III
28.03.1300, ore 09:27
"Mi spiace. Mi spiace davvero!"
Leone era poggiato con la schiena al muro e teneva tra le mani una lettera, mentre Bianca, seduta su una poltrona lo osservava in silenzio. Quella mattina lui aveva ricevuto una lettera dalla casata reale dove gli veniva chiesto di rientrare il prima possibile. Alcuni cavalieri erano scomparsi dopo una battuta di caccia e di loro non vi era più alcuna traccia. Leone, essendo il cavaliere più alto in grado e tra i più fidati del Re, aveva il compito di ritrovarli o capire ciò che era loro capitato, per poi riferirlo al sovrano.
"Non preoccuparti." Lo rassicurò Bianca. Si alzò e si avvicinò a lui. "Se la natura della questione non richiede troppo tempo, vorrei chiederti di poter restare a Brienza fino al tuo ritorno. Avevamo pattuito di restare qui per circa due anni. Inoltre mi dispiacerebbe lasciare questo posto."
Leone ci pensò per un istante. Non gli piaceva l'idea di restare lontano da lei. Non per una questione di amore, ma di fiducia. Conosceva Bianca e le sue trovate bizzarre, per questo motivo sapeva di non potersi fidare appieno. Poi però gli venne in mente una soluzione e sorrise alla donna, acconsentendo alla sua richiesta.
"Sarò via per pochi mesi. Se il tuo desiderio è quello di restare, allora non posso far altro che acconsentire. Spero che tu non mi faccia pentire di questa scelta."
Bianca strillò di gioia e si lanciò sul marito, abbracciandolo come mai aveva fatto prima. Leone, un po' sorpreso inizialmente, si lasciò poi andare e la strinse a sé per qualche minuto.
Dopo aver dettato alla donna alcune regole da seguire, quali: non recare disturbo con eccessiva allegria, non mostrare le gambe o il corpo ad alcuno, non avvicinarsi agli uomini e non litigare con nessuno; si diresse da Fulvio, il quale era ciò che lui aveva definito "la soluzione".
"Amico mio, posso chiedervi un favore?" chiese, dopo averlo salutato. L'uomo annuì all'istante senza pensarci.
"Certo. In cosa posso esservi utile?"
"Temo di dover partire questa sera stessa. Ho appena ricevuto una lettera dal Re in cui mi informava di alcuni problemi che dovrò risolvere." Spiegò. Fulvio si rattristò alla notizia. Aveva finalmente trovato un amico e non aveva alcuna intenzione di perderlo. "Non preoccupatevi, tornerò." Si sbrigò a tranquillizzarlo, dopo aver notto il cambio di umore. A quel punto Fulvio sospirò di sollievo.
"Cosa posso fare per voi? Avete parlato di un favore."
"Si." Rispose Leone. "Mi fido ciecamente di voi. Avete un animo nobile ed un valore etico degno di un cavaliere." Lo lusingò, pensando davvero quelle parole. Fulvio si era rivelato ai suoi occhi migliore di molti nobili.
"Vi ringrazio."
"Ed è per questo che non posso pensare ad altro uomo in grado di aiutarmi. Durante il periodo della mia assenza, mia moglie continuerà a soggiornare qui. Vi sarei molto grado se riusciste a tenerla d'occhio e impedirle di essere adultera."
Era una richiesta non semplice per Fulvio. Lui, che aveva desiderato il corpo di Bianca più di una volta, si ritrovava adesso a dover evitare che la donna commettesse adulterio. Di certo, però, non poteva dar a vedere questi suoi pensieri e si limitò ad accettare.
Nel frattempo, Bianca canticchiava nelle sue stanze, mentre Antonia preparava i bagagli di Leone. Si fermò per un istante ed osservò la sua padrona. Ridacchiò nel sentirla canticchiare in maniera così poco intonata.
"Sembrate felice, signora." Azzardò. Erano poche le volte che parlava, temeva sempre di essere rimproverata o mandata alla gogna per aver mancato di rispetto. Questo Bianca non l'avrebbe mai fatto, non era nella sua indole, ma di certo Antonia non poteva saperlo.
"Oh, lo sono, tesoro." Ridacchiò, sedendosi poi di fianco alla valigia del marito, ormai quasi pronta. "Appena lui andrà via, io sarò libera." Ammise.
"Libera?" chiese la serva, non capendo.
"Potrò essere me stessa, liberarmi di questi limiti che mi impone e finalmente sentirmi leggiadra come una farfalla." Spiegò, prima di scoppiare a ridere sonoramente, contagiando anche la serva.
Qualche minuto dopo, un leggero bussare alla porta interruppe le donne. Bianca, sdraiata sul letto, non si scompose neanche.
"Avanti." Disse con calma. La porta si aprì lentamente e la figura di Giovanna cominciò a fare capolino nella stanza. Bianca alzò il busto. Non avrebbe mai immaginato di vederla lì, con il capo chino e un'aura di vergogna tutt'intorno.
"Scusate per il disturbo. Ci sarebbe una questione di cui vorrei discutere con voi, dama Bianca." Sussurrò appena. Bianca capì immediatamente di cosa si trattava, ma la invitò comunque ad accomodarsi e parlare. Le piacevano questo genere di situazioni. Le piaceva ascoltare le scuse delle persone che avevano commesso un errore e lo capivano solo dopo aver fatto di tutto per ferire gli altri. Le trovava così insulse che quasi la divertivano.
"Volevo scusarmi con voi per il mio comportamento bambinesco. Ho agito d'impulso e non ho pensato a quanto potessi ferivi."
"Nessun problema." Disse all'istante. Non aveva nulla da perdonarle, poiché per Bianca nulla era accaduto. Non considerava Giovanna una sua amica, non l'aveva mai considerata tale e, per questo, il suo atteggiamento non l'aveva neanche scalfita.
"Come sarebbe nessun problema?" chiese sconvolta. "Vi ho allontanata come la peste, vi ho trattata male ed ho parlato male di voi alle vostre spalle. E voi dite che non c'è problema?"
Bianca rise.
"Ascoltate. Non sono una donna che porta rancore." Le disse con la sua solita dolcezza, prendendole la mano.
"La vita, amica mia, è solo una ed è troppo breve per perdere tempo con rabbia e rancore. Questo genere di cose si nutrono della nostra energia, della nostra vitalità, dei nostri sorrisi, della nostra felicità. Ed io amo troppo sorridere. Non permetterò a stupide emozioni negative di portarmelo via."
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