7. Il tesoro e la stanza segreta (I)

23.05.1301, ore 03:35

Ci sono cose che non possono essere spiegate, non possono essere raccontate, capite o viste. Ci sono cose così pure, così intime che diventano impossibili da spiegare. Tra queste vi sono certamente gli sguardi. Come si descrivono gli sguardi d'amore? Quelli che racchiudono milioni di emozioni, di pensieri, di sensazioni. Come si descrive uno sguardo che fa da specchio all'amore? Io non lo so e non lo sa neanche Domenico.

Domenico, che stava osservando la dama sdraiata al suo fianco. La stava ammirando. Stava cercando di imprimere nella sua mente ogni singolo dettaglio: le sfumature della sua pelle, la forma del viso, la brillantezza degli occhi. Voleva imprimere tutto per non dimenticare nulla. Non sapeva dove sarebbe finito da lì in poi. Nella sua vita, come in quella di ogni brigante, ogni giorno era una sfida, una nuova avventura, un'incognita.

"Perché mi guardi così?" gli chiese dolcemente la donna, con voce leggermente impastata dal sonno. Era tardi, ella non era abituata a restare sveglia così a lungo. Negli ultimi tempi, quando la loro storia divenne più importante, più intima, i due decisero d'incontrarsi nella tarda sera, nelle stanze di Bianca. Restavano insieme quasi fino all'alba ad amarsi e coccolarsi. Appena prima il sorgere del sole, Domenico spariva per evitare di essere visto da alcuno.

"Mi piace osservarti." Rispose onestamente. Le spostò una ciocca di capelli ch'era scivolata sul suo viso e lasciò poi scivolare la mano sulla guancia e sul collo. Gli piaceva sfiorare quella pelle chiara, perfetta, liscia, morbida. Era in gran contrasto con la sua pelle un po' più scura, piena di cicatrici e calli.

"Cos'è che ti piace esattamente di me?" chiese curiosa, girandosi su sé stessa, mettendosi in posizione prona per osservarlo meglio. Lui era sdraiato di lato, poggiava la testa sulla mano e si manteneva sul gomito che affondava nel cuscino morbido. Non era abituato a quel tipo di comodità ed era sicuro che mai sarebbe riuscito ad addormentarsi su un letto tanto morbido.

"Tutto." Disse onestamente. Le prese la mano a la portò al suo petto. "Il modo in cui mi tocchi," si avvicinò a lei e le diede un semplice bacio sulle labbra "Il modo in cui mi baci," si allontanò nuovamente e si lasciò cadere sul letto con un sorriso, guardando il soffitto. "Persino il modo in cui ti fai rispettare anche da me." Disse infine, ridacchiando.

"Il fatto che io sia donna non significa che io sia stupida." Replicò lei all'istante. Non lo era affatto, lui lo sapeva bene. Ella era la donna più intelligente che conosceva. Più intelligente di cento uomini e cento donne. Ed era furba!

"Non ho mai detto questo." Spiegò guardandola. "Non l'ho mai neanche pensato."

"Bene."

"Ti ho sempre vista come una donna forte. Forse persino più forte di un uomo." Ammise poi, dando voce ai suoi pensieri.

"Non dire sciocchezze." Ridacchiò lei, girandosi ancora si se stessa, mettendosi questa volta in posizione supina, copiando l'altro.

"Non parlo di forza fisica, Bianca, ma di quella mentale." Spiegò. "Nessun uomo metterebbe mai a rischio tutta la sua vita e i suoi averi per una donna." Le disse, ripensando a ciò che lei aveva fatto in passato per lui, per conoscerlo.

"Questo perché voi uomini non avete il coraggio di seguire il vostro cuore. Credete che ragionare con la mente sia la scelta migliore in ogni occasione."

"Neanche tu segui il tuo cuore. Non sempre almeno."

"Io seguo sempre il mio cuore, Domenico, ma seguo anche la mia mente." Gli spiegò. "Ricorda che non può esserci scelta giusta che non sia fatta con entrambi."

"Quindi bisogna ragionare e seguire il cuore allo stesso istante?" chiese curioso. Quella domanda fu posta con una punta di ironia che non passò inosservata alle orecchie di lei, ma fece comunque finta di nulla.

"Esattamente."

"No, decisamente troppo complicato per un uomo." Disse lui, scuotendo vistosamente il capo. Ecco spiegata l'ironia della precedente frase. Lui non riuscì a trattenere una sonora risata e lei lo seguì all'istante.

"Non avrei mai creduto di poter trovare una persona speciale come te." Disse l'uomo. Le risate si stopparono e i due ripresero ad osservarsi. Lui divenne serio, preoccupato. "Per questo vorrei chiederti una cortesia."

"Certo. Sai che voglio aiutarti. Dimmi cosa posso fare." Lui ci mise un po' a rispondere. Stava cercando il coraggio. Il suo orgoglio da uomo un po' gli impediva di chiedere aiuto ad una donna, perlopiù nobile, ma non aveva alternativa. Cercò le parole da utilizzare, senza però riuscirci davvero e alla fine, ignorando il consiglio di Miguel di andarci piano e fare attenzione, decise di spiegare la situazione così com'era, ingoiando fino all'ultima goccia di orgoglio maschile.

"Ultimamente siamo riusciti a recuperare una buona quantità d'oro, ma nella grotta ormai non v'è più posto per dormire."

"Hai bisogno di un nascondiglio per voi?" chiese preoccupata. Nascondere sei briganti non era cosa semplice. Un'azione simile le avrebbe portato molti grattacapi.

"No. Noi preferiamo restare nelle profondità del bosco. È più sicuro." Disse lui. Fu quasi impercettibile, ma lei sospirò di sollievo. L'avrebbe aiutato anche in quel caso, senza dubbio, ma era sollevata di non doverlo fare. "Ho bisogno di qualcuno che nasconda i tesori rubati finché non capiremo cosa farne." Ammise l'uomo, chiudendo gli occhi mentre pronunciava quelle parole. Era spaventato, doveva ammetterlo a sé stesso. Stava affidando l'intero lavoro dell'ultimo anno ad una nobildonna. Quando aveva raccontato a Miguel delle sue intenzioni, l'uomo quasi l'aveva attaccato. L'aveva insultato ed aveva riempito sa sua testa con preoccupazioni inutili. Ma Domenico era convinto che la donna l'avrebbe aiutato e non l'avrebbe mai tradito.

"Ed hai pensato a me?" chiese lei, curiosa, spaventata e scioccata. Non s'aspettava certo tanta fiducia da un uomo che per mestiere rubava a donne come lei.

"Mi fido di te." Ammise poi lui. restò con gli occhi chiusi, cercando di nascondere quella paura che Miguel aveva inculcato in lui. lei lo notò, ma neanche questo fermò l'enorme sorriso che prese vita sul suo volto. "E sei l'unica persona che conosco in grado di mantenere un segreto tanto grande." Ammise con onestà.

"Puoi portare il tesoro qui. Conosco il posto perfetto. Nessuno lo troverà mai."

Lui rise leggermente, scuotendo ancora una volta il capo.

"È ironico. Sono costretto a restituire il tesoro nello stesso luogo in cui l'ho rubato." Disse, ripensando all'ironia della situazione che si era creata.

"Non dovrai restituirlo. Dovrai nasconderlo. È ancora di tua proprietà, anche se sarà lontano da te." Spiegò brevemente lei, per rassicurarlo. Lui la guardò serio per un istante.

"Nostra. Di nostra proprietà. Quel tesoro adesso appartiene anche a te. Fai parte della famiglia."

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