Capitolo Trentaseiesimo
Deming aveva sempre osservato i tetti neri della dimora Dinggiri Hala avvertendo il sapore dell'inferiorità sotto il palato. Una parte di lui gli diceva che non sarebbe mai stato uguale a quei mancesi che tanto in passato aveva disprezzato, l'altra parte restava muta di fronte a una verità così amara.
Deming si avviò verso la propria dimora e salì in veranda, lasciando che due serve vestite di grigio aprissero le porte lignee. Nella camera da letto regnava il silenzio, due lanterne rosse erano state accese ai lati della stanza e illuminavano fiocamente il letto sopra cui riposava Yifan. La donna aveva le palpebre chiuse, il viso pallido e una pezza umida sulla fronte. I lunghi capelli neri si erano adagiati alle guance e al collo sudato, mentre dalle sue labbra fuoriuscivano mormorii tremuli, capaci di ripetere un solo nome: Yongle.
Deming chiuse le porte e raggiunse il capezzale della moglie. Sedette al suo fianco e le tolse la benda dalla fronte, sciacquandola per poi posarla nuovamente sulla pelle rovente. Yifan sollevò le palpebre, infastidita da quei movimenti, e, quando si rese conto della sua presenza, gli posò una mano sulla sua coscia.
«Sei qui» mormorò, mentre Deming le tamponava il viso con il panno inumidito. Yifan strinse la stoffa dei suoi pantaloni fra le dita e chiuse gli occhi, sospirando di sollievo. «Speravo di poter cenare insieme, invece ho cominciato a piangere a dirotto. Forse è meglio che tu non mi abbia vista, hai fatto bene a ritardare.»
Deming si chinò sulla moglie e posò la fronte alla sua, baciandola appena. Anche le sue labbra scottavano di febbre, il suo corpo si era come spento. «Hai bisogno di me al tuo fianco, sono stato uno stupido a restare a palazzo più del dovuto.»
«Sciocco, mi aspettavo che lo facessi. Sono diventata frigida» sussurrò la donna, sollevando un braccio per accarezzargli la guancia. «Ti sto deludendo come moglie, vero? Mi dispiace, non volevo che fossi insoddisfatto di me. Forse prima sì, ma adesso no.»
Yifan stava delirando, era chiaro agli occhi di Deming. Il giovane si sollevò e continuò a tamponarle il collo, sfilandole le coperte. Lei si rannicchiò su se stessa quando sentì il freddo pungere la pelle nuda, indossava solo dei pantaloni larghi e un doudou ricamato con motivi floreali sul petto. Deming non si concentrò sulle sue forme, e continuò a prendersi cura di lei, come un degno marito avrebbe fatto. «Non mi stai deludendo, hai solo bisogno di tempo. Io non ti biasimo, Yifan. Lo so che non è stata colpa tua.»
La donna si fece forza e drizzò la schiena, mentre Deming inumidiva le sue braccia, il suo petto e persino l'ombelico, ancora sporgente per via della gravidanza. «So che non mi biasimi, ma anche tu sei triste, solo... Non lo dimostri. Vorrei essere forte quanto lo sei tu.»
Sciocchezze. Deming non era forte, era più simile a un codardo. Invece che affrontare la sofferenza preferiva rifuggirne. «No, non voglio intristirmi. So che abbiamo speranze di ricominciare, Yifan. Quando starai meglio proveremo ad avere un altro figlio, e così facendo ti dimenticherai del dolore. So che il bambino che porterai in grembo non sarà Yongle, nessuno potrà mai sostituirlo, ma lo ameremo lo stesso. Io te lo prometto.»
Yifan ascoltò le sue parole con gli occhi lucidi e un sorriso di mestizia sulle labbra sanguigne. «E io ti credo, eppure... Ti chiedo di non lasciarmi. So che presto scoppierà una guerra, sarebbe troppo chiederti di non partecipare? Almeno finché non mi sarò ripresa.»
Deming si morse le labbra. Quella mattina aveva assicurato la sua partenza a Baowei, ma ora che aveva visto in che condizioni versava Yifan ci aveva ripensato. Non poteva lasciare Pechino, e nemmeno lasciare lei. Che razza di marito sarebbe stato? Anzi, che razza di uomo era diventato?
Deming doveva riprendersi. Doveva ritrovare quel ragazzo luminoso che era stato con Meizhen e donarlo a Yifan perché, anche se non l'amava, sapeva di provare un infinito affetto nei suoi confronti. Era sua moglie, la sua donna, e sarebbe stata anche la madre di numerosi figli. Non poteva permettersi di perderla. «Non partirò finché non ti vedrò sorridere davvero, d'accordo?»
Le spalle di Yifan tremarono di fronte quelle parole, e la donna scoppiò in un singhiozzo doloroso. Deming non attese un attimo e la avvolse fra le braccia, permettendole di sfogare tutte le lacrime che in quei giorni aveva trattenuto sul suo petto.
Il giovane non sapeva fino a che punto Yifan avesse sofferto. Non osava immaginare come si sentisse. Aveva portato per dieci mesi in grembo il loro figlio, era sobbalzata a ogni piccolo movimento, attendendo trepidante il giorno del parto. Tuttavia, quando questo era arrivato, aveva portato con sé una grande tristezza.
«Andrà tutto bene, Fan'er» le sussurrò Deming, vicino all'orecchio. «Non ti lascerò mai da sola.»
Yifan strinse le dita intorno ai suoi fianchi e, una volta consumate tutte le sue lacrime, sollevò il viso e fissò gli occhi nei suoi, in cerca di una luce che Deming avrebbe alimentato solo per lei.
🥀🥀🥀
Quando la notizia dello scoppio della guerra era giunta a palazzo An'chi, Meizhen aveva provato il desiderio di sprofondare fra i cuscini e scomparire fra le sete morbide. Invece di assecondare quella necessità, si era seduta sulla sedia a dondolo posta in veranda e aveva osservato il cielo tingersi dei colori del tramonto, in attesa che Wentian ritornasse.
In quei giorni non c'erano stati altro che consigli straordinari alla Città Proibita, e suo marito aveva trascorso intere ore nella Sala della Suprema Armonia. Dall'alba fino al tramonto, Meizhen si era ritrovata sola in un palazzo più grande di lei. Ai Lun scompariva di continuo rifugiandosi nel padiglione e tornando a tarda notte, Xun'er le rivolgeva a stento la parola e Longfeng non poteva rispondere alle sue domande.
A Meizhen mancava Eryue, le mancava così tanto che sarebbe potuta scoppiare a piangere da un momento all'altro. Se la sorella fosse stata ancora viva, avrebbe passato i momenti solitari nel suo palazzo e si sarebbe lasciata tirare su il morale dalla sua voce allegra e dai suoi argomenti frivoli.
Eppure, lei non c'era.
Eryue era scomparsa in meno di pochi istanti, soffocata da una corda troppo stretta intorno al collo. Meizhen a volte si chiedeva perché anche lei non fosse morta, che cosa avesse fatto in vita sua per meritare una sorte migliore.
Fino a quel momento aveva vissuto nell'ordinario. Era la moglie di un principe di primo rango, ma a volte pensava di non conoscere così bene il marito che si era scelta. Aveva trovato un'amica in Ai Lun, ma anche lei sembrava nascondere sotto dei sorrisi luminosi molto più di quanto desse a vedere.
Meizhen spinse le spalle sullo schienale e lasciò che la sedia dondolasse avanti e indietro, chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal soffio del vento freddo. Fu allora che si addormentò profondamente, non seppe nemmeno per quanto tempo, e, quando si risvegliò, si ritrovò avvolta nell'abbraccio di Wentian.
Il suo profumo le aveva invaso le narici, il calore delle sue braccia per un attimo l'aveva fatta sentire meno sola e il suono dei suoi passi che avanzavano verso la camera da letto continuavano a cullarla in quel dolce sonno che la stava richiamando a sé, alla stregua di una dolce nenia.
Tuttavia, Meizhen non voleva dormire. Quando Wentian la posò sul letto lei lo afferrò per un braccio e lo costrinse ad abbassarsi su di lei, cercando i suoi occhi neri, gli unici che ancora riuscissero a darle sicurezza in quel mondo pieno di incertezze. «Quando mi lascerai?»
Il principe sorrise di fronte quella domanda e si tolse il cappello rosso, facendolo scivolare al suolo. «Hai saputo dello scoppio della guerra, non è vero?»
«Sì, ho saputo» mormorò Meizhen, mettendosi a sedere per continuare a cercare gli occhi del marito.
Wentian si alzò, sbottonando la lunga veste nera e per farla ricadere lungo la schiena. Non si premurò neanche di prenderla, la lasciò al suolo e si privò della cinta che gli fasciava i fianchi, alzando gli occhi al cielo. «L'imperatore non partirà, sarò io a guidare l'esercito in sua vece. A quanto pare, l'esito di questa battaglia dipende da me.»
Meizhen si morse le labbra. La sensazione di angoscia sembrò intensificarsi, fino a chiuderle il cuore in una gabbia. La donna si alzò dal letto e riprese gli abiti del marito, per sistemarli. Wentian era stanco, chissà per quanto tempo era stato costretto a stare in piedi nella Sala della Suprema Armonia, ad ascoltare gli ordini dell'imperatore, senza poter contestare. «Quindi combatterai in prima linea...»
«Mi ha nominato generale delle forze armate. Ha detto che il grande Qing è nelle mie mani» rise amareggiato Wentian, sedendo per sfilarsi gli stivali e mettere i piedi a mollo in un catino d'acqua gelida. «Dall'ora del cavallo a quella del gallo sono rimasto ad ascoltare mio fratello parlare, mettere a punto piani e strategie. Non mi è stato concesso neppure di bere.»
Meizhen, dopo aver riposto gli abiti del marito sul paravento, scalciò via le scarpine e si avvicinò al tavolo posto a un lato della stanza, versandogli in una tazza di porcellana del tè caldo. «Ci saranno altri consigli straordinari dopo oggi?»
«No» mormorò Wentian, accogliendo la tazza di tè e soffiando sul liquido trasparente, su cui galleggiavano varie foglie verdi. «Partirò domani, Zhen'er. L'imperatore ha detto che non c'è tempo da perdere. Prima sistemiamo gli Uiguri, meglio sarà per tutti.»
«Domani» ripeté Meizhen, inginocchiandosi per aiutarlo ad asciugare i piedi. Non poteva credere che avrebbe dovuto salutare suo marito il giorno avvenire, per restare da sola in un palazzo che odiava. Perché era quella la realtà, odiava la Città Proibita. Il luogo in cui era stata umiliata, mortificata, tradita, odiata e persino derubata. «Non posso farcela, Wentian.»
Il principe posò la tazzina vuota su un soprammobile e le fece cenno di sedere al suo fianco, in un sospiro. «Sei un'ottima moglie, ti prenderai cura di palazzo An'chi in mia assenza.»
«Non so nemmeno per quanto starai via» singhiozzò Meizhen, sedendo sul materasso. Si stava trattenendo pur di non piangere, ma una lacrima era sfuggita al suo controllo, tradendo il suo dolore. «Non so nemmeno se ti rivedrò.»
Wentian incurvò le labbra in un sorriso e posò una mano sulla sua guancia, accarezzandole quella singola lacrima. «Mi rivedrai, fidati di me. In passato non avevo nessuno da cui tornare, eppure riuscivo sempre a mettere piede nella Città Proibita vittorioso. Adesso ho te, ho Longfeng. Ho una famiglia che mi aspetta.»
Meizhen sentì la mano del marito scivolare lungo uno dei suoi fianchi e stringerle il qipao fra le dita, in una chiara richiesta lasciva. La donna allontanò quindi ogni pudore e salì a cavalcioni sulle sue gambe, guardandolo dall'alto e avvolgendo le braccia attorno al suo collo. «Sì, hai detto bene, hai una famiglia che ti aspetta e che ha bisogno di te. Io ho bisogno di te.»
Un sorriso incurvò le labbra di Wentian, che si appoggiò al suo collo e cominciò a baciarlo lentamente, lasciando segni di morsi al suo passaggio. Di fronte quella leggera violenza, Meizhen non attese e cercò i bottoni della sua veste, sciogliendoli. Il principe abbandonò la seta verde sul pavimento e la donna poté posare le mani sulle sue spalle, percorrendo con le dita la linea delle sue clavicole. Meizhen spinse il marito sui cuscini e quando gli fu sopra cominciò a lasciare baci umidi sulla sua pelle, mentre lui le strappava l'abito e le sfilava la sottoveste.
Erano stati lontani per troppi mesi, trattenersi era stato difficile, non avrebbero represso la passione quella sera, per niente al mondo.
Meizhen morse il petto del marito quando lui le sciolse i capelli, sottraendo gli spilloni all'acconciatura. Il sostegno di legno ricadde sul materasso e le lunghe ciocche coprirono i loro visi da sguardi indiscreti.
Quando Wentian la costrinse sotto di sé, Meizhen non si ribellò, non subito almeno. La giovane chiuse gli occhi e il principe infilò due dita fra le sue cosce, facendola irrigidire al punto da non poter stare ferma. La donna allargò una gamba, mentre il marito la toccava senza darle un attimo di tregua, facendola inarcare dal piacere. Meizhen gettò ansimi di fiato sulle labbra di Wentian, che inclinò il viso da un lato prima di affondarlo sul suo petto, mordendole i seni, le areole e persino i capezzoli.
Meizhen strinse i pugni pur di non lamentarsi, non voleva rischiare di svegliare il figlio dormiente nella culla. Fu allora che decise di lasciar scivolare una mano verso il basso e sfiorare il desiderio del marito, già turgido.
Nel sentirla osare, Wentian parve soffocare una risata sul suo petto, così smise di stuzzicarle le carni umide, come a invitarla a continuare da sola. Meizhen si morse un labbro e lasciò che le proprie dita corressero lungo la pelle del marito, sempre più velocemente, finché lui non sembrò cedere e lasciarsi andare a un sospiro di piacere.
La giovane si fece forza e spinse l'uomo sotto di sé, smise di toccarlo e adagiò il bacino sul suo ventre. Quando lo sentì premere contro l'intimità drizzò la schiena e posò le mani sul suo addome, guardandolo dall'alto. Non lo aveva mai visto così vulnerabile.
Meizhen si mosse lentamente, finché Wentian non scattò a sedere per circondarle la schiena con le braccia. La donna sentì il petto stretto contro il suo, il desiderio che fino a pochi istanti prima aveva sollecitato scivolare dentro il proprio corpo, e una calda sensazione di piacere farle tremare il cuore.
Meizhen piantò le ginocchia sulle coperte, ormai sgualcite, e agì prima che potesse farlo il marito, dondolandosi avanti e indietro, a un ritmo sempre più sostenuto. Era faticoso, dopo qualche istante le cosce cominciarono persino a dolere, e la pressione di quel corpo estraneo difficile da sopportare senza esternare dei gemiti che non fossero soffocati. Non appena Wentian si accorse della sua stanchezza le afferrò i capelli e glieli tirò all'indietro, invertendo le posizioni.
Quando Meizhen piombò fra i cuscini, decise di restarci. Lasciò che Wentian le afferrasse una coscia e la sovrastasse con il proprio corpo, prima di spingere con tutta la forza che fino a quel momento aveva trattenuto pur di permetterle di comandare.
La giovane posò dunque una mano dietro la nuca del marito e lo costrinse a baciarla, altrimenti non sarebbe stata in grado di inghiottire i gemiti. Era presa da quel momento, talmente tanto che si godette ogni singola spinta e ogni singolo morso.
Wentian non si limitava a baciarla, le azzannava le labbra, le succhiava la lingua, mentre lei affondava le unghie dietro la sua schiena e lo graffiava fino a fargli male.
Ciononostante, quel bel momento terminò in un sospiro affaticato. Wentian si sfogò inondandole il basso ventre di calore, mentre Meizhen, ormai al limite delle forze, abbandonava le braccia fra le lenzuola.
Il principe si tirò fuori dal suo corpo con troppa lentezza, e appoggiò il viso sull'incavo dei suoi seni, lasciandosi ristorare dalla piacevole sensazione che sopraggiungeva dopo l'unione dei corpi, capace di alleggerire la mente e il cuore.
Meizhen, invece, sollevò una mano e la passò lungo la sua testa, fino a raggiungere l'attaccatura dei capelli, racchiusi in quella corta treccia ormai aderita alla schiena sudata e, a tratti, insanguinata.
🥀🥀🥀
Capitolo di passaggio, sappiate che nel prossimo soffrirete u.u. Vi avviso subito così vi preparate psicologicamente al peggio, perché sarà davvero terribile T.T
Scusatemi per il ritardo, ma ho avuto la mattinata piena. Eppure, ho detto giovedì e giovedì è! Il prossimo capitolo lo sforno sabato, sperando che tutto vada per il verso giusto, anche perché ci stiamo avviando verso la fine di questa storia <3. Non siete emozionati? u.u
Fatemi sentire il vostro calore con un commento e una stellina, che mi fanno sempre piacere. E, per chi lo ha, consiglio di seguirmi su instagram al profilo chiarasaccuta.autrice per tante novità u.u
A sabato!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top