9. In mare aperto (I)
16.08.1301, ore 15:50
Dopo l'arrivo ad Amantea, Bianca e i briganti rimasero nascosti per tre giorni.
Vito ed Andrea si assicurarono di non essere seguiti da Leone e controllarono diverse volte di aver cancellato tutte le tracce. Gli altri, nel frattempo, osservarono il luogo e gli abitanti alla ricerca di qualcuno da derubare.
Non fu difficile per i briganti individuare la loro vittima. Bianca, la quale era rimasta all'oscuro di tutto fina a quel momento, si ritrovò nascosta tra gli alberi con Miguel che le spiegava l'intera situazione e ciò che avrebbe dovuto fare.
"Va bene. Ho capito." Sussurrò Bianca, dopo aver ascoltato attentamente le parole dell'uomo.
"La nostra vittima è quella donna con l'abito rosso. Luca e Diego l'hanno osservata attentamente negli scorsi tre giorni. Sappiamo dove dimora ed abbiamo ragione di credere che sia figlia di una contessa." Spiegò Miguel, indicando con un cenno del capo il soggetto del suo discorso.
Bianca seguì lo sguardo e notò la donna. Ella era seduta su una panchina di marmo e sembrava osservare il passeggio di nobiluomini e nobildonne difronte a lei.
"Potresti cortesemente evitare di chiamarle vittime? Mi sento in colpa al solo udire tale frase." Chiese, voltandosi verso Miguel.
"Bianca, non siate sciocca. È esattamente ciò che sono: vittime. Qui non si tratta più di vivere pacificamente come facevate prima. Qui, adesso, si tratta di sopravvivere." Le spiegò. "Non riuscirete a sopravvivere nel nostro mondo senza imbrogliare qualcuno."
"Non lo metto in dubbio, Miguel. Credo solo sia inappropriato chiamare le persone in quel modo." Tentò ancora, ingenuamente.
"Come dovremmo chiamarle allora?"
"Non so. Prede, forse? Sembra meno meschino."
"Prede?" rispose ridendo. "Non siamo cacciatori, siamo ladri."
"È inutile parlare con te. Sei un bruto con pessimi atteggiamenti." Brontolò la donna con fare fanciullesco. Quell'atteggiamento così ingenuo fece sorridere l'uomo.
"Forse. Però infondo vi piaccio e sapete che ho sempre ragione." Replicò.
"Anche arrogante."
Fu in quell'istante che i due capirono che il loro legame si era finalmente solidificato.
Non v'era più la paura di un tradimento e la repulsione di Miguel nei confronti dei nobili. Aveva capito che, nonostante le sue origini, Bianca era esattamente come loro.
"Andate. Fate attenzione." Le disse, premuroso.
Lei annuì e Miguel si avviò verso la sua meta, ovvero il punto d'incontro con gli altri briganti.
"Miguel?" lo richiamò la donna dopo qualche istante.
Lui si fermò e si voltò, incitandola a parlare con un cenno del capo.
"Hai ragione. Mi piaci più della maggior parte dei nobili che ho conosciuto." Confessò. "Fai attenzione anche tu."
Dopo aver lasciato andare Miguel, Bianca si avviò per compiere la sua missione.
Si avvicinò lentamente alla sua preda, cercando il coraggio di agire e sperando di non commettere alcun errore. La osservò attentamente, cercando di capire come agire a seconda dell'atteggiamento ch'ella aveva.
Era senz'altro una bella donna di mezz'età, con lunghi capelli biondi e bianchi, e indossava un vestito elegante rosso scarlatto. Tra le mani aveva un ombrello nero con bordi di pizzo bianchi, che le copriva il capo, proteggendola dai raggi del sole.
Aveva lo sguardo perso nei passanti. Probabilmente era sovrappensiero, distratta. Tant'è che il suo corpo balzò quando la figura di Bianca si mostrò dinnanzi a lei.
"Vi spiace se mi unisco a voi?" chiese piano Bianca.
Nella sua mente centinaia di pensieri si scambiavano posto. Era spaventata, ansiosa. Sperava sarebbe finito tutto in fretta e nei migliori dei modi. Era la prima volta che agiva in quel modo ed aveva il terrore di commettere errori irreparabili e far finire i suoi amici sulla forca.
Si sarebbe impegnata al massimo e avrebbe pesato ogni parola prima di pronunciarla, per evitare qualsivoglia errore.
"No, affatto." rispose dolcemente la donna.
Sembrava una brava persona. Il suo viso era dolce, i suoi occhi verdi sembravano smeraldi tant'era la luce che emanavano. Spostò leggermente il suo corpo e le lasciò spazio.
Bianca si sedette al suo fianco e, dopo aver preso un respiro profondo, diede inizio alla sua recita.
"Il mio nome è Bianca. Chiedo venia per la mia irriverenza, ma non sono riuscita a smettere di osservare il vostro stupendo abito. Se non è di troppo impiccio vorrei conoscere il nome del vostro sarto."
Decise di puntare sull'aspetto fisico, sugli abiti, sulla voglia di sentirsi al centro dell'attenzione: tutto ciò che i nobili adoravano sentirsi dire.
Non fu affatto un errore quella scelta, poiché il sorriso della donna si allargò e le gote si tinsero di un leggero rosa.
"Non è affatto un problema, ma temo di non potervi aiutare. L'abito apparteneva alla mia defunta madre e a sua madre prima di lei. Esso è un bene di famiglia e viene tramandato di madre in figlia." Le spiegò.
I beni di famiglia erano una delle tante cose di cui i nobili andavano fieri e non avevano alcun problema nel rivelare di possedere un bene costoso o emotivo.
Questo perché essi non temevano di essere derubati, troppo sicuri del loro titolo e del loro potere. Inoltre Bianca era una nobildonna e nulla faceva intuire all'altra donna il suo doppiogioco.
"Il mio nome è Anna, scusate se non mi sono presentata subito." Aggiunse subito dopo.
"Siete perdonata." Ridacchiò Bianca, nella speranza di riuscire a tagliare quella classica tensione che v'era ogni qualvolta due sconosciuti si ritrovavano a conversare.
La sua dolce risata si espanse e contagiò anche Anna, la quale si dimostrò molto più elegante di quanto Bianca fosse mai stata, coprendo la bocca con una mano, mentre il dolce suono sfuggiva dalle sue labbra.
"Non siete di Amantea, vero? Un bel volto come il vostro è difficile da dimenticare ed io sono sicura di non avervi mai vista." Disse Anna.
Bianca scosse il capo.
"No, sono in viaggio con mio marito." Mentì.
Non era solita mentire, ma si riscoprì essere molto brava nel farlo.
"Ci siamo fermati per far abbeverare i cavalli e perderci nelle bellezze del luogo."
"Vostro marito è molto distante? Vi ha lasciata girare da sola in un borgo sconosciuto?" chiese sconvolta.
Bianca rise.
Non era certo strana quella reazione, eppure, dal momento in cui aveva conosciuto Domenico aveva capito quanto stupide fossero le leggi non scritte dei nobili e quanto esse andassero a discapito delle donne.
Nel gruppo di Domenico, ella sentiva di valere tanto quanto un uomo. Nessuno dei briganti l'aveva mai fatta sentire inferiore perché donna. Certo, v'erano diverse cose che non le facevano fare o altre che lasciavano fare solo a lei, ma non per una questione di diverso sesso, bensì per la diversità di rango e per la sua inesperienza in quel campo.
"Oh, no no, affatto." si sbrigò a rispondere. "È alla locanda infondo alla strada. Devo ammettere di aver disobbedito al suo ordine di restare in carrozza, ma, come già detto, il vostro abito ha attirato la mia attenzione."
"Beh, immagino che sia una di quelle cose che solo noi donne possiamo capire." Replicò la donna, accendendo la curiosità di Bianca, poiché era raro ricevere una tale risposta dopo la confessione di aver disobbedito al proprio marito. "Sembrate una donna a modo e ben educata. Da quale famiglia provenite? Siete una principessa?" chiese poi Anna, incuriosita dalla fanciulla con cui stava conversando.
"No. Mio padre e mia madre erano conte e contessa nel regno di Sicilia. Viviamo al castello reale." Confessò sinceramente.
Benché avesse commesso adulterio, ella restava una nobildonna ed era certa che la notizia dell'accaduto non avesse ancora raggiunto luoghi come Amantea.
"Ho accompagnato mio marito ad un incontro di alleanza e adesso ci stavamo dirigendo a casa."
"Capisco." Mormorò la donna, dopo aver ascoltato attentamente.
Calò il silenzio, nessuna delle due sapeva come continuare quella conversazione e Bianca temette di non riuscire a portare a termine la sua missione.
"Voi, invece? Non vorrei aver disturbato una principessa." Mormorò poco dopo, tentando di far restare la donna seduta su quella panchina.
"Oh, no no. Sono la contessa di Amantea. Beh, l'ultima rimasta della famiglia." Confessò ella, con un accenno di tristezza nella voce.
Persino gli occhi persero per un istante la loro luminosità.
"Sembrate triste, perdonate la franchezza." Mormorò Bianca, dopo aver notato il cambio d'umore.
"Lo sono, mia cara Bianca. Nonostante la mia età, le mie grandi ricchezze e il mio grande potere, sembra che nessun uomo sia attratto da me. Scappano tutti, com'è accaduto per mia madre." Confessò.
"Cosa volete dire?" chiese Bianca, non capendo il discorso della donna.
Era impossibile ciò che aveva detto, poiché ella ricopriva un posto importante nella società ed era certamente di bell'aspetto.
Anna guardò difronte a sé, osservando le coppie che passeggiavano indisturbate, prima di abbassare lo sguardo sul pavimento ricoperto da piccole pietre.
"La mia famiglia è colpita da una maledizione. Le donne sopravvivono agli uomini e nessuno ne capisce il motivo. Sin dalle mie antenate, nessuna delle donne è mai riuscita ad ottenere un matrimonio degno di esser chiamato tale." Confessò.
"Questo vuol dire che vostra madre vi ha cresciuta da donna sola?" chiese Bianca, sconvolta.
"Esatto, come mia nonna ha cresciuto lei e la mia bisnonna ha cresciuto mia nonna."
"Non avete mai provato a cercare vostro padre?" le chiese, sinceramente dispiaciuta.
"Non è stato necessario. Egli morì la notte in cui mia madre restò incinta." Confessò poi.
La conversazione stava diventando strana, cupa.
Persino un leggero vento freddo sembrò colpire Bianca, la quale ebbe i brividi, ma non ne capì il motivo.
"È accaduto lo stesso con le vostre antenate?" chiese, ormai incapace di staccarsi da quella conversazione.
Purché inquietante, ella voleva conoscere e saperne di più.
"Si. Lo stesso identico scenario."
"Questo sembra così irreale." Mormorò Bianca sovrappensiero.
"Eppure altro non è che la verità. Voi avete figli?" chiese Anna.
"No." Ammise.
Nella sua mente pensò che, in caso contrario, mai avrebbe confessato a tale donna di averne.
"Allora ascoltatemi attentamente, ve lo dico da amica: quando avrete un figlio, fate attenzione a vostro marito. Tenetelo d'occhio. La nascita di un bambino può essere fatale per il padre della creatura. Potrebbe inciampare ed atterrare su una cesoia o finire con la testa mozzata da un'ascia."
La schiena di Bianca venne colpita da una serie di brividi. Le ossa le sembrarono ghiacciarsi e le gambe tremarono.
La donna non aveva di certo confessato un omicidio, eppure non poté far a meno di pensare che gli esempi da ella elencati non fossero altro che fatti realmente accaduti.
"Cara."
La voce di Domenico proveniva dalla destra di Bianca.
L'uomo aveva rimediato degli abiti eleganti, costosi. Li aveva rubati a chissà chi, per riuscire ad integrarsi al meglio tra i nobili.
Dopo tale conversazione, ella saltò spaventata e portò di riflesso la mano al cuore.
Alzatasi dalla panchina, si avvicinò all'uomo e si schiarì la voce nella speranza di allontanare quell'orribile sensazione.
"Tesoro. Ti chiedo scusa se ho disobbedito ai tuoi ordini e sono uscita dalla carrozza." Mentì.
Domenico non capì subito le se parole, ma non disse nulla, intuendo la menzogna.
"Ma volevo chiacchierare un po' con qualcuno che non fosse un uomo." Confessò ridacchiando, prima di indicare Anna.
La donna bionda si alzò e si avvicinò ai due.
"Piacere di conoscervi, sir...?" tentò.
"Ehm." Borbottò lui, sentendosi a disagio in tale situazione. "Domenico. Piacere mio, signorina." Disse, effettuando subito dopo il classico baciamano.
La donna ridacchiò, prima di allontanarsi da lui ed avvicinarsi di più a Bianca.
"Bianca, vostro marito è davvero molto affascinante. Siete sposati da molto?" chiese.
"Si. Diversi anni." Mentì Bianca. "Adesso dovremmo andare, vero tesoro? Credo che i cavalli abbiano riempito abbastanza gli stomaci." Disse a Domenico, sperando di allontanarsi il più possibile e il più velocemente possibile dalla donna.
Domenico annuì in silenzio e, a quel punto, Bianca si sbrigò a salutare Anna.
"Arrivederci Anna. Grazie per la compagnia." Le disse.
"Quando volete, Bianca. E ricordate il mio suggerimento."
"Lo farò sicuramente. Arrivederci."
"Perché sembra che tu abbia visto un fantasma?" chiese Domenico quando i due furono abbastanza distanti da Anna.
"Quella donna è un mostro." Borbottò Bianca, stringendosi di più a lui, mentre camminavano per raggiungere gli altri. Le sue mani stringevano il braccio di Domenico sempre di più, tanto che lui fu costretto a reprimere un leggero gemito di dolore.
"Cosa?" chiese, non capendo.
"Andiamo via! Lontano da lei."
Il piano dei briganti si rivelò più produttivo di quanto avessero creduto.
Riuscirono a rubare monete d'oro, gioielli da barattare, diverse sacche di cibo vario e, infine, anche un'imbarcazione abbastanza capiente per tutti e abbastanza solida per percorrere lunghe distanze.
Erano ormai in mare da qualche ora e l'umore di Bianca non accennava a cambiare.
Raccontò loro ciò che aveva udito, ciò che Anna le aveva detto e raccontato, traendo le classiche conclusioni affrettate di chi non conosceva il mondo oltre le quattro mura in cui cresceva.
"Vi dico che era una strega. Forse un'intera famiglia di streghe." Borbottò sicura di sé.
Quell'intera conversazione e quelle sensazioni erano ancora immerse nel suo corpo e non accennavano a voler andar via.
"Come fate ad esserne certa? Magari si trattava davvero di sfortuna." Tentò Miguel.
Voleva deriderla per tale pensiero, ma la donna sembrava troppo scossa per riuscire a comprendere un tono ironico e beffeggiante.
Bianca scosse il capo.
"Nessuno di voi ha visto o udito il modo in cui ella pronunciava quelle parole. Era maligna."
"Questo non la rende una strega. Forse è stata la tua immaginazione." Domenico provò a calmarla, senza alcun risultato.
"No, sono sicura di ciò che ho udito." Replicò ancora lei. "Ho ancora i brividi. Spero non mi abbia maledetto in qualche modo. In casa sua cosa avete trovato? C'era qualcosa di occulto, magico? Non l'avete toccato, vero?" chiese terrorizzata.
Aveva udito di streghe ch'erano in grado di nascondersi tra gli umani. Il sol pensiero di aver incontrato una creatura tanto perfida come una strega le faceva ghiacciare le ossa in tutto il corpo.
Non aveva ancora capito perché non tutti i Re davano la caccia a quei mostri e non riusciva a comprendere come alcuni sovrani si alleavano con questi.
"In effetti quel pugnale era strano." mormorò Vito con il sol scopo di punzecchiarla per farla spaventare ulteriormente.
"Si, anche quella sfera di vetro. Ricordate quando l'ho toccata ed è apparso quel fascio di luce?" aggiunse Luca, cercando di trattenere una risata.
Bianca era sempre più spaventata.
"Perché, volete dire che quella candela che emanava fumo benché spenta non era inquietante?"
Persino Domenico si aggregò agli amici, trovando la situazione alquanto divertente.
Tutti loro sapevano che non v'era alcun pericolo e che le streghe di cui lei aveva tanto timore non potevano trovarsi in luoghi come Amantea o Brienza.
Elle vivevano nei boschi, nascoste da tutto e da tutti e pochi erano coloro che ne avevano vista una, riuscendo poi a sopravvivere.
"Oh, l'avevo quasi dimenticata." mormorò Andrea, osservando l'oceano che li circondava.
Cercavano in ogni modo di trattenere le risate, ma si potevano vedere chiaramente le espressioni facciali, tanto che persino Bianca capì di essere vittima di uno scherzo.
"Maturi. Davvero molto maturi, ragazzi!" borbottò imbronciandosi.
Gli uomini scoppiarono a ridere all'unisono, incapaci ormai di trattenere le risate.
"Bianca, rilassatevi." ridacchiò Miguel. "Non v'era nulla di strano od occulto. Era la dimora di una normale nobildonna."
"Ascoltatemi Bianca. Non è delle streghe che dovete aver paura. Le streghe, quelle vere, non entrano mai in contatto con i nobili se non per vendetta. Non vi imbatterete mai in una strega per puro caso. Saranno sempre loro a cercare voi, ma solo se vogliono vendicarsi per qualche torto subito." Le spiegò in modo gentile Andrea.
"Se non era una strega, allora cos'era? Cos'era sua madre, sua nonna e così via?" chiese confusa, ancora spaventata e certamente non convinta.
"Una famiglia di assassine." Disse Miguel, senza mezzi termini.
L'atmosfera cambiò e divennero tutti cupi.
Bianca li osservò. Tutti sembravano sapere di cosa stesse parlando Miguel.
Tutti tranne lei.
Eppure nessuno osava dire altro.
"Assassine?" chiese allora la donna, cercando ulteriori risposte.
"Non è così raro come credete. Molte donne uccidono i padri dei loro figli per appropriarsi del denaro e vivere nel lusso. Se questa donna i cui parlate ha detto ch'era una cosa che accadeva da secoli, vuol dire che le sue antenate non erano altro che poveracce." Le spiegò Miguel, il quale sembra essere l'unico in grado di parlare di tale argomento senza rabbrividire.
"Ed hanno usato la tecnica dell'assassinio per divenire contesse." Aggiunse poi Domenico, in un sussurro.
"Quanta crudeltà che v'è nel mondo." Mormorò Bianca. Non aveva idea che tali persone potessero davvero esistere. In fin dei conti, ella non conosceva nulla della vita al difuori del palazzo reale.
"Non ne avete idea." sussurrò Diego, pensieroso.
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