V

12.06.1301, ore 07:20

"Leone è qui?"

Rodolfo si era svegliato da poco.

Giovanna gli aveva rivelato del ritorno del cavaliere. La donna era affacciata alla finestra, aveva lo sguardo basso, era triste, si sentiva in colpa per le sue gesta.

"Fulvio!"

L'urlo colmo di rabbia emesso da Leone, appena arrivato alle porte del castello, si udì indistintamente in tutto l'edificio, costringendo Rodolfo ad alzarsi dal letto e raggiungere la finestra che dava sull'ingresso.

"Cosa sta succedendo?" chiese, volendo capire la situazione.

Giovanna, al suo fianco, restò in silenzio, immobile. Vederla così cupa e silenziosa non piaceva all'uomo, e gli piaceva ancor meno il pensiero che si stava insinuando nella sua mente.

Negli ultimi tempi la donna si era comportata in modo diverso, come una bambina alla quale avevano tolto il suo giocattolo preferito.

Era diventata colma di rabbia, risentimento.

Non era affatto la donna che aveva sposato e che conosceva da anni.

"Giovanna, cosa sta succedendo?" chiese ancora, nella speranza di invalidare i dubbi che lo stavano opprimendo.

La donna scoppiò in lacrime, si buttò tra le braccia del suo sposo e nascose il viso nel suo petto, mentre le mani tiravano i lembi della camicia che esso indossava.

Rodolfo, incapace di vedere la moglie in tale stato, le cinse i fianchi con le mani nella speranza di calmarla.

"La ucciderà." Riuscì a balbettare tra le lacrime.

Alzò il viso e lo guardò per un istante.

Gli occhi erano colmi di lacrime non ancora versate, le guance arrossate per lo sforzo, le labbra rosse, bagnati dalle stesse lacrime che lasciavano gli occhi.

"La ucciderà a causa mia."

Il senso di colpa era troppo forte. Sapeva bene di essersi comportata in modo immaturo e lo aveva capito troppo tardi.

"Chi ucciderà chi?" chiese.

La donna si limitò a scuotere la testa e nascondere nuovamente il viso nel suo petto, stringendosi sempre di più a lui.

"Giovanna, per l'amor di Dio, rispondi!"

"Leone." Rispose singhiozzando. "Leone ucciderà Bianca!"

Rodolfo raggelò.

"Cosa? Perché? E perché mai sarebbe a causa tua?" chiese confuso dalle precedenti parole della moglie.

Nel tentativo di calmarla, le prese le mani nelle sue e andarono a sedersi ai piedi del letto. Le asciugò le lacrime ed aspettò in silenzio che la donna fosse abbastanza calma per parlare.

"Ti arrabbierai con me adesso, ma devo raccontarti ciò che è accaduto, altrimenti non riuscirò più ad avere sonni tranquilli."

L'uomo annuì.

Giovanna era terrorizzata da ciò che sarebbe accaduto dopo la sua confessione. Non era da lei commettere tali gesta e di certo il marito non sarebbe stato orgoglioso.

"Dama Bianca ha commesso adulterio." Mormorò cauta.

"Non mi sorprende affatto." replicò l'uomo.

Dal primo sguardo che aveva rivolto alla coppia, esso aveva immaginato che ciò sarebbe potuto accadere. Inoltre, la conversazione avuta con Leone mesi prima, confermava l'infelicità della donna e la voglia di evadere da quel finto matrimonio.

"Non è come credi. È innamorata, l'ho potuto vedere con i miei occhi. Il modo in cui guardava quell'uomo sprigionava amore. Non era uno sguardo di lussuria o provocazione. Era lo stesso sguardo che rivolgesti tu a me il giorno del nostro matrimonio."

"Capisco." Mormorò. "Non ha potuto resistere al richiamo dell'amore. D'altronde, chi può farlo."

Giovanna annuì.

Non era semplice per lei continuare a parlare.

Non era semplice raccontare all'uomo che amava le cattiverie che aveva commesso.

"Continua. Cosa c'entri tu in questa storia?" chiese ancora l'uomo, dopo aver aspettato invano delle spiegazioni. Giovanna sospirò.

"Ho scoperto Bianca a commettere adulterio dopo l'accaduto della festa. Ero così infuriata con lei per aver provocato in tale maniera Fulvio, che non ho pensato alle mie azioni ed ho agito d'impulso."

"Cos'hai fatto, Giovanna?" chiese serio, allontanandosi leggermente dalla donna.

Che il gesto di Bianca avesse indispettito Giovanna non era una novità, ma mai avrebbe pensato che avesse potuto avere reazioni sconsiderate nei confronti della donna.

"Ho scritto una lettera a Leone dove gli raccontavo tutto." Confessò velocemente, tenendo li occhi chiusi, incapace di guardarlo in viso.

"Tu... Tutto?" chiese in un sussurro.

Lei annuì.

Fu in quell'istante che i precedenti dubbi di Rodolfo ebbero conferma.

Si alzò di scatto, infuriato come non mai.

"Ti rendi conto di ciò che hai fatto?" le chiese urlando.

Anche Giovanna si alzò e provò a raggiungerlo, ad afferrare la camicia con le mani, senza però riuscirci.

Ogni passo in avanti della donna corrispondeva ad un passo indietro dell'uomo.

"Ho sbagliato, adesso lo so. Però, Rodolfo, ti prego, prova a capire i miei sentimenti in quel momento." Tentò inutilmente.

"Non c'è nulla da capire!" urlò ancora l'uomo, scrollandosi di dosso le mani della donna che l'avevano finalmente raggiunto.

"T'ho ripetuto diverse volte che non eran affar tuoi. T'ho detto di restare fuori dalle questioni amorose altrui. T'ho detto che si sarebbe risolto tutto e che tu non dovevi interferire in alcun modo!" le ricordò.

"Mi spiace. Mi spiace davvero." pianse ancora lei.

La rabbia di Rodolfo si mostro sottoforma di un ringhio. Passò le mani sul viso e chiuse per un istante gli occhi.

Non riusciva a guardarla dopo ciò che aveva udito.

"Ti spiace? Guarda cos'hai fatto! Leone non solo pretenderà la testa di Bianca e del suo amante, ma ucciderà anche Fulvio per non avergli riferito le gesta della moglie. E, in caso dovesse decidere di non ucciderlo, il padre di Eustasia scoprirà l'accaduto e deciderà di non dare il permesso ai due di sposarsi. Hai rovinato la vita di cinque persone, se non di più." Ringhiò frustrato. "Tutto per la tua stupidità e per il tuo ego ferito."

"Mi spiace." Pianse lei, incapace di aggiungere altro e consapevole delle sue colpe.

"Le lacrime non salveranno nessuno." Mormorò arrabbiato.

Si allontanò ancor di più da lei, la quale non demordeva e cercava in ogni modo di sfiorare il corpo del suo amato, bisognosa di essere perdonata, spaventata dall'idea di averlo deluso come non mai.

Quando le mani della donna raggiunsero ancora una volta il colletto della camicia, lui le strattonò via e, con un lungo passo si allontanò il più possibile.

Il viso era così corrucciato che faceva paura.

"Giovanna, sto facendo appello a tutto il mio amore per te, per non colpirti in questo istante. Non tirare toppo la corda. Stammi lontano!" sibilò.

Mai aveva avuto l'impulso di colpire una donna come in quell'istante.

Giovanna, capendo la situazione, si allontanò, annuì ed abbassò lo sguardo.

Non avrebbe più compiuto gesta simili, non si sarebbe più comportata da immatura come aveva fatto in quella situazione.

Avrebbe dovuto sudare e lavorare sodo per ottenere il perdono di Rodolfo, lo sapeva bene e sapeva altrettanto bene che Bianca non l'avrebbe mai perdonata.

"Vediamo se posso risolvere questa situazione ed aiutare perlomeno Fulvio." Mormorò Rodolfo, avvicinandosi alla porta per uscire dalla stanza.

Giovanna si avviò dietro di lui, ma fu costretta a fermarsi quando anche lui si fermò di scatto e si voltò verso di lei.

"No!" sibilò bloccandola.

"Tu resti qui. Non muoverti. Hai già fatto fin troppo!"

Nel frattempo, all'ingresso del castello, Leone venne raggiunto da Fulvio, il quale era all'oscuro di tutto l'accaduto.

"Fulvio!" urlò ancora una volta Leone, infuriato.

Fulvio andò da lui, incurante del pericolo.

Quando fu abbastanza vicino, Leone scese da cavallo e si avventò su di lui, spingendolo contro il muro. Tanto violento fu il colpo che la schiena del povero Fulvio venne inondata di calore emanato la sangue, fuoriuscito a causa del graffiare contro le pietre grezze e spigolose della parete.

"Leone..." sussurrò con un filo di voce, mentre le mani andavano ad afferrare quelle dell'altro uomo, che stringevano intorno al suo collo.

Terrore e preoccupazioni colmarono la mente di Fulvio. Non fu difficile per lui capire il motivo di tale rabbia.

Era la rabbia di un uomo spinto dalla gelosia, il motivo non poteva essere altro che l'accaduto alla festa.

"Ti uccido!" gli urlò contro. "Io ti uccido!"

Le mani stringevano sempre di più quel collo, lasciando Fulvio a boccheggiare alla ricerca di aria da far arrivare ai polmoni.

"Calmatevi, vi prego." Riuscì a sussurrare a malapena il povero Fulvio.

"O mio Dio. Leone, fermatevi!" urlò disperata Eustasia, arrivata in quell'istante.

Le urla di Leone l'avevano destata dal sonno e l'udire del nome del suo amato l'aveva fatta precipitare all'ingresso ancora vestita con la sola vestaglia da notte.

La visione di quella scena le riempì cuore e mente di ansia e paura.

"Come hai osato farmi tale affronto?" urlò ancora Leone, mentre sollevava con facilità il corpo di Fulvio, facendogli staccare i piedi dal terreno.

Il viso diventava sempre più pallido, le labbra iniziavano ad avere un colore violaceo e la vista cominciava ad appannarsi.

Il povero Fulvio, già debole di natura, sentì che le forze lo stavano abbandonando.

"Leone!" urlò Eustasia avvicinandosi.

Non appena la donna posò la mano sulla spalla di Leone, egli la spinse via, facendola cadere rovinosamente a terra. Un leggero sibilo di dolore uscì dalle labbra della donna, la quale però non perse tempo e si rialzò all'istante.

Fulvio, che aveva visto la scena si fece forza per aiutare la sua amata e, facendo perno con le sue mani su quelle dell'altro uomo, riuscì ad alzarsi leggermente ed ottenere un po' d'aria.

"Vi prego, possiamo parlarne da persone civili." Mormorò piano. "Non c'è bisogno di aggredirmi in tal modo!" tentò, dimenandosi leggermente.

"Non c'è bisogno?" gli urlò contro l'altro. "Io ti uccido!" ripeté per l'ennesima volta. "Ti uccido, hai capito?"

"Leone!"

La voce roca, e alta di Rodolfo arrivò alle orecchie dei tre prima ancora di poter vedere la sua figura.

Appena uscito dal castello non poté non notare la folla di nobili e plebe che si era creata.

Sospirò.

"Credo che la vostra scenata abbia già attirato troppo l'attenzione. Datevi una calmata!" ordinò avvicinandosi ancora.

Leone ringhiò guardandolo di sbieco.

"State zitto voi, altrimenti finirete in una fossa comune assieme a questo ingrato!"

Rodolfo rise amaramente.

Un uomo come Leone non avrebbe mai accettato una situazione del genere. Era troppo orgoglioso, troppo legato agli stereotipi, troppo immerso in quella stupida società che vede l'uomo come essere superiore alla donna, per capire che stava commettendo un errore colossale.

"Ne siete sicuro?" chiese.

Leone si voltò di scatto nella sua direzione, nell'udire una voce tanto ferma quanto severa.

Poche erano state le volte in cui aveva avuto paura dopo aver solo udito una misera frase.

Quell'uomo, Rodolfo, era certamente più forte e severo di quanto mostrasse.

Rovistò nella tasca dei suoi pantaloni, ignorando lo sguardo tetro e fisso di Leone. Prese un guanto che portava sempre con sé e lo lanciò ai piedi dell'altro uomo.

"Se volete farmi finire in una fossa comuna, dovrete sfidarmi a duello!" lo sfidò. "Vi avverto, sono bravo con la spada!"

Leone guardò il guanto, ma non lo raccolse, poiché non aveva alcuna intenzione di accettare quella sfida.

Restò in silenzio e lo lasciò continuare.

"Se sarete voi a vincere, potrete uccidere me e Fulvio. Altrimenti sarò io ad uccidere voi."

Gli spiegò le regole di quella sfida, restando però fermo al suo posto.

Non aveva realmente intenzione di combattere, anzi, voleva calmarlo e liberare il suo povero amico da quella morsa che sembrava mortale.

"In entrambi i casi scoppierà una guerra tra il regno di Sicilia ed il regno Inglese che non avrà fine prima di dieci anni. Chi tra noi resterà in vita sarà condannato a combattere fino all'esaurimento delle forze e fino alla morte. Con noi moriranno amici, famigliari, donne, bambini, animali. Sarà una strage."

Tentò la via della compassione.

Benché spinto da orgoglio e gelosia, Leone era pur sempre un cavaliere reale ed aveva dei principi morali.

O almeno questo era ciò che Rodolfo sperava.

"Il tutto a causa della vostra incapacità di affrontare civilmente una conversazione e della vostra mania di apparire come un bruto arrogante."

Leone ringhiò frustrato.

Rodolfo aveva capito come prevalere su di lui.

Lasciò andare Fulvio, il quale cadde a terra boccheggiante e guardò ancora una volta il guanto.

"Non ho tempo da perdere con le vostre idiozie." Disse, senza abbandonare il suo orgoglio.

Lo sguardo tetro si spostò poi su Rodolfo, mentre Eustasia correva verso Fulvio per prendersi cura di lui.

"Lei dov'è?"

"Dovrete essere più specifico di così, Leone, o non avrete alcuna risposta." Rispose sarcasticamente.

Capendo che non avrebbe ottenuto alcuna informazione, si avviò all'interno del castello, colpendo la spalla di Rodolfo con la propria, nel tentativo di incutergli un po' di timore. Cosa che ovviamente non accadde.

"State bene, amico mio?" chiese Rodolfo, raggiungendo Fulvio ed Eustasia.

L'uomo, benché ancora scosso, annuì.

"Si, vi ringrazio."

"Voi siete ferita, donna Eustasia?" chiese ancora.

Lei scosse la testa ed un sospiro di sollievo lasciò le labbra di Rodolfo.

Aiutò l'amico a rialzarsi e tutti e tre guardarono verso l'ingresso del castello, quando un urlo si propagò in tutta la zona.

"Dov'è quella donnaccia di mia moglie?" 

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