VI
17.06.1300, ore 10:50
Quando Bianca mise piede fuori dal palazzo fu sorpresa nel vedere Margherita ferma poco distante dalla porta d'ingresso. Si avvicinò lentamente e, quando fu abbastanza vicina poté notare le mani chiuse a pugno lungo i fianchi ed il corpo tremante di rabbia. Le girò intorno per ritrovarsi difronte ad ella e notò l'espressione a metà tra l'arrabbiato e lo sconvolto. Era concentrata ad osservare qualcosa alla sua destra, perciò non notò la ragazza.
"Avete nuovamente litigato con vostra sorella?" chiese, facendola spaventare. Si guardarono per un istante, poi Margherita sospirò.
"No." Sussurrò appena prima di corrugare le sopracciglia. "Non so bene neanch'io cos'è appena accaduto!" confesso, guardando nuovamente a destra.
"Potrei aiutarvi, se volete." propose gentilmente Bianca.
"Aiutarmi voi?" chiese ironicamente. "Per cortesia, evitate di dire tali fandonie! Altro non siete che una ragazzina impertinente!"
"Come volete!" Bianca non si scompose per tali critiche. Era ormai abituata a sentire offese di quel genere verso la sua persona. Cominciò ad allontanarsi da Margherita, diretta verso il borgo. Era uscita appositamente per fare una passeggiata, per osservare quel luogo paradisiaco che non aveva ancora potuto vedere.
"Una donna..." cominciò titubante Margherita, facendo fermare Bianca sui suoi passi. Ella sorrise, capendo che forse la principessa aveva davvero bisogno di qualcuno con cui parlare, con cui confidarsi. Si fermò e si voltò nuovamente. La incitò a continuare con lo sguardo. Margherita prese un respiro profondo. Non sapeva perché ma in cuor suo voleva davvero parlare con quella ragazza. "Una donna anziana mi ha appena insultata senza alcun motivo." Confessò.
"Cosa vi ha detto?" chiese curiosa Bianca. Margherita arrossì e chinò lo sguardo.
"Di togliermi la scopa dal sedere."
Bianca riuscì appena a trattenere una risata, ma un sorriso le sfuggì ugualmente, facendo così nuovamente infuriare la principessa. "Non dovevo dir nulla, sapevo di commettere un errore!" brontolò Margherita. Notando tale reazione, Bianca si lasciò sfuggire la risata che aveva trattenuto.
"Vi chiedo scusa." Riuscì a dire tra le risate. "Ma dovete ammettere di essere un po' troppo severa con voi stessa e con gli altri!"
"Non sono severa!" replicò irritata. "Ci sono regole di buon costume che vanno rispettare per mantenere il buon nome!"
"Il vostro buon nome non ve lo toglierà nessuno per un sorriso o una risata in più, principessa!" Bianca sapeva esattamente come colpire nel segno. Aveva intuito il carattere di Margherita, i suoi pregi, i suoi difetti e le sue mancanze. Era certamente una donna ben vista per il suo aspetto, i suoi titoli e le sue buone maniere, ma le mancava qualcosa di fondamentale: l'amicizia e l'amore. Senza queste due, la vita diventa solo apparenza. "Perché non venite a fare una passeggiata con me? Propose. "Vi mostrerò l'altra parte della medaglia, quella in cui si ride e ci si diverte. Quella in cui il cuore diventa pieno d'amore e l'animo si alleggerisce."
"No!" replicò all'istante. "Non ho alcuna intenzione di farmi prendere per una donnaccia di poco conto!"
"Preferite dunque una vita colma di tristezza e insoddisfazione?" chiese ancora. "Preferite dover dar conto ad un uomo burbero e manesco e subire la sua ira per il resto dei vostri giorni?"
"Voi come fate a saperlo?"
"Non è stato difficile immaginare ciò che è accaduto dopo il pranzo di ieri. Il vostro silenzio dopo l'intervento di vostro marito è stato più eloquente di quanto immaginate!" Bianca si avvicinò e le prese le mani tra le sue. "Cosa vi ha fatto? No, non rispondete, sono sicura di sapere già la risposta: vi ha frustato con la cinghia sulle spalle e sulla schiena, affinché il vostro corpo subisse la sua ira, si lacerasse e sanguinasse, ma il vostro viso restasse intatto e bellissimo come sempre."
Margerita, scioccata, ritirò le mani e fece un passo indietro. Bianca aveva appena descritto esattamente ciò che accadeva ogni qualvolta Giovanni si arrabbiava. Trattenne le lacrime per la rabbia, frustrazione e tristezza e sospirò.
"Solo una passeggiata!" accettò così la proposta della fanciulla. "Semmai, però, dovessi notare un vostro atteggiamento poco consono o tendente all'impuro, vi lascerò in balia della vostra stupidità e tornerò al castello!" la minacciò. Bianca non poté fare a meno di sorridere ancora una volta. Annuì ed andarono a passeggiare insieme.
Bianca era felice. Lo era sempre, ma in quel momento forse lo era un po' di più. Aveva capito ciò che serviva a Margherita e aveva promesso a sé stessa che avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farle scoprire quale fosse la vera felicità.
Nel frattempo, al castello, Fulvio, Leone e Rodolfo si trovavano nella stanza dello scrittoio e stavano discutendo di alcuni briganti noti ormai in tutto il mondo.
"Ne siete sicuro?" chiese Rodolfo a Leone. Quest'ultimo aveva appena confessato di aver udito voci su un brigante di gran lunga peggiore di qualsiasi altro.
"Certamente!" rispose. "Avete mai sentito la storia di Robin Hood?" chiese poi, guardando i suoi due interlocutori. Anche Giovanni era presente, ma non aveva aperto bocca per tutto il tempo.
"Il brigante che rubava ai ricchi per dare ai poveri?" chiese Fulvio, curioso. Leone annuì. "Credevo fosse solo una fiaba che raccontavano ai bambini del borgo!"
"No, tutt'altro!" replicò Rodolfo. "Robin Hood è esistito davvero. Non si conosce il suo nome o la sua vera identità, né si è a conoscenza del suo stato: c'è chi dice che sia morto da anni, e chi dice che sia ancora vivo, ma troppo malato per continuare le sue malefatte."
"Dicono che abbia seminato il panico tra i nobili per molti anni. Rubava ogni genere di tesoro e lo donava a chi non aveva neanche un tozzo di pane da mangiare!" continuò Leone. Fulvio rimase scosso da tali informazioni. Era in momenti come quelli che si rendeva conto di non conoscere davvero il mondo. Viveva nella sua bolla all'interno del castello e gli mancava una visuale sul resto del mondo.
"Un inetto, un buono a nulla, un viscido. Ecco chi era il vostro Robin Hood!" intervenne Giovanni, parlando per la prima volta.
"Senza dubbio!" rispose Rodolfo, pronunciando tali parole con il sol scopo di zittire ancora Giovanni.
"In ogni caso..." riprese a parlare Leone. "Si narra di questo nuovo brigante, qui nelle terre del sud e si dice che sia cento, se non mille volte peggiore di Robin Hood in persona!" confessò.
"Oh, mi sento un buono a nulla!" replicò Fulvio. "Come ho potuto ignorare l'esistenza di tale essere?" chiese più a sé stesso che ai suoi interlocutori.
"Non ve ne fate una colpa!" Leone si sbrigò a calmarlo. "La sua esistenza è nota a pochi, o almeno lo era fino al giorno della mia partenza. In molti lo chiamano il fantasma o l'anima vagante per via della sua velocità e della sua bravura nel nascondersi. La casata reale dove dimoro è stata attaccata più volte. Per lo più costui ha depredato la dimora del medico di corte e di alcuni tra i cavalieri più giovani."
"Del medico? E cosa può farsene un brigante di erbe mediche e pozioni?" chiese Rodolfo.
"Rivenderle, ovviamente. Alcune tra le pozioni che ha rubato contenevano essenze rare e le erbe che ha portato con sé erano tra le più curative al mondo!" rispose Leone. "Ha rubato tutto in estremo silenzio. Si è curato di non lasciar alcuna traccia fuorché una rosa nera, simbolo del suo passaggio. Benché il castello fosse sempre provvisto di centinaia di cavalieri a far la guardia, nessuno di essi ha mai visto l'uomo. Solo un paio hanno dichiarato di aver notato un'ombra scura allontanarsi!"
"Che mi venga un colpo!" rispose Rodolfo spaventato. "Come si può acciuffare un essere che neppure si vede?"
"Nessuno lo sa, non io di certo." Rispose immediatamente Leone sospirando. "So solo che costui sta seminando il panico in diverse residenze nobiliari e che entro nel panico ogni volta che vedo una rosa nera!"
"Si sa nulla di altri attacchi? Si trova ancora nelle terre del Re?" chiese Fulvio, sperando in una risposta affermativa, poiché aveva già il suo ben da fare con i briganti normali della zona per pensare ad un brigante il cui soprannome richiamasse l'aldilà.
"No" rispose prontamente Leone, distruggendolo così emotivamente. "Si sposta velocemente e senza un apparente meta precisa."
"Un vagabondo, oltre che un ladruncolo da quattro soldi!" borbottò Giovanni, alzandosi dal comodo divano all'estremità della stanza su cui era stato seduto per tutto il tempo. "La colpa non è altro che dei sovrani di questo mondo! Non me ne voglia il Re o chi per lui, ma la verità è soltanto questa. I sovrani stanno diventando pigri e sciatti. La loro mano è troppo leggera. Al trono dovrebbe sedere chi ha il pugno di ferro!"
"E sentiamo..." intervenne Rodolfo, alzandosi anch'esso. "Chi sarebbe costui? Voi, per caso?" chiese ironicamente e con una punta di disprezzo ben udibile da tutti.
"Esattamente!" rispose impavido Giovanni. "Punirei l'ingordigia con la gogna, alzerei le tasse degli sfaticati che si dichiarano malati, metterei al rogo coloro che osano rubare e porrei finalmente fine a questo scandalo di donnacce che non rispettano noi uomini!" esclamò sognante.
"Quali idiozie mi tocca sentire!" mormorò Rodolfo scuotendo il capo in disapprovazione. "Sono felice di non essere al servizio di qualcuno come voi."
"Non preoccupatevi, Rodolfo. Se io fossi stato il sovrano voi sareste stato il primo ad essere giustiziato e con voi quella meretrice di vostra moglie!"
"Come osate?" Rodolfo si precipitò contro Giovanni, preparandosi a sferrare un pugno. La fortuna volle che Leone, il quale si era ritrovato tra scontri sin da bambino, aveva la vista da falco ed intervenne prima che il gesto potesse essere compiuto. Tenne fermo saldamente Rodolfo, stringendolo tra le possenti braccia. Erano entrambi uomini molto robusti, ma l'esperienza nel combattimento di Leone lo rendeva più forte.
"Calmatevi Rodolfo, per l'amor del cielo!" tentò Leone, mentre l'altro si dimenava tra le sue braccia. "E voi, Giovanni, non siate così compiaciuto delle vostre parole." Continuò, notando lo sguardo di compiacimento dell'altro uomo. Era questo ciò che voleva: violenza, rabbia ed un motivo per dichiarare guerra a chiunque. Non aveva principi morali, non aveva sentimenti, voleva solo il potere.
"Non preoccupatevi!" rise soddisfatto Giovanni, prima di avviarsi verso l'uscita. "Ne ho abbastanza di questa pantomima!" E, con quella frase uscì dalla stanza, lasciando i tre uomini da soli. Rodolfo si calmò appena la porta si richiuse e Leone poté tirare un sospiro di sollievo.
"Che essere spregevole!" commentò Rodolfo, sistemandosi la camicia. Si voltò poi verso i due e chinò il capo in segno di scuse. "Mi spiace per il mio comportamento di poco fa. Ho perso le staffe, non sono stato in grado di contenere la rabbia."
"Non preoccupatevi." Rispose Fulvio.
"Chiunque avrebbe perso le staffe al vostro posto!" lo rassicurò Leone.
"No." Replicò. "Non voi di certo. Leone, sembrate un uomo tutto d'un pezzo. Sembra quasi che nulla possa scalfirvi. Sono sicuro che sareste riuscito a contenervi anche con accuse e minacce più gravi di quelle subite da me." Lo elogiò in fine. Leone sospirò e tornò a sedersi di fianco a Fulvio.
"Non sapete quanto vi sbagliate, amico mio." Ammise. "Vedete questa mia cicatrice?" si indicò il volto. "La ottenni proprio per la mia mancanza di calma. V'era quest'uomo, un brigante, che era noto per la sua lingua pungente. Il Re mi aveva ordinato di arrestarlo e condurlo nelle segrete del castello. Durante il tragitto nacque uno scontro verbale e lui decise di insultare mia moglie. Sia ben chiaro, non ho sposato Bianca per amore, ma per puro volere dei nostri padri, eppure con il passare degli anni abbiamo imparato ad essere complici, amici. In ogni caso, non ci vidi più dalla rabbia. Lo sbattei al muro e cinsi il suo collo con le mani. Non mi resi conto che così facendo ero più esposto che mai. Afferrò il machete che portavo alla cinta e in un sol colpo mi sfregiò il viso."
"Mi spiace molto." Commento Fulvio sinceramente.
"Non siete vi sposati per amore?" chiese Rodolfo. Leone scosse il capo. "Eppure sembrate così in sintonia. Com'è possibile ciò?" chiese curioso. Mai, in tutta la sua vita, aveva conosciuto una coppia sposata per dovere essere così legata. In genere i matrimoni imposti finivano per essere come quello di Giovanni e Margherita: i due si odiavano a vicenda e l'uomo diventava padrone della donna.
"Come ho già detto: abbiamo imparato ad essere complici. Dovremmo passare il resto dei nostri giorni insieme, fino alla morte. Non avrebbe alcun senso vivere nella rabbia e nell'odio come nel caso dei vostri cognati!" ammise e si lasciò sfuggire un lieve sorriso. "Abbiamo raggiunto un accordo un anno dopo il matrimonio. Io non le imporrò alcun obbligo matrimoniale e lei mi lascerà avere tutte le donne che voglio."
"Oh." Commentò Rodolfo. "Avete altre donne allora."
"Non siate così puritano, amico mio. L'amore non è qualcosa che mi interessa. Non è mai stata nella mia indole. Ho avuto e di certo avrò molte donne, ma sarà sempre e solo per una notte." Confessò.
"E Bianca?" chiese a quel punto Fulvio. Era interessato, poiché affascinato dalla bellezza della donna e voleva sapere se poteva in qualche modo passare una notte con lei, ma non lo diede a vedere. "Anche dama Bianca ha altri uomini?"
"No!" replicò immediatamente. "Categoricamente no! Non le imporrò mai di avere rapporti con me poiché conosco la sa avversità nei miei confronti, ma mai e poi mai dovrà osare essere infedele! Semmai dovessi trovare un altro uomo con lei, lo ucciderei a mani nude."
Fulvio non rispose, triste per aver appena visto il suo sogno erotico infrangersi. Rodolfo, invece, sospirò.
"Credete che sia felice di ciò?" chiese, ma Leone non capì, così si schiarì la gola e spiegò le sue perplessità. "Credete che le vada bene questo accordo? Credete di renderla felice ugualmente? L'avete condannata ad una vita senz'amore e senza gioie per il corpo!"
"Non ne ha bisogno. Ha tutte le libertà che possa desiderare!"
"Tutte tranne quelle carnali." Si intromise ancora Fulvio. "Le donne sono esattamente come noi uomini. Ne hanno bisogno anch'esse."
"No, non credo." Disse, ma in cuor suo cominciava ad avere dubbi sull'argomento. "Conosco Bianca. Lei vuole solo essere libera e poter mostrare la sua anima fanciullesca a chiunque. Non le serve altro."
"La conoscete sicuramente meglio di chiunque altro, Leone." Rispose Rodolfo. "Sarà sicuramente come dite!"
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