Capitolo 23
'Tra tre ore Jade sarà qui...
Spero davvero che smetta di fare la stronza con me, davanti a tutti.
Non sa quanto ci sto male...' scarabocchiò un emoticon triste su un foglietto, mentre la classe si stiracchiava durante il cambio dell'ora.
Kat era seduta al banco a farsi i suoi, soliti, film mentali, quando Matthew, il leader della classe, nonché ragazzo più egocentrico e coglione, le si avvicinó con tutta la propria presontuositá incorniciata dai propri ciuffi biondo.
Valentine sentì l'agitazione attanagliarle le viscere, alla vista del proprio bullo, che come spesso aveva fatto in passato, si avvicinò al suo banco, con nonchalance, l'aria superiore di un pallone gonfiato.
Kat lo temeva, temeva la sua cattiveria malata, gliela vedeva scintillare negli occhi ogni volta che la feriva. A volte temeva che le sue provocazioni potessero andare oltre le parole, aveva il terrore che Matt si fissasse con lei ed il suo orientamento sessuale, oltremodo.
Aveva il terrore che un giorno potesse decidere di portare le proprie volgari minacce ai fatti, purtroppo temeva sempre potesse molestarla sessualmente, o peggio.
Lo aveva odiato da sempre, dal primo giorno.
Ricordava le sue compagne, ed al tempo amiche, che andavano dietro al suo fascino da belloccio figlio di papà, biondo dagli occhi azzurri. E forse ne aveva provato invidia, oppure aveva semplicemente provato odio per il modo in cui si atteggiava, elevandosi senza rispetto. Dietro la sua facciata da brillante, Kat poteva vedere benissimo trasudasse sessismo da tutti i pori.
Già partendo con l'idea che lui una ragazza non meritasse manco di guardarla, Kat era finita ad odiarlo e temerlo furiosamente dal giorno del suo coming out, o meglio outing.
Non aveva aspettato un secondo prima di dare mostra della propria omofobia, tormentandola ed insultandola, nell'approvazione generale di un gregge che idolatra il proprio leader.
«Ciao Katy...
Come sta la lesbica di merda della scuola?» le rise in faccia di gusto.
Quante volte si era sentita chiamare cosí?
Per quanto ci fosse abituata, ancora la feriva tutto quel disprezzo.
Valentine si sentì rimpicciolire.
Diede uno sguardo veloce al ragazzo, senza dire una parola, seguendo il proprio istinto di autoconservazione.
«Ehi stupida, si risponde alle persone quando ti parlano...» prendendo l'astuccio dal banco di Kat glielo tirò contro debolmente, per il solo gusto di umiliarla, di poterlo fare.
La folla di compagni si avvicinò, ingorda di quello spettacolino malato.
Ne erano tutti complici, quelli che guardavano da vicino, da lontano, anche chi guardava altrove. Valentine li detestava tutti.
Matt incrociando lo sguardo degli altri allargò il petto, pieno di orgoglio, pronto a dare del proprio peggio.
Katherine raccolse l'astuccio senza fiatare.
Strinse il tessuto bitorzoluto tra le mani.
Sapeva cosa sarebbe successo...
Quante volte l'avevano schiacciata così?
Distrutta in mille pezzi sotto il peso di quelle parole, di quegli sguardi, degli spintoni…
Le mancava il fiato per l'impotenza, per la rabbia.
Faceva terribilmente male.
«Quindi lesbica del cazzo, come stai oggi?» insistette il ragazzo sorridendole crudele.
Gli altri la guardavano sorridendo, pronti ad intervenire con commenti taglienti qualsiasi risposta sarebbe stata quella della povera ragazza. Tutti pronti a schiacciarla pur di avere un briciolo di approvazione dal proprio capo.
«Io... io...» sussurrò.
'Rispondi Kat!
Perché non ti alzi ed inizi ad urlare contro tutti che si facciano i cazzi loro?' si morse il labbro nervosa. Avrebbe davvero voluto farlo.
«Io... io...» la scimmiottó il ragazzo, facendo ridere la classe.
«Ora sta perdendo pure la voce, non le bastava la sanità mentale!» aggiunse una ragazza, la stessa che l'aveva importunata più volte. Kat era certa lo facesse perché le piaceva Matt. Doveva essere così squallidamente romantico, sporcarsi del sangue di una persona innocenza per il solo bisogno di un attimo di considerazione.
Avrebbe davvero voluto dirlo, avrebbe voluto dire di tutto, qualsiasi cosa.
Avrebbe voluto essere più forte.
«Sto come al solito...» si arrese sussurrando piano.
Ma proprio non ci riusciva.
«Coooooosa? Non ti sento!» le alzò il banco di poco per poi lasciarlo cadere, facendo saltare a terra tutti i fogli e le matite.
«Aaah, ho capito.
Stai come al solito...» continuò la recita, nel proprio attimo di gloria ed attenzione.
«Effettivamente... sei una merda come al solito.» l'esplosione di risate rimbombó in tutta l'aula.
Kat si sentí precipitare. Tutte quelle risate la stavano distruggendo entrandole in petto, appestandola di quell'orribile dolore che pian piano saliva fino alle lacrime.
Non voleva dare ascolto, non le importava, ma per qualche motivo, il suo ego non poteva fare a meno di sanguinare.
'Non piangere Kat... non piangere.
Devi essere forte...
Vi prego, non piangete occhi...'
Si passò una mano in faccia cercando di fermare le lacrime appena nate che volevano scendere.
Se l'avessero vista avrebbero pensato fosse debole, ancora più debole.
«Sì porcatroia, fai schifo al cazzo.
Potresti fare un favore al mondo e chessò suicidarti?» un altro ragazzo si uní a quello che per la classe era un gioco, uno scherzo, un modo di divertirsi come un altro.
«Oh dimmi, hai trovato qualcuno?
Ah no, vero, sei una sfigata di merda che lecca fighe... hai trovato qualcuna con cui fare la puttana allora? No, vero?
Fai troppo schifo persino a quelle come te.» continuò il capobranco di quegli animali.
In quel momento lo scintillio crudele che tanto la spaventava, rifletté nei suoi occhi chiari.
«Nessuno ti amerà mai! Fai cagare, cazzo!
Sei disgustosa! Non sei manco scopabile!
Forse giusto con un sacchetto in testa.» le dedicò un ghigno disgustoso.
Il petto di Kat esplose di dolore. Era impossibile non ascoltare, era impossibile non sentire.
Si ripeté di non piangere, ma si rese conto fosse troppo tardi...
Le lacrime le scivolarono lungo le guance.
Più ne asciugava, più scendevano.
Il delirio esplose intorno a lei.
Risate, strilla, ed insulti si accavallarono tutti tra loro, pesandole come un macigno incomprensibile sulle spalle.
Tenendo il volto coperto dal braccio si alzò. Voleva correre in bagno, ma i suoi compagni le sbarravano la strada, intenzionati a non lasciarla scappare.
Una voce autoritaria risuonò in tutta l'aula
«Che cosa state facendo? Ai posti! Smettetela subito!» la Prof di inglese fermó quel malato gioco. Nel momento in cui vide il volto della studentessa in lacrime non ebbe bisogno di spiegazioni.
«Dovete smetterla di prendervela con lei! Quante note devo dare a questa classe?
Chi è il responsabile?» la Prof corse in soccorso di Kat, ordinando a tutti di sedersi al proprio posto.
«Ma sì Prof…
Stavamo solo scherzando!
Non è successo niente, è lei che si vittimizza! Piange apposta! » si giustificò una sua compagna, seguita dagli altri che le darono ragione.
«Non accetto che in questa classe esista questo modo di "scherzare"!» urlò la professoressa.
«Valentine vai pure a sciacquarti la faccia.
Prenditi tutto il tempo che ti serve...» le riferì a bassa voce lasciandola uscire.
Tutti la guardavano male, come se tutto quello fosse stata colpa sua. Come se la loro cattiveria fosse colpa sua, come se se la fosse cercata, come se le sue lacrime, il suo bisogno di aiuti gli avessero offesi a morte, ponendo fine e mettendo conseguenze al loro gioco.
«E vi prendete un'altra nota.
Dovete smetterla di avercela con lei!
Non accetto che esista il bullismo in questa...» Kat sentì la voce della professoressa dissolvere mentre si allontanava.
Non riusciva a smettere di piangere. Un passo offuscato dopo l'altro.
Lo sapeva. Ora l'avrebbero odiata ancor di più, prima o poi si sarebbero vendicati di nuovo.
Era così umiliante che la Prof l'avesse vista in lacrime, era sempre umiliante quando non tratteneva le lacrime…
Jade aveva ragione, piangere era un momento di debolezza, e lei aveva appena fatto la cosa più stupida. Si odió intensamente.
Arrivata al bagno esplose in mille singhiozzi.
Finalmente poteva far uscire tutto quel dolore che le era cresciuto dentro, che le faceva rimbalzare in testa tutte quelle parole infernali.
Sentiva un peso così grande farla affogare, toglierle il respiro lacrima dopo lacrima.
Si tappó la bocca con la manica per non fare troppo rumore.
'Lesbica di merda, puttana, fai schifo, inutile, suicidati...' erano solo parole, ma facevano più male di qualsiasi cosa.
*
West l'ora dopo avrebbe avuto la 3A, la classe di Valentine.
Stava andando in biblioteca, alla ricerca di alcuni saggi matematici, quando sentì un gran baccano provenire da lì.
Pensando ci fosse ora buca, si avvicinò vogliosa di prendersi un'ora in più e di terrorizzare tutti a sorpresa, punendoli per quel baccano inaccettabile, quando si accorse fosse una sola persona a fare tutto quel casino; una sua collega.
Sorrise divertita, decidendo di origliare.
Trovava interessante vedere come si comportassero gli altri insegnanti e se qualcuno fosse pessimo quanto lei.
«No, voi siete la classe peggiore della scuola!
Non potete continuare così.
Sono stufa di tutto questo bullismo!
Se fate di nuovo una cosa del genere io vi sospendo tutti...
No, con tutti non intendo Valentine, ovviamente!» continuò a sclerare contro gli alunni, che sfacciati si giustificavano in tutti i modi possibili.
'Kat... che ti hanno fatto questi coglioni?' imprecò mentalmente.
Aveva già voglia di entrare e renderli tutti miseri, ma calmandosi, si obbligò ad aspettare l'ora dopo.
Uno strano presentimento, come un pizzico alle cervella, le fece venire voglia di controllare che la ragazza non fosse in bagno.
Solo fuori dalla porta sentì i suoi singhiozzi.
Si precipitò dentro senza pensarci due volte, avvicinandosi alla raya figura minuscola, raggomitolata a terra.
La rossa alzò lo sguardo, vedendo Jade cercò di asciugarsi le lacrime, ma proprio sembravano non volerne di sapere di asciugarsi.
West fece un sorriso dolce nel vederla.
'Quanto è tenera e terribilmente fragile?' si accucciò davanti a lei.
«Avanti bimba, vieni qui...» le offrì un braccio per tirarla su.
Kat si lasciò issare e stringere.
West le accarezzò la testa lasciandola piangere.
La sentiva cosí piccola ed indifesa, persa, schiacciata da tutte quelle cose che la privavano della possibilità di vedere quanto fosse speciale.
Era come se in quell'abbraccio, la ragazza, le stesse chiedendo semplicemente di prendersi cura di lei.
Jade sentì una morsa al cuore rivedendo in Katherine una sé stessa molto più piccola di un passato infinitamente lontano.
L'alunna singhiozzava, chiedendo scusa di tanto in tanto, mentre l'altra la rassicurava teneramente.
«Valentine... qualsiasi cosa ti abbiano detto non dare loro importanza.
Dai, sciacquati la faccia.» il suo tono suonava sicuro. Il suo tocco dolce la accompagnó al lavandino.
Katherine, respirando profondamente per calmarsi, prese l'acqua gelida tra le mani gettandosela in faccia. Le brució sulla pelle calda riportandola alla realtà.
«Ti tolgono il respiro, ti umiliano.
Lo so, so come ti senti.
Ti sembra che non ci sia una via d'uscita, che sia un incubo continuo da cui non puoi svegliarti, ma ascoltami…
Tutto questo passerà, finirà.
Tutto questo malessere che senti, non è eterno, anche se ti fa sentire imprigionata.
Un giorno starai bene. Questo attimo, questa sofferenza sarà solo un ricordo, qualcosa di lontano, che ti farà solo apprezzare di più la tua vita, la vita che ti sarai guadagnata, combattendo contro tutte le tue insicurezze.
Dimostrerai a tutti che si sbagliavano, di essere molto di più. Sarai una bellissima e forte donna, e nessuno potrà mai più farti sentire così.» Kat si asciugó il volto, guardando Jade.
«Non dare mai peso alle loro parole.
Mai. Non arrenderti mai, non lasciare mai che le cose che dicono di te diventino le tue insicurezze.
Loro non ti conoscono, non sanno un cazzo di te. Non posso parlare di chi sei, o chi sarai.
Non possono determinarti come vorrebbero
Non hanno mai ragione. Non sanno cosa hai passato, cosa pensi. Le loro parole sono alla pari di quelle di un estraneo.
L'importante è che non smetti mai di essere ciò che sei, di fare ciò che fai, ciò che ti piace.
L'importante è che non dai loro il potere di infettare la tua vita. Perché quella è tua, ti appartiene e nessuno, nessuno potrà mai giudicarla se non tu stessa.» West le sorrise. Apprezzando la sua attenzione, e la rughetta corrucciata sul suo volto cosparso di ciuffi rossi bagnati.
«Non lasciarti schiacciare. Reagisci, puoi farlo.
Non hanno il diritto di calpestarti.
Sono patetici, deboli ed insulsi.
Sfogano su di te le loro insicurezze, al solo scopo di sentirsi meno inutili.
Non dare retta a parole vuote dette da anime vuote e perse, disgustose…
Non lasciare mai che le loro parole vuote ti svuotino…
Hai capito?» la guardò seria.
West dovette trattenersi. Il calore nel suo petto la fece sentire amata, forte, realizzata.
Volendolo o meno, dicendole a Valentine, aveva detto tutte le cose anche alla se stessa del passato. Commossa, ma nascondendolo, diede un bacio affettuoso sulla fronte dell'alunna.
Finalmente Katherine sorrise, facendo così sorridere Jade a sua volta.
Tirò su con il naso, passandosi un palmo ad asciugarsi le ultime gocce rimaste sul viso.
«Wow...
STAI FACENDO LA PERSONA CARINA CON ME!» esultò emozionata prima di scoppiare a ridere insieme a Jade, spezzando l'atmosfera seria che si era creata da quelle parole sagge.
«La tua ironia è sempre presente, eh Valentine?» le pizzicò una guancia sollevata dall'energia della ragazza.
«È un'occasione particolare questa, goditela perché non ricapiterá!
Sono ancora la tua stronza ed odiosa Professoressa, non farti strane idee.»
Non vedeva l'ora di fare il culo ai bulletti di quella classe.
In quell'istante una ragazza di un'altra classe entrò in bagno, rimanendo leggermente turbata dalla presenza della professoressa che non conosceva e salutandola con un cenno ed un'occhiata veloce camminando verso la toilette.
«Non ti preoccupare.
Andrà meglio! Io e le altre professoresse ne parleremo a consiglio.
Ora vieni che ti accompagno in classe.» Jade rimanendo nel proprio ruolo, serena del fatto che tutto ciò che la studentessa aveva visto era una gentile professoressa che sosteneva un'alunna in piena crisi, la accompagnó fuori.
«Comunque, grazie Prof.
Davvero… sei, cioè, lei è comparsa così magicamente, e ha detto, non so come, le cose giuste e....
Boh, grazie per l'abbraccio.
Ecco sì, è stata fantastica...» la ringraziò onestamente, guardando in basso tra un passo e l'altro. Non era riuscita ad esprimere tutta la gratitudine che avrebbe voluto.
West l'aveva tirata fuori dal baratro, anche se i suoi compagni rimanevano un inferno vivido, non era sola, non era inutile.
Aveva speranza, e quello che West le aveva detto era vero; quello era solo un momento della sua vita, in futuro ci avrebbe ripensato e sarebbe stato lontano, e soprattutto lei poteva reagire. Non era tutto ciò che le dicevano di essere, lei poteva rispondere.
'È adorabile.' conclusero i pensieri di West.
«Sono Jade Elizabeth West, insomma... quando non sono fantastica?» si limitò a rispondere, nascondendosi dietro al proprio ego.
'Ora vediamo di chiarire la cosa...' pensò, mentre l'immensa fantasia di riscattare Kat e se stessa, vibrava eccitata tra i suoi pensieri.
«Ma senti Kat, così per curiosità; chi sono i più stronzi della classe?»
Per loro sfortuna non c'era vendetta di Jade West che non fosse stata straziante.
*
Quando la Professoressa entrò in aula il silenzio si impadronì dello spazio.
West diversamente dal solito non disse una sola parola, si limitò a guardare la classe, soffermandosi particolarmente sulle vittime del giorno.
'Oh piccoli stronzi, sorridete sorridete.
Ora vedete come vi faccio il culo.' pensò tra sé e sé guardandoli truce.
Odiava il fatto che quei coglioni avessero la possibilità di ferire, o di solo avvicinarsi a Valentine. Nella sua testa quella doveva essere una sua e solo sua prerogativa.
Guardò la ragazza rallegrandosi del fatto fosse felice, i perlomeno tranquilla, dato che nelle sue ore nessuno la infastidiva... se non West stessa. 'Ma questi sono dettagli.' pensò tra sé e sé.
Senza dire una parola, appoggiò il gesso alla lavagna, ricoprendola delle tre disequazione più complicate che potesse immaginare.
Quando ne fu soddisfatta, tra una correzione e l'altra del suo genio, sorrise alla propria creazione.
Come fosse niente si sedette, spostando la borsa nera di pelle in un angolo della cattedra
Tranquilla assaporó il silenzio, consapevole del fatto che tutti temevano il peggio osservando quella mostruosità di numeri che aveva scritto alla lavagna, aggravati dal fatto che l'insegnante fosse seduta e non in piedi a risolverla.
Rise tra sé e sé, consapevole del panico degli studenti.
Facendo un respiro profondo, accavalló le gambe.
«Matthew Scott, Jennifer Chase e Daniel Brown alla lavagna.» ordinò fredda, facendo sbiancare i tre presi dal panico.
Dovette chiamarli una seconda volta prima che si avvicinasse alla atterriti.
Jade con la coda dell'occhio vide la rossa brillare di gioia, quasi non le sfuggì un sorriso, sorriso che non poteva permettersi in quel momento.
«Bene... prego, fate pure...
Pfff, ma che dico?
Si vede dalle vostre facce da mongoli che siete degli ignoranti incapaci.
Avrete giusto due neuroni lí dentro, il necessario per comportarvi da babbuini. Figuriamoci se riuscite a fare qualcosa del genere.» Sorrise, per poi leccarsi il labbro inferiore, deliziata dal suono delle risate dei compagni, compresa quella della sua alunna preferita.
Analizzando la classe, come fosse un esperimento sociologico, comprese le dinamiche esplosive ed senza pietà degli studenti. Era sempre più chiaro.
Non era una classe unita, e il leader non era il leader, erano un branco di lecchini, non c'era fedeltà, solo una gerarchi.
Non era una classe, era un campo di guerra, la cui unica regola era sopravvivere.
Bastavano le condizioni sbagliate e tutto si ribaltava; gli stessi che ti adulavano, l'attimo dopo ti lapidavano alla lavagna.
West provò ribrezzo per l'intera classe, per la falsità dei rapporti, creati a convenienza.
«Ah comunque, dicevo, se non sapete farlo; 2.» sorrise agli alunni che sembravano prossimi allo svenimento, lanciandosi sguardi disperati.
«Forza Matthew!» lo chiamó per primo.
Il ragazzo si fece avanti prendendo il gessetto in mano. Rosso di rabbia e frustrazione.
«Ho sentito che ti piace stare al centro dell'attenzione, forza!
Ora puoi dimostrare a tutti che non sei altro che un coglione.» lo punzecchió, lasciando che il proprio tono di voce rivelasse tutto il veleno che West Jade poteva sputare .
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