Nami-uscita extra
"Usopp, dammi quelle chiavi"
Eravamo all'interno della villa del Demone Celeste, un pezzo grosso che nessuno sano di mente avrebbe infastidito.
Ma non Luffy.
Era proprio l'ultima persona che avrebbe lasciato i suoi amici in pericolo, compreso Trafalgar, nonostante non facesse parte della nostra banda.
Erano amici da quando, due anni prima, lo aveva salvato compiendo un'operazione d'emergenza nel quartiere clandestino a seguito della morte di suo fratello per mano del governo e dell'irruzione nel luogo dove era stata scontata la sua pena di morte.
Era stato terribile, avevamo davvero paura che non ce la facesse, ma "Il Chirurgo della Morte", così era chiamato nel nostro quartiere, aveva letteralmente compiuto un miracolo, salvandolo.
Sempre il solito sconsiderato!
Così aveva deciso di non sottostare ai piani un'altra volta e di correre subito a liberarli ed aveva lasciato a noi il dovere di recuperarli fisicamente.
Per prima cosa avevamo aperto la cella con all'interno i due sottoposti di Captain Kidd.
"Siamo venuti per farvi uscire, state bene?" Aveva prontamente domandato Chopper ai due col suo solito tono gentile.
"Non pensate a noi, occupatevi di Killer!" Invece aveva risposto il tipo dai capelli blu con uno sguardo tra il disperato e la sua solita malinconia.
A quelle parole il piccolo medico aveva annuito e di corsa eravamo andati ad aprire l'altra cella.
Orrore.
Sangue fresco si mescolava a sangue rappreso e fluiva per tutto il pavimento, Penguin aveva ferite fresche ben visibili che gli inzuppavano tutti i vestiti e, superato lo stupore, si era avvicinato a noi a stento, perché aveva chiaramente una ferita al ginocchio che lo rendeva instabile.
Ma quel Killer stava ancora peggio.
Come poteva essere vivo ridotto in quel modo?
Era riverso a pancia in sù a lato della stanza, riempito di bende pulite a coprirgli il torso interamente.
Chopper si era avvicinato in un attimo, con uno sguardo sconvolto come il nostro, aveva con cura tolto le bende ed aveva aperto i suoi strumenti.
"L'ho visitato qualche ora fa, ha queste due costole rotte" aveva chiarito da dietro Penguin indicando con accuratezza.
"Poi ha ferite molto profonde riconducibili ad armi contundenti sulla schiena molto gravi, devi controllare attentamente che non abbia coinvolto gli organi" aveva infine avvertito mostrando a Chopper quali ferite lo preoccupavano di più.
Anche i suoi compagni si erano avvicinati, mantenendosi a debita distanza e con un'espressione ora davvero sconcertata e preoccupata.
"Killer? Cosa hanno fatto!" Aveva affermato l'uomo col cappuccio, ora infuriato.
Lui non aveva risposto, non aveva alzato nemmeno la testa.
"Non ha forze per rispondervi, ma sappiate che è stato torturato dalle guardie di Doflamingo" aveva risposto pacato Penguin senza togliere l'attenzione da lui.
Queste parole li aveva scossi, Heat aveva digrignato i denti ed incrociato bruscamente le braccia, mentre l'altro aveva chiuso i pugni con forza, dopo aver aggiunto una smorfia di furore al suo volto.
"Dove sono coloro che hanno fatto questo?" Aveva chiesto colui che doveva essere Wire.
"Alcuni sono svenuti al lato della stanza, ma altri sono tra le scale.
Li abbiamo stesi dopo aver fatto irruzione, di sopra ci sono gli altri intenti a combattere il Demone Celeste" aveva affermato Usopp con un insolito tono risoluto.
"Prendetevi cura di Killer" ci aveva infine pregato Heat, mantenendo la sua furia nella voce, ma con una nota di dolcezza.
Così si erano voltati e nel lasso di dieci minuti avevano caricato tutti i carcerieri e li avevano posti al centro della stanza.
Nel mentre eravamo intenti ad aiutare Chopper con le cure sentivamo tutti i loro lamenti, le grida, le suppliche ed anche le parole che, con rabbia, gli rivolgevano.
"Credevate davvero di poterlo torturare senza delle conseguenze?" Aveva esclamato Wire ad un certo punto, poco prima che una di quelle guardie urlasse dal dolore.
Anche Usopp era terrorizzato, che cosa ho rischiato quella notte!
Eravamo tremanti in quella situazione, spaventati dalle atrocità che si stavano compiendo alle nostre spalle.
Ad un certo punto Heat si era avvicinato a me, dopo essersi pulito le mani sporche di sangue sui suoi pantaloni, per chiedermi con un tono civile nonostante ciò che avesse appena commesso, le chiavi dell'altra cella.
Senza esitare e senza guardare dietro di lui le avevo poste sulle sue mani e, dopo aver ricevuto il suo ringraziamento, mi ero girata.
Che paura!
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