V

14.01.1285, ore 10:24

Domenico era cresciuto con loro e con il tempo si era abituato a quella vita.

Man mano che cresceva, raccontava tutto ciò che sapeva alle donne, nascondendo sempre la questione del padre, per mantenere la promessa fatta alla madre.

Quel giorno nevicava. Domenico era appena rientrato con delle erbe curative che gli aveva chiesto di raccogliere Adelaide.

Trista e Madelaine erano malate. Avevano la febbre. Erano ormai anziane.

Il ragazzo lasciò le erbe alla donna, la quale le utilizzò per degli unguenti e delle tisane curative e si diresse nella stanza da letto, dov'erano le altre due sdraiate su letti bassi, fatti di paglia e rivestiti con lenzuola sottili e bianche. Non erano il massimo del comfort, per questo motivo cercava di aiutarle in ogni modo a sentirsi meglio. Aggiustò il cuscino ad entrambe e si sedette su uno sgabello al centro dei letti.

"Domenico." Lo chiamò Madelaine, sdraiata sul letto alla sua destra. "C'è una cosa che devo confessare prima di morire."

"Non sforzatevi, Madelaine." Rispose lui, posando una mano sul letto della donna.

Lei gli afferrò il polso. Era così debole che il tocco sembrò un leggero sfioramento.

"Si tratta di tua madre." Sussurrò e le scese una lacrima. "Io... Io..." venne bloccata da un colpo di tosse.

Domenico si alzò e l'aiutò ad alzare leggermente la schiena, per evitare che soffocasse. La adagiò successivamente sul cuscino e le accarezzò dolcemente il viso, spostando quei lunghi capelli divenuti ormai bianchi.

"Madelaine, lo so." Disse dolcemente. "Voi e le vostre sorelle mi avete insegnato molto in questi anni. Non è stato difficile ricordare ciò che accadde quel giorno e ragionare sulle vostre parole." Le accarezzò il dorso della mano. "Mia madre è morta, ne sono cosciente, ma sono stato ugualmente fortunato nella vita." Le sorrise. "Sono stato cresciuto da tre madri dolci e premurose e non smetterò mai di ringraziarvi per ciò che avete fatto per me."

"Io ti ho mentito, Domenico." Sussurrò Madelaine.

"Tutte noi l'abbiamo fatto." Mormorò Trista.

"Cos'altro avreste potuto fare?" chiese dolcemente, spostando lo sguardo tra entrambe. "Ero un bambino impaurito, avete fatto ciò che ritenevate giusto."

Si sedette nuovamente sullo sgabello prese le mani di entrambe.

"Mi avete dato speranza, mi avete donato cibo, una casa confortevole e tutto il vostro amore. Non v'è nulla che dobbiate rimproverarvi."

"Grazie Domenico, grazie." Sussurrarono entrambe.

Morirono pochi minuti dopo, con un dolce sorriso sul volto. A lui scesero le lacrime e Adelaide, che aveva appena raggiunto la stanza con lo scopo di aiutare le sorelle, capì immediatamente che non v'era più nulla da fare.

Abbracciò Domenico, ancora in lacrime, e lo strinse a sé, cercando di non infierire con la sua tristezza. Cercò di non piangere, ma quelle due donne erano le sue sorelle, la sua vita, e non vi riuscì.

Una settimana dopo Adelaide si ammalò di crepacuore.

Il dolore della perdita di entrambe le sorelle risultò essere troppo forte, troppo intenso e non riuscì più ad essere sé stessa. Quel giorno si trovava sul letto dov'era morta sua sorella Trista.

Fu una sua scelta: ella diceva sempre che Trista, tra le tre sorelle era quella più buona, più innocente e più timida. Era colei che aveva sempre avuto bisogno di sostegno, forse anche perché ella era l'ultima nata tra le tre.

Madelaine e Adelaide si erano sempre prese cura di lei e Trista, nel suo piccolo aiutava loro.

Il rapporto tra quelle tre sorelle non era mai stato scalfito, neppure quando furono cacciate da un villaggio a causa di Madelaine, la quale rivelò di essere la seconda di tre gemelle.

Questa confessione le fece additare come Dìsir, per via del loro aspetto identico e dei loro capelli arancioni e gli occhi verdi. Vennero considerate portatrici di morte e condannate alla forca.

Grazie al loro legame riuscirono a fuggire e si rintanarono nei boschi più folti. Non provarono più a tornare nei villaggi. Impararono da subito a cavarsela da sole, a cacciare cibo e medicare le ferite. Erano donne, cuoche, sarte, e molto altro. Avevano imparato tutto da sole.

Domenico era seduto sul letto al fianco di Adelaide.

Non provava neanche a curarla, poiché non v'era una cura per quel genere di malattia.

Ella si stava lasciando andare.

Voleva morire e lui l'assecondò, sapendo che purtroppo nulla le avrebbe restituito il sorriso e la voglia di vivere, neppure il suo amore.

"Ascoltami attentamente." Sussurrò la donna, accarezzando il viso del giovane.

Domenico, con gli occhi colmi di lacrime, non rispose, si limitò ad osservarla.

"Non seguire la via della vendetta, Domenico. Ella ti divorerà dall'interno come un verme in una mela e sai cosa resterà alla fine di te?"

Scosse il capo.

"Così come la mela, di te non resterà altro che un involucro. Un corpo all'apparenza perfetto, ma colmo di marciume e pessimo sapore."

Prese la mano del ragazzo ed accarezzò il dorso.

"Tesoro mio, ricorda che nessuno è immortale. I buoni, come i cattivi. Gli onesti, come i disonesti. I poveri come i nobili. Tutti noi, nessun escluso, moriremo."

Ella tossì.

Una lacrima solcò il volto del ragazzo.

"Chi ti ha fatto del male la pagherà cara, ma non dovrai esser tu l'artefice dei suoi mali. Non dovrai diventare come loro. Ci penseranno da soli a ferirsi. A distruggersi. Perché, mio caro Domenico, chi fa del male agli altri, un giorno lo farà anche a sé stesso e non se ne renderà conto finché sarà troppo tardi. A quel punto perirà colmo di dolore con un unico pensiero nella mente. Sai quale?"

Scosse di nuovo il capo.

"Me lo merito."

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