Capitolo Quarantaquattresimo
Meizhen osservò il figlio gattonare infermo sul pavimento, spronato dalle esultanze di Xun'er che, a carponi accanto a lui, cercava di indicargli la retta via spostando morbide palline di seta che il piccolo si divertiva ad acchiappare e a mordere.
La donna chiuse gli occhi quando sentì dei passi concitati provenire dalla veranda. Quella mattina Wentian si era diretto al consiglio di corte e alla sera il sovrano lo avrebbe investito di nuovi titoli e ricchezze, durante un banchetto a cui Meizhen non avrebbe voluto partecipare. Sapeva che sarebbe finito in tragedia. D'altra parte, i membri del Loto Bianco avrebbero invaso il palazzo al calar della notte, e lei non aveva ancora trovato il modo di tenere al sicuro Longfeng.
«Oggi la ce'fujin non ha voglia di cantare?» domandò Xun'er, afferrando il bambino e mettendolo a sedere. Ormai Longfeng riusciva a stare dritto con la schiena senza alcun aiuto e fissava gli occhi in quelli della madre, cercando spesso di attirare la sua attenzione.
«No, a quanto pare no» asserì Meizhen, infilando un ago sotto la stoffa resa tesa dal tamburello da cucito. «Xun'er, devo chiederti un favore. Un favore molto grande, a cui solo tu puoi adempiere.»
La dama aggrottò le sopracciglia e si alzò in piedi, sempre attenta ai movimenti del bambino. «Di cosa si tratta, furen? Non fatemi preoccupare, non avrete in mente qualche strana idea.»
Meizhen sorrise di fronte la sua preoccupazione e le fece cenno di sedere accanto a lei sul divano. «Non è niente di preoccupante, si tratta di Longfeng. Questa sera dovrò partecipare al banchetto insieme a mio marito, e sai bene che se portassi il bambino finirebbe per annoiarsi e piagnucolare. Il principe non può rischiare di essere messo in imbarazzo, perciò dovrai prendertene cura.»
«E chi si occuperà di voi?» le domandò Xun'er, senza trovare il coraggio di sedersi. Non era bene, dopo tutto, che una dama si accomodasse in presenza della sua padrona.
Meizhen scosse la testa, facendo dondolare alcuni spilloni dall'estremità dell'acconciatura triangolare. «Chiederò a un'altra dama di accompagnarmi, mi preme solo che tu ti occupi di Longfeng finché... Non tornerò a prenderlo. Tienilo con te, nella tua casa in città. Ti ho pagato bene in questi mesi, so che la tua famiglia vive in un'elegante dimora. Non si troverà affatto male.»
Xun'er posò una mano sulla sua spalla e gliela strinse, ma, quando le parlò, il suo tono si fece rauco, incrinato dalle lacrime. «Furen, perché mi state dicendo questo? So che non è soltanto per il banchetto... Sta per succedere qualcosa, e io non vi lascerò da sola.»
Meizhen si voltò a guardarla e le strinse le dita, con un sorriso mesto sul volto placido. «Ho bisogno che tu lo faccia senza chiedere, Xun'er. Troppe persone a cui tenevo hanno rischiato di morire, e tu e Longfeng dovete restare al sicuro. Se sei davvero mia amica, fa' come dico.»
«Proprio perché sono vostra amica ho bisogno di voi!» esclamò Xun'er, un attimo prima che le porte venissero spalancate e il principe Haoran entrasse sala da giorno. Era adirato, gli occhi neri brillavano di furia mentre il petto si alzava e abbassava velocemente, coperto da strati di stoffa sopra cui correvano ricami di aironi.
«Porta via Longfeng» le ordinò Meizhen, lasciando ricadere il tamburello da cucito a un lato del divanetto. Xun'er afferrò il bambino fra le braccia, che nel vedere il padre tese un braccio verso di lui, in una richiesta che non venne ascoltata.
Quando la dama si rinchiuse nelle camere di ristoro, Meizhen si alzò dal divano e fronteggiò il marito, cercando di sembrare calma. «Il consiglio è andato male?»
Wentian non le rispose, si limitò piuttosto a stringerle il gomito con una violenza inaudita. «Hai fatto sì che Deming lasciasse l'Ufficio delle Punizioni Accurate senza dirmi niente, non è così?»
Meizhen trattenne il respiro, ma non abbassò lo sguardo. Avrebbe fissato negli occhi suo marito per tutto il tempo che sarebbe stato necessario. «Sì, l'ho fatto. Lui non meritava di morire.»
«La sua vita, così come la sua morte, dipendevano da me!» le urlò addosso Wentian, come mai prima di allora. «Ma tu hai fatto tutto da sola! Volevi salvarlo a ogni costo, e per quale ragione?! Lui ha ucciso la tua famiglia, Meizhen! Lo hai dimenticato, per caso?!»
Meizhen inspirò profondamente. Wentian continuava a criticare il suo operato, senza comprendere le ragioni che l'avevano spinta a prendere quella decisione. «Lui mi ha salvato la vita, non volevo che la perdesse per colpa mia...»
«Ti ha salvato la vita da Ai Lun» asserì Wentian, voltandosi verso la porta. Alcuni eunuchi entrarono, gettando Xiao Yunzi al suolo. L'eunuco stava tremando, aveva le mani piene di sangue, come se qualcuno si fosse divertito a tagliargli la pelle dei palmi. «Hai cercato di salvare anche lei, non cercare di mentirmi!» urlò il principe Haoran, impaurendola.
Meizhen non lo aveva mai visto così. Forse aveva sopravvalutato il suo livello di sopportazione, l'amore che aveva provato nei suoi confronti. Probabilmente entro il tramonto tutto ciò che avevano condiviso sarebbe sfumato come un ricordo vecchio. «Sì, non volevo che morisse. Non voglio più vedere nessuno morire, Wentian!»
«Lei mi ha avvelenato» sibilò il principe, estraendo un pugnale dalla cinta che gli stringeva i fianchi. «Avrebbe voluto uccidermi, e forse avrebbe ucciso anche te, ma tu hai voluto salvarla. Che grande cuore, Meizhen. Che grande e inutile coraggio che hai dimostrato.»
«Inutile...» mormorò la donna, stringendo le unghie sotto la pelle, mentre l'eunuco la guardava supplicante, in cerca di un aiuto che lei non poteva dargli. «Wentian, Ai Lun e Deming sono stati puniti abbastanza. Perché dobbiamo versare il loro sangue?! Perché non possiamo vivere tranquillamente?!»
«Perché io non permetterò che le persone che mi hanno mancato di rispetto possano continuare a respirare. A partire da questo stupido eunuco!» urlò Wentian, affondando il pugnale nella gola di Xiao Yunzi, che sgranò gli occhi soffocando un urlo.
Meizhen rimase paralizzata, con la bocca socchiusa e una mano stretta sul ventre. Doveva calmarsi, respirare, per il bene di suo figlio, mentre Xiao Yunzi, quell'eunuco che aveva avuto la sola colpa di aver eseguito i suoi ordini, crollava al suolo in un bagno di sangue. «No...»
«Sì, Meizhen» Wentian la raggiunse scostando il tavolo basso con un calcio. Teiere e porcellane caddero al suolo, in clangore talmente aspro da farle rizzare i capelli. «Xiao Yunzi ha pagato per la tua mancanza di rispetto, e non è stato il solo.»
«Cosa?» mormorò Meizhen, sentendosi afferrare dal marito, che la condusse in veranda. Una volta fuori, Meizhen si sostenne al parapetto, notando in lontananza il cadavere di Ai Lun abbandonato in mezzo ai fiori. I capelli castani erano sparsi fra le corolle delle peonie, gli occhi rivolti verso il cielo, una mano sul ventre gonfio e la spada di una guardia ficcata nel petto.
Non era arrivata a destinazione. Aveva lasciato quella vita aggrappandosi a una speranza che Meizhen le aveva dato, sbagliando. Sarebbe stato meglio vederla impiccarsi, sarebbe morta con la giusta dignità.
Meizhen non riuscì a trattenere le lacrime e crollò sulle ginocchia, portando una mano alla bocca per mordersi le dita e soffocare così un urlo che altrimenti l'avrebbe tramortita. Wentian, però, non l'aiutò a rialzarsi, semplicemente si allontanò da lei, guardandola come si faceva con un insetto. «L'ho uccisa per colpa tua.»
«No, non è stata colpa mia!» sbottò Meizhen, alzandosi in piedi e colpendo il marito con un pugno sul petto. «L'hai uccisa perché sei un assassino e non hai avuto riguardi nemmeno nei confronti del figlio che lei portava in grembo. Quel bambino era anche tuo!»
Wentian la guardò severo e le strinse il polso, scuotendo il capo e incurvando le labbra in un sorriso per niente rassicurante. «Non mi serve un figlio da una donna che non posso controllare.»
«Pensi di potermi controllare?» gli chiese allora Meizhen, strattonandosi dalla sua presa. «Credi che resterò in silenzio, a guardare le tue malefatte, senza fare niente? Chinando il capo?! No, Wentian, non lo farò mai!»
«Allora resterai chiusa nelle stanze di Ai Lun finché non deciderò sia giunto il momento di liberarti!» la sgridò il marito, facendo cenno a due eunuchi di afferrarle le braccia e trascinarla dentro il palazzo. «Portatela via, lontano dai miei occhi!»
Meizhen non oppose resistenza, sapeva che non avrebbe avuto senso. Doveva mantenersi calma, se non per se stessa, per il figlio che portava in grembo. Se non per i frantumi del suo cuore, per la speranza di poter vedere i cocci del suo matrimonio ritornare a comporre quello splendido vaso che un tempo era stato. Perché l'uomo che le aveva urlato contro, che aveva ucciso un eunuco innocente e la sua concubina a sangue freddo, non era suo marito.
Non era l'uomo che aveva sposato.
🥀🥀🥀
Wentian camminò a passo pesante lungo la Sala della Superba Abbondanza. Era da un po' che non ci metteva piede, forse per sfuggire ai ricordi. Era lì che aveva incontrato per la prima volta Diaochan, ed era sempre lì che aveva danzato con Meizhen.
Il principe sentiva il peso delle mani insanguinate sotto le maniche dell'abito nero, sul cui petto correva un ricamo quadrato rappresentante un dragone argenteo. Il cappello a falde larghe pareva essere diventato improvvisamente più pesante, come se la perla sulla sommità lo rendesse impossibile da indossare, ma lui aveva sopportato disgrazie peggiori di un cappello. Disgrazie che lo avevano plasmato, fino a renderlo una persona nuova, capace di sovvertire l'ordine delle cose.
«Omaggi, fratello imperiale» si inchinò il principe Haoran, una volta giunto di fronte il tavolo più alto, contando i secondi. Ne restavano pochi, e il Loto Bianco avrebbe fatto irruzione a palazzo, per prendersi quella vendetta a cui tanto aveva agognato.
L'imperatore, vestito di dorato, sorrise e gli fece cenno di sollevarsi. Seduti ai lunghi tavoli laterali non vi erano solo le concubine, ma anche i ministri di corte, i membri del consiglio e i capi degli Otto Stendardi. Erano tutti lì, per acclamarlo. «Principe Haoran, non dovete inchinarvi con sottomissione. Ormai siete considerato un eroe. Avete sconfitto gli Uiguri, salvando il grande Qing da una guerra.»
Wentian sorrise, profondendosi in un secondo inchino e notando Li Yu avvicinarsi, seguito da alcuni eunuchi, con degli scrigni dorati fra le mani. «L'ho fatto per il vostro regno, maestà, e per la vostra sicurezza. Spero di avervi servito bene, e di aver servito bene il grande Qing.»
«Lo avete fatto, principe Haoran» si congratulò l'imperatrice vedova Niohuru, seduta al fianco dell'imperatrice Ula Nara. L'anziana lo guardava con ammirazione, e un sorriso soddisfatto era presente sulle sue labbra raggrinzite. «Sono certa che vostra madre, la Nobile Consorte Imperiale Dunsu, sarebbe fiera di voi.»
Wentian smise di sorridere e lasciò ciondolare le mani lungo i fianchi, memore dei rimproveri di sua madre. Era sempre stato troppo ambizioso, troppo sfacciato e menefreghista. Lei gli aveva continuamente intimato di farsi da parte, perché non sarebbe mai stato il prescelto di suo padre, e lui era stato disobbediente. Solo per orgoglio.
«Spero che sia come dite, vostra altezza» si limitò a dire il principe, osservando Li Yu aprire gli scrigni dorati, rivelando delle collane di giada bianca e nera.
«Questi sono i miei doni» sorrise l'imperatore, alzandosi in piedi. Wentian abbassò il capo, per facilitare il compito a Li Yu, che lasciò scivolare le collane lungo il suo collo, mentre l'imperatore continuava con il suo discorso. «Ti nomino duca della regione dello Xinjiang. Quel territorio ti apparterrà. Lascerai la Città Proibita entro la fine del mese, insieme alla tua famiglia, e terrai sotto controllo le rivolte per me. Sei l'uomo più adatto ad assolvere questo compito, fratello.»
Wentian sgranò gli occhi di fronte quelle parole, sopportando in silenzio e indietreggiando di un solo passo. Dunque, era così? Il sovrano aveva deciso di cacciarlo dalla Città Proibita, come aveva fatto coi loro altri fratelli, per donargli una regione ai confini dell'impero?
«Vostra maestà, non sono degno di assolvere questo compito» contestò Wentian, senza prostrarsi. Non ne avrebbe avuto motivo, ormai era solo questione di istanti. «E non desidero tornare nello Xinjiang.»
L'imperatore aggrottò le sopracciglia e sedette, assumendo una posa composta. «Stai forse dicendo che non obbedirai ai miei ordini?»
«Esatto, intendo proprio dire questo» asserì Wentian, mentre dall'esterno cominciavano a provenire degli strani rumori, così come dal soffitto. Rumori di piedi che camminavano sulle tegole dorate del palazzo. «Non lascerò la Città Proibita, né perderò il mio titolo di principe per assumere quello di duca.»
«Ma come osi?!» sbottò l'imperatore, battendo una mano sul tavolo, mentre i ministri si lanciavano sguardi impazienti, nervosi. «Io ti premio, donandoti un titolo per cui milioni di persone ucciderebbero, e tu mi ripaghi così?»
Wentian incurvò le labbra in un sorriso e strinse le due collane di perle fra le dita, strappandosele dal collo e lanciandole a terra, mentre le porte dietro di sé venivano aperte e gli adepti del Loto Bianco penetravano all'interno della Sala della Superba Abbondanza, armati di spade e archi che puntarono ai commensali.
«Che cosa significa?!» urlò l'imperatore, alzandosi in piedi e cercando lo sguardo di Li Yu, preso in ostaggio da una ragazza che aveva portato un pugnale sulla sua gola. «Guardie!»
«È inutile, fratello, nessuno verrà a salvarti» sibilò Wentian, calpestando le perle con la suola dello stivale. «Le guardie sono state uccise dagli uomini della Bailian Jiao.»
A quelle parole, un brusio intimorito si elevò dai seggi occupati dai ministri, anche loro tenuti in ostaggio, sulla soglia della morte. L'imperatore strinse i pugni, senza però perdere il suo contegno, e gli puntò un dito contro, quasi sbraitando. «Sei stato tu a progettare tutto questo, non è vero?! Pensi che te la farò passare liscia?! Pensi che il popolo non insorgerà quando saprà che un usurpatore siede sul trono del drago?!»
Wentian scoppiò a ridere e salì i gradini che lo separavano dal grande tavolo dietro cui sedeva il fratello, battendo entrambe le mani sulla superficie, così da far tremare i piatti e le porcellane. Fissò allora l'imperatore negli occhi, mostrandogli quanto fosse soddisfatto nel prendere il posto che gli spettava, con una corona sul capo. «Fratello, io sono un mancese di nascita, mentre tu sei il figlio di una schiava Han.»
Davanti quella mancanza di rispetto, Qianlong afferrò una bacchetta e cercò di brandirla contro di lui, ma Wentian gli torse il polso e lo gettò sul tavolo, stringendo la mano intorno al suo collo mentre gli uomini della Bailian Jiao si avventavano contro le concubine e i funzionari reali, ferendoli e uccidendoli. In un attimo, la sala del banchetto si trasformò in un bagno di sangue, che inebriò Wentian, facendolo sentire potente.
«Quando tutto questo finirà, ti farò decapitare!» urlò l'imperatore, scansandosi dalla sua presa.
Wentian indietreggiò appena, privandosi del cappello a falde larghe, che gettò al suolo. «Quando tutto questo sarà finito, tu sarai morto!» esclamò, estraendo la spada nascosta sotto la veste nera per brandirla contro un fratello che, per troppo tempo, aveva rispettato.
Le concubine urlarono, implorando aiuto da parte di sua maestà, e lui provò ad avanzare verso di loro, per proteggerle, ma Wentian lo afferrò per un braccio e lo scagliò contro uno dei pilastri che sorreggevano il soffitto, puntandogli la lama al collo. «Dovete guardarle morire, come avete costretto me a guardare Diaochan perdere la vita!»
«Quindi è per lei che stai facendo tutto questo! Non mi hai mai perdonato, per aver fatto quello che giusto!» urlò Qianlong, colpendolo con un pugno alla gola e bloccandogli un braccio.
Wentian sputò un grumo di sangue e saliva, per poi sollevare un ginocchio e sferrare una ginocchiata allo stomaco del fratello. «La cosa giusta?! Avete ucciso la donna che amavo!»
«Faceva parte della stessa setta che ora si piega al tuo comando. Mi avrebbe ucciso alla prima occasione!» borbottò l'imperatore, pallido in viso a causa dei colpi ricevuti. Senza perdersi d'animo, Qianlong agì con un montante basso sotto l'ombelico. Wentian perse allora la presa su di lui, ma brandì la spada, un attimo prima che Li Yu attirasse l'attenzione del sovrano. Qianlong si voltò e sollevò un braccio, afferrando la sciabola che il suo eunuco di fiducia gli aveva lanciato. «Non ti lascerò vivere dopo quest'affronto, Wentian. Hai provocato la mia pazienza per l'ultima volta.»
Il principe rise, sentendo il sapore del sangue bagnargli la lingua, poi si gettò contro il fratello e cominciò a far cozzare la spada contro la sua, cercando di disarmarlo, senza riuscirci. Qianlong manteneva la presa salda sulla sciabola, e non sembrava avere alcuna intenzione di dargliela vinta, per questo Wentian avrebbe dovuto spingersi ben oltre le sue capacità, pur di vincere quella battaglia e appropriarsi della sua vendetta.
🥀🥀🥀
Siamo proprio alle battute finali, mancano solo due capitoli e questa storia troverà la sua conclusione! Vi sentite pronti o temete per la resa dei conti? u.u fatemelo sapere con un commento e una stellina, mentre io vi do appuntamento a mercoledì per il penultimo capitolo!
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top