Capitolo 4
Kat sentiva le labbra tremare del desiderio di sentire quelle dell'altra contro le sue.
Il cuore stava per scoppiarle.
La lingua di Jade scivolò dal labbro dell'alunna alla mascella, dandole una scarica di brividi.
L'insegnante le prese i polsi e glieli bloccò sopra la testa. L'eccitazione schiacció Kat rendendola completamente inerme. Tremava terrorizzata.
La lingua continuò il suo tragitto fino al collo. Valentine prese a sospirare e fremere senza controllo, mentre sentiva la lingua umida dell'insegnante accarezzarle la pelle.
Jade sorrise meravigliata.
«Ammmh...» gemette al suo orecchio imitandola, di risposta Kat soffocó un sospiro bagnandosi di più.
Maliziosamente West passò la punta della lingua e poi i denti al suo orecchio, provocandole tremori di piacere. Nonostante Katherine si sforzasse per evitare di emettere qualsiasi suono, un gemito uscì dalla sua bocca, spezzando il silenzio carico di respiri.
Jade rise eccitata.
«Oh sì, alza la voce, voglio sentirti...
Sentirti mi dà davvero tanta voglia di fotterti, tesoro.» sussurrò maliziosamente, con una nota di dolcezza finale.
A quelle parole la piccola sentì lo stomaco fare le capriole, l'aria mancare, la pelle fremere e il fuoco bruciarle i pensieri.
Sgranò gli occhi.
Un verso strozzato uscì spontaneo dalla sua bocca; un uggiolio lungo e supplicante.
Valentine sprofondò ancor più nell'imbarazzo, mortificata dei versi incontrollati che emetteva.
L'insegnante soddisfatta si sistemò meglio a cavalcioni su di lei, per poi tornare a concentrarsi sulle sue labbra rosee e carnose.
«Sei così...» accarezzò dolcemente il labbro con il proprio, per poi morderlo dispettosamente.
«Patetica.»
Quell'unica parola uscì diretta, stronza tagliando l'atmosfera, mandandola in frantumi.
Katherine sentì la realtà tornare a colpirla in pieno volto.
Come se in un attimo il mondo, fermato a tutte quelle sensazioni, le fosse ricaduto in testa ricordandole la dura verità.
Jade scoppiò a ridere nel vedere l'espressione sorpresa e ferita della piccola, senza nascondere di provarci gusto, senza vergogna del proprio malsano sadismo.
Senza aggiungere altro scese dalla cattedra.
«A domani, invertita.» aggiunse, uscendo dall'aula con un'ultima risata sadica.
Kat ancora immobile sulla cattedra, si perse nel vuoto.
Silenzio in classe.
Silenzio nella testa di Katherine.
Un lancinante silenzio le pesava sullo sterno, scandito dal suo respiro stanco.
La rossa si tirò su piano.
«Io... cosa...» balbettò confusa.
Era successo davvero? Era tutto successo per davvero?
Non capiva. Era sollevata, ma delusa.
Le emozioni in lei si facevano guerra.
L'adrenalina ancora le scorreva nel sangue.
Consapevole di tante piccole verità distorte.
Quella donna la terrorizzava, eppure ne era terribilmente attratta.
No, no, no, non poteva esserne attratta… eppure non l'aveva fermata e tutto quello che era successo era piaciuto parecchio al suo corpo.
No, era impossibile. Non poteva accettarlo.
Non doveva essere così.
Non poteva essere così.
Non era così.
Non voleva quel bacio.
Era felice che fosse andata via, doveva esserne sollevata.
Doveva.
Si alzò dalla cattedra per poi accorgersi di avere la vista offuscata.
Stava piangendo.
Perché stava piangendo?
Era ferita. Lo sentiva dentro.
Quelle parole le avevano fatto così male?
Quell'unico "patetica" era stato così pesante?
No, non erano le parole.
Si era presa gioco di lei. L'aveva presa in giro.
Solo per divertirsi, per ridicolizzarla, umiliarla.
Ed era andata via insultandola, deridendola.
Ecco cosa faceva male.
Avrebbe sopportato gli insulti di tutta la classe, ma non di essere illusa per gioco, di dover temere di essere ciò che era, di avere la propria attrazione a stringerle al collo.
Kat si succhiò il labbro, mentre le lacrime le bagnavano le guance senza alcun controllo.
Presa in giro e lasciata lì.
Si sentiva quasi un gioco, finito in una stanza vuota a guardare il soffitto.
L'ingiustizia le bruciò in petto.
La odiava.
«Che puttana...» bisbigliò, cercando di asciugarsi le lacrime con la manica della felpa.
Annaspando nell'aria per lo sguardo offuscato, uscì dalla classe diretta verso il bagno.
'Un'altra persona pronta a prendersi gioco di me.
Un'altra persona che mi schiaccia.
Un'altra che mi tratta come se non valessi niente.' pensieri che le risuonavano in testa, come il sale nelle sue lacrime.
Troppe emozioni che non sapeva contenere.
«Cos'ho che non va ?» chiese a se stessa tra i singhiozzi.
«Perché non merito di essere felice?
Perché non mi voglio bene?»
Non era solo la Professoressa.
Era tutta la sua vita che continuava a buttarla giù. Non ne poteva più, non aveva più le forze.
*
La professoressa pensando a come aveva appena lasciato l'alunna sconfitta e bagnata sulla cattedra, stava passando in aula docenti per raccogliere le proprie cose e tornare a casa.
'È stato uno sforzo enorme fermarsi.
Cristo, quanto avrei voluto fotterla lì.
Aaahm...' rimpianse l'attimo ripensandoci.
'Dovevo fermarmi, ho fatto bene.
Devo seguire il piano.' si ricordò, passando una mano tra i capelli corvini, leggermente frustrata, cercando di snodare le ciocche che le si attorcigliavano alle dita.
Per poco non aveva perso il controllo.
Quando l'aveva bloccata per bene sulla cattedra, aveva quasi creduto di non poter resistere e finire per farsela.
Il pensiero di quella ragazza nuda e della sua lingua nel suo sesso le diede i brividi. Era ancora tremendamente eccitata.
Camminando per i corridoi dovette fermarsi di fronte al preside, il Signor Ortensio Ronaldo, che le sorrideva voglioso di romperle le palle.
Un vecchio paffuto, amato da tutta la scuola. Era conosciuto per la sua bizzarra collezione di bretelle dai colori più inguardabili, e il modo nevrotico con cui si spingeva gli occhiali sul naso in segno di disprezzo ogni qual volta dovesse sgridare i ragazzi.
«Buongiorno signorina West, siamo davvero onorati di averla qui.
Come stanno andando le lezioni? Si trova bene? Se ha qualche problema mi dica pure, la nostra scuola è proprio fortunata ad avere una menta brillante come lei nel personale docenti.» esclamò il vecchio con un sorriso che gli illuminava le guance grasse e mostrava i denti, o meglio la dentiera.
'Ew, perché è qui e non in un ospizio?
Sì sì vecchio bavoso, sei onorato e tutto, come se dovessi ricordarmi chi sono.' pensò Jade annoiata, con un falso sorriso ad incorniciare la perfezione sul suo volto.
«Oh Grazie mille, non esageri.
Sono solo una giovane donna che ama la conoscenza ed il proprio lavoro.
Comunque le lezioni stanno andando molto bene, e mi sto occupando dei ragazzi. Se avrò dei problemi sarà il primo a saperlo.
Non si preoccupi!» disse in modo così gentile e convincente da ingannare quasi se stessa.
«Ora dovrei proprio andare, le auguro una buona giornata.» sorrise cordialmente Jade prima di tornare sui propri passi.
'Almeno ad essere così conosciuta non sospetteranno mai niente… e se verrò licenziata, cosa che non accadrà, non sarà difficile trovare un'altra scuola.
Insomma chi mai rifiuterebbe West Jade?' rise compiaciuta di sé, crogiolandosi nella propria adulazione.
Passando di fianco al bagno sentì un debole suono, come il guaito di un cucciolo.
Si fermò.
Ascoltò meglio.
Capì subito: Katherine stava piangendo.
Sorrise lievemente, tirando dritto.
Non se la sentiva di tormentarla ancora, in quelle condizioni, o meglio; non era ancora arrivato il momento di farlo.
*
Valentina si sforzava di mettere un piede davanti all'altro. Era diretta verso scuola, pronta ad un'altra giornata infernale...
'Almeno oggi non ho matematica.'
Pensò ricordandosi l'accaduto del giorno prima.
'Ahi…' Faceva male.
Le bruciava il petto con il ronzio dei ricordi che le rideva nelle orecchie insieme ai suoi compagni.
Sentì le lacrime salire.
'Non devi pensarci.
Non pensare.' si ordinò aspra.
Prese un respiro profondo.
«Forza Katherine, devi essere forte un altro giorno.
Anche oggi ce la puoi fare.»
Sussurrò a sé stessa, come sempre.
Provando ad avere compassione per la propria fragilità.
Una vocina nella sua testa rise.
'Guardati.
Così sfigata da dover parlare da sola… visto che non hai nessun amico che possa aiutarti.
Pfff... patetica.'
Quella parola bruciò forte nel suo piccolo e disfatto cuore. Era la stessa che aveva usato la professoressa. Era la stessa che pensava le calzasse a pennello.
Ecco, ci stava pensando ancora.
Non doveva pensare.
Si asciugò una lacrima prima che potesse brillare alla luce del sole.
'Su su Kat, ricorda; è solo la vita che si diverte a giocare con te... ma tu non le lascerai vincere questa partita, giusto?' sforzò un sorriso.
Lo sforzò sentendo il dolore e soffocandolo lontano. Allontanandolo dove non potesse sentirlo scombussolarle le interiora.
L'entrata a qualche metro da lei la aspettava, quando si paralizzó.
Sentì la gola secca bruciare.
La Professoressa era lì, poco più avanti, che stava giusto scendendo dalla macchina.
Le gambe di Kat iniziarono a correre senza che lei glielo ordinasse. A correre più veloce che potevano, noncuranti del suo fiato corto.
Quando si fermò, senza fiato si appoggiò alla parete per darsi un attimo di sospiro.
Si trovava vicino all'entrata del retro della scuola, quella che lei chiamava "entrata segreta", dato che in pochissimi ne conoscevano l'esistenza.
Quella via d'uscita l'aveva salvata più volte l'anno prima, quando i compagni la aspettavano all'entrata principale per bullizzarla.
'Bei tempi quelli.' pensó ironica, con una smorfia insofferente. Il ricordo di lei che veniva spinta al suolo le diede le vertigini.
Tornando alla realtà si decise ad entrare quando sentì un rumore… immobile rimase ad ascoltare l'aria.
Erano delle voci, provenivano dall'ingresso.
Ascoltó meglio, distinse almeno il tono di due ragazzi.
'Cazzo.' non sapeva chi fossero, o almeno non riconosceva le loro voci, ma dato la gente che circolava lì, era meglio evitare di farsi vedere e mettersi nei guai.
«Allora vengo a prenderti dopo scuola.» sentì dire ad uno dei ragazzi.
«Okay… ti amo.» rispose l'altro.
Lo schiocco di un bacio colpì l'orecchio di Kat.
'Aspetta! Cosa?!' Valentine sgranò gli occhi.
Quelli che stava sentendo erano due innamorati! Nella sua scuola?
Si stava sbagliando? Era possibile?
Non aveva mai sentito parlare di nessun ragazzo gay, e in un ambiente così chiuso e omofobo lo avrebbe saputo di certo.
La rossa si affacciò lentamente all'angolo che la separava dalla porta.
L'adrenalina di essere una vera spia la fece sorridere, sorrise ancor di più vedendo i due ragazzi ad occhi chiusi, ancora intenti in un bacio.
Trattenne un urlo di gioia, tornando a nascondersi dietro la parete.
Due ragazzi! Due ragazzi gay!
Non aveva mai conosciuto nessuno che facesse parte della comunità LGBT come lei.
Non aveva mai incontrato nessuno che potesse capire la sua paura di esistere solo per ciò che era.
Il dolore nell'essere disprezzata solo in quanto se stessa, di essere allontanata da ogni ragazza della classe, e molestata da qualsiasi coglione che "Ehi ti faccio cambiare idea io."
La paura di non essere accettata, la solitudine, il dover fingere continuo agli occhi dei propri genitori. Tutta quella solitudine, quella diversità che la marchiava in quella stupida scuola.
E ora scopriva che un ragazzo gay, spaventato quanto lei, si trovava lì.
Non era sola. Non erano soli.
Gli occhi le scintillavano, un sorriso enorme le incorniciava il volto, mentre cercava di trattenersi dall'urlare.
Prima che potesse capire come presentarsi, uno dei due ragazzi, corse via, fortunatamente percorrendo il lato opposto a quello dove si nascondeva lei.
«Ma no!» esclamò lei delusa, senza rendersi conto di averlo detto e non solo pensato.
«Che cazzo...» il ragazzo rimasto, sentendola, si mosse veloce verso di lei per controllare, per poi vederla e sbiancare totalmente.
Il suolo gli crollò sotto ai piedi.
«Co-cosa…
Tu, tu hai… visto… » balbettò terrorizzato, sgranando gli occhi. Tremava come una foglia.
Il sorriso di Katherine aumentò affascinato quando si rese conto che quel ragazzo non era altro che il "bullo-emo" della scuola!
Quello di cui tutti avevano paura e che se ne andava in giro sempre solo.
«Tu… sei gay!» urlò Kat con un sorriso enorme in faccia e iniziando a saltellare.
«Oddio tu, tu! Ah! Ahahaha oddio.
Sei gheeeei!» la rossa troppo entusiasta non riusciva a calmarsi. Non era mai stata così felice.
Mentre il darkettone sembrava sul punto di svenire.
«No no, non urlarlo! Ti prego. » cercò di zittirla.
«Ti prego, ti prego non dirlo a nessuno!
Farò qualsiasi cosa, ma non dirlo.
Non sai quanto hanno tormentato la lesbica della scuola!
Per piacere non dirlo a nessuno, sarebbe la mia fine, e con me ci andrebbero giù pesante.» la supplicò tutto d'un fiato, preso dal panico.
Katherine sorrise intenerita sentendosi in colpa per il proprio entusiasmo. Quel ragazzo sembrava quasi sul punto di piangere.
«Ehi, ehi calmati.
Tranquillo, tranquillo!» gli prese le mani cercando il suo sguardo.
«Non lo dirò a nessuno, tranquillo.
So meglio di te quanto hanno fatto male alla lesbica della scuola…» disse Kat con un sorriso ferito, disgustato dai ricordi.
Il ragazzino sembrava essersi ripreso.
La guardava incredulo, con occhi sgranati e leggermente rosso in viso per l'imbarazzo.
«Sei tu?» le chiese bisbigliando, come temendo di aprire le ferite male nel dirlo ad alta voce.
Katherine annuì.
E senza che se lo aspettasse si ritrovò stretta in un abbraccio.
«Mi dispiace un sacco...
Dovrai essere fortissima dopo aver passato tutto quell' inferno.
Che rabbia, quanto li odio...
Non sei sbagliata, sei perfetta così.
Ciò che siamo è perfetto così.
Dio, come hanno potuto? Sei pure così piccina…» la strinse a sé il ragazzino emo.
Poi come a rendersi conto di aver esagerato lasciando correre le proprie emozioni, si staccò imbarazzato.
Katherine non se lo spiegò.
Non lo previde.
Semplicemente i suoi occhi si riempirono di lacrime e scoppiò a piangere. D'istinto si ributtó nelle braccia del ragazzo alla ricerca di conforto.
Il suo cuore bruciava di commozione, era la prima volta che qualcuno le mostrava vicinanza ed empatia, era la prima volta nella sua vita che qualcuno sembrava capirla, che non la facesse sentire pazza ed esagerata, che vedeva tutto quell'odio folle intorno a lei.
Anche se non conosceva quel ragazzo, tra le sue braccia che la stringevano, si sentì come se lo conoscesse da sempre, perché le barriere della superficialità erano state abbattute dai segreti e le ferite svelate.
Entrambi condividevano il dolore e la paura di essere diversi in un mondo dove le diversità venivano soffocate.
Entrambi sapevano di star per cadere in un'amicizia sincera e silenziosa, perché si erano già accettati per ciò che erano sotto le maschere, e non per ciò che mostravano al mondo.
«Scusa…» sussurrò la rossa finito di piangere, allontanandosi e tirando su col naso.
Imbarazzata si asciugó le lacrime con le dita.
«Non mi chiedere scusa.» il ragazzo prendendo un pacchetto di fazzoletti dalla tasca glielo porse.
Un lieve sorriso compassionevole posava sul suo volto, i suoi occhi neri ed affilati le sorridevano dolcemente.
«Come ti chiami? Io sono Jack.» si presentò emozionato.
Entrambi sentivano quella nota solenne che rendeva quell'incontro unico.
Sapevano entrambi che da quel momento in poi qualcosa sarebbe cambiato, sapevano entra che da quel momento in poi la salvezza sarebbe stata più vicina perché non sarebbero stati più soli.
Kat era ancora commossa dalla bontà di quel ragazzo, meravigliata dal caso che glielo aveva fatto incontrare.
Era così gentile e buono, e lo era a caso.
Era abituata agli insulti gratis.
E tutte quelle parole dolci e quell'abbraccio...
l'avevano fatta esplodere.
Era triste che la gentilezza fosse diventata rara, e la cattiveria fosse la sua normalità. Quasi la fece piangere di nuovo la consapevolezza di vivere come un animale in cattività. Si era dimenticata di essere una persona e come tale di meritare rispetto, non insulti.
Seppellì quel pensiero nella sua mente per non soffermarcisi troppo.
«Sono Katherine di 3A.
Ma chiamami solo Kat, mi chiamano così i miei amici... immaginari.» scherzò la ragazza ridendo e soffiandosi il naso.
«Comunque grazie… davvero!
Sei così dolce e carino con me… che...» soltanto a dire quelle cose la voce le tremó strozzata e gli occhi le si riempirono di nuovo di lacrime.
«Calma. Va tutto bene.» la tranquillizzò prima che potesse scoppiare a piangere.
«È il minimo che posso fare… siamo sulla stessa barca, no? So bene cosa vuol dire sopportare ed odiare una mandria di coglioni che ancora si insultano dandosi del frocio. Quelli non sono nemmeno degni di guardare un arcobaleno.» disse sprezzante con un ghigno nella speranza di tirarle su il morale.
«In verità era tanto che volevo conoscerti.
Non ti ho mai vista in giro... non esci mai dalla tua classe?»
La ragazza fece segno di no con la testa sorridendo imbarazzata e alzando le spalle.
Jack guardò l'orario.
«Oh cazzo, devo scappare! Se faccio tardi di nuovo la stronza di Storia non mi fa entrare.
Tra poco suona, muoviamoci!
All'intervallo il tuo nuovo amico passa a prenderti, ok?» la prese per il braccio ed invitò ad entrare attraverso la porta d'emergenza insieme a lui.
Attraversato un piccolo stanzino solo una porta li separava dai corridoi.
«Comunque tranquilla, non sono immaginario!» scherzó sbucando insieme a lei nei corridoi, fortunatamente quel tratto non era mai frequentato.
«Ciao Jack!» rise la rossa fin troppo felice mentre il ragazzo correva via.
Un sorriso enorme posava sul volto di Katherine. Non ci credeva.
Non poteva crederci.
Ancora le veniva da piangere solo a pensare a quanto era un tesoro quel ragazzo. Non avrebbe mai pensato potesse essere gay.
Ill suo gay radar non funzionava molto bene. In ogni caso, aveva sempre desiderato un amico gay!
Ed era successo tutto così in fretta, era stato così intenso ed emozionante.
Lei era scoppiata a piangere come una cretina! Qualsiasi altra persona se ne sarebbe andata, invece lui l'aveva abbracciata.
Perché sapeva che Jack capiva il suo dolore, glielo aveva letto negli occhi.
Le era sembrata la scena di un film.
Era incredibile, impossibile.
Un amico. Aveva davvero un amico?
Oddio, non poteva realizzarlo.
Per la prima volta in vita sua Katherine entrò a scuola felice.
Non vedeva l'ora che arrivasse l'intervallo...
*
Quella giornata era letteralmente una noia per Jade West.
Aveva avuto alcune classi, ma niente di che, le solite note, i soliti volti spaventati. I soliti due sul registro.
Nessuna ragazzina da tormentare insomma.
Mancava poco al suono della campanella che avrebbe segnato l'intervallo.
E Jade si stava incamminando verso il bagno delle ragazze, perché non trovava quelli degli insegnanti e non aveva voglia di cercarli.
'Perché diamine devono metterli così inculati sti cazzo di bagni? Pff, scuola per ricconi e poi… se ne fregano il cazzo di non far fare chilometri ai docenti per una pisciata. Se mi viene un'infezione alla vescica lo denuncio quel vecchio decrepito.' pensava Jade ampiamente infastidita e svogliata.
Ma il suo pensiero cambiò all'istante quando vide la sua piccola preda diretta verso il bagno.
Era impressionante come solo vederla la stimolava, riempiendola di vita.
In quel momento andare nei bagni dei ragazzi, non le sembrava più un'idea così brutta, anzi…
Si sorprese di non aver notato quanto fosse sodo e piccolo il suo fondoschiena.
'Potevo dargliela una palpatina la scorsa volta, dovró rimediare...' rise tra sé e sé.
Senza che la rossa si accorgesse di averla alle spalle, le si avvicinò, e poco prima che Kat entrasse in bagno, Jade allungò una mano dandole una sculacciata.
La piccola squittí voltandosi di colpo.
Stava per urlare qualcosa, ma appena vide la professoressa si fermò spaventata e confusa.
L'insegnante le prese il polso strattonandola verso di sé.
Non erano in bagno ma nei corridoi, e l'idea di rischiare la eccitava di più, e nel caso qualcuno fosse arrivato avrebbe finto di sgridarla o l'avrebbe spinta in bagno.
«Ma ciao, invertita.
Sai non ho resistito, anzi, complimenti!» rise portando la mano libera a darle una palpatina.
Kat squittí ancora, cercando di liberare il polso con scarso successo visto che si ritrovò bloccata contro la porta del bagno.
«Cosa sta facendo…» gemette Kat spaventata.
Tremava confusa da quell'attacco a sorpresa.
L'adrenalina di nuovo le scorreva nel sangue.
Abbassò il capo per non incontrare quegli occhi gelidi che le toglievano le parole di gola.
Jade inclinò la testa con un sorrisino.
«Oh guarda, hai ritrovato la voce.» rise divertita, sporgendosi al suo orecchio.
«La scorsa volta non la trovavi?» spinse il corpo contro quello tremante della ragazza.
«Eri troppo presa a bagnarti? Mh?» le leccò l'orecchio sentendola gemere.
Kat serró le labbra per costringersi al silenzio.
Fece un respiro profondo, ripetendosi di stare calma. Facendo forza provò a ribellarsi, ma la sua resistenza non piacque affatto all'insegnante, che le bloccò entrambi i polsi.
«La prego...» bisbiglió Kat flebile, alzando la testa e guardandola negli occhi, in una smorfia che sarebbe dovuta apparire sicura, ma che la fece sembrare ancora più tenera, a causa degli immensi occhioni pieni di lacrime.
'Mi ispira così tanta violenza' pensó Jade stringendo di più i polsi. Erano tanto piccoli che sarebbe riuscita ad afferarli entrambi con una mano sola.
«Piccola, non hai ancora capito che comando io? Devi portare rispetto ai tuoi insegnanti.» le sorrise intenerita.
L'alunna continuò a divincolarsi, ma la stretta solida dell'insegnante le bruciava la pelle, dandole fitte di calore ed imbarazzo.
Si sentiva talmente piccola ed inerme e non capiva come potesse piacere tanto al suo corpo.
«Capisci che se voglio fotterti non puoi fermarmi.» scandì quelle parole quasi dolcemente, tenendola ferma senza nessuna difficoltà.
L'alunna gemette, arrendendosi. Rimase ferma
Quelle parole bruciavano nella sua testa e sul suo corpo. Spaventata ed eccitata, sentiva la presa di Jade stringere le sue braccia con leggero sadismo, come a farle male quel che basta.
«Mi fai male...» le lacrime iniziarono a rigarle il volto, non sapeva nemmeno perché. Si sentiva stupida, non voleva nemmeno piangere, non era un dolore fisico.
La professoressa sorrise compiaciuta nel vedere quelle piccole lacrime scendere, con gentilezza le lasciò i polsi avvicinando il volto al suo.
«Oh, non hai idea di quanto ti farò male...» sussurrò soltanto, in tono perverso.
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