Capitolo Quinto

Tra la stanchezza e il dolore, Meizhen aveva finito per addormentarsi nella stanza del medico scorbutico. La mattina dopo, invece, era stata svegliata dai movimenti di Deming. Il giovane era intento a sistemare degli abiti sul comodino accanto alla branda di paglia, aveva il capello che pendeva dietro la nuca, il capo rasato solo a metà, lucido di sudore, e un'espressione di stanchezza sul viso delicato.

«Ti sei svegliata finalmente» la rimbrottò lui, accarezzandole in un gesto confidenziale i capelli. Meizhen arrossì e si mise a sedere, sentendo il ventre sconquassato e le membra dolere. «Hai dormito nella stanza di Yentan per tutta la notte. Sappi che ora ci odia.»

Meizhen si mise in piedi a fatica, scostando le coperte. Faceva caldo nella stanza, per questo non soffrì quando si rese conto di aver indosso solo il doudou di seta, un corpino rettangolare che le copriva i seni gonfi, e dei pantaloni bianchi che le fasciavano le gambe fino al ginocchio. «Mi dispiace, non mi sono nemmeno resa conto di essermi addormentata.»

Deming soffocò una risata nervosa, voltandosi a guardare il cielo oltre la finestra rotonda. Non voleva farla sentire a disagio guardando troppo il suo corpo, sebbene le membra di Meizhen fossero piene di lividi «Non dispiacerti, piuttosto indossa questi abiti. Sarai una dama di tutto rispetto e accompagnerai personalmente tua sorella nello svolgimento delle mansioni a palazzo, dunque ti sarà concesso di vestire in maniera più raffinata.»

Meizhen afferrò la veste intima, che profumava di peonie, e se la mise indosso sentendola aderire dolcemente alle braccia. «Pensi che le altre dame mi rispetteranno?»

«Certo che si, a meno che tu non abbia mire nei riguardi dell'imperatore» le spiegò Deming, aiutandola a vestire agganciando i tre bottoni della sottoveste: due sulla clavicola e uno all'altezza del collo.

Meizhen ci rifletté e prese la seconda veste, raffinata e nera. Sulle maniche strette spiccavano dei ricami floreali che sarebbero emersi dagli orli del terzo abito, di delicata seta azzurra. «Non ho interesse nei confronti di sua maestà, e poi, dopo la brutta figura di ieri, immagino non vorrà più avermi tra i piedi.»

Deming incurvò le labbra in un sorriso mesto e la aiutò a infilare la terza veste. Era lunga e cadeva come un sacco sul corpo. Meizhen la strinse sui fianchi con una cinta di raso, da cui pendevano un sacchetto profumato sul lato destro e una nappa rossa dal sinistro. «Di certo verrai ricordata da sua maestà, ma in negativo. Ora che sei pronta acconciati i capelli e metti questo copricapo» le disse Deming, passandole un cappello simile a un modesto dianzi, fasciato di seta turchese. «Indicherà il tuo grado di superiorità rispetto alle altre dame di corte.»

Meizhen annuì e si legò i capelli in una lunga treccia, poi posò la pesante corona sulla testa e dopo aver infilato le scarpe a vaso di loto, molto più comode, uscì in compagnia di Deming dalla casa del medico. Di lui non vi era traccia, perciò non dovettero salutarlo. «Palazzo Yanxi è lontano da qui?»

«Già, si trova nella periferia della Città Proibita. Tua sorella è stata punita e l'imperatrice le ha assegnato la mansione peggiore di tutte» le spiegò Deming, incamminandosi fra i larghi corridoi del complesso, dove i servi spazzavano e si prodigavano nel portare vassoi colmi di cibo ai sei palazzi. «Spero che saprete come attirare l'imperatore fin laggiù.»

Meizhen sorrise, non era mai stata molto furba, ma Eryue sì. «Sono certa che ci faremo venire qualche idea» disse, fermandosi dinnanzi le porte rosse di un piccolo palazzo. Le dame erano già al lavoro e si stavano premurando mantenere fresco il giardino, abbellito da aiuole di fiori colorati. «Yanxi gōng

Deming annuì e le fece cenno di entrare. «Le nostre strade si dividono qui. Immagino ci rivedremo presto, Zhen'er. Non dimenticare che adesso sono il tuo shàoye

Meizhen rise appena e si inchinò lievemente, cercando di non badare al dolore che si stava espandendo dalle spalle fino alle caviglie. «Verrò presto a farti compagnia» lo rassicurò, per poi scavalcare lo stipite delle porte e inoltrarsi nel giardino del palazzo Yanxi.

La struttura era solida, pareti rosse si innalzavano da un piedistallo marmoreo che culminava in tetti dorati dalle punte arcuate. Tramite una scala di legno si accedeva a una terrazza che le dame si stavano preoccupando di ornare con delle collane di gelsomini e lanterne rosse. Quando la servitù la adocchiò, il loro primo sguardo andò al copricapo. Allora, i presenti smisero di svolgere le loro mansioni per inchinarsi al suo cospetto.

«Gugu» la salutarono le dame e gli eunuchi, con rispetto.

Meizhen tirò un sospiro di sollievo e avanzò con calma sui gradini di pietra, sistemandosi sotto la veranda del palazzo. Nel momento in cui fu coperta dai raggi del sole battente, mostrò un sorriso ai servitori e fece loro cenno di alzarsi. «Il mio nome è Meizhen, spero che potremo andare d'accordo. Serviamo tutti palazzo Yanxi e la sua signora, dunque non scateniamo inutili conflitti e gelosie.»

«Sì, gugu» stavolta fu la voce dei due eunuchi a risuonare più alta di quelle delle giovani dame.

Meizhen comando loro di tornare ai propri lavori e si voltò, spalancando le porte lignee e inoltrandosi nell'arioso corridoio del palazzo. Su dei mobili di legno vi erano dei vasi di porcellana e alle pareti erano stati appesi quadri raffiguranti preziosi paesaggi. Meizhen, però, non si soffermò ad ammirarli e seguì una scia di incenso, raggiungendo la sala da giorno. Questa era appena più cupa delle altre stanze, con due sole finestre rettangolari poste dietro due divanetti divisi da un lungo tavolo. Su uno di essi, sostava Eryue. La giovane era talmente occupata a provare dei nuovi orecchini che nemmeno si rese conto della sua presenza.

Meizhen soppresse una risata e si avvicinò a passo lento, per poi pizzicarle un fianco. Lei quasi sobbalzò e con le sopracciglia aggrottate fece per esclamare. «Stupida serva, come hai...» quelle parole, tanto offensive, le morirono in gola quando i suoi occhi incrociarono quelli di Meizhen.

Quest'ultima fece per indietreggiare, ma Eryue le gettò le braccia al collo e scoppiò in un pianto disperato, che sembrava quasi sincero. I fermagli della sua acconciatura minacciarono di caderle e Meizhen, stringendole i fianchi, finì per incresparle il qipao color miele. «Meimei...»

«Meizhen! Cosa ti hanno fatto? Credevo che ti avessero messa dietro le sbarre!» esclamò Eryue, prendendole il viso fra le mani. I suoi occhi erano colmi di preoccupazione e le sue labbra, invece di essere piegate in un sorriso di sollievo, erano incurvate verso il basso. «Volevo andare da sua maestà a implorarlo di risparmiare la tua vita.»

Meizhen, rassicurata, posò una mano sulla guancia della sorella. Il suo volto era già stato cosparso dalla polvere di riso e le palpebre allungate da una sottile striscia di carboncino. Sembrava diversa, più regale. «Ora sono qui, e non ti lascerò per niente al mondo. Farò di tutto affinché tu possa conquistare il favore, meimei

«Grazie, Zhen'er. Però... ora non potrai più chiamarmi sorellina» sussurrò Eryue, con una certa soddisfazione nella voce. Si allontanò e fece un giro su se stessa, sollevando le braccia in un gesto teatrale verso il palazzo. «L'imperatore mi ha dato un titolo. Ora il mio nome è Shan. Shan guì rén

Meizhen inarcò un sopracciglio a quella risposta. La sorella doveva sentirsi finalmente importante dopo anni passati nell'ombra, e lei non se la sentiva di rovinare i suoi sogni. Dopo tutto, era giusto che non la chiamasse più sorellina. Quella non era la loro casa, ma la Città Proibita, perciò Meizhen si inchinò fino a toccare terra con un ginocchio, le mani poste sul fianco destro e gli occhi bassi.

Completamente servile, completamente sottomessa.

«Sono ai vostri ordini, Shan guì rén

🥀🥀🥀

Doudou: si tratta di un corsetto di seta, può essere di forma romboidale o quadrata, copre il petto e l'addome, ma lascia scoperto l'ombelico e le braccia. 
Gugu: zia
Guì rèn: il titolo di guì rèn, o Nobil Donna in italiano, nell'harem qing era di sei ranghi più in basso dell'imperatrice. 
Shan: Tutti coloro che hanno un titolo, alla Città Proibita, vengono chiamati con dei nomi di cortesia scelti dall'imperatore stesso. Persino Qianlong non è il vero nome del sovrano, ma solo quello datosi per governare l'impero. 

Questo è un capitolo di passaggio molto corto, lo ammetto, ma per concludere in bellezza la settimana direi che poteva starci. Segna l'inizio di una nuova vita per le due sorelle, che già cominciano a modellare i loro caratteri su misura della Città Proibita.

Il palazzo è in grado di mutare anche gli animi più puri, ma le nostre ragazze non saranno sole in questo viaggio. Vi do dunque appuntamento a lunedì per il prossimo capitolo, e vi invito a lasciare un commento e una stellina che mi spronino a pubblicare! A presto!

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