IX

24.04.1301, ore 14:00

"Fulvio." Eustasia entrò timorosa nelle stanze dell'uomo. Lui l'aveva mandata a chiamare pochi minuti prima. Non era mai capitata una cosa simile e lei non sapeva cosa aspettarsi. Credeva di aver fatto qualcosa di sbagliato, di averlo ferito o deluso in qualche modo. Era rimasta ospite del castello per anni e temeva che fosse arrivato il momento in di andar via. Non sapeva cosa aspettarsi tant'erano le opzioni a cui aveva pensato. Così: "Volevate parlarmi?" chiese, restando ferma sulla soglia della porta.

"Si." Disse l'uomo. "Accomodatevi, vi prego." La invitò, aggiungendo un gesto della mano per accompagnare la frase. Spostò una delle sedie e la fece accomodare. Girò intorno al tavolo, lasciò i documenti che aveva tra le mani e andò poi a sedersi al suo fianco.

"Ho fatto qualcosa che vi ha urtato? Sembrate arrabbiato." Chiese preoccupata, seguendo i suoi pensieri. L'espressione dell'uomo era seria, quasi contrariata. Le sopracciglia corrugate, le labbra serrate; sembrava essere nervoso, arrabbiato, forse quasi furioso.

"No, no. Non è rabbia la mia, ma nervosismo." Si sbrigò a spiegare, dopo aver notato la preoccupazione della donna. Sperò in qualche modo di poter alleggerire l'atmosfera con quelle parole, senza però riuscirci. Non sapeva come affrontare l'argomento.

"Cosa vi turba?"

"Voi." Disse onestamente. Quasi la sussurrò quella parola che sfuggì alle sue labbra prima che potesse rendersene conto. Quando capì di non aver fatto altro che aumentare le preoccupazioni, si sbrigò a scusarsi. "Oh, no. Non vi preoccupate. Scusate, mi sono espresso male."

"Mi preoccupate, invece, Fulvio. Spiegatemi, vi prego. Cosa succede?" chiese lei, sempre più preoccupata e tesa. Fulvio non era bravo con le donne. Lo sapeva lui e lo sapevano loro. Si imbarazzava, diventava impacciato e confusionario, tanto che esse spesso scappavano. Non era però il caso di Eustasia, la quale era così innamorata da dipingere l'uomo come un angelo sceso in terra.

"Mi sono arrivate voci riguardo voi." Disse piano. Lei cominciò a giocherellare con le proprie mani udendo quella frase. Non ricordava di aver fatto o detto nulla di sbagliato e di certo nulla contro di lui. "O forse dovrei dire riguardo i vostri sentimenti nei miei confronti." Aggiunse poi. Per un istante, tutte le preoccupazioni di Eustasia svanirono, per poi farne posto ad altre.

"Oh, è di questo che si tratta." Mormorò tesa e imbarazzata. Non aveva idea di come affrontare quella situazione. Aveva tentato in ogni modo di non mostrare i propri sentimenti, ma alla fine la verità era stata scoperta, come d'altronde accade sempre. "Mi spiace, non avreste dovuto scoprirlo. So di essere solo un'ingenua a pensare determinate cose sulla vostra persona, ma non credo di poter combattere contro il mio cuore."

"Ma io non voglio che lo facciate." Disse gentilmente lui, esponendo i suoi pensieri. Lei divenne confusa nell'udire tali inaspettate parole.

"Come sarebbe non volete? Ma io sono più anziana di voi e credo inoltre che meritiate una donna più bella, migliore."

"Sapete," sussurrò lui, prendendo una delle mani di Eustasia nelle sue. Lo fece un po' perché quel gesto gli sembrava essere appropriato in quel momento, un po' per evitare ch'ella si facesse del male e se avesse continuato a torturare quelle povere dita in quel modo, elle avrebbero sicuramente riportato delle ferite in seguito.

"Una volta mio padre mi disse una cosa che non dimenticherò mai." Sussurrò. La guardò in viso e sorrise dolcemente, mentre la presa sulla sua mano diventava leggermente più forte. Le sfiorò il dorso della mano con il pollice e quel sol gesto mandò brividi in tutto il corpo della donna.

"L'amore, quello vero, è come un infortunio: non si può scegliere quando accadrà, come accadrà o se accadrà. Bisogna non pensarci per scoprirlo."

"Vostro padre era un uomo saggio." Lei sorrise. Ne capì il senso, capì perché Fulvio aveva scelto proprio quella frase.

"Lo era senz'altro." Mormorò l'uomo, perdendosi per un istante nei suoi ricordi di suo padre. "Eustasia. Voglio che mi ascoltiate attentamente adesso." Ordinò poi, tornando serio. Lei annuì e gli lasciò modo di esporre la sua proposta.

"Non posso certamente dire di ricambiare i vostri sentimenti, ma vorrei provare ad osservarvi e conoscervi come non ho mai fatto fino ad ora."

"Volete corteggiarmi, Fulvio?" chiese lei. Capì perfettamente le intenzioni dell'uomo, ma aveva bisogno di un ulteriore conferma, di una risposta diretta, per evitare di essere offuscata dai suoi sentimenti. Fulvio non rispose, o almeno non lo fece con parole. Si alzò e si avvicinò a lei. Con la mano libera le sfiorò i capelli, poi il viso, le labbra, per fermarsi sul suo collo. Fu un istante, un singolo breve istante in cui le loro labbra si unirono in un bacio casto. Quando l'uomo si allontanò, gli occhi di Eustasia erano ancora chiusi, le labbra umide socchiuse e le gote arrossate. Era felice. Imbarazzata, presa alla sprovvista, sorpresa, ma felice.

"Vi chiedo però una cortesia." Sussurrò con voce ancora più bassa del solito. Lei aprì gli occhi, rivelandoli lucidi e colmi di ogni genere di emozione. Sembrava stesse quasi per piangere.

"Qualunque cosa vogliate."

"Tacete sull'argomento. Per il momento la cosa migliore sarebbe non divulgare la notizia. Vostro padre è un buon alleato da diversi anni e non sono sicuro di quale reazione potrebbe avere nello scoprire una relazione intima tra noi due."

"Lo capisco. Non ne farò parola con alcuno." confermò. Lui le sorrise e ricominciò ad accarezzarle la mano.

"Neanche con la vostra amica Giovanna, cortesemente."

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