Trafalgar
Finalmente era finita.
Doflamingo non avrebbe ferito più nessuno e sarei stato libero.
Ero libero.
Che cosa avrei fatto ora?
Sarei tornato normalmente a lavoro? Quale vita avrei condotto...
Ora che la mia vendetta era compiuta, a cosa avrei pensato per il resto della mia esistenza?
Ero così felice, tuttavia al tempo stesso mi sentivo vuoto.
L'intervento era andato bene e stavamo solamente controllando i suoi parametri vitali finché non sarebbe tornato cosciente.
Shachi ci aveva raggiunti in fretta da casa nostra al quartiere clandestino, facendo sparire qualsiasi cosa che fosse riconducibile a noi.
Non che il governo avrebbe davvero fatto qualcosa, visto che gli avevamo tolto Doflamingo di mezzo.
Si era anche premurato di informare l'ospedale che saremmo tornati presto a lavoro e che per cause di forza maggiore ci eravamo assentati più del dovuto.
Tuttavia l'informazione dell'accaduto si era già diffusa e presto sarebbe finita su tutti i giornali, perciò non hanno chiesto molte spiegazioni.
Erano così felici di vedermi, loro due, io, invece, mi sentivo solamente vuoto...
Avrei dovuto trovare altri scopi nella mia vita, altri obbiettivi, altri interessi, però non avevo nemmeno idea da dove iniziare.
Ma avevo loro due e questo mi bastava al momento.
Non avevo davvero bisogno di altro.
Erano miei amici.
Con loro non mi sentivo più solo, sembrava infantile, forse, eppure era così.
Nonostante i fastidi che provocavano c'erano anche i Capello di Paglia, che mi avevano salvato e aiutato a compiere la mia vendetta, e Eustass-ya...
Sì, c'era anche lui.
Come i suoi uomini in queste ore si era fatto una doccia, per sfuggire all'angoscia, e si era cambiato, dopo aver lucidato il casco del suo compagno.
Aveva i suoi buoni motivi per utilizzarlo.
Ora il casco splendeva, come nuovo, pronto ad essere indossato.
Anche lui amava i suoi uomini, nonostante si comportasse in quel modo brusco e impavido per la maggior parte del tempo, mettendoli inutilmente in pericolo.
Forse finalmente avrebbe provato a mettere la testa a posto...
Inoltre ricordo ancora quelle parole, quel "per me sei molto più di un amico d'infanzia" e, non capisco come, riuscivano a scuotere il mio animo ogni volta che tornavano a galla.
Non comprendevo affatto quel sentimento, ma ero afflitto e contemporaneamente sereno di provarlo, di provare qualcosa di leggero e svincolato dal passato.
Tuttavia non c'era tempo per perdersi in ciò, in quanto il nostro paziente era ancora critico.
A turno uscivamo dalla sala per mantenerli aggiornati, per poi tornare all'interno, disinfettarsi, e ricominciare tutto da capo.
Amavo questo lavoro, da quand'ero piccolo ed avevo una famiglia, già volevo diventare un medico.
Ecco per cosa avrei vissuto, d'ora in poi.
Avevo trovato i miei scopi, semplici, ma sarebbero bastati.
Mi sentivo molto più pieno adesso.
Mi sembrava quasi di vedere il sorriso di Cora-san, mentre mette fuoco a sé stesso nell'intento di accendere una sigaretta, facendo finta che fosse tutto normale.
Un sorriso, per poi andarsene, senza tornare mai più, finalmente liberato dai sensi di colpa.
Nessun senso di colpa era rimasto, sbriciolato da questa nuova sensazione.
Una sensazione tiepida, e delicata, difficile da descrivere, alla quale non ero abituato.
"Ti ho chiesto come sta Killer, non fare quella faccia!"
Quella voce brusca mi aveva riportato alla realtà, però non ero arrabbiato con lui, capivo il suo stato d'animo.
"Sta migliorando, ma non si è ancora svegliato.
Dovrà stare sotto osservazione qualche giorno, per il momento ha bisogno di rimanere solo" avevo specificato, in modo che non entrassero per nessun motivo.
Se avessero portato qualche batterio all'interno della stanza sarebbe finita per lui.
A quelle parole mi aveva guardato dritto negli occhi, in maniera profonda.
"Te lo affido, non dormire neanche un minuto se necessario" aveva infine affermato, stancamente e con preoccupazione, anche se non voleva darlo a vedere.
Che carattere il suo, sadico e spietato, senza freni ed anche incosciente, viveva la sua vita mettendola a repentaglio ogni giorno, così come quella di coloro che entravano a contatto con la sua.
Tuttavia anche lui aveva dei punti deboli e delle fragilità, che provava a nascondere con cura, credendo che nessuno le avrebbe notate, quando in realtà mi erano ben visibili e tangibili.
Era affascinante, come lo era la sua voce forte e persuasiva durante il canto, oppure il suo sguardo determinato e penetrante, che non conosceva timore.
Era una fiamma, ora talmente vivida di rabbia e preoccupazione, tanto che sembrava bruciarti anche solo con una occhiata.
Non mi era chiaro il motivo, ma mi piaceva, e molto.
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