PROLOGO

Mi chiamo Diana, Diana Willows, e voglio raccontarvi una storia;la storia della mia vita,la storia di come questa si sia tramutata in un inferno e poi pian piano mi abbia portata in paradiso. Il mio personale paradiso.

Avevo 16 anni quando iniziò tutto. Vivevo da quando ero nata in campagna,in una bella villetta a schiera dai toni chiari, insieme ai miei genitori. Ci amavamo molto. La nostra vita era perfetta,o almeno lo era ai miei occhi.

In un giorno, che io ancora consideravo un giorno qualsiasi della mia vita,mi trovavo nella mia stanza che era immersa nella penombra,rischiarata solamente da quei pochi raggi di sole che filtravano dalle spesse tende grigie, ed ero sdraiata sul mio morbido letto a leggere il mio libro preferito per la terza volta di fila. Ero così concentrata nella lettura che non mi accorsi di tutto il trambusto che proveniva dal piano di sotto,dove erano i miei genitori.

Improvvisamente tra le mura della casa echeggiò un urlo e fui costretta a riscuotermi piuttosto bruscamente. Era l'urlo di una donna, ricordo tutt'ora quanto fosse stato agghiacciante,carico di paura e angoscia.

Era stata mia madre ad urlare...

Sentii passi rapidi risalire le scale,mia madre che si trascinava sul pavimento urlando suppliche a chiunque stesse salendo di sopra per far si che si fermasse, ma inutilmente;poi le urla di mia madre si smorzarono improvvisamente ed io iniziai ad avere davvero paura.

Ero terrorizzata,così tanto che mi ero paralizzata.

Avrei voluto alzarmi e scappare via da lì ma non riuscivo a muovermi,era come se il mio cervello si rifiutasse di registrare ciò che stava accandendo.

La porta della mia stanza venne sfondata da un uomo dalla corporatura alta e massiccia,non ne riconobbi il volto,anche perché era nascosto da una maschera,ma ero piuttosto sicura di non averlo mai visto in vita mia.

Poi fu un attimo,il tempo di un grido che venne subito soffocato da un pezzo di stoffa, che l'uomo aveva precedentemente imbevuto con una strana sostanza,e sentii immediatamente le gambe cedere e le palpebre chiudersi.

Mi arrivò alle orecchie,in modo ovattato e confuso, la voce di mio padre. Lo sentii parlare con quell'uomo,non sembrava né arrabbiato né preoccupato ma solo totalmente indifferente.

Avrei voluto urlare,urlare a mio padre di aiutarmi e di non rimanere così indifferente mentre a sua moglie e a sua figlia veniva fatto del male ma non ebbi mai modo di farlo;caddi nell'oblio più totale.

Dopodiché non riuscii a percepire nient'altro che buio,buio e silenzio..

------------------ valeria99xd

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