Capitolo Quindicesimo


Meizhen si massaggiò le dita indolenzite e posò sulle cosce il fazzoletto di seta che aveva ricamato per Deming. A un lato del tessuto quadrato spiccava il profilo di un pavone dalla coda variopinta, lucente quanto i raggi del sole mattutino. La dama aveva impiegato tutta la notte per portare a termine il suo lavoro, senza chiudere occhio, ma non ne aveva risentito. Non avrebbe comunque potuto dormire.

Eryue aveva richiesto la sua presenza nella camera da letto, e l'aveva trattenuta fino all'alba. Ora la Concubina Imperiale Shan giaceva sul materasso con lo sguardo rivolto verso il soffitto, le dita intrecciate sul ventre e gli occhi gonfi di pianto. «Secondo te sua maestà mi perdonerà?»

«Meimei» sospirò Meizhen, posando l'ago e i vari fili azzurri e verdi all'interno di un cestello in mogano. «Lascia che ti dica una cosa: l'imperatore non deve perdonarti, dovresti essere tu a trovare la forza di perdonare lui. Non ti ha creduto, trattandoti come se non valessi niente. Non merita di guardarti in viso. Tu vali troppo per lui.»

Eryue sospirò e si mise a sedere. Le tende del baldacchino erano state legate ai lati del letto, così che la Concubina Imperiale potesse avere una visione completa della stanza e non si sentisse occlusa. «Hai ragione, si è stufato di me. Non sono stata altro che un gioco.»

Meizhen si alzo dal pavimento e nascose il fazzoletto sotto lo scollo della veste, per poi sedere al fianco della sorella. Le posò una mano sulla spalla, fasciata dalla veste da notte color oro, e le sorrise con fare rassicurante. «Gli faremo vedere insieme a che cosa ha rinunciato, d'accordo? Questa sera ci sarà il compleanno della Nobile Consorte Chun e tu dovrai splendere più di ogni altra concubina. Quando l'imperatore ti vedrà, non potrà fare a meno che guardarti. A dispetto di tutte le altre.»

Eryue abbozzò un sorriso e le prese le mani, aggrappandosi a lei come aveva sempre fatto, fin dall'infanzia. «Jiejie, pensi davvero che riuscirò a sembrare bella? Ho gli occhi gonfi e...»

«Le donne, quando portano una vita in grembo, diventano radiose. Tu sei piena di grazia, Eryue, e la bellezza è una virtù che ti è sempre appartenuta» rise Meizhen, dirigendosi verso i bauli per cercare un abito adatto all'occasione. Doveva scegliere il migliore, per sua sorella.

La concubina, però, si alzò dal materasso e andò a sedersi di fronte lo specchio rotondo, pettinandosi i lunghi capelli neri. «Eryue... Mi mancava sentire il mio nome, jiejie. Da quando mi trovo nella Città Proibita, le persone non fanno che chiamarmi con il soprannome scelto da sua maestà. Lui ha creato la Concubina Imperiale Shan, e poi l'ha distrutta.»

Meizhen strinse un qipao cremisi fra le mani e si voltò di scatto a guardare la sorella. Da quando Eryue era entrata a far parte dell'harem, era cambiata. Della ragazza spensierata e gioiosa che era stata non era rimasto nulla, se non la sua ombra. «No, meimei. Non devi permettere a te stessa di crollare a causa di un uomo. Fosse anche l'imperatore in persona. Ricordati che tu sei preziosa, a prescindere dalla tua posizione a palazzo.»

Eryue scoppiò in lacrime di fronte quelle parole e Meizhen abbandonò l'abito su di un paravento, per andare a cingerle le spalle. Eryue affondo il viso sul suo petto, singhiozzando con forza contro i suoi seni. «Mi dispiace, jiejie. Non sono forte e determinata come te. Non merito nemmeno la tua gentilezza, o la tua presenza.»

«Ma cosa stai dicendo? Certo che la meriti. Non sarei potuta tornare a casa se non mi avessi permesso di restare come tua dama di compagnia!» le rassicurò Meizhen, accarezzandole le ciocche morbide. Eryue scosse la testa e sollevò il viso, guardandola con quegli occhi grandi, pieni di rimpianto.

«Ricordi la pietra che ti ha colpito durante la tua danza alla selezione delle xiunv?» le domandò la concubina, con voce tremante.

Meizhen annuì, asciugandole il viso, seppur stranita. «Sì, ma questo cosa...»

«Sono stata io a scagliarla» le rivelò Eryue, facendole gelare il sangue nelle vene. Meizhen smise di confortarla e indietreggiò, cercando di fuggire. Tuttavia, la sorella continuò a parlare, dando voce a delle giustificazioni nervose e angosciate. «Cerca di capire! Temevo che se avessimo ottenuto entrambe il titolo di concubine saremmo diventate rivali, e io non... Non potevo sopportarlo. Credevo che l'imperatore avrebbe favorito te più di me, per questo ho rovinato la tua esibizione, ma devi perdonarmi.»

Meizhen si allontanò ancora e chiuse gli occhi, lasciandosi andare a un gemito che non fu in grado di lavare via tutto lo sdegno e la rabbia che stava brulicando sul fondo del proprio petto. Era delusa, delusa dalla sorella che aveva amato e messo davanti a tutto e tutti.

Persino davanti a se stessa.

Non sapeva nemmeno cosa dirle, più la guardava, più Meizhen era costretta a mordersi la lingua. Non voleva urlarle contro, sebbene lo meritasse, perciò tirò un respiro profondo e puntò lo sguardo verso una delle finestre circolari, da cui si riusciva a scorgere un mandorlo senza fiori. Il vento doveva averli strappati via tutti. «Non avresti avuto motivo di essere gelosa, Eryue. Se mi avessi permesso di portare a termine la mia esibizione e fossi diventata una concubina, non avrei mai lottato contro di te. Anzi, avrei cercato di difenderti meglio dall'attacco delle consorti, ma tu hai deciso tutto da sola. Hai deciso per me.»

«Mi dispiace, Meizhen» mormorò Eryue, alzandosi di scatto. Era nervosa, le sue spalle stavano di nuovo tremando. «Ti chiedo di perdonarmi. Sono stata una sciocca. Per favore non... Non abbandonarmi. Sei l'unica persona di cui mi fidi davvero.»

Meizhen si passò le mani sotto le occhiaie e le lasciò scivolare le dita agli angoli della bocca. Se fosse diventata una concubina non avrebbe incontrato Deming e non si sarebbe certo innamorata di lui. Tutto sommato non aveva niente da rimpiangere, anche se l'amarezza che stava provando era destabilizzante. «Non ti abbandonerò, tu sei mia sorella. La mia famiglia. Ma sappi che sono molto delusa.»

«Lo comprendo» mormorò Eryue, avvicinandosi e prendendole le mani, per stringerle nelle proprie. «Ma insieme possiamo ricominciare. Mi farò perdonare, lo prometto. Davvero.»

Meizhen scosse la testa e sciolse quella stretta. Non aveva voglia di stare vicino alla sorella, non dopo ciò che le aveva rivelato. «Ora come ora, mi è difficile crederti. Sappi solo che ti perdono e che continuerò a essere la tua dama. Per oggi fatti vestire da Xun'er. Io devo andare all'Ufficio degli Affari Interni

La concubina abbassò lo sguardo, abbattuta, ma non le impedì di andarsene. «Vai pure, allora.»

Meizhen annuì e guardò in tralice Eryue mentre sedeva mogiamente dinnanzi lo specchio, per ricominciare a lisciare quei meravigliosi capelli di cui disponeva, e che non aveva mai apprezzato. Sempre così insicura, nonostante la propria bellezza.

Meizhen non la consolò, preferendo dileguarsi. La schiena le faceva male e la testa era pesante, eppure la giovane si diresse di fretta oltre la veranda e si inoltrò nel giardino, abbandonando il palazzo Yonghe per dirigersi verso i magazzini della Città Proibita.

Il cielo era terso quella mattina e il sole splendeva, ma un forte vento infuriava producendo un sibilo inquietante fra i corridoi rossi. Meizhen si fermò nei pressi della dimora del principe Haoran, e appoggiò una mano alle mura sanguigne di palazzo An'chi, sopprimendo un singhiozzo.

Non riusciva a credere che sua sorella l'avesse tradita. Eryue era stata sempre codarda, non aveva mai avuto fiducia nelle sue capacità, ma perché nuocere a lei? Solo per egoismo? Meizhen si asciugò una lacrima, ma un'altra scivolò sul suo viso, e poi un'altra ancora. Era impossibile calmarsi senza sfogare la delusione.

La ragazza passò dunque le dita sulle lacrime, voltandosi dall'altro lato quando sentì le porte di palazzo An'chi aprirsi. Fece dunque per andarsene, ma la voce del principe Haoran risuonò forte come un tuono dietro di lei.

«Zhen'er, l'Ufficio degli Affari Interni è dalla parte opposta» le suggerì il principe, che doveva ben conoscere i movimenti mattutini delle dame alla Città Proibita. D'altra parte, il suo palazzo non si trovava in un'area isolata, tutt'altro. Era situato nella Corte Esterna, vicino alla Porta Mediana. Un posto alquanto ambiguo per un principe di primo rango.

Meizhen sapeva di essere stata colta con le mani nel sacco. Decise quindi di voltarsi lentamente e inchinarsi, sperando che il giovane non la guardasse in viso. «Vostra altezza, spero che vi siate svegliato bene.»

«Non mi sveglio bene da non so più quanto tempo» le rivelò il principe, posandole l'estremità del ventaglio sotto al suo mento, per costringerla a sollevare il viso. «Chi ti ha fatto piangere? La tua amata guardia Ru?»

Meizhen si allontanò dal ventaglio e scosse il viso, rivolgendo un sorriso imbarazzato al principe Haoran. «No, lui non oserebbe mai. Ho solo avuto un litigio con mia sorella, nulla di serio. Passerà entro pochi istanti.»

Il principe inarcò un sopracciglio e posò le mani dietro la schiena. Ora i suoi occhi sottili brillavano di una curiosità che non sarebbe stata facile da estirpare. «Un litigio capace di ridurti in questo modo? Non hai mai pianto, nemmeno di fronte le punizioni più dolorose o le umiliazioni peggiori.»

«Perché c'eravate voi a difendermi» gli ricordò Meizhen, riconoscendo la verità dietro quelle parole. Poi avanzò verso l'Ufficio degli Affari Interni, affiancata dal principe Haoran. «Un giorno ripagherò tutti i favori che vi devo.»

«Non ho bisogno di essere ripagato» replicò il principe, incamminandosi con lei in quel groviglio di porte ornate da travi gialle e verdi. «Dimmi, servire la Concubina Imperiale Shan è frustrante?»

Meizhen scosse la testa, facendo così ciondolare i fiori di vetro dallo spillone che Deming le aveva regalato. «No, è frustrante sentirsi traditi da una persona fidata. Mia sorella mi ha confessato che è stata lei a scagliare quella pietra contro di me, durante la selezione delle xiunv. Ora mi sento... talmente delusa. Vorrei aiutarla, renderla felice, perché ho sempre pensato che se lo meritasse, ma ora non ne sono più così sicura. Da quando siamo entrate nella Città Proibita è cambiata. Non la riconosco più.»

«Forse non l'hai mai conosciuta davvero» asserì il principe Haoran, fermandosi a metà strada e facendo cenno al suo eunuco di restare indietro. «Le persone non cambiano, Zhen'er, si rivelano semplicemente per quelle che sono sempre state. Tua sorella non è una brava persona. Ho avuto modo di osservarla abbastanza per capire che non può sopravvivere in questo posto da sola. Lei è debole, non fa altro che aggrapparsi alle tue spalle. Ti sta solo usando.»

Meizhen strinse i pugni in una morsa talmente violenta da sbiancarle le nocche. La verità poteva fare male. «No, non ci credo. Eryue non sarebbe mai così meschina da usarmi.»

Il principe chiuse il ventaglio con uno scatto e la guardò con quel suo sguardo profondo, capace di immobilizzare chiunque con una sola occhiata. «Ogni volta che la Concubina Imperiale Shan si mette nei guai, sei tu che ne paghi le conseguenze. Ti hanno frustata, schiaffeggiata e insultata. Sei sicura di voler continuare a essere il suo scudo?»

Meizhen socchiuse le labbra, ma non riuscì a rispondere. Non aveva alcuna risposta per il principe, vi era solo silenzio in lei, nel suo cuore. Così, Wentian posò una mano sulla sua guancia e le accarezzò una lacrima ribelle, con una dolcezza innata. «Non compiere il mio stesso errore, Meizhen. L'imperatore mi ha tolto tutto quello che avevo, e adesso sono costretto a fingere affetto nei suoi confronti, a presenziare alle sue feste, a lavorare per garantire la sua incolumità. Vivo nella frustrazione da quattro anni, e ti assicuro che non faccio altro che rimpiangere il passato.»

Meizhen appoggiò una mano sopra il braccio del principe Haoran e lo scostò dolcemente dal proprio viso. Non voleva essere brusca, perciò, prima di lasciarlo, gli accarezzò la stoffa verde che gli fasciava l'avambraccio, in un gesto affettuoso. «Non potete andarvene ora? Abbandonare questo palazzo e vivere la vostra vita?»

Il principe scosse la testa, mentre il primo gong del mattino suonava, svegliando la Città Proibita dal suo torpore. «Avrei dovuto pensarci prima. Ma non temere, un giorno sarò libero e spero che anche tu possa esserlo. Non devi vivere per gli altri, né per tua sorella, oppure il palazzo consumerà anche te.»

Meizhen chinò il capo in cenno di assenso. Aveva capito, non avrebbe rischiato troppo per il bene di Eryue, ma non era neanche così cattiva da volerla lasciare da sola. «Vi ringrazio per avermi ascoltato e per avermi confessato le vostre angosce. Cercherò di seguire i vostri consigli, altezza.»

Il principe Haoran le sorrise e si allontanò, non prima di aver dato adito a un'ultima risata. «Se non mi darai ascolto, sarò io a salvarti da una vita di rimpianti.»

«Allora conterò su di voi in caso di fallimento.» Meizhen ritrovò il sorriso e si inchinò, mentre il principe Haoran si allontanava insieme al suo eunuco, oltrepassando la porta a est invece che quella ovest. Doveva starsi dirigendo alla Corte Interna, ma non indossava gli abiti formali.

Quell'uomo era un mistero, c'era di più sotto la facciata che si ostinava a mostrare durante i ricevimenti. I suoi sorrisi non erano veri, forse nemmeno il suo menefreghismo lo era, ma di una cosa Meizhen era certa: il principe l'aveva aiutata ancora una volta, nel momento del bisogno.

Grazie alla sua presenza, la ragazza non si era sentita sola. Nemmeno in quell'ora buia.

Il principe Haoran era stato per lei come un raggio di sole, in un cielo pieno di nuvole.

🥀🥀🥀

«Davvero oggi siamo di guardia alla sala An Le?» sbuffò Baowei, avventurandosi fuori dalla caserma per dirigersi verso il luogo in cui i servi malati venivano isolati dalla corte, per evitare che contagiassero i reali. «Odio quel posto.»

Deming sbuffò e una nuvola di condensa si disperse dalle sue labbra. Quella mattina faceva davvero freddo. «Non temere, sarà solo per oggi. Le guardie che di solito sorvegliano i malati sono stati mandati al distretto Han. Voglio che mi portino altro materiale, e, soprattutto, prove concrete.»

Baowei lo guardò di sottecchi, imboccando con lui i corridoi che circondavano lo Xin zhe ku, la casa del peccato, un posto dove nessuna dama di corte o eunuco sarebbe mai voluto finire. La puzza dei vasi da notte svuotati riusciva a dare il voltastomaco a chi non era abituato al fetore.

«E pensare che i nostri compagni stanno mangiando delle ottime torte di riso in questo momento!» si lamentò Baowei, portandosi una mano al naso. Deming, invece, afferrò il fazzoletto che Meizhen gli aveva regalato e si coprì la bocca, attraversando lo Xin zhe ku senza guardare i servi che lavoravano a sguardo basso. «E quel fazzoletto da donna?»

«Un dono di Meizhen» sorrise appena Deming, lasciandosi alle spalle i cancelli dello Xin zhe ku, per poter accedere ai cortili della sala An Le. «Almeno lei mi fa dei regali utili. Xun'er non ti ha più portato niente dalle cucine imperiali?»

«Abbiamo litigato» borbottò Baowei, osservando con mestizia alcuni servi venire gettati di forza all'interno della stanza della morte: una grande struttura di legno fatiscente da cui tutti sembravano tenersi alla larga. Solo la Consorte Ling, qualche volta, si recava nella sala An Le per fare la carità ai malati. «Ma per il compleanno della Nobile Consorte Chun mi farò perdonare, vedrai. Piuttosto, non mi hai detto com'è andata la tua visita al principe Haoran.»

Deming nascose il fazzoletto sotto la casacca con uno sbuffo e salì i gradini che conducevano alla veranda della sala An Le. «Non hai una domanda di riserva?»

Baowei si appoggiò con la schiena a uno dei pilastri che sostenevano il pergolato. Il loro turno di guardia era cominciato, dopo tutto. Di lì non si sarebbero spostati fino allo scoccare dell'ora di pranzo, quando avrebbero avuto il permesso di lavarsi prima di accedere alla caserma. «Immagino ti abbia trattato in modo indegno. Cosa ti ha detto?»

«Che è stufo dei miei ritardi. Vuole delle novità. Allora perché non va lui a fare il lavoro sporco? Pensa che sia facile tradire i propri simili in nome della grande dinastia Qing?» Deming parlò quasi con disprezzo, e, d'istinto, posò una mano sull'elsa della propria sciabola.

«Faresti meglio a tenere certe frasi per te, amico mio. Se ti sentissero verresti condannato ad almeno ottanta frustate, e dubito che ne usciresti vivo» lo avvisò Baowei, mentre un uomo, un nuovo eunuco che Deming non aveva mai visto a palazzo, porgeva loro una lettera. «Non aspetto missive.»

«Deve essere per me» si affrettò a chiarire Deming, afferrando la pergamena per trovare risposta ai suoi dubbi. Le iniziali di Jianlu spiccavano al bordo del foglio, gli ideogrammi dicevano di tornare alla mansione Fu quella sera a mezzanotte, per dei nuovi comandi.

«Allora, che cosa dice?» gli chiese il suo amico, provando a sbirciare. Deming non gli permise di farlo, non voleva che riconoscesse l'ideogramma che componeva il cognome della famiglia di Meizhen, così chiuse la lettera e la consegnò nuovamente all'eunuco, che si affrettò a portarla via. «Avresti anche potuto farmi dare uno sguardo. Stai diventando spavaldo.»

«Non dire sciocchezze, sto semplicemente indagando e voglio essere sicuro delle mie idee prima di condividerle con gli altri» mormorò Deming che, invece, avrebbe voluto fare in modo che la famiglia Fu restasse fuori da un omicidio di massa. «Non ho riferito nulla al principe Haoran proprio per questo motivo.»

Baowei finse di non ascoltarlo e contrasse il viso in una smorfia, mentre i cancelli si aprivano e la Consorte Ling attraversava lo sterrato con le sue scarpine dalle suole alte, che le facevano guadagnare almeno due spanne d'altezza. Yifan era al suo fianco, quasi insignificante se comparata allo splendore della Consorte Ling. Quest'ultima era avvolta in un qipao di un giallo talmente intenso da sembrare competere con la lucentezza del sole.

Deming si inchinò quando una delle mogli dell'imperatore si riparò sotto la veranda, e Baowei lo imitò, ma rimase in silenzio, preferendo che fosse lui a rivolgere i saluti. «Auguro un buon giorno a sua altezza, la Consorte Ling. Siete venuta qui per donare delle coperte ai malati?»

«Sì, è così» la donna lo guardò con un sorriso furbesco, l'arcuata acconciatura era ornata di perle bianche. «Guardia Ru, voi cosa ci fate qui? Un uomo lodato come voi è stato posto a sorvegliare la sala An Le? Per quale motivo? Siete stato punito?»

«No, mi reputo solo altruista, vostra altezza» replicò Deming, sollevandosi quando la Consorte gli fece un cenno coi copri unghia affilati. «Le guardie che di solito sorvegliano quest'area del palazzo si sono assentate, e io ho deciso di fare loro un favore. Non voglio che perdano il loro posto.»

La Consorte Ling annuì, i suoi occhi scuri erano pieni di bellezza. Anche lei, in passato, era stata una dama di corte. Sapeva che cosa significava vivere alla Città Proibita e sopportare i dolori delle punizioni. Tutta la servitù la amava, e Deming sapeva che era giusto così. «Hai sentito Yifan? L'uomo che sua maestà l'imperatore e sua altezza il principe Haoran hanno designato come primo ispettore possiede virtù e qualità non da poco.»

Yifan sorrise alla sua padrona, ma Deming poté ben vedere la falsità scorrere fra le sue labbra carnose. «Avete ragione, vostra altezza. La guardia Ru è un uomo senza macchia e degno di onore. L'umiltà lo contraddistingue dagli altri servitori.»

La Consorte Ling sorrise soddisfatta e comandò ai suoi eunuchi di aprire le porte della sala An Le, per poi rivolgersi ancora a Deming. «Posso chiedere alla guardia Ru se è disposto ad accompagnarmi dentro questa angusta sala? Non di rado i malati, nell'intento di ringraziarmi, mi impediscono di uscire aggrappandosi alle mie gonne. Ho bisogno di qualcuno che mantenga l'ordine.»

Baowei gli lanciò uno sguardo sornione, e Deming sorrise. Essere preso in considerazione da una delle consorti favorite dell'imperatore non era certo un'occasione da scartare. «Sarei onorato di poter difendere sua altezza. Lasciate che vi preceda.» Detto ciò, il giovane attraversò la soglia delle porte scrostate, accedendo a una sala dalle serrande chiuse.

Fu allora che tutto l'ottimismo che aveva vantato all'aria aperta scomparve.

Nella sala An Le non vi erano mobili, coperte o medicine. Non c'era niente, se non uomini e donne ammassati contro le pareti. Poche lucerne illuminavano quell'ambiente, pregno di respiri ammalati e singhiozzi sommessi.

C'era chi scottava di febbre, chi urlava nel sonno a causa del dolore, chi si teneva le ossa rotte in attesa che guarissero grazie a una fasciatura approssimativa. C'era persino chi, col corpo pervaso di piaghe, aspettava la morte insieme ai ragni agli angoli della sala. Quei poveri disgraziati tremavano, piangevano, ma il loro viso si illuminò di gioia quando la Consorte Ling parlò. La sua voce gentile sembrava riecheggiare come una nenia melliflua in quel luogo opprimente.

«Miei cari, vi ho portato nuovi medicamenti, garze e coperte. Mettetevi in fila e ordinerò ai miei eunuchi di consegnarvi ciò che vi è dovuto» annunciò la donna, e i servi si sollevarono in piedi, senza ammassarsi. Erano troppo stanchi per farlo.

Deming si pose al fianco di Yifan, trattenendo a stento un lamento. Come poteva l'imperatore chiudere gli occhi di fronte tali orrori? Come potevano i reali, a eccezione della Consorte Ling, ignorare ciò che accadeva nella sala An Le?

«So cosa stai pensando» sibilò Yifan, al suo fianco, osservando gli eunuchi consegnare coperte calde e unguenti ai malcapitati. «Ti chiedi per quale motivo nessuno si curi della sala An Le e della sofferenza che vi è al suo interno, non è così, guardia Ru?»

«Non ho niente da dirti» sibilò Deming, ricordando come Yifan lo aveva svergognato, dando retta al principe Haoran il giorno prima. «L'uomo a cui sei tanto devota non fa niente per migliorare questa situazione, mi chiedo con quale coraggio riesci a guardarti allo specchio dopo esserti lasciata usare da lui.»

Yifan sbuffò e sollevò il mento. Quella donna era sempre stata abituata a camminare a testa alta, non avrebbe smesso solo perché colpita nell'orgoglio. «Io non mi lascio usare dal principe. Un giorno sarò sua moglie, o la sua concubina. Ormai mi ha presa, e mi terrà fino alla fine.»

Deming soffocò a stento una risata, mentre una giovane dama dall'aria stanca si accasciava al suolo e la Consorte Ling si abbassava per prenderle la mano. «Sei davvero convinta che un principe di primo rango prenderà in moglie una dama di compagnia? Sarai anche mancese, farai anche parte del potente clan Dinggiri Hala, ma in confronto a una principessa mongola o alla figlia di un duca, non vali niente. L'imperatore non ti permetterà mai di sposarlo.»

«Come non permetterà a te di sposare Fu Meizhen?» sibilò Yifan, proprio mentre la Consorte Ling urlava poiché un uomo col corpo piagato le si era gettato addosso, aggrappandosi alle maniche larghe del suo qipao. «Mia signora!»

Deming sfoderò la spada e corse verso il malato che aveva cercato di assalire la Consorte Ling. La sua mano agì da sola e la spada roteò, sfilettando la gola dell'uomo che ricadde al suolo in un bagno di sangue. La Consorte Ling indietreggiò con una mano sul petto, ansimava ed era sconvolta, ma il suo bel volto presentava anche i tratti tipici dell'indignazione.

«Questo è il modo in cui trattate chi vi fa del bene?» domandò la concubina, sostenendosi con un braccio a Yifan. «In questo palazzo chiunque vi lascerebbe morire, io invece rischio la mia salute ogni mese per garantirvi una qualche forma di guarigione. Questo è il vostro ringraziamento?!»

Gli uomini e le donne si inchinarono, prostrandosi al suolo e chiedendo perdono con la voce rotta dalle lacrime. Un altro malato, però, si fece avanti. Aveva il volto completamente ustionato, il labbro tagliato e il corpo preda di un continuo tremolio. «Vostra altezza, il misero aiuto che ci donate non ci farà avere salva la vita. Mentre voi sguazzate nell'oro e nella seta, noi moriamo nel fango! Se l'imperatore non ci manderà dei medici i vostri sforzi saranno inutili!»

Deming chiuse gli occhi quando le bocche degli ammalati si aprirono, dando voce a esultanze. Erano tutti d'accordo con quell'uomo, che si sarebbe preso solo un attimo di gloria prima di morire al comando della Consorte Ling. Il giovane non poteva stare in silenzio. «Potreste anche accettare ciò che vi viene donato, in attesa che l'imperatore faccia qualcosa.»

«Non farà mai niente!» replicò una donna, afferrando un contenitore di porcellana per schiantarlo al suolo. La crema curativa si disperse sul pavimento percorso dagli scarafaggi. «Quell'uomo disprezza noi Han. Vogliamo essere ascoltati. Vogliamo che faccia qualcosa!»

«Mia signora, andiamo via» mormorò Yifan, venendo bloccata da un altro malato che lanciò le candele che illuminavano la sala An Le verso le tende stantie che coprivano le serrande. Queste presero fuoco in un battito di ciglia e il fumo cominciò a innalzarsi in grosse volute fin sul soffitto. «No! Mia signora, fuggite!»

Deming notò alcuni degli uomini cercare di chiudere le porte con l'ausilio di chissà quale forza. Volevano che la sala An Le bruciasse, con la Consorte Ling al suo interno. Volevano dare un avvertimento all'imperatore, ma lui non poteva permettere che quella donna morisse.

Deming afferrò dunque la Consorte per mano e la spinse con tutta la forza che aveva oltre la soglia delle ante, lei ricadde al suolo, urlando il nome di Yifan prima che le porte venissero chiuse e le fiamme si innalzassero verso il soffitto, divorando il pavimento di legno e i pilastri che sostenevano l'intera struttura.

«Aiuto!» urlò Yifan, pallida dalla paura. Cercò di correre verso le porte, ma due uomini febbricitanti la afferrarono e la spinsero al suolo. A causa della loro debolezza, Yifan riuscì facilmente a liberarsi, per poi correre nuovamente verso le porte ormai serrate.

«Yifan!» urlò Deming, lasciando gli eunuchi indietro per cingere i fianchi della ragazza e impedirle di toccare le porte pervase dal fuoco. «Morirai in questo modo!»

«Allora trova una soluzione!» tossì la dama di corte, aggrappandosi alle sue spalle e affondando il viso sul suo petto. Deming sollevò lo sguardo verso una finestra priva di serrande e si caricò Yifan sulle spalle. Lei sembrò capire al volo e avvolse le braccia intorno al suo collo.

«Non lasciarmi» le sussurrò Deming, brandendo la spada in una mano. «Se vuoi vivere non devi lasciarmi, sono stato chiaro?!»

Il giovane non ebbe il tempo di sentire la risposta di Yifan, che si ritrovò a correre verso la finestra contrapponendosi a coloro che non si erano lasciati uccidere dall'incendio. Gli uomini ancora in vita cercavano di afferrarlo, ma Deming tagliava loro le braccia o le mani. Le urla sofferenti si mescolarono al crepitio delle fiamme, e i singhiozzi di Yifan spronavano Deming a tentare ogni via d'uscita. Doveva salvare entrambi, costi quel che costi.

Fu una donna però a bloccarlo, conficcandogli la punta di uno spillone all'altezza della spalla. Deming sgranò gli occhi e un dolore paralizzante afferrò il suo corpo, mentre la donna, sdentata e anziana, scoppiava in una risata isterica. «I cani dell'imperatore devono morire tutti!»

«Per i ribelli della Giada Verde e della setta Bailian Jiao!» urlò un'altra donna, affondando la punta di un orecchino dietro il collo di Yifan. La giovane strillò e Deming si sentì di nuovo spronato, la realtà gli piombò sulle spalle e il fumo si infilò brutalmente nelle sue narici, facendolo tossire.

«Deming!» urlò Yifan, provocando la sua reazione. Il giovane agitò la spada e uccise le due donne conficcando la lama nello stomaco di una e scalciando tra le fiamme la seconda. Il sangue macchiò le vesti di Yifan, che batté un pugno sulla sua spalla, ormai priva di fiato. Le prime travi cominciarono a crollare dal tetto, facendo strillare di terrore i superstiti fra le fiamme.

Deming abbandonò allora la spada al suolo e afferrò le cosce della dama, correndo verso la finestra che aveva adocchiato poco prima, abbastanza larga da farli passare entrambi. Il giovane impiegò tutte le sue forze, ma riuscì a lanciarsi fuori dalla struttura prima che il tetto crollasse con un boato. La guardia piombò sul terreno arido e perse la presa su Yifan, che rotolò sullo sterrato accanto a lui, prona.

Deming si mise subito a sedere, il cappello rosso era scivolato dietro la schiena e lo spillone conficcato sulla spalla bruciava come il fuoco che si erano lasciati alle spalle. Per la sala An Le non vi era più niente da fare, era crollata sotto il peso delle fiamme, divorando le vite dei servi malati che si erano immolati per una causa più grande di loro. Quella della Giada Verde, e della Bailian Jiao.

Il Loto Bianco.

«Stai bene?» gli chiese Yifan, dopo istanti che parvero interminabili, mettendosi a sedere. Il sostegno triangolare aveva ceduto, i capelli neri ricadevano liberi dietro la sua schiena, agitati dal vento. Il volto era pallido e le labbra totalmente screpolate. «Deming... Stai sanguinando.»

«Anche tu» replicò la guardia, sfilandole la punta dell'orecchino da dietro l'orecchio. Non voleva si preoccupasse troppo per lui. Non erano nulla, nemmeno amici, solo due colleghi di lavoro che si erano ritrovati costretti a collaborare pur di sopravvivere. «Riesci a camminare? Ti riporto dalla Consorte Ling.»

«Ce la faccio, sta' tranquillo» mormorò Yifan, sollevandosi in piedi. «Mi hai salvato la vita. Io... Mi dispiace per quello che ti ho detto a palazzo An'chi. Non avrei dovuto denigrarti»

Deming abbozzò una risata. Non si sarebbe mai aspettato di ricevere delle scuse proprio dall'altezzosa Yifan, ma lei aveva riconosciuto il suo valore, e per una guardia non c'era soddisfazione più grande. «Non preoccuparti, è passato.»

«Ma...» la dama non fece in tempo a ribattere che la voce della Consorte Ling la costrinse a voltarsi verso le porte d'accesso al cortile. Le guardie dell'imperatore stavano facendo il loro ingresso, doveva essere stato Baowei ad averle chiamate, seppur con qualche ritardo.

La Consorte Ling corse verso la sua dama di compagnia e la strinse in un abbraccio premuroso, scoppiando in lacrime disperate. Fra le due doveva intercorrere una vera amicizia, non un semplice rapporto tra serva e padrona. «Vostra altezza, sono viva... La guardia Ru mi ha salvata.»

Deming congiunse le braccia al petto dopo essersi strappato lo spillone dalla carne, poi si inchinò con rispetto. Le regole di palazzo erano chiare, e lui non voleva trasgredire. «Ho fatto solo il mio dovere, non avrei mai lasciato morire la vostra dama preferita, Consorte Ling.»

La concubina si chinò su di lui e posò le mani sulle sue braccia. Deming osò allora sollevare lo sguardo e fissare gli occhi in quelli languidi della consorte, che gli parlò in tono orgoglioso e sincero. «Non hai salvato solo Yifan, ma anche me. Dirò all'imperatore di premiarti stanotte, al compleanno della Nobile Consorte Chun. Tutti devono conoscere la grandezza delle tue gesta e la vastità del tuo coraggio. Sei un dono per la Città Proibita, Ru Deming.»

Il giovane non riuscì a non sorridere. Quello era un onore troppo grande per lui, il raggiungimento di un obiettivo che aveva come fine ultimo la gloria per il proprio casato e per la propria famiglia. «Ringrazio la Consorte Ling per la sua generosità. Non la dimenticherò mai.»

La Consorte scosse il capo, come a congedare i suoi ossequi, e prese per mano la dama, sussurrandole di tornare a palazzo Yongshou. Deming osservò allora le due donne allontanarsi, prima di rimettersi in piedi. Fu allora che Yifan si voltò a guardarlo, i suoi occhi brillavano ancora di una gratitudine che non sarebbe mai stata dimenticata. 

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Capitolo lungo, lo ammetto, ma parecchio importante. Il prossimo sarà più corto, non temete!

E dunque, Eryue ha rivelato la sua colpa più grande e Meizhen ha lasciato che il principe Haoran le asciugasse la lacrime. Inutile dire che nessuno si sarebbe mai aspettato un colpo tanto basso dalla timida Eryue, anche se ormai abbiamo imparato a conoscerla abbastanza. 

Deming e Yifan invece si sono trovati costretti a collaborare, e che dire? Yifan ha finalmente riconosciuto il suo errore, capendo che Deming non è il lurido Han che tanto credeva. 

Nel prossimo capitolo ci sarà un altro colpo di scena, il compleanno della Nobile Consorte Chun non è certo un evento da poco e il nostro principe saprà come mettersi al centro dell'attenzione, perciò non perdetevelo!

Io nel frattempo vi chiedo a lasciarmi un commento e una stellina che mi spronino a continuare la pubblicazione e che mi aiutino a capire il vostro parere riguardo la storia. Vi do appuntamento a mercoledì per il prossimo capitolo!

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