6
Possedeva la libertà delle aquile ma ruggiva come una tigre in gabbia.
Un tuono irrompe nel silenzio della notte facendomi sobbalzare nel mio letto.
Lampi e fulmini si scagliano al suolo come se si stesse scatenando una vera e propria apocalisse e il bene e il male fossero giunti a uno scontro finale.
Dopo l'uscita con Rachel, finita non nel migliore dei modi, ho deciso di sciogliere la seduta e tornare a casa a un orario decente, pronta ad affrontare una nuova giornata nell'istituto di mio padre.
Non pensavo minimamente che questo notturno ed estivo temporale mi avrebbe messo così tanto di cattivo umore.
Prima di mettermi al letto mi sentivo non dico euforica, ma almeno carica, determinata o comunque più tranquilla nel tornare in quel posto, invece ora ho come una brutta sensazione, un presentimento che mi sta avvisando che una catastrofe è pronta a segnare la mia giornata.
La pioggia continua a battere imperterrita sui vetri della finestra e nel momento che l'ennesimo fulmine deve aver colpito un generatore di corrente, il buio totale ha inondato la camera facendomi sentire inquieta.
Mi stringo al mio cuscino, sperando che vada via il magone che mi blocca il respiro nel petto; non ho mai amato il buio e questo mi sembra un altro chiaro segno del destino che mi sta dicendo di stare attenta.
Delle piccole luci d'emergenza illuminano l'uscita mostrandomi un'eventuale via di fuga, peccato che vorrei soltanto scappare da me stessa e non vi è niente e nessuno a indicarmi la strada.
Mi siedo, incrociando le gambe sul materasso morbido e poggiando la schiena alla testiera del letto; il telefono segna sul suo display che sono appena le tre e trenta del mattino.
Sospiro nel silenzio della mia camera, ascoltando il rumore della pioggia che aumenta e diminuisce d'intensità senza seguire alcuna logica, provando a rilassarmi, senza lasciar vagare la mia mente verso pensieri cupi.
Avrei voluto quindi chiudere gli occhi e riuscire a riprendere sonno, invece continuo a girarmi e rigirarmi tra le lenzuola ed ecco che la mia testa inizia a vorticare, a percorrere un tragitto tempestoso verso orizzonti scrupolosamente taciuti durante il dì.
Non ho mai capito perché nella notte ogni cosa venga percepita in modo differente rispetto al giorno.
Il cervello sembra incastrarsi in cunicoli caleidoscopicici senza più trovare via d'uscita, sboccando sulla visione di una realtà sfaccettata e in grado di mettere in dubbio tutta la tua esistenza.
In questi casi, più unici che rari, mi viene la minima tentazione di seguire le orme di mio padre; ammetto che la psiche mi affascina, ma solo perché non amo l'ignoto.
Preferisco poter dare una spiegazione logica a ogni reazione fisica, senza lasciare nulla al caso.
Nel momento che sento bussare alla mia porta mi rendo conto di essermi addormentata e il sonno questa mattina non sembra darmi tregua.
Di mala voglia decido di buttarmi sotto la doccia, sperando di trovare un minimo di tonicità per poter affrontare la giornata e nel frattempo lavarmi di dosso quella sinistra sensazione che mi rende nervosa.
Guardo gli abiti nella cabina armadio e scelgo gli indumenti più miseri che ho: un pantalone da jogging nero e un top sportivo con su una maglia grigia dei Nirvana leggermente sbiadita e deformata; la indossavo spesso durante il mio periodo emo.
Lego i capelli in una coda alta e spettinata; ogni mio sforzo di domare tutti le ciocche ribelli è stato inutile.
Scendo la grande scalinata che porta al piano di sotto, tenendo le sneakers a penzoloni su due dita, percependo il freddo del marmo trapassare il tessuto dei calzini.
La mia ansia aumenta a dismisura nel momento che realizzo che mio padre non mi sta aspettando in cucina.
L'ennesimo tuono mi fa sussultare ancora una volta, come a voler confermare ogni mio dubbio.
Non sono mai stata una persona abitudinaria, però quell'improvviso cambio di routine diceva tanto.
Anche mia madre, solitamente mattiniera senza dover fare grandi cose durante la giornata, aveva deciso di prendersela con comodo, standosene ancora al letto a poltrire col suo barboncino.
Chi avrebbe criticato il mio abbigliamento?
L'autista compare dall'ingresso facendomi un cenno per mostrarmi la sua disponibilità non appena io fossi pronta.
Il mio cuore freme dannatamente, colto da un'improvvisa e inspiegabile tachicardia.
Mi sento persino impassibile dinnanzi alla colazione che regna sul tavolo della cucina.
Il cielo è grigio e si riflette all'interno donando un aspetto tetro a tutta la casa, contrastato da quelle luci artificiali e fredde che quasi accecano.
Riesco appena a bere un caffè di ginseng, dicono sia in grado di risvegliare chiunque.
Mentre il sapore inizialmente amarognolo vira in una nota delicata e dolce che mi ricorda vagamente il gusto del caramello e della panna, ne preparo una scorta in un termos, sperando che possa accompagnarmi degnamente durante la giornata.
Riempio un sacchetto con dei biscotti e prendo anche una mela da mangiare in secondo momento, in caso di un mio improvviso attacco di fame.
Raggiungo il grande istituto in perfetto orario e in cuor mio speravo di trovare mio padre ad attendermi contando i secondi e confermarmi che la sua era solo una prova per testare la mia recente presa di responsabilità.
Purtroppo ad accogliermi c'era solo una nuova Jessica che mai mi sarei aspettata di vedere.
La dottoressa Parker non ha assolutamente una bella cera.
Le occhiaie violacee stonano in modo particolare sul suo viso chiaro e solitamente levigato a mestiere da cosmetici o semplicemente da un bel sonno ristoratore.
Mi fa strano vederla con i capelli scompigliati e vestita con abiti casual; non voglio dire che stia male così conciata, ma ammetto che sembra meno formale rispetto al solito.
《Vuoi del ginseng?》chiedo mostrandole il termos, sembra proprio che ne abbia bisogno.
Mi stupisco della mia improvvisa gentilezza nei suoi confronti, la mia reazione è stata del tutto spontanea, ma per fortuna lei non ci fa caso, deve essere veramente stanca
《Grazie!》dice afferrando rapidamente il contenitore e dopo aver riempito un bicchiere monouso, sorseggia la bevanda calda come se fosse qualcosa di pregiato.
Socchiude gli occhi apprezzando con un verso ciò che le stava attraversando la bocca.
《Mmm, che buono, quello del distributore sembra solo acqua arrugginita!》ammette lasciandosi scappare un commento personale.
《Va-va tutto bene?》chiedo titubante.
Scuote la testa in segno di negazione e continua ad assaporare il ginseng tenendo gli occhi chiusi e prendendosi una pausa dal resto del mondo.
《Che succede?》domando estremamente confusa, sembra che non se la stia passando proprio bene.
La bionda sospira rumorosamente e mi rivolge uno sguardo pieno di timore.
Mi scruta per testare la mia lealtà, incerta sul confidarsi con me.
《Dylan sta avendo delle crisi ripetute e non so più come fare a calmarlo. I colleghi le hanno provate tutte, ma solo di me si fida!》spiega cedendo《se dovesse continuare così lo sottoporranno alla TEC!》conclude visibilmente dispiaciuta.
Non capisco tutta questa premura nei confronti di Dylan.
Visto che sta così male, perché si dovrebbe evitare una terapia che potrebbe aiutarlo?
《Scusami, ma non sarà un bene curarlo in questo modo?》chiedo provando a semplificare la situazione con evidente inesperienza.
Jessica alza di scatto la testa e inchioda il suo sguardo severo nel mio.
《Hai idea di quanto possa essere dannosa la Tec?》chiede quasi sconvolta.
Mi pare ovvio che non lo so, non capisco nemmeno di cosa si tratti, ma evidentemente crede che io abbia un minimo di conoscenza in materia essendo la figlia di un grande luminario.
《Non prendertela con me, io non sono un medico, ho soltanto pensato che se dovessero proporgli una certa terapia vuol dire che ne ha bisogno no?》rispondo riprendendo le vesti dell'arcigna figlia di papà.
Jessica addolcisce il suo sguardo e si rilassa di poco.
《Hai ragione, scusami! Sono solo stanca!》dice buttando il bicchiere nel cestino dopo averlo accartocciato.
《Dylan è qui per un motivo ben preciso, ma sulla sua sanità mentale ho dei dubbi.》spiega come se stesse più che altro ragionando a voce alta.
《Ha una grave accusa che gli pesa sulle spalle, ma io dai suoi atteggiamenti lo vedo più che altro vittima di un grande trauma.》
Posiziona i suoi occhiali da vista sul naso, avvicinandoli poi agli occhi e cercando di ricomporsi mi affianca per parlarmi in tono confidenziale.
Io posso dire di pendere dalle sue labbra, ha totalmente catturato tutta la mia attenzione e questa pausa di silenzio che si sta prendendo mi sta torturando.
《Lui ha sicuramente dei problemi della psiche, ma non è pazzo!》dice silenziosamente, con un tono quasi impercettibile.
《Ecco perché voglio evitargli la TEC!》dice giustificandosi.
Per un momento mi sfiora il pensiero che la dottoressa si sia invaghita del suo paziente.
La sua disperazione sembra essere un po' spropositata per una questione del genere, non mi sembra di averla vista così in pena per gli altri detenuti, anche perché a me Dylan sembra aver mostrato chiaramente i suoi squilibri.
Un secondo dopo però sento di dovermi ricrederw abbastanza; virando il ragionamento verso l'unica spiegazione plausibile.
Suppongo che la sua etica sia più forte di ogni altra cosa e che abbia intrapreso questo lavoro per pura vocazione.
Mi torna in mente il primo giorno che ho messo piede qui.
Mio padre chiese alla sorveglianza se tutto stesse andando per il meglio e nell'apprendere di quella donna disperata, se ne lavò le mani riservandole del sedativo per evitare che potesse creare scompiglio.
Queste persone hanno dei problemi, ma essendo anche pregiudicati non vengono rispettati da nessuno.
La maggior parte di chi si occupa di loro, vuole solo portarsi a casa lo stipendio senza avere problemi, senza grattacapi giornalieri, tranne Jessica.
Lei ha realmente a cuore la salute di ognuno di loro, ricordo come si rivolse con rispetto verso tutti nonostante i vari deliri.
《E credi possa fargli male questa terapia quindi?》chiedo senza sapere di cosa si tratti.
《Cassie la TEC, ovvero terapia elettroconvulsiva, non è altro che un volgarissimo elettroshock!》dice spiazzandomi.
《Oramai è sempre meno diffuso l'utilizzo di questa pratica, gli effetti indesiderati potrebbero essere notevoli, ma se Dylan dovesse continuare a dimostrare alti livelli di schizofrenia, non potrò oppormi!》risponde con tono grave.
Mi sembra che stia cercando silenziosamente il mio aiuto.
《Che possiamo fare allora?》chiedo rimboccandomi le mani.
《Dovrebbe provare a ragionare, calmarsi! Magari sfogare la sua frustrazione!》continua guardandomi con insistenza e non capisco dove vuole arrivare a parare.
《E come?》chiedo nuovamente.
《Cassie, non so come dirtelo ma la causa scatenante delle sue crisi sei tu!》ammette spiazzandomi di brutto.
Devo essermi persa per forza un passaggio, che cosa c'entro io?
《Credo di non aver capito Jessica!》
《Dopo il casino successo in mensa ieri, tuo padre ha punito tutti senza distinzioni!》confida senza rancore per la sottoscritta.
Mi gelo immediatamente a quella notizia.
Avevo esplicitamente chiesto di non punire nessuno e sapevo che avrebbe fatto di testa sua, ma speravo, anzi, ero convinta che usasse molta più obiettività.
《Gli avevo detto di non punire nessuno!》dico sentendomi colpevole e desiderosa di giustificarmi《lui mi ha difesa, ha preso a pugni quel tipo per me! Non ha colpe!》continuo assolvendolo.
Jessica assume di nuovo quell'aria dispiaciuta mentre io imito sempre più la sua disperazione iniziale.
《Tuo padre è così, non puoi farci nulla!》
Lo conosce bene, sarà anche per questo che teme per l'incolumità di Dylan.
Dopotutto lei è qui da tempo, conosce ogni abitudine del posto.
Credevo che la giornata precedente fosse stata un traguardo, invece no.
Si stava rivelando un vero e proprio disastro con effetti indesiderati posticipati e prolungati.
《Ha abusato del suo potere》dico riflettendo con me stessa 《come sempre!》concludo delusa.
I suoi atteggiamenti in famiglia sono gli stessi anche sul posto di lavoro.
Lui è freddo e distaccato su tutto, non guadagna il rispetto o l'affetto, lui lo pretende a prescindere.
《È tutta colpa mia allora!》dico abbandonandomi sulla poltrona dell'ufficio di Jessica.
《No, non hai chiesto tu questi provvedimenti!》prova a mostrarmi comprensione, nonostante sono sicura che stia pensando che il mio arrivo in istituto sia stato una sorte di punizione per tutti.
《Ma lui li ha presi a causa mia!》rispondo guardandola amareggiata.
Non credevo possibile il fatto che i miei errori, le mie scenate, le bravate potessero ricadere su altre persone.
Tutta questa storia mi ha rivelato cosa realmente stava accadendo: mio padre voleva manipolarmi.
Lui vuole soltanto plasmarmi a suo piacimento, creare una degna erede, spietata e fredda.
I miei colpi di testa, le mie ribellioni, mi hanno fatta apparire ai suoi occhi come una persona debole.
Mi sarebbe bastato ottenere un minimo di attenzioni in più per rigare dritto, ma lui è il grande Robert Thompson e non si abbassa al sentimentalismo nemmeno nei confronti di sua figlia, che a sua volta, dimostrando di aver bisogno di una famiglia amorevole, sta dimostrando di essere una fallita nella vita.
《In che modo è stato punito?》chiedo palpitante, sperando di poter rimediare.
《Gli sono state vietate le visite dall'esterno per un mese. Considera che ne può ricevere solo una ogni settimana, quindi sono poche nel totale!》spiega Jessica 《per ognuno di loro è molto importante vedere i loro cari, li aiutano a dimenticarsi per un po' di essere rinchiusi qui!》continua fissando lo schermo del suo pc 《hanno commesso degli errori, ma la maggior parte di loro merita di essere capito!》conclude mostrando ancora una volta tutto il suo buon cuore.
Mi sento ancora più in colpa.
Io senza essere realmente prigioniera sono uscita di nascosto non sopportando l'imposizione di mio padre, figuriamoci persone che sono qui da tempo.
Forse l'influenza benevola della dottoressa Parker stava smuovendo un nuovo lato di me più altruista.
《Lasciami parlare con lui!》esordisco convinta, spiazzando la bionda.
《Che cosa? No no no! Hai già rischiato una volta di essere strangolata, non posso permetterlo!》risponde categoricamente.
《Glielo devo! Sono io la causa del suo male!》ammetto con un po' di timore.
So bene a cosa vado incontro, ma anche io ho visto in lui qualcosa di diverso.
《Tuo padre non lo permetterebbe, mi manderebbe via da qui a calci in culo!》dice giustificandosi, mostrando quanto teme il suo superiore.
《Mi assumo io tutte le responsabilità! Tu potrai osservarmi a distanza e intervenire se dovessi ritenerlo opportuno!》dico persuadendola.
Noto un segno di cedimento nella dottoressa Parker, sta valutando la mia proposta.
《Potrebbe volerti uccidere!》ammette facendomi rabbrividire al solo pensiero.
《Non lo farà, altrimenti avrebbe già portato a termine questa sua intenzione, sicuramente un modo l'avrebbe trovato.》dico convincendo entrambe.
Dal monitor vede che continua ad agitarsi, come se stesse in preda a delle convulsioni e a poco a poco gli venisse sempre meno il fiato.
Io e Jessica ci incamminiamo lungo i corridoi dell'area C e mi accompagna dinnanzi a una stanza di isolamento.
Mi lascia osservare dallo schermo di un tablet la ripresa di quella camera piccola, senza finestre, senza oggetti di arredo; la stessa in cui era isolata la donna agitata.
《Vi guarderò costantememte da questa ripresa》spiega Jessica mostrandomi la sorveglianza tramite una telecamera.
《Perché non indossa una camicia di forza?》chiedo nell'ignoranza, basandomi sulle scene viste dai film e sulla mia recente e scarsa esperienza.
《Ti piacerebbe essere legata quando già hai perso tutta la libertà possibile?》chiede indispettita ed evito di rispondere.
Per me nulla è ovvio, anzi, a dire il vero molte cose sul sistema di gestione mi sembrano insensate, ma tengo per me ogni parere, almeno fin quando non avrò preso maggiore dimestichezza del luogo.
Jessica mi scruta preoccupata mentre io sospiro e mi preparo come se dovessi salire sul ring.
Il temporale all'esterno continua a farmi sussultare, catapultandomi con l'immaginazione in un film horror.
《Dylan qualcuno vuole vederti, ti prego di comportarti bene!》dice Jessica parlando da un citofono.
Dylan si avvicina alla telecamera con uno sguardo minaccioso, come a voler stabilire un contatto visivo che possa uccidere a distanza.
Mi spaventa la sua agitazione, lo ammetto.
I suoi occhi sembrano spietati, ingrossati come se avesse sniffato rabbia per tutta la notte.
I tatuaggi che ricoprono la sua pelle sembrano prendere vita sotto alle pulsazioni delle sue vene gonfie.
《Sicura di volerlo fare?》chiede ancora Jessica, notando la mia tensione.
Annuisco in modo sconsiderato, pregando un Dio di cui dubito l'esistenza, affinché risparmi la mia vita.
La bionda digita un codice sulla serratura della porta e in poco tempo mi ritrovo alla mercé di quell'uomo.
Nel giro di pochi secondi mi si fionda addosso stringendo una mano sul mio collo sottile.
Immediatamente sento gli occhi inumidirsi e un dejavù proiettarsi nella mia mente.
《Ti faccio uscire Cassie!》dice Jessica dal microfono e io alzo una mano e con l'indice le dico di no.
Per quanto la scena possa sembrare violenta, la stretta della sua mano non è per niente forte.
《Avrei dovuto ammazzarti già la prima volta che ti ho visto》dice con una voce delirante, assottigliando lo sguardo.
Non c'è che dire, sono proprio io il capo espriatorio delle sue crisi.
《So che non mi farai del male!》parlo guardandolo nei suoi occhi cupi, mostrandogli la mia determinazione.
Le sue pupille si dilatano e restringono a mano a mano che mette a fuoco la mia figura.
Allenta sempre più la presa ma non toglie la mano dalla mia gola.
Leggo un tormento sul suo volto, una sofferenza che non ho visto mai palesarsi in un modo così evidente nelle espressioni di qualcuno.
Vedo in lui un ragazzo spaesato e che interpreta un ruolo per mantenere una sorta di reputazione.
Il disprezzo che prova per me è tale da farmi accapponare la pelle, ma a tratti sembra anche divertirsi a spaventarmi.
Se mi avessero detto in passato, che un giorno mi sarei ritrovata in queste condizioni sicuramente mi sarei fatta una grassa risata.
《Non ti uccido solo perché non voglio finire sulla sedia elettrica per una sciacquetta come te!》dice allontanandosi, stringendo le sue mani sulla testa e tirando i suoi capelli.
Una smorfia di dolore gli si imprime tra i denti, si accascia e battendo un pugno sul pavimento lancia un urlo che va a confondersi con i tuoni della guerra dei mondi esterna.
《Prova a calmarti!》dico sentendomi stupida.
Immaginavo che avrei scatenato in lui questa reazione, infatti torna ad avvicinarsi guardandomi in cagnesco.
《Voglio solo aiutarti!》dico alzando le mani in segno di resa, abbozzando un sorriso finto.
《Non ti disturbare, hai già fatto abbastanza!》dice ringhiando.
《Per colpa tua ho perso la possibilità di affacciarmi al mondo esterno con gli occhi di qualcun altro!》dice battendo una mano ai lati della mia testa e facendomi emettere un leggero grido.
《Mi dispiace, non era mia intenzione!》dico provando un nuovo approccio, mostrandomi realmente pentita.
Mi sovrasta con la sua imponenza, bloccandomi, tenendo entrambe le braccia tese ai lati del mio capo.
《Tu non hai idea di cosa significhi perdere la libertà!》dice quasi sussurrando, allontanandosi ancora e ripulendo la bocca da alcuni schizzi di saliva.
《Non si è liberi solo perché si ha la possibilità di andare dove si vuole!》dico provando a spiegare il mio misero punto di vista《quando non ti danno la possibilità di fare ciò che ti rende felice, equivale allo stare in gabbia!》
Dylan mi guarda di traverso, severamente, finché non scoppia a ridere in modo conturbante facendomi sentire anche ridicola.
《Che c'è? Il paparino non ti lascia spiccare il volo?》dice beffeggiandomi《povera farfallina, quanto deve essere pesante il carico che porti sulle tue esili ali?》continua con sarcasmo, afferrando l'elastico che tiene fermi i miei capelli sino a scioglierli.
《Sei solo una viziata del cazzo!》urla strattonandomi, facendomi perdere l'equilibrio e finire a terra.
《Cassi, devi uscire!》dice Jessica dal microfono e io le dico ancora di no, perché sto bene.
Dylan è sorpreso dal mio atteggiamento audace.
Gioca un po' con il mio elastico, lasciandolo scorrere tra le sue dita e dopo averlo annusato lo piazza al suo polso e lo guarda come se fosse un trofeo.
《Tocca prima il fondo dalla mia prospettiva e poi ne riparliamo!》dice accovacciandosi per raggiungere la mia altezza《ti sentirai libera anche solo a poter ascoltare parlare del tempo che c'è fuori!》
《Vuoi sapere questo?》chiedo alzandomi《 va bene te lo dico io!》continuo indifferente《 oggi piove come se non esistesse un domani. Il temporale che si sta scagliando sulla città non ha creato distinzioni tra il cielo notturno e quello diurno!》dico stizzata 《credimi, non ti stai perdendo nulla!》continuo minimizzando l'esterno.
《Mi sto perdendo la vita che scorre!》dice urlando a squarciagola, agitandosi a tal punto da ricoprire i suoi occhi con un ciuffo di capelli spettinati.
《Non so più cosa significhi sentire una goccia di pioggia che si staglia sulla pelle》 chiude per un attimo gli occhi e inspira rumorosamente e con affanno《sentire l'odore della terra bagnata, il rumore della pioggia infranta dalle auto sull'asfalto》 apre le braccia come se stesse tentando di volare 《vedere il bagliore dei lampi che illuminano il cielo coperto di nuvole e sentirsi un tutt'uno con la tempesta!》
Il suo respiro diventa più regolare mentre continua a meditare sul temporale che si fa sempre più violento e udibile, come se stesse rispondendo alle richieste di aiuto di Dylan.
Quando riapre gli occhi sembra una persona diversa, forse più calma ma appena posa di nuovo lo sguardo su di me sembra indemoniarsi di nuovo.
《Odio quelle come te!》dice con cattiveria 《 abituate a ottenere sempre tutto, non potrai mai capire cosa si prova a essere reclusi e mi fa rabbia vedere che non apprezzi quel che hai!》
Il suo vittimismo iniziava a darmi ai nervi; voleva farmi la morale anche lui, ma non avrei tollerato anche questo.
Mi avvicino di poco e stringendo i pugni ai lati dei miei fianchi mi armo di quella sfrontatezza di cui sono sempre stata fin troppo carica. 《Smettila adesso!》urlo lasciando echeggiare la mia voce in quelle mura vuote 《chi è causa del suo male pianga se stesso!》
《Io forse non potrò capirti》dico portando una mano sul petto 《ma tu hai avuto scelta e hai deciso di commettere un errore che ti ha costretto marcire qui!》concludo severamente.
La rabbia gli surriscalda il viso rendendolo arrossato e pronto a darmi contro; forse stava realmente per uccidermi.
《È inutile che ora ti scaldi!》dico anticipando qualche suo scatto 《tu spari a zero su di me per l'idea che ti sei fatto apparentemente e io faccio altrettanto!》continuo severa.
Dal primo momento che mi ha vista ha usato i peggiori appellativi per definirmi e ammetto di avergli reso facile quest'impresa, però lo stesso vale anche per me.
Indossa la divisa arancione dei detenuti ed è praticamente in lista per farsi friggere il cervello, non posso di certo pensare di lui che sia una persona esemplare.
È solo grazie a Jessica che ho provato a vedere la sua vita da un'altra prospettiva, ma doveva accantonare il giudizio anche lui altrimenti mi sarei convinta delle apparenze.
Se la rabbia avesse il volto dell'inferno, Dylan sarebbe sicuramente in grado di impersonare il ruolo in questo momento.
《Devi capire che qui puoi essere aiutato, ma devi collaborare!》gli urlo in faccia con prepotenza.
Le sue mani stringono ancora la presa sul mio collo, questa volta lasciando la delicatezza dietro le quinte.
Ho capito bene che questa è la sua unica difesa, si sente forte con questa mossa.
《Non giocare a fare la psicologa con me! Prima di potermi dare consigli devi capire fin dove può spingersi quella tua lingua impertinente e prenderti le conseguenze!》ringhia furioso.
《Le conseguenze ci sono sempre per tutti!》rispondo senza perdere il controllo.
Ho una paura folle ma non glielo do a vedere, so che Jessica interverrà prima che possa succedere il peggio.
《Sei entrata qui dentro credendo di potermi salvare?》dice sussurrando al mio orecchio《solo perché ho preso le tue difese credi che io provi qualche interesse per te?》continua sfiorando il mio collo con il suo respiro.
Il mio cuore batte talmente forte da sentirlo rimbombare nella mia testa.
Più mi spaventa la sua vicinanza e più me ne sento attratta.
Le sue labbra sono vicinissime al mio orecchio 《devo ammettere che ti scoperei volentieri, ma sono sicuro che lo vorresti tu più di me!》dice impersonando un nuovo Dylan.
Inizio a tremare e non per una reazione negativa.
《Ti stai arrapando non è così?》dice lasciando una scia di baci languidi sul collo fino ad arrivare all'angolo della mia bocca《sei affascinata dal lato trasgressivo di questa faccenda vero?》continua facendomi socchiudere gli occhi.
Traccia una strada in salita con la lingua, percorrendo la scapola fino a raggiungere un punto sensibile appena sotto al lobo del mio orecchio.
《Pensi che io possa cadere ai tuoi piedi?》chiede avvicinando il suo corpo al mio.
Prende una mia mano e se la porta all'altezza del suo cuore e dice 《io sono un demone, nel mio petto non batte nessun cuore!》
《Io lo sento!》ammetto convinta.
Una serie di tuoni fanno un trambusto colossale e il buio si impossessa della città e anche dell'istituto.
Una miriade di sirene all'esterno impazziscono per la caduta di onde magnetiche.
Sento le sue mani salire ai lati del mio viso e il suo tocco è caldo e delicato.
《Hai paura?》chiede strusciando un pollice sul mio labbro inferiore.
《Non ho paura di te!》dico con sincerità, sentendo il suo calore mischiarsi col mio.
Le sue labbra sono vicinissime alle mie, mi basterebbe sporgermi in avanti di poco e potrei unirle in un bacio.
《Potrei fare qualunque cosa in questo momento e tu non avresti via di scampo!》continua muovendo la sua mano lungo il mio fianco, avvicinandosi all'inguine ma senza varcare un limite mai invalicato.
《Sono venuta qui di mia volontà, non sarei ugualmente scappata!》ammetto desiderando un contatto maggiore, provando a fargli capire che forse non siamo poi così diversi.
《Attenta a quel che desideri ragazzina, le fiamme dell'inferno possono essere letali!》dice sfiorando le mie labbra con le sue.
Il ronzio di un motore mi distrae per un attimo ma Dylan cattura ancora la mia attenzione posando una mano sulla mia nuca.
Mi avvicina a lui e prende il mio labbro inferiore tra i suoi denti e lo tira un po' facendomi sussultare.
《Tornatene nel tuo mondo principessina o rischierai di farti molto male!》dice sussurrando al mio orecchio.
D'un tratto non sento più la sua presenza, la stanza riprende a illuminarsi e il suono della porta che si apre mi riporta alla realtà.
《Cassie! Fuori!》dice Jessica in ansia.
Mi guardo intorno e vedo Dylan seduto a terra con le gambe incrociate e con un'espressione innocua.
Tra i due iniziavo a pensare di essere io quella psicopatica ormai.
Nel buio, in attesa che il generatore d'emergenza dell'istituto prendesse a funzionare, in meno di un minuto, Dylan si è mostrato per quel che realmente è, ne ero sicura.
Mi affretto a uscire ancora scombussolata e vedo mio padre precipitarsi furioso verso di noi.
Jessica se avesse potuto si sarebbe rintanata in una cella pur di non affrontare la palese furia del suo superiore.
《Si può sapere cosa diavolo è successo lì dentro?》chiede il dottor Thompson irritato, dopo aver assistito senza dubbio a tutta la scena, almeno fin quando non è saltata la corrente.
La dottoressa Parker apre la bocca per provare a dare un minimo di spiegazione, ma la furia di mio padre la anticipa con un tono di voce sgarbato più del solito.
《Vi siete messe d'accordo per rendermi lo zimbello di questo istituto?》chiede ringhiando e la sua vena riprende a gonfiarsi sul collo e sulle tempie.
《I miei ordini non contano più niente qui dentro? Devo passare alle punizioni corporali?》continua a corto di ossigeno 《Cassie, hai perso ogni possibilità, hai superato il limite ancora una volta! Adesso..》
《Adesso cosa?》urlo a squarciagola, sentendomi scesa agli inferi e pronta a discutere col diavolo in persona.
《Sei sempre pronto a sentenziare su tutto e tutti, ma ci fosse mai una volta che mettessi in discussione i tuoi atteggiamenti!》dico puntandogli il dito contro.
Guardo Jessica che se ne sta mortificata, col capo abbassato.
Delle guardie si bloccano nel corridoio mentre fanno da sentinelle.
《Hai perso di vista la tua posizione, sei uno psichiatra e non un colonnello dell'esercito!》continuo senza abbassare i toni 《pretendi che tutti stiano ai tuoi ordini è così che mostri la tua professionalità?》chiedo retoricamente 《mi hai trascinata qui dentro con l'intento di cambiarmi, ma invece quello che deve cambiare sei soltanto tu!》dico con estrema convinzione 《mi hai messa nelle mani di Jessica e stavo provando a rendermi utile, non era questo che volevi? Non ti sei reso conto che la poverina è distrutta e solo per colpa tua?》lo guardo di traverso mentre sposta gli occhi sulla dottoressa 《è avvilente lavorare per te, bisogna interpretare alla meno peggio i tuoi ordini!》
Continuo a condannare i suoi modi, senza dargli il tempo di poter ribattere 《vuoi darmi delle lezioni di umiltà, ma tu abusi del tuo potere per far sì che tutti ti rispettino, punendo a destra e a manca solo perché non possono ribellarsi! Volevi che seguissi le tue orme? Congratulazioni papà, sono esattamente il tuo specchio, prima di cambiare me, correggi te stesso e fatti un'esame di coscienza!》
Rivolgo un ultimo sguardo a Jessica, sbalordita tanto quanto me per la mia presa di posizione.
Fulmino il grande psichiatra
con lo sguardo e mi allontano prontamente.
《Cassie! Dove credi di andare?》chiede mio padre alle mie spalle e la mia risposta si riduce a un'alzata del dito medio.
Ero stufa di essere considerata un fallimento in ogni occasione, volevo cambiare ma non per gli altri ma per me stessa.
Spazio autrici
Eccoci con un nuovo capitolo.
Abbiamo impiegato qualche giorno in più per la pubblicazione a causa di alcuni imprevisti che ci hanno costrette a impiegare il nostro tempo altrove.
Ci rendiamo conto che al momento la storia è un po' confusa, ma è tutto premeditato, dopotutto in questo manicomio sono tutti pazzi!
Vi ringraziamo per il continuo supporto e un grazie particolare va a tutte quelle persone sarcastiche che dimostrando di essere incoerenti, ci danno una spinta in più, siete mitiche sul serio. 🤭
Buona lettura! 💋
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