IV

17.10.1301, ore 19:00

Nella cella in cui si trovava Bianca v'era puzza di muffa, faceva freddo ed il cemento era duro e scomodo.

V'erano degli orari precisi in cui portavano loro da mangiare e venivano portate fuori per espellere i loro bisogni.

Venivano visitate regolarmente per accertarsi che nessuna avesse malattie contagiose e facesse perdere denaro ai loro venditori.

Erano state private dei vestiti e venivano lavate ogni giorno. A differenza degli uomini, elle dovevano avere un bell'aspetto per poter essere vendute, altrimenti nessuno le avrebbe mai comprate.

Veniva tolto loro ogni oggetto in grado di procurare ferite, per evitare dei suicidi.

Eppure, durante quei giorni, furono due le donne che si tolsero la vita.

Una di loro si strappò la lingua a morsi, morendo dissanguata.

Un'altra infilò la testa tra le sbarre della cella, appena prima che la porta venisse chiusa, morendo così decapitata.

Quelle due scene così cruente fecero capire a Bianca quanto disperata fosse la situazione in cui si trovava e il suo umore pessimo lasciò il posto ad un senso di inquietudine terrificante.

Si ammutolì e restò seduta in un angolo della cella senza rivolere parola a nessuna delle altre.

Restò lì, rannicchiata, con le ginocchia al petto e la testa poggiata su di esse, ad aspettare il momento della sua morte.

Una donna dalla pelle scura, i capelli lunghi, neri e gli occhi marroni le si avvicinò quel giorno.

Avevano condiviso la cella per sette giorni, eppure non aveva mai fatto un passo verso di lei.

Né lei, né nessun'altra.

"Siete una nobildonna?" le chiese sottovoce, sedendosi al suo fianco.

Bianca non si scompose e non alzò neppure il capo.

"Non sono nessuno." Borbottò sottovoce.

"Sembra che abbiate sofferto molto." Sussurrò la donna e le sfiorò leggermente la spalla con due dita.

Dopo quel gesto, Bianca saltò come scottata e si allontanò da lei, rannicchiandosi più vicina alla parete di cemento.

"Non toccarmi!" urlò.

Era spaventata, nervosa, triste e non riusciva più a capire cosa faceva o cosa diceva.

Non era più in sé e non se ne rendeva conto.

Se ne accorse, però, l'altra donna, che non si arrese e si avvicinò nuovamente a lei.

"Gli occhi che hanno pianto lacrime d'amore si riconoscono." Mormorò la donna. "Avete perso la vostra metà, non è così?" chiese dolcemente.

Fu in quel momento che Bianca la guardò.

Gli occhi della donna erano incredibilmente simili ai suoi. Non per il colore o la forma, ma per la luce: non ne emanavano alcuna.

Quegli occhi erano spenti, vuoti.

Erano gli occhi di chi aveva perso la sua unica ragione di vita.

Erano gli occhi di una donna già morta.

Bianca annuì e non staccò lo sguardo da lei.

"Il mio nome è Constance, sono una serva da quando ne ho memoria." Si presentò.

"Bianca." Sussurrò lei con voce roca.

Si ricompose un istante, prima di ripetere e presentarsi a dovere.

"Io sono Bianca."

"È un piacere conoscervi, Bianca."

"Come... Come hai capito che vengo da una famiglia nobile?" chiese sottovoce.

Era in una cella colma di serve e non era certamente un'azione saggia far saper loro della sua nobiltà.

"Il vostro corpo è diverso dal nostro." Le fece notare.

Bianca provò a replicare, ma venne interrotta dal sorriso della donna.

Le labbra si incarcarono e si formarono delle piccole rughe ai lati di esse, rendendola affascinante.

"Non parlo del colore della pelle. Come potete vedere voi stessa, vi sono schiave di ogni razza, religione e colore."

Si guardò intorno e le sembrò che tutte stessero ascoltando la conversazione.

"Parlo della bellezza della vostra pelle. Essa è liscia, pare quasi finta. La nostra pelle invece è un cumulo di cicatrici e orribili ricordi."

"Mi spiace." Sussurrò abbassando lo sguardo.

La donna ridacchiò, avvicinandosi nuovamente a lei.

"Ho conosciuto molti nobili nella mia vita e posso affermare con certezza che voi fate parte dei nobili di buon cuore." Le confessò.

"Nobili di buon cuore?" chiese, non capendo a cosa si riferisse.

"Coloro che, nonostante il ruolo ricoperto, trattano gli schiavi, se non come loro pari, perlomeno come buoni amici." Spiegò.

Bianca non poté fare a meno di annuire.

Ella era così e ne andava fiera.

Per lei non esistevano servi e padroni.

Non aveva mai visto la servitù come schiavi, ma come persone che spendono il loro tempo per offrire un servizio a chi le paga.

"Nel castello dove ho vissuto recentemente, la mia serva era una delle mie migliori amiche." Rispose, ricordando Antonia. "Spero che stia bene e che si stia godendo la felicità di cui ha diritto." Disse onestamente.

Constance sorrise a quell'affermazione.

"Com'è accaduto?" chiese seria Bianca.

"Cosa?"

"Come hai perso il tuo compagno?"

Il sorriso di Constance si spense.

"Mi ero innamorata del figlio del mio padrone. All'epoca ero molto giovane e la mia pelle era più liscia, morbida e piacevole al tatto. S'innamorò di me anch'esso e decidemmo di fuggire assieme."

Mentre raccontava, una lacrima solcò il suo viso.

"Non ci volle molto prima che suo padre scoprisse della nostra fuga. Sapete, lui era intenzionato a sposarmi e non avrebbe mai accettato il contrario, così si ribellò. Suo padre, vedendo la sua ostilità, gli piantò una spada nel petto, uccidendolo avanti ai miei occhi."

"Mi spiace."

Non c'era altro che Bianca avesse potuto dire.

Non c'era nulla che avesse potuto fare per lei.

"Mi tenne prigioniera per tre anni dopo l'accaduto. Ogni giorno entrava nella cella e mi frustrava fino a far formare una pozza di sangue sotto ai miei piedi. Poi mi faceva curare affinché non morissi e affinché potesse ripetere le stesse azioni il giorno successivo." Confessò ancora.

"Che crudeltà." Commentò Bianca, sentendo brividi di terrore lungo tutto il suo corpo.

"Quello non faceva male. Il dolore nel mio cuore era più profondo di qualsivoglia dolore fisico."

"Come hai fatto a fuggire?" chiese curiosa.

Notò le cicatrici e capì che quell'uomo non l'avrebbe mai lasciata andare via, se non in una cassa da morto.

"Non l'ho mai fatto." Disse, confondendola per un istante. "Non sono fuggita. Per tre anni ho sperato di morire e raggiungere il mio amato nell'aldilà. Ma lui non voleva questo da me, non voleva la mia morte. Questo ricordo è ciò che mi ha aiutato. Poi il cielo mi ha dato un'altra possibilità. Invece della mia morte, v'è stata la morte del mio signore ed io sono stata nuovamente venduta ad un'altra famiglia nobile." Le spiegò.

"Quelli erano nobili di buon cuore, i primi che ho incontrato. Da all'ora sono passati ventisette anni."

Bianca abbassò lo sguardo, incapace di commentare o rispondere in alcun modo.

Constance asciugò le lacrime dai suoi occhi e le posò una mano sul ginocchio.

Quella volta Bianca non si spostò.

"Potrei dirvi che andrà meglio, ma mentirei. Lo ricorderete sempre, in ogni occasione. Vi verrà da piangere, da urlare. Ma avete la possibilità di vivere e dovrete farlo. Non credete che questo sia ciò che anche lui vorrebbe per voi? Non vorrebbe vedervi vivere e sorridere?"

Le vennero in mente le ultime parole di Domenico prima della morte e il fatto che le chiese di sorridere.

Voleva vedere il suo sorriso prima di chiudere gli occhi per sempre.

"Bianca, voi siete giovane, ma c'è una cosa che voglio tramandarvi. È una cosa che ho imparato nel corso degli anni. Ricordate che le persone buone muoiono per prime e forse è per questo che l'umanità regredisce."

"È inconcepibile che loro restino in vita," mormorò Bianca. "Quei deviati che si autoproclamano persone ordinarie."

Calò il silenzio e, per alcune ore nessuno osò emettere alcun suono.

"Adesso saremo vendute." Disse Constance, alzandosi. "Seguite le mie azioni e non vi faranno del male."

Le tese la mano ed aiutò Bianca ad alzarsi.

"Mettetevi in fila, non abbiamo tempo da perdere." Ordinò il responsabile delle celle.

Le aprì tutte e lasciò che le donne si mettessero in fila lungo quel corridoio che separava le oltre venti celle.

"Che succede?" chiese Bianca sottovoce.

Vide alcune persone camminare tra i corridoi e scrutare ogni donna.

"Sono i nobili. Prima dell'asta i nobili entrano per scegliere le schiave che preferiscono, in modo da accaparrarsi il meglio." Le spiegò Constance.

"Non siamo mica oggetti!" borbottò, lamentandosi.

La donna alla sua destra ridacchiò appena.

Per fortuna non fu udita da nessuno, se non da Bianca e dalla donna di fianco.

"È esattamente ciò che siamo per loro." Rispose. "Lo siamo sempre state."

Un uomo basso e tozzo cominciò a scegliere le donne che preferiva.

Non sembrava un uomo affidabile.

Non sembrava un nobile di buon cuore.

Egli era un pascià, lo si poteva intuire chiaramente, ma alle schiave non era dato sapere nulla su chi le acquistava.

"Questa." Disse l'uomo.

Colpiva con bastone ad ogni serva che sceglieva e loro lo seguivano in silenzio, senza obbiettare.

"Questa."

"Questa."

"Questa."

Colpì la ragazza di fianco a Constance. Fece alcuni passi e si fermò proprio dinnanzi a Bianca.

"Cosa ci fa una così bella creatura in mezzo a queste sguattere? Liberatela, la compro!" ordinò.

Bianca, scioccata, guardò Constance che annuì soltanto, facendole capire che avrebbe dovuto seguire gli ordini senza fare o dire nulla.

Bianca si avvicinò all'uomo, così come aveva visto fare dalle altre, ma lui la fermò, afferrandola violentemente da un braccio.

Si sentì disgustata al solo contatto con la sua mano, ma trattenne gli istinti e lo lasciò fare.

"Prendetele dei vestiti." Ordinò.

Una serva ch'era entrata con lui annuì e scomparì poco dopo, uscendo dalla stessa porta da cui era entrata.

"Dopo una bella lavata, tu sarai perfetta per essere mia moglie!" ordinò.

Bianca sgranò gli occhi e deglutì pesantemente.

Non l'avrebbe sposato neanche sotto tortura.

Cercò ancora una volta lo sguardo di Constance, ma non la trovò, poiché un altro nobile l'aveva presa con sé pochi istanti prima. Fu la donna che si trovava alla sua destra nel corridoio che le fece il gesto con le mani di stare in silenzio e, mimando solo con le labbra, le fece sapere che doveva obbedire o sarebbe morta all'istante.

"Una bella moglie da sfoggiare ovunque. Chi avrebbe mai detto che l'avrei trovata in questo bordello di sciacquette." L'uomo rise di gusto, mentre il terrore cresceva nel cuore della povera Bianca. 

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