Capitolo Ventincinquesimo
Far calmare Meizhen era stato più difficile del previsto. La ragazza aveva continuato a piangere con il viso premuto sul cuscino e i capelli corvini abbandonati lungo i fianchi. Wentian non riusciva a consolarla, era impossibile, sia per lui che per le dame in servizio che avevano preso d'assalto la sua camera da letto. Le donne cercavano di asciugare il viso di Meizhen e convincerla a bere della zuppa calda che lei non osava nemmeno guardare. Continuava a dire che faceva male, qualcosa le faceva male, e Wentian aveva paura di sapere da dove provenisse quel dolore.
Lui non aveva pianto quando Diaochan era morta, non una sola lacrima aveva solcato le sue guance. In compenso, si era lasciato avvolgere da una depressione durata per ben due anni. Le sue giornate non avevano avuto senso, non era riuscito a parlare per mesi, preferendo passeggiare a lungo fra gli immensi corridoi di palazzo e osservare dalle terrazze la vastità del cielo, pensando di poter scorgere il viso di Diaochan fra le nuvole. Ma lei non era mai tornata da lui.
Il principe Haoran posò una mano sulla spalla della momo più anziana e le fece cenno di lasciare la stanza insieme alle sue dipendenti. Non era mai stato bravo con le parole, ma avrebbe provato a calmare quel dolore che sembrava aver reso Meizhen vulnerabile come mai prima di allora.
Quando le porte lignee vennero chiuse, un silenzio tombale avvolse la camera da letto di Wentian, illuminata solo dalla luce del sole e pervasa dai fumi odorosi dell'incenso. Meizhen sollevò allora lo sguardo e il principe provò a sorriderle, afferrando un fazzoletto dalla propria manica per accarezzarle via le lacrime.
«So che qualsiasi parola ora sarebbe inutile, ma credimi se ti dico che prima o poi questo dolore passerà» le sussurrò, sedendosi al suo fianco. Lei lo guardava con occhi vacui, gonfi di lacrime, era devastata. Non per questo Wentian si sarebbe scoraggiato. «Non mi credi?»
Meizhen singhiozzò ancora e si portò le gambe al petto, abbracciandole come se volesse farsi da scudo. «Non mi importa se un giorno passerà, Wentian. La mia famiglia non tornerà mai più indietro...»
Il principe continuò ad asciugarle le lacrime, con dei gesti delicati che riuscirono man mano a cancellare il pianto dagli occhi della giovane, ancora scossa. «Ora hai bisogno di risposare, Zhen'er. Nessuno ti disturberà nel mio palazzo, e quando sarai di nuovo in forze ci occuperemo di tutto. Te lo prometto, Deming non resterà impunito.»
«No, non deve... passarla liscia» mormorò Meizhen, cingendogli il polso con le dita, per impedirgli di posare il fazzoletto contro le proprie gote. «Non pensavo che saremmo arrivati a questo punto. Lui mi ha detto che... che è stata colpa mia, se la mia famiglia è morta.»
Wentian si avvicinò alla donna che per una notte si era concesso di amare, costringendola a posare la schiena sui cuscini. «Lo ha detto solo perché non riuscirebbe a vivere con la consapevolezza di avere le mani sporche di sangue, lo sai anche tu.»
«Se non avessimo giaciuto insieme tutto questo non sarebbe accaduto. Se io non avessi...» Meizhen cercò di trovare la forza di formulare parole a cui non credeva, per questo Wentian le prese le mani e le baciò una nocca. Lei smise di borbottare a quel contatto, rimanendo in silenzio.
«Zhen'er» si schiarì la voce il principe Haoran, afferrando la ciotola di zuppa e mescolandola con un cucchiaio di porcellana. «Ciò che abbiamo fatto quella notte, lo abbiamo deciso insieme. Non puoi caricare te stessa di questo peso, sai che è ingiusto e anche che è stupido.»
Meizhen aprì le labbra, per permettere al principe di imboccarla, e deglutì la prima sorsata chiudendo gli occhi stanchi. «So che è stupido, ma se Deming non ci avesse scoperto... il nome della famiglia Fu non sarebbe mai venuto alla luce. Almeno così credo.»
«Oh, non fare la sciocca. Non è nobile da parte tua incolparti per l'uccisione dei tuoi parenti» la rimbrottò Wentian, imboccandola ancora una volta. «Invece di riflettere sui tuoi errori, perché non pensi a quelli di Deming? Avrebbe potuto prendersela solo con te, invece ha scelto di ammazzare due bambine davanti ai tuoi occhi. Solo per una notte.»
Meizhen rimase di nuovo in silenzio, dispersa in chissà quali pensieri. Wentian si augurò che non stesse riflettendo sulla possibilità di suicidarsi, aveva rischiato molto per liberarla e non le avrebbe permesso di compiere sciocchezze. La donna, però, socchiuse gli occhi insieme alle labbra, e parlò con voce atona. «Deming si è rivelato con il tempo. Non pensavo che dietro i suoi sorrisi potesse esserci una persona tanto cattiva. Avrebbe ucciso anche me, se ne avesse avuto l'occasione, ma voleva vedermi soffrire.» Constatò, afferrando il sacchetto qingyang che ancora pendeva sulle sue gonne e strappandoselo dalla cinta. Glielo porse subito dopo, con le iridi lucide. «Puoi bruciarlo per me?»
Wentian afferrò quel dono e annuì, felice che avesse capito. Si alzò e abbandonò il sacchetto in un cassetto nascosto, si sarebbe occupato il giorno dopo di liberarsene. «Non preoccuparti, Zhen'er. Non sei sola, e ti prometto che quell'assassino non riuscirà a sollevare un solo dito su di te.»
Meizhen, nel frattempo, si era sforzata di mandare giù la zuppa e con un colpo di tosse aveva adagiato la ciotola su un soprammobile. «Se oserà avvicinarsi lo ucciderò io, con le mie mani.»
«Se è quello che vuoi, ti aiuterò ad ottenere vendetta» le promise l'uomo, avvicinandosi nuovamente al letto e scostando le tende del baldacchino per appoggiarsi allo stipite. Meizhen lo guardò come se volesse chiedergli altro, ma lo scoraggiamento era vivido nei suoi occhi. «Puoi parlare, Zhen'er.»
La giovane abbassò lo sguardo e risucchiò le labbra, prima di dare adito a delle parole grevi. «Mi sposerai, Wentian? Hai detto che sono incinta, sebbene tu mi abbia salvato la vita...»
«So di averti svergognata» replicò il principe, venendo a patti con una realtà da cui era impossibile nascondersi. «Mi dispiace, non avrei voluto dire una cosa simile su una donna ancora nubile, per questo verrò meno alla promessa che mi sono fatto quando Diaochan è morta.»
Meizhen posò una mano sulla sua, e gliela strinse con fare confortevole. Era ancora rigida, sembrava aver ripreso a tremare. «Sarò la tua concubina.»
«No, sarai la mia prima moglie» replicò Wentian, che non sarebbe mai sottostato, senza lottare, al volere dell'imperatore. «Mio fratello ha detto che Fu Meizhen verrà relegata al ruolo di concubina, ma tu, da domani, non sarai più Fu Meizhen. Sarai un Aisin Gioro.»
La donna sgranò gli occhi lucidi, tremando. Quel cognome era potente nel grande Qing. Chiunque lo udiva era costretto ad abbassare il capo e a prostrarsi, perché un membro della famiglia reale stava passando. Non erano in molti gli Han a cui veniva concesso un tale onore, e Wentian erano felice di poterlo donare a Meizhen.
Lei abbassò il capo e alcune delle ciocche le scivolarono lungo le spalle, incorniciandole il viso ovale. «Non so se sono degna di portare un tale cognome.»
Il principe abbozzò un sorriso e posò un dito sotto il suo mento, costringendola a sollevarlo. «Sciocchezze. Quando saremo sposati, farai parte del mio clan, il tuo sangue diventerà nobile. E poi, concorderai con me se dico che il tuo nome si sposa benissimo con il mio cognome. Aisin Gioro Meizhen.»
La giovane non riuscì a sorridere, ma era molto più calma di quanto non fosse stata prima. «Se ti dessi ragione, finirei per sembrare poco modesta. Una moglie dovrebbe essere virtuosa.»
«Lo sarai, ne sono certo» la rassicurò Wentian, facendo per andarsene. Non riuscì a compiere un solo passo che Meizhen lo attirò a sé per la mano che ancora tratteneva nella propria. «Cosa c'è?»
«Resteresti con me?» gli chiese, in un sussurro talmente flebile da perdersi tra i soffioni di vento provenienti dalla finestra ottagonale.
Wentian non poté fare altro che sorridere e sedere sul letto, togliendosi gli stivali prima di sdraiarsi e circondare il ventre di Meizhen con una mano. La donna appoggiò la testa al suo petto e lo strinse, proprio come aveva fatto la notte scorsa, al padiglione della Neve Purpurea.
«Resterò con te.» Le promise il principe Haoran, baciandole la fronte.
«Fino a quando?»
«Dall'alba, fino al tramonto.»
🥀🥀🥀
Wentian non aveva mentito, le era rimasto accanto tutta la notte, e anche all'alba non aveva osato alzarsi, stringendola fra le braccia e ascoltando i suoi pianti. Non le aveva mai chiesto di calmarsi, non l'aveva rimproverata per aver singhiozzato troppo o per essersi lamentata di continuo.
No, non l'aveva fatto.
Meizhen aveva ritrovato la calma solo quando il sonno l'aveva portata in un mondo onirico, privo di incubi e pieno di calma. Si era svegliata a un'ora imprecisata della tarda mattinata, quando un nuovo eunuco si era presentato alla porta del principe Haoran per richiamarlo. Doveva recarsi a corte per la riunione del consiglio, e l'imperatore richiedeva la sua presenza.
Quando l'eunuco se ne andò, Meizhen strinse le dita sopra la veste dell'uomo, che scoppiò in una dolce risata, passandole poi una mano fra i capelli. «Non resterò via a lungo, sarò qui per l'ora di pranzo.»
Meizhen sentì il cuore scalpitare nel petto, ma si sforzò pur di tenerlo a bada e lasciar scivolare la mano lontano dal suo petto. «Per l'ora di pranzo» ripeté, più a se stessa che al principe. «Ti aspetterò.»
Wentian si voltò su di un fianco e le asciugò il viso, le guance erano ancora umide, gli occhi gonfi, bruciavano. Lui, però, posò un bacio sopra la sua fronte e Meizhen liberò un sospiro. «Non avere paura. Te l'ho già detto ieri. A palazzo An'chi niente può ferirti.»
Meizhen cercò di sorridere all'uomo che presto sarebbe stato suo marito, ma non gli rispose. Piuttosto, si rintanò sotto le coperte e chiuse gli occhi, ascoltandolo mentre indossava gli abiti ufficiali dietro il paravento raffigurante il Buddha Maitreya.
La setta del Loto Bianco non era stata punita dopo quanto era accaduto, solo i membri della Giada Verde avevano pagato le conseguenze di quella ribellione mancata. Era ingiusto. Dopo tutto, la Bailian Jiao era formata da Han. Non avrebbero potuto aiutare i loro compatrioti? Non stavano forse combattendo per lo stesso obiettivo?
Meizhen smise di pensarci e si addormentò di nuovo, pensando che il sonno era fratello della morte e in esso avrebbe potuto trovare un po' di pace. Eppure, senza la presenza di Wentian, chiudere occhio fu difficile. Meizhen si sentiva indifesa e la sensazione di paura aumentò a distanza di un'ora dall'assenza del principe, quando la giovane si risvegliò urlando a squarciagola, e almeno tre dame entrarono nella camera da letto, con gli occhi spiritati e i toni frenetici.
«Xiaojie, cosa vi prende? Possiamo portarvi qualcosa...» Meizhen non rimase ad ascoltarle, i suoi piedi si mossero da soli. Non si prese neanche il disturbo di infilare le scarpe, sarebbero state solo d'intralcio.
Le dame la chiamarono, mentre lei correva, fuggiva, scappava da palazzo An'chi.
Doveva tornare a palazzo Yonghe. Doveva farlo subito, perché, forse, in quel luogo avrebbe visto sua sorella, la sua bella Eryue, pronta ad aspettarla con un sorriso dolce e la sua voce frivola. Non poteva essere morta, non poteva essersene andata tanto facilmente.
Doveva essere stato tutto un brutto incubo.
Eppure, le porte di palazzo Yonghe erano state chiuse con due travi di legno incrociate. Nessuno avrebbe più varcato la soglia di quel luogo per un po' di tempo, nessuna concubina avrebbe rischiato di vivere in un luogo presidiato dal ricordo di una traditrice.
Meizhen indietreggiò, sentendo le piante dei piedi sanguinare, mentre una sferzata di vento le increspava le gonne. Poi, il suo sguardo venne catturato da una portantina di feltro rosso, sopra cui giaceva la figura di Yifan, vestita come la più bella sposa dell'impero.
Meizhen si fece di lato, affinché la dama della Consorte Ling potesse abbandonare il palazzo senza rischiare di ritardare. Dopo tutto, Deming doveva starla aspettando. Presto avrebbe portato onore al suo clan, alla sua famiglia caduta in rovina, diventando a sua volta un mancese. Era orribile pensare a lui.
Yifan le scagliò un'occhiata disperata quando la vide. Indossava un qipao rosso sgargiante, ricamato sul colletto e sulle maniche in maniera pregiata. Fra i capelli sollevati giaceva una corona dorata su cui erano stati incastonati dei rubini che brillavano al sole. I suoi polsi erano circondati da bracciali verdi e il suo volto truccato con del belletto sulle labbra e del carboncino sulle palpebre. Era bellissima, e triste al contempo.
«Meizhen.» La chiamò, facendo fermare la portantina. «Non trovi ironico il nostro destino?»
«Di cosa stai parlando?» mormorò la donna, sentendo il tocco gelido del vento scivolare fin dentro le ossa. Non avrebbe dovuto dimenticare le scarpe e uscire solo in abiti intimi, in preda a chissà quali pensieri. Era stata una stupida.
Yifan sollevò i veli d'organza che circondavano la portantina, rivelandosi in tutta la sua fierezza. Nonostante fosse infelice, restava integra. «Sai bene di cosa parlo. Fin dal nostro primo incontro siamo state nemiche, e adesso stiamo sposando degli uomini che non ci appartengono.»
Meizhen conficcò le unghie sui palmi delle mani, sentendo le lacrime scorrere sulle guance e i capelli danzare nell'aria. «Deming è un mostro, Yifan. Stai attenta quando gli sarai vicino. Se oserai contraddirlo, o deluderlo, te la farà pagare nel modo peggiore possibile.»
La donna sorrise mesta e un lampo di luce illuminò i suoi lunghi occhi castani. «Non preoccuparti, non gli permetterò di prevaricare sulla mia vita. E per quanto riguarda te, ti avverto di fare altrettanta attenzione col principe Haoran. Non importa quanto si prenda cura di te e ti faccia sentire speciale, non varrai mai più di Diaochan. Il fantasma di quella donna lo perseguiterà per sempre.»
Meizhen non voleva sentir parlare male di Wentian, dell'unico uomo che avesse rischiato tutto per aiutarla, ma non avrebbe neanche contraddetto Yifan. Non era in grado di affrontarla, così annuì di fronte quell'avvertimento e si inchinò con eleganza. «Seguirò i comandi della signora Dinggiri Hala. Che la felicità e la prosperità vi accompagnino sempre.»
Yifan rise, a dir poco commossa, e chinò a sua volta il capo mentre gli eunuchi sollevavano di nuovo la portantina. «E io auguro serenità alla nuova signora del clan Aisin Gioro. La prossima volta che ci incontreremo, spero potremo guardarci senza astio.»
Meizhen rimase colpita da quelle parole e si lasciò persino sfuggire un sorriso destinato a scomparire troppo in fretta. Il ricordo dei suoi genitori e delle sue sorelle non le permetteva di pensare lucidamente, di liberarsi dai rancori e dalla tristezza. Così la giovane rimase ferma, osservando la portantina scortare lontano la nuova moglie di Deming.
Quando la processione matrimoniale ebbe termine, Meizhen sentì di poter ritornare a palazzo An'chi. Di lì a poco anche lei si sarebbe sposata, e diventando la Di'fujin del principe Haoran avrebbe potuto vantare un potere nuovo, che avrebbe utilizzato per vendicarsi, una volta per tutte, di Deming.
🥀🥀🥀
Momo: dama anziana, con un grado superiore a tutte le altre
Xiaojie: nobile signorina
Di'fujin: erano così chiamate le prime mogli dei nobili mancesi.
Aisin Gioro: fu il nome del clan degli imperatori manciù durante la dinastia qing, la parola significa "oro"
Meizhen è davvero distrutta, come ci aspettavamo tutti, ma il principe le è rimasto vicino dall'alba fino al tramonto <3, ed eccolo qui saltare fuori il titolo della storia. Tra l'altro abbiamo anche avuto modo di vedere Yifan sotto una nuova luce, non quella di una nemica, ma quasi di un'alleata per Meizhen.
Cosa ne pensate, c'è da fidarsi? U.u Io arrivata a questo punto non mi fiderei di nessuno, ma comunque vi invito a lasciarmi un commento e una stellina che mi spronino con la pubblicazione, noi ci vediamo venerdì per l'ultimo capitolo della settimana u.u
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