l'inizio di tutto
Era notte fonda.
Il cielo era limpido, c'era un leggero venticello e la città appariva calma e silenziosa, tuttavia così non era all'interno dell'ospedale in cui lavorava il più rinominato esperto medico chirurgo Trafalgar Law.
Oltre ad essere il caposala di chirurgia era anche un ottimo farmacista e si occupava dei casi più gravi che via via arrivavano in pronto soccorso.
Lui sapeva quanto la notte fosse pericolosa e non era un caso che i suoi turni fossero principalmente notturni, portandolo ad avere delle vistose occhiaie, ma raramente stanchezza vista l'abitudine.
Nonostante fossero già le tre del mattino nessun paziente era ancora arrivato in pronto soccorso e questo era apparso insolito a Law.
Li vedeva spesso, finito il turno, tutti quei delinquenti che affollavano le strade, che combattevano tra di loro nei lontani vicoli della criminalità ed era perfettamente a conoscenza che organizzavano anche corse clandestine, che erano molto seguite dai giovani della sua età.
Penguin e Shachi, i suoi fidati aiutanti, spesso gli avevano proposto di venire con loro a vederle, c'erano delle lotterie e soprattutto belle donne.
Lo ripetevano ogni fine settimana, speranzosi, ma non troppo, però a Law non importava.
A Trafalgar il classico svago giovanile e le donne non interessavano, era troppo serio e svuotato, senza alcuno stimolo che potesse anche solamente scuotere il suo oramai animo perso.
Lui aveva in mente solo una cosa, vendicarsi.
Vendicarsi di Doflamingo, di quell'uomo crudele e senza scrupoli oltre che il capo di una delle più importanti organizzazioni criminali che spaziano dalla vendita illecita di armi alla peggiore malavita.
Ciononostante il suo denaro e la sua distorta morale non erano il vero motivo per la quale lo odiasse, bensì l'uccisione del suo fratello di sangue, il poliziotto che era sul punto di arrestarlo, che desiderava fermare l'ira malsana del suo consanguineo e che aveva salvato Law dalle sue perfide grinfie e dalla malattia sconosciuta che lo logorava trovandogli un medico in grado di curarla.
La perdita di Corazon era ancora rovente ed aveva bruciato ogni briciolo del suo essere, lasciando solo nero e cenere.
Ma lui continuava a vivere così, col suo obiettivo e con i suoi pazienti, le occhiaie ed il suo colorito non più vivo, come se si fosse spento anch'egli in quel giorno innevato, in attesa, forse inconsapevole, di qualcosa che lo riaccendesse tra un'operazione d'emergenza e l'altra, sempre compiute alla perfezione.
Era pur sempre figlio di una famiglia di ottimi medici, nonostante il loro sterminio quando era ancora un bimbo.
Questo lo aveva superato, si ripeteva, era accaduto più di dieci anni prima, continuava a ripetere.
All'improvviso il filo dei suoi pensieri era stato interrotto bruscamente dalle sirene.
Erano le tre e quaranta del mattino e, finalmente, aveva pensato, era arrivato del lavoro da fare.
Immediatamente lo avevano chiamato in quanto c'era bisogno della sua presenza per un caso di assoluta necessità.
Lo avevano contattato con un codice giallo particolarmente delicato.
Un uomo, giovane, con una ferita grave al braccio sinistro, probabilmente da amputare, e con numerosi segni al viso dalla quale ancora perdeva sangue.
Gli era parso di averlo già visto, in città, e sicuramente Penguin lo conosceva, visto che era sbiancato appena era arrivato pronto ad operare insieme a Law.
"Perché sei tanto preoccupato?" aveva chiesto diretto al suo collega, ma non con molta freddezza, era pur sempre un suo fidato compagno fin da ragazzo.
Aveva mugugnato prima di rispondere.
"Si tratta di Eustass Kidd, il campione di corse più discusso e pericoloso di tutti nel suo giro, ho il terrore di quando si sveglierà e saprà che siamo stati noi ad amputare il braccio" aveva risposto deglutendo con forza.
Trafalgar si era stupito del miglioramento di Penguin, visto che aveva già compreso come procedere, a differenza di quegli altri colleghi troppo stimati.
Mentre lo portavano in sala, di sfuggita, avevano notato l'arrivo di un altro giovane alto e robusto, dall'espressione distrutta dal dolore e dalla preoccupazione che chiedeva proprio del loro paziente, ma non era un loro problema, dovevano solamente concentrasi ad agire, ora.
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