalla sua personalità.
L'aveva analizzata per bene: era una ragazzina piena di risorse. Se non fosse stato per la sua timidezza, che finiva per isolarla, Kat aveva la strabiliante abilità di sapersi adattare alle persone, ed un'acuta sensibilità per comprenderle e sostenerle.
Non le era mai capitato di trovarsi così bene con qualcuno. Mai in così poco tempo.
Forse perché non le era mai successo di conoscere una persona sincera e semplice quanto lei. Charlotte sapeva bene che le persone più semplici e genuine sono quelle che fanno più bene all'animo, che concedono una boccata d'aria.
«Sei stupenda.» commentó Valentine continuando a ridere.
«Sì sì, non dirmi cose che già so.» un sorriso spontaneo passò sul volto di Charlotte. Seduta sul letto scrutava il mondo fuori, attraverso la finestra. Il cielo mattutino si stava colorando di mille sfumature.
«Comunque se vuoi scrivermi, scrivimi su instagram.
È l'unico social che uso, visto che è l'unico che i miei compagni non hanno scoperto.
Mi chiamo @just.a.kitty.lonely.cat, con i puntini tra le parole al posto degli spazi.
Sì, lo so, è imbarazzante come nome, ma non me ne veniva nessun'altro in mente, ok?»
«Wow, che originalità, sono impressionata!» la prese in giro la bionda.
*
«Mhhh Prof!» la rossa muguló a bassa voce.
Le labbra dell'adulta scivolarono lungo il suo collo, regalandole un bacio umido sotto all'orecchio.
«Buongiorno Violet.» un solo sorriso, lo stesso di anni prima.
Solo lei poteva pronunciare il suo nome in quel modo, levandole il respiro.
Il cuore della rossa si riempí di brividi, non seppe distinguere se di piacere o paura, ma il corpo di West contro al suo e la solitudine come alternativa, non le davano molta scelta.
«Mi sei mancata così tanto, così tanto.» ammise Erika.
Le sensazioni fisiche, la scuotevano come un uragano. Non poteva credere fosse la realtà.
Tutto ciò che aveva desiderato e temuto. La persona che l'aveva riempita di vita e poi gliela aveva strappata via. Era lì, di fronte a lei, su di lei.
Aveva un'altra possibilità, poteva riscrivere la storia. Poteva cambiare il finale. Poteva illudersi di riuscire a farlo.
La sua essenza bramava una dolce rivincita.
Finalmente sarebbe stata abbastanza, avrebbe riscritto il proprio personaggio, non sarebbe più stata abbandonabile. Sarebbe stata all'altezza, non più da meno. Forse questa volta West avrebbe riconosciuto il suo valore.
«Non riesco a crederci, è assurdo...» la rossa, puntò i propri occhi in quelli ghiaccio di Jade.
Come sempre, lentamente, si sentì soffiare via. Cadde nel suo regno nascosto, congelato, lo stesso dove aveva perso se stessa anni prima.
«Riesci a crederci? Noi due, di nuovo...
Ho rinnegato tutto il mio amore per te, l'ho soppresso, ma non è bastato…
A questo punto, credo, che le persone si innamorino una sola, vera, volta. A questo punto credo che il primo amore sia l'unico.
Che ci piaccia o no. Non ameremo mai tanto quanto la prima volta. Anche se ci illudiamo di farlo. Anche se ci dimentichiamo com'era amare.
Avremo sempre la debolezza, il desiderio di assaggiarlo, di ritrovarlo. Infondo, aspetteremo sempre il suo ritorno. Per quanto sia sbagliato.» le sue guance arrossirono, imbarazzate nel parlare di un argomento del genere, davanti a West.
Violet nascose il volto in collo all'altra. Si sentiva stupida e minuscola, di nuovo.
Ne prese consapevolezza in modo affilato, senza combatterlo, ma assecondandolo, trasportandolo all'età adulta.
«So come sei… so quanto ti compiaccio.
Fa parte della tua natura. Non devi dire niente.
Odio il tuo narcisismo, sai?
Lo odio dal primo giorno che ti ho vista.
Eppure, tragicamente, amo anche questo di te. Non me lo spiego. Tengo a te nonostante tutto.
Ti amo per quel che sei, anche se ciò che sei è un pericolo per la mia sanità. Anche se è sbagliato.
Mi fai sentire viva. Come se un lato di me sia tornato a respirare dopo aver trattenuto il respiro fino ad ora.
Non mi sentivo così felice dall'ultima volta insieme.» i suoi occhi si riempirono di emozioni: commozione, frustrazione, rabbia, tristezza, coraggio.
Si sentiva al sicuro tra le braccia di West che la volevano. Si sentiva spaventata ed eccitata sotto al suo sguardo.
Si odiava ed adorava per essersi permessa la propria dose proibita di droga autodistruttiva.
West strinse il corpo di Violet a sé, facendo scivolare una mano sul suo fondoschiena.
Gratificazione. Potere. Ogni parola della rossa era nutrimento per il suo animo egocentrico.
Loro due, di nuovo. Stentava a crederci anche lei, con un brivido per la giovinezza persa, ed uno per la malinconia dell'inizio di tutto, della sua condotta immorale.
Erika rappresentava, molto più di un'ex alunna.
Era il simbolo della sua grandiosità. Era il miglior risultato che avesse mai raggiunto. Era un ricordo lontano, il brivido della prima idea.
Era la follia portata al limite ed il brivido della razionalità.
Adorava Violet. La sua trasparenza, era la scintilla per il peggio, per qualsiasi idea.
Ed ora che era una donna, quel suo modo di concedersi, la eccitava ancora di più. La stupiva gradevolmente, osservare i livelli di umiliazione a cui puntava.
«Oh... anche tu mi sei mancata Violet.» tracciò delle linee sul collo con i polpastrelli, fino a scivolare fra i suoi capelli.
Erika tremò, percossa dai brividi e da quelle parole. Le emozioni la soffocarono. Non ne aveva mai provate tante tutte insieme. Non così intensamente.
Era di nuovo una stupida ragazzina davanti al primo amore. Provava le stesse identiche emozioni, ma con una consapevolezza del tutta nuova. A tratti egoista. A tratti suicida.
«West, sei così bella... mentre mi menti.» un sorriso amaro, ma appagato le sfiorò le labbra.
Violet provò quel poco di controllo che poteva trovare. Per la prima volta, aveva scelto la propria fine, non ne era più solo vittima. Era volontaria di un dolore che sapeva di starsi infliggendo. Forse Jade era solo il suo strumento per farsi male, o per liberarsi dal male represso. Piroettava tra il sentimento e la razionalità, dentro alla propria gabbia.
Jade ricambió il sorriso, estasiata da quella verità, da quel suicidio cosciente. Era tutto più interessante di quel che avesse immaginato.
Violet sarebbe stata un'enorme risorsa per i suoi studi. La moltitudine di difese e atteggiamenti che stava riportando, erano un mondo del tutto nuovo da studiare.
Erika la distolse dai pensieri fremendo e spingendosi a lei.
«Ancora, ti prego.
Un altro assaggio, solo un altro assaggio.
Lo so, lo vedo come ti stai divertendo, amore mio, ma non mi importa.
Voglio solo tutto questo. Non ho più nulla. Ho lasciato tutto solo per questo, solo per te.
Ne ho bisogno. Voglio essere parte di te, anche solo per un po'.» le prese la mano e la portò alla propria guancia, alla ricerca di una carezza.
Jade la accarezzò. Passò le dita sul suo volto innocente. Lo trovava divertente. Non doveva nemmeno aprir bocca. Le bastava uno sguardo per farla cadere ai propri piedi. Precipitava da sola, con le proprie parole e le proprie convinzioni. Si lasciava andare con la stessa fiducia di un suicida per il treno dell'ultima corsa.
Non doveva nemmeno rispondere, perché Erika non si aspettava una risposta, sapeva già tutto. La conosceva abbastanza bene da saperle dare ciò che voleva: ogni sospiro, supplica sussurrata o sguardo sfuggente.
Le stava già donando tutta se stessa.
Era sempre stata brava a compiacere la propria padrona.
«Ti prego, Prof.
Farò tutto ciò che vuoi se rimani qui con me quest'ora.»
Essere supplicata le diede alla testa. West sospirò trasportata da una scarica di eccitazione. Violet sapeva utilizzare le proprie carte altrettanto bene. Violet era capace di essere altrettanto provocante.
Jade si morse un labbro, fissando i propri occhi nello sguardo desideroso della rossa.
Fremendo la supplente seguì il proprio istinto, assecondó la mano dell'insegnante tra le gambe. La guardò implorante.
Il tocco deciso al suo inguine la fece mugolare.
West risalì con le proprie dita, su per il pube. Assaporó la lussuria sul volto della sua vittima. Un brivido la scosse. Impaziente slacciò i jeans e fece scivolare una mano negli slip in pizzo rossi.
Violet aprì la bocca, strozzata dal piacere improvviso. Le dita di West erano ancora di una delicatezza inaudita. Trattenne il respiro.
Il medio scivolò, facendosi strada tra le sue labbra. Si piegò nella propria sottomissione, chinandosi nella vergogna, alla ricerca di conforto.
Sfiorò gli occhi ghiaccio, che guizzarono estasiati nei suoi, rendendola una misera preda.
Un ghigno perverso sul volto della padrona.
West sospirò assuefatta. Non le aveva fatto niente, eppure si era allagata. Nessuna si bagnava tanto quanto la sua Violet.
Ritirò la mano.
«Devo andare in classe, tesoro.» sorrise sadica. Alla ricerca di disappunto sul volto del suo giocattolino ritrovato.
«E lo sappiamo che farai ciò che voglio in qualsiasi caso, mia dolce Violet.» concluse lasciandole un bacio ed un morso sul collo.
Erika sopraffatta, la guardò andarsene uscendo dal bagno.
Lasciata sola, a metà.
Non si sorprese. Chiuse la zip.
Passò una mano sul volto, e si morse un dito, insofferente. Era quasi prevedibile. Non la biasimava. Era così la sua Jade, amava farla soffrire ed era fin troppo brava nel farlo.
«Sappiamo che in ogni caso, hai sempre avuto il meglio di me...» bisbigliò in risposta.
West entrò nell'aula 3A, lasciando che il silenzio pieno di tensione invadesse lo spazio e bloccasse il tempo.
La sua ora era qualcosa di immensamente frustrante per i ragazzi. Tutti avevano terrore della sua imprevedibilità, dopo tutte le interrogazioni a sorpresa che aveva fatto.
Ed il silenzio affilato che coltivava accoltellava anche gli studenti migliori. Non poteva far a meno di sentirsene deliziata.
Osservò le teste degli allievi chinate sui quaderni, aperti in uno scrupoloso ordine.
L'unica testa alzata, alla ricerca delle sue attenzioni era quella della sua Valentine, ma quel giorno i loro sguardi non si sarebbero incrociati.
«Oggi...» lasciò che il silenzio preparasse l'affondo. Tutti trattennero il fiato sperando in meglio.
«Interrogo.» sorrise malefica sedendosi alla cattedra.
I ragazzi sbiancarono girando le pagine dei propri quaderni ossessivamente, alla ricerca di una via di fuga, divorati dall'angoscia. Persino la migliore della classe evitava il suo sguardo.
L'insegnante ormai li conosceva, li aveva studiati tutti.
Gli occhi di Katherine erano fissi su di lei.
Se li sentiva fastidiosamente addosso.
Era irritante, ma guardarla male sarebbe significato darle attenzioni. Non era il rimprovero, ma l'indifferenza che l'avrebbe piegata. L'attesa l'avrebbe logorata più di qualsiasi sguardo.
«Amber Kristen.» scelse la propria vittima rivolgendole un sorriso falso.
«Avanti!» la invitò ad alzarsi. La ragazza sbiancando si avvicinò.
Kristen era tra le più brave in classe, aveva dei lunghi capelli mori, impeccabili. Passava le ore a piastrarli il mattino. Ma era adorata soprattutto per i suoi occhioni azzurri, in grado di far impazzire tutti i ragazzi della classe.
Era oggettivamente sensuale e sapeva di esserlo. Non si vergognava di farne la propria forza, indossando spesso completini aderenti.
Sarebbe potuta essere una persona piacevole, se non fosse stata una gran stronza.
Era stata tra le prime a prendere di mira Katherine, e a spingere le amiche ad imitarla.
Valentine la odiava.
Aveva avuto una cotta per lei, ma dopo che i suoi compagni l'avevano scoperta per il rossore sulle sua guance, l'omofobia era dilagata e si erano messi d'accordo per "darle una lezione".
Valentine non voleva ricordare, ma non avrebbe mai potuto dimenticare la cattiveria di Kristen quando l'aveva illusa per poi umiliarla. Aveva finto per tutto il tempo di provare interesse per lei, solo per poi urlare a tutta la classe la verità sui suoi sentimenti e definirla un mostro, alzandole le mani e spingendola contro i banchi tra le risate dei ragazzi.
"Mi fai schifo! Ew, tu non ti devi manco avvicinare a me. Non sono un abominio come te."
Katherine scacciò il flashback dalla propria testa. Era tutta colpa sua se poi anche quella classe aveva iniziato a prenderla in giro. Così le voci erano diventate la realtà.
Jade scrisse due disequazioni alla lavagna, dividendola a metà. Si fece da parte appoggiando le mani alla cattedra alle sue spalle, lasciando spazio alla studentessa.
Il resto degli studenti si rilassò, tornando ai propri fatti. Sapevano che una volta scelta la vittima, West avrebbe lasciato in pace gli altri a patto di stare in silenzio.
Valentine imperterrita continuò ad osservare la Prof, sperando che Kristen sbagliasse tutto e venisse maltrattata per questo.
Si morse il labbro fino a farsi male quando vide gli occhi della sua professoressa scrutare il corpo della sua compagna. Tutti avrebbero pensato che stesse solo guardando la lavagna, ma lei la conosceva fin troppo bene per non capire dove fosse realmente diretto il suo sguardo.
Un'orrenda sensazione le bruciò lo stomaco. Gelosia, invidia, odio, rabbia.
Non era in grado di darle un nome, ma la sentiva. Era fissa nelle sue interiora, e alla vista di Jade le dava fitte di dolore.
Amber stava facendo tutti i calcoli giusti.
Non era una novità, era brava in matematica.
Tutti tremavano quando dovevano scrivere alla lavagna davanti alla Prof West, ma d'altro canto, per quanto fosse stronza, era davvero brava ad insegnare. Spiegava bene e faceva abbastanza paura da tenere tutti sul pezzo.
Finiti gli esercizi l'insegnante si avvicinò alla lavagna per controllare i risultati e i passaggi.
Con dolcezza appoggiò una mano sulla spalla della ragazza. Tremava. Kristen si irrigidì, aspettandosi il peggio, sicura ci fosse qualche errore che non aveva notato.
«È tutto giusto.» affermó Jade stringendo la spalla della ragazza, per richiamare la sua attenzione.
«Complimenti. Sei stata eccezionale Kristen.» le sorrise, nascondendo tra quelle parole un pizzico di malizia.
Valentine fece un respiro profondo.
Aveva voglia di alzarsi ed urlare, di prendere il banco e lanciarlo in testa a Kristen, a costo di rischiare di buttarselo addosso.
Doveva calmarsi, ma la rabbia e lo sconforto vibravano dentro di lei.
Lei li vedeva i particolari, lei li conosceva perfettamente quei segnali.
Amber sorpresa arrossì per gli elogi.
Non era mai successo che la West, si complimentasse con qualcuno, o che semplicemente fosse gentile. Non riuscì a nascondere l'imbarazzo.
«Da-davvero? Gr-grazie...» bisbigliò incredula.
«Certamente...» Jade lasciò scivolare la mano lungo il suo braccio, quasi a darle una carezza. «Direi che è un nove. Ti avrei dato dieci se ci avessi messo meno tempo, ma di questo passo probabilmente sarà il tuo prossimo voto.»
Si avvicinò al registro per segnare il voto.
«Gra-Grazie! Grazie Prof.» con un enorme sorriso Kristen tornò al posto.
Non poteva crederci, nessuno in classe poteva crederci. La meraviglia e un pizzico di invidia era leggibile nei volti del resto della classe.
«Kristen, da quando sei la preferita della Prof?» le bisbigliò un compagno per scherzare.
Kat si sentì morire. Si sentì invisibile, insignificante, e peggio: sostituibile.
La gelosia e la rabbia corsero nelle sue vene.
«Eh no, eh. Questo è troppo.» sussurrò a se stessa, poi fu come se le sue gambe decisero di prendere vita propria.
Valentine si trovò in piedi, con gli occhi di tutti addosso. Finalmente anche quelli di Jade West.
I compagni la guardarono male.
Nessuno avrebbe avuto il coraggio di alzarsi senza permesso nell'ora di Matematica, perché avrebbe dovuto farlo Katherine che era la più timida della classe?
Kat sentì gli sguardo disprezzanti sfregiarla. Si maledisse. Tremava. L'espressione severa di Jade le bloccava le parole in gola.
«Che diamine fai Valentine? Siediti, cretina.» il tono glaciale, infastidito dalla perdita di tempo.
I loro occhi si incrociarono un istante, istante nel quale Kat si sentì ghiacciare sul posto. Non poteva muoversi, non poteva sedersi.
Cercò qualcosa in quello sguardo, e si sentì svuotare nel momento in cui non ci trovò niente. Solo il vuoto. Solo un'estranea.
Jade la guardava come se non l'avesse mai conosciuta, come se non fosse altro che un'alunna qualunque.
Valentine sentì gli occhi pizzicare, e le parole di Erika ronzarle in testa. Incantata, rimase ad annegare in quel lento dolore.
Nella sua mente un'unica disperata domanda si ripeteva in loop.
«Perché mi guarda così…?» lo chiese ad alta voce, senza rendersene conto.
Rimanendo con un'espressione sofferente sul viso.
I compagni aggrottarono la fronte senza capire.
Iniziarono a deriderla, ma Kat non li sentiva, non li vedeva. Non c'erano altro che loro due in quella stanza, solo loro due, bloccate in quell'istante.
Jade si irrigidì.
Non poteva credere stesse davvero avendo una crisi emotiva lì, in mezzo a tutta la fottuta classe?
«Valentine, siedi e taci subito. Ora. » la fulminò con lo sguardo, con rabbia e aggressività.
La voce di Katherine si strozzò e rivoltò su se stessa.
«No...» bisbigliò continuando a guardare i suoi occhi. Alla ricerca di qualcosa.
Non sapeva cosa stesse facendo. Non riusciva a contenersi, a fermarlo. La disperazione gorgogliava nella sua gola, dandole il bisogno di urlarlo, di dirlo di essere profondamente ferita. Di essere stanca di essere guardata così, che lo sopportava da tutti, ma non poteva reggerlo da parte dei suoi amati occhi ghiaccio.
Lo sentiva lì; nel bruciore di lacrime non ancora nate, nelle gambe tremanti, nel peso al petto e l'esasperazione nel sangue come un virus. Sembrava che il suo corpo fosse troppo piccolo per contenerlo.
«Sei impazzita? Siediti subito.» ordinò glaciale.
Tutti si ammutolirono, terrorizzati dalla visione della loro insegnante tanto incazzata.
«No.» mantenne lo sguardo alzato nonostante il tremore violento della paura.
«Non mi siedo...» resistette.
La fatica fisica la stava consumando, le emozioni la riempivano e svuotavano.
Le domande nella sua testa scorrevano.
«Perché...» continuò.
«Perché non mi...» prese fiato sotto lo sguardo di Jade.
Spazio autrice:
Scusate la sparizione! Giuro che il prossimo capitolo lo pubblico Sabato.
Siamo vicinissimi alla fine del libro....
Fatemi sapere se vi è piaciuto il capitolo e che ne pensate!
Buona giornata a tuttii <3
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