Capitolo 38
Sospiro e lo guardo provando a rassicurarmi <<dimmi la verità>> feci una smorfia di confusione che subito cedette per il dolore <<è stato lui?>> Scossi la testa infastidita dalle sue insinuazioni <<non sono stupido e tanto meno ingenuo, non sei la prima donna maltrattata dal proprio ragazzo che arriva in pronto soccorso>> scuoto con forza la testa e balzo in piedi. Come poteva passargli per la testa? Benjamin è sempre stato la dolcezza con me!
<<No...>> Mormoro prima di fare la smorfia di dolore che ormai mi perseguitano.
<<Non difenderlo. Si vede da chilometri che è di quella categoria, come fa il carino dopo averti deformato il viso>> non saprei dire cosa mi spaventa di più: se l'idea che il mio ragazzo sembri un maniaco sessuale o che ha detto che ho il viso deformato o che questi idioti non credono alla situazione. Da quanto mi hanno spiegato hanno chiamato un'ambulanza per Luca ed ora lo stanno operando... Fede so che si è fatto male da solo per poter far sembrare che Luca lo abbia colpito e ci sia stata una lotta più... mh... vera? Non so bene come spiegare la situazione <<Allora>> dopo avermi palpeggiato il viso quella parola seguita da un sospiro mi fece solo sentire peggio <<devo farti fare dei raggi e assicurarmi di sbagliarmi... potresti avere la mascella rotta, ma il fatto che minimi movimenti per parlare tu riesca a farli mi porta ad essere positivo. Dopo vedremo come agire, mi assicurerò di seguirti io se per te va bene>> stavo per scuotere la testa quando entra un'infermiera e lo prende in disparte e poi lui mi molla con lei.
Dopo 4 ore riescono a finire tutte le procedure e i controlli e mi piazzano in una stanza da sola finchè non entra il dottore che mi guarda sconsolato. Fanculo. Le brutte notizie sono all'ordine del giorno e la mia poca pazienza fa loro compagnia.
<<Ehi...>> Accenna un sorriso quasi tenero, se non fosse che vuole sbattere Benjamin in carcere senza un vero motivo <<devo darti alcune notizie buone e altre cattive, pronta?>> Nel suo sguardo leggo che si aspetta una risposta e mi limito ad annuire non riuscendo a parlare concretamente.
FEDE'S POV
Le dita di Margherita stringono la mia mano, il suo pollice accarezza dolcemente il mio dorso, il suo sguardo è perso come il mio in un punto impreciso del pavimento. Cosa mi aspetta, cosa ci aspetta? Quel ragazzo mi ha veramente distrutto la vita. Il vero problema è che sono un'icona, una piccola stella che si incula una piccola parte del mondo, ma quella piccola parte del mondo è il mio tutto e non voglio perderlo e tantomeno voglio perdere Margherita. Perché non mi sono semplicemente fatto gli affari miei eh? Perché ho voluto portare Benjamin in vacanza? Se solo fossi stato un normale amico che raggiunge un'amica, se solo fossi stato normale... Ma cosa ne so io di normalità? La normalità non mi appartiene più, non so cosa significa uscire un pomeriggio per passare del tempo con mia madre e tantomeno cosa significhi uscire per abbracciare mia sorella e passeggiare per il parco con la mia nipotina. Ho perso il sapore dei piccoli gesti e delle piccole soddisfazioni, tre quarti di quello che mi passa davanti è scontato e quel poco che invece non lo è resta un'eccezione di un'ora o poco più. No è bello, ma proprio per un cazzo. Quando ti rendi conto che hai perso tutto quello che ti apparteneva per qualcosa che credevi sarebbe stato meglio, qualcosa che credevi sarebbe stato effettivamente qualcosa. Mi sento vuoto, privo di sentimenti o sensazioni, privo della possibilità di essere qualcosa che va oltre l'essere qualcosa, voglio di più e nessuno lo sa, a nessuno importa se sto piangendo dentro perché non posso permettermi di mostrarmi debole o... Oserei dire umano. I miei sono solo pensieri, parole, sfilze di parole, che non mi scivolano mai alle labbra, che restano in questi pochi centimetri quadrati della mente.
<<Signor Rossi, la pregheremmo di entrare insieme alla sua compagna>> mi riprendo, come margherita, dal mio stato di trans entrando in una piccola stanza dalle pareti bianche e rovinate con ragnatele agli angoli, un armadio metallico contro l'angolo sinistro, una grande finestra dietro una scrivania leggermente disorganizzata dotata di molte cartelle e un computer che sembra appartenere all'era di mio nonno e se ve lo state chiedendo: no, mio nonno non aveva computer. L'uomo in divisa che ci aveva chiamato prima ci invita a prendere posto nelle due sedie davanti alla scrivania e posa su quest'ultima un registratore. Con un sospiro leggero e rapido raggiunge una piccola postazione che non avevo notato dotata di macchina da scrivere, quello che sembra un banco di scuola e una sedia a dir poco rotta.
<<Salve>> un uomo sulla quarantina, barbuto, abbastanza alto, capelli ricci e sorridente prende posto davanti a noi sospirando <<come state ragazzi?>> Cambia radicalmente umore leggendo un post-it attaccato allo schermo della scatola adottata come computer.
<<La prego, possiamo saltare la prassi e andare dritti ai fatti?>> Esordisce Margherita che al mio fianco ha accavallato le gambe e si sta torturando una mano.
<<Si, certo, immagino che per lei la situazione sia molto stressante>> un altro lamentoso sospiro abbandona le labbra dell'uomo che sembra voler marcare il suo già marcato accento toscano.
<<La pregherei di lasciarci prima raccontare i fatti e di fare in seguito le domande>> mi sistemo sulla sedia e lo osservo, ho bisogno di parlare, di dire, di spiegare.
<<In realtà, non avete nulla da raccontare, perché quell'uomo è un ladro di identità>> risponde con una calma e una serietà glaciali.
<<Come?>> Mormoro confuso anche se in realtà il concetto è semplice e l'ho incorporato subito.
<<Ecco come andranno le cose...>> L'altro uomo in divisa smette di ticchettare con la macchina da scrivere.
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