Capitolo Primo

Pechino, 1750

Quindicesimo anno del regno di Qianlong.

C'era fermento in casa Fu.

Meizhen ripose il tamburello da ricamo sul grembo, osservando distrattamente le serve camminare avanti e indietro lungo il corridoio, con bacinelle d'acqua calda fra le braccia e drappi immacolati fra le mani. Le urla della prima signora sembravano voler squarciare il silenzio della mansione e gli incoraggiamenti delle levatrici non rendevano certo lo stato d'animo delle ragazze tranquillo.

«Forse il parto è complicato» mormorò Eryue, la seconda sorella di Meizhen. Aveva una cetra sulle gambe, gli occhi iniettati di sangue e il volto pallido come quello di uno spirito. «Muqin... Potrebbe non farcela? Io devo andare a vedere.»

Meizhen non fiatò, lasciò che fosse A'luo, la sorella più piccola, ad afferrare Eryue per la manica larga del qipao color miele. «Jiejie, non preoccuparti. La prima signora è molto forte, sicuramente il parto starà durando così tanto perché dentro di lei si nasconde un maschietto.»

Meizhen soffocò una risata e infilò l'ago sul tessuto teso, terminando di ricamare la sua peonia. «Un maschio sarebbe una benedizione per nostro padre. Spero che la prima signora possa donare un erede alla casata dei Fu. In questo modo, gli altri generali dello Stendardo Verde smetteranno di deriderci.»

Eryue sospirò e afferrò tra le mani affusolate una teiera di porcellana, per versarsi del tè al ginseng. Tra le tre, lei era sempre stata la più delicata, con la sua pelle diafana e i capelli neri annodati in cima alla testa, ornati coi migliori fermagli della capitale. «Sono in pena per fuqin, è disperato. Se muqin non darà alla luce un maschio, in futuro, lui non potrà più partecipare alle campagne militari per via della vecchiaia, e allora cosa ne sarà di noi?»

«Meimei» la sgridò Meizhen, lasciando perdere il ricamo. «Che fine ha fatto il tuo rispetto filiale? Se nostro padre ti sentisse, ti obbligherebbe a sposare un vecchio depravato per sostenere le tue spese.»

Eryue finse un'espressione di sdegno, che fece scoppiare a ridere Meizhen e A'luo. Fu proprio quest'ultima ad allungarle la tazza di tè priva del coperchio, forse per rabbonirla. «Nostra sorella non ha torto. Il tuo portagioielli sta scoppiando, razza di vanitosa. Non incarni per niente le virtù femminili.»

«Oh, smettetela di prendermi in giro o io...» Eryue non riuscì a terminare, che il pianto di un bambino invase l'abitazione, riempiendo di gioia i cuori delle tre sorelle.

Meizhen si alzò in piedi e fece per aprire le porte scorrevoli, ma il padre la precedette. Il generale Fu attraversò l'intera sala da pranzo e uscì in veranda, inoltrandosi in giardino. La lunga chioma corvina era racchiusa in una treccia che penzolava sulla schiena, il suo capo rasato segnato dalle vene.

«Laoren!» urlò la dama di compagnia della prima signora, con un fagottino piangente fra le mani sporche di sangue. «Come farò? Come farò a spiegarlo alla padrona...»

Meizhen lanciò uno sguardo alle sorelle, che le fecero cenno di avanzare per chiedere notizie. D'altra parte era lei la primogenita ed era suo diritto chiedere in formazioni senza incorrere in una sgridata. «Che cosa è capitato? Il bambino sta bene?» domandò la giovane, accarezzando il viso del piccolo con un dito. C'era delicatezza in quel volto, coronato da un ciuffo di capelli neri sulla fronte e abbellito da un paio di occhi affilati.

La donna si asciugò il sudore dalla fronte e le porse il fagottino, pur di trovare riposo. «Non è un bambino, xiaojie. La prima signora ha partorito una femmina e vostro padre è su tutte le furie. Pensa di essere stato maledetto...»

Meizhen strinse la copertina con troppa forza pur di smaltire la tensione, mentre la nuova sorella si accaniva contro il suo abito di seta arancione, stropicciandolo con le  manine profumate. La giovane avrebbe voluto coccolarla, ma i piedi avevano cominciato a farle male, racchiusi nelle scarpe a zoccolo di cavallo il cui tacco si trovava al centro della suola. «Eryue, A'luo, venite a scegliere un nome per la nostra quarta sorella. Io vado a parlare con nostro padre.»

«Non è pericoloso, jiejie?» le domandò A'luo, che aveva solo dodici anni. I pesanti orecchini di perle, tre per ogni lato dell'orecchio, secondo la moda mancese, le dondolavano sui piccoli lobi. «Sai che fuqin, quando è arrabbiato, diventa violento...»

Quella minaccia era tangibile, talmente tanto che persino Eryue si era messa a guardarla con preoccupazione. Meizhen contrasse le labbra carnose in una smorfia di angoscia, ma scosse comunque il capo, lasciando che qualche ciocca corvina le incorniciasse il viso roseo. Doveva farlo. «Non preoccupatevi, sorelle mie. Tornerò al più presto.»

Senza lasciar loro il tempo di parlare, Meizhen uscì in veranda e si inoltrò nel giardino. Sapeva che suo padre si era rifugiato nel padiglione occidentale, così seguì a stento un sentiero costeggiato da alberi di pesco su ambedue i lati. I piedi le dolevano e il vento caldo dell'estate le increspava la gonna rigida, tuttavia la giovane riuscì a raggiungere indenne al luogo designato.

Il padiglione occidentale era una piccola struttura marmorea dal tetto spiovente, di tegole rosse. Lì sotto vi era suo padre, in compagnia della sua dama favorita.

Meizhen prese un profondo respiro prima di salire i tre scalini e fermarsi dinnanzi il generale Fu. Si inchinò rispettosamente, posando le mani sulla coscia destra e piegando la sinistra, compiendo uno sforzo immane pur di restare in equilibrio. «Fuqin, ho saputo che non siete contento della nascita...»

L'uomo scagliò un piattino di porcellana a terra, facendola indietreggiare per lo spavento, e si alzò. La lunga veste verde, fermata da una cinta dorata sui fianchi, ondeggiò insieme a lui. «Quale immenso peccato ho commesso perché le mie donne debbano partorire solo inutili femmine?!»

Inutili.

Quella era una parola che Meizhen aveva sopportato troppo spesso, ed era stufa di restare in silenzio senza poter ribattere. «Fuqin, non preoccupatevi. Non tutto è perduto, nemmeno la vostra reputazione.»

L'uomo incurvò le labbra screpolate in un sorriso, poi sbatté con forza le mani sul parapetto osservando il cielo limpido tingersi dei colori del tramonto. «Che ne sai tu della mia reputazione, Zhen'er? Sono diventato uno zimbello fra gli uomini dello Stendardo Verde. Come se non fosse già una tragedia essere nato Han in un regno dominato dai Manciù.»

Meizhen abbassò lo sguardo e tirò un lungo sospiro. Le dita di suo padre stavano tremando, segno che di lì a poco le avrebbe sferrato uno schiaffo. «Fuqin, permettetevi di contraddirvi. Io ed Eryue siamo in età da marito, se sposassimo un membro degli Otto Stendardi la vostra fama accrescerebbe senza dubbio.»

Il generale Fu si mise a ridere e la afferrò per il collo, spingendola contro uno dei pilastri che sostenevano il tetto. La dama in servizio urlò al padrone di lasciarla, ma lui non la degnò di uno sguardo, preferendo fissare gli occhi in quelli di Meizhen. «Davvero pensi che un rampollo appartenente agli Otto Stendardi metterebbe gli occhi su di te? Meizhen, sai cosa pensano i mancesi di noi. Le donne Han sono buone solo a letto, il più delle volte diventano concubine.»

La giovane venne scaraventata al suolo e i tre orecchini sul lobo destro le frustarono la guancia, mentre l'acconciatura triangolare sopra la nuca perdeva i suoi fermagli dorati. «Fuqin, io volevo solo aiutarvi. Non avrei mai pensato che...»

«Tu non devi pensare, Meizhen» il generale Fu sedette sullo sgabello di fronte al tavolo e fece cenno alla propria serva di aiutarla ad alzarsi. «Tu ed Eryue entrerete a palazzo come Xiunv entro la fine del mese. Dato che il vostro destino è quello di servire come amanti, per lo meno diventate le concubine dell'imperatore. Se così non fosse, non tornate. Non ho bisogno della vostra presenza in questa casa.»

Quelle parole furono peggio di una legnata. Meizhen non avrebbe mai voluto essere una concubina, attendere in un palazzo l'arrivo dell'uomo più potente della nazione ed essere dimenticata dopo il primo utilizzo. Eppure, non aveva altra scelta. Ciò che fuqin diceva, si faceva, e lei non era altro che una donna. Non aveva il potere adatto a contrastarlo, forse mai lo avrebbe avuto.

«Ringrazio fuqin per la sua benevolenza...» mormorò, inchinandosi con malagrazia prima di percorrere a ritroso la strada fiancheggiata dai peschi. Non sapeva con quale coraggio si sarebbe presentata alle sue sorelle, né come avrebbe fatto a spiegare a Eryue il triste destino che le attendeva.

🥀🥀🥀

Fuqin: Padre
Muqin: Madre
Jiejie: sorella maggiore
Meimei: sorella minore
Laoren: anziano signore
Xiaojie: signorina
Xiunv: erano così chiamate le nobili fanciulle di Pechino che partecipavano alla selezione per diventare le concubine dell'imperatore corrente.
Qipao: Le donne mancesi erano costrette per legge ad indossare un abito chiamato qipao, largo e dritto, che copriva completamente le forme femminili.
Stendardo Verde: L'Esercito dello Stendardo Verde era il nome di una categoria di unità militari sotto il controllo della dinastia Qing nella Cina imperiale. Era composto principalmente da soldati di etnia Han e attivo in concomitanza con quello delle Otto Bandiere costituito da soldati manciù, mongoli e alcuni Han cinesi
Otto Stendardi: Unità militari al servizio completo dell'imperatore durante la dinastia Qing, nella Cina imperiale. Era composto solo e unicamente da soldati di etnia mancese. Erano la classe dominante, i nobili veri e propri della capitale.

L'avete vista quella copertina stupenda? Mi è stata fatta dalla bravissima @sheilaroug! Andate a dare un'occhiata al suo servizio di grafica, specialmente se vi serve una copertina. Non ve ne pentirete!

Allora, eccoci qui col primo capitolo di questa nuova storia. Vi è piaciuto? I personaggi vi ispirano? Fatemi sapere cosa ne pensate, sapete che i voti e i commenti di chi mi segue mi spronano a continuare con la pubblicazione. Al contrario, se state in silenzio mi intristisco :(.

Se avete dei dubbi o non avete capito qualcosa, scrivetemi pure. Sono aperta a tutte le vostre domande.

Vi do appuntamento a venerdì per il prossimo capitolo!

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