CAPITOLO 22: TENSIONI

Lady Lit era sempre più preoccupata e noi ragazzi eravamo sempre ognuno nelle proprie case, senza uscire e senza fare visita l'uno all'altro. Quel pomeriggio ognuno si esercitò con il proprio compagno, ma ogni cosa, ogni intesa, ogni azione, ogni confidenza era assente. Era come se nessuno si conoscesse; tutta l'amicizia che c'era era crollata come un castello di carta. Non ci guardavamo in faccia, eravamo indifferenti l'uno con l'altro, perfetti sconosciuti. Una situazione fredda che non mi piaceva per niente.

Ma, nonostante tutto, quella sera Laurie venne a trovarmi:

- Ciao, Debby!

- Ciao.

Si sedette vicino a me e disse:

- È orribile ciò che sta accadendo.

Abbassai lo sguardo a terra.

- Non voglio che pensi che sia io la traditrice - disse.

- Io non penso niente - risposi - io non mi posso fidare di nessuno, come te del resto.

- Come puoi non fidarti di me? O di noi altre?

- Non dovresti fidarti nemmeno tu.

- Non posso crederci - si alzò e se ne andò, la chiamai ma se ne andò subito.

Feci per chiamarla, ma mi ignorò. Scoppiai a piangere dal nervoso. L'avevo cacciata via. Avevo cacciato una mia amica, senza sapere se fosse davvero lei la traditrice. Dopo tutto quel tempo, come potevo comportarmi così? Come poteva comportarsi così la spia? Andai a sciacquarmi la faccia, e mi guardai allo specchio: forse davvero tutto ciò era assurdo. Forse davvero era impossibile uscire vivi dalla battaglia, dal nostro destino. Forse era veramente come diceva Walter. Walter. Non riuscivo a vedere nessuno come probabile traditore. Nessuno. Erano i miei amici, quelli là fuori, compagni di una vita.

Mi affacciai alla finestra di soppiatto e li guardai tutti: come potevano cadere cosi in basso? Philip e Greg mi guardarono pensierosi, io feci lo stesso quando Greg mi scoprì ad osservarlo; Vanessa e Fanny si scontrarono e non si girarono nemmeno per chiedere scusa; Dave era sulla veranda, seduto sul dondolo con le braccia incrociate e lo sguardo a terra. Era difficile da dire, ma eravamo in pericolo anche il quel momento. Jack, senza alcuna tensione, venne verso di me.

- Andiamo a fare una passeggiata giù al mare?

Al mare?

- Jack, ma che stai dicendo?

- Che c'è?

Continuai a guardarlo con aria interrogativa. Si fece serio d'un tratto.

- Tu pensi che sia io - affermò.

- No, io non penso niente - risposi - ma come fai a fare finta di niente?

- Perché so che il traditore non sono né io, né te.

Esitai: dopotutto lo conoscevo da poco tempo. Ma non volevo credere che potesse essere lui. Non avrebbe avuto senso. O forse si. Ma perché poi l'avrebbe fatto? Ero arrivata al punto di pensare anche le cose più brutte, ma non potevo credere che fosse stato così codardo da mettermi a bada per tutto quel tempo. Non poteva. Lui era sincero, lo era sempre stato, anche nei suoi difetti. Non mi avrebbe mai fatto del male. Nonostante il problema, mi resi conto che mi fidavo ancora di lui, o meglio che volevo farlo, ma Lady Lit era stata chiara: nessuna confidenza a nessuno. Ma come dovevo comportarmi con lui?

- Jack - mi soffermai - devo obbedire a Lady Lit.

Si sentì colpito come da una doccia fredda all'improvviso.

- Capisco - annuì.

- Jack...

- Buona serata - disse tutto d'un fiato andandosene.

Mi lasciò spiazzata. Se ne andò e mi lasciò con lo sguardo perso nel vuoto e con le lacrime agli occhi. Il pensiero di essere sola mi uccideva. In un altro momento se avessi pianto, Greg o le ragazze sarebbero venuti a soccorrermi e invece, a parte i miei singhiozzi, regnava il silenzio più totale intorno a me. Mi mancavano, mi mancavano tutti.

L'indomani mattina scesi al mare. Il cielo era azzurro, con poche nuvole, non sembrava ci fosse nessun segnale di avvertimento per il giorno dopo.

Misi i piedi nell'acqua e respirai più che potevo tutta l'aria fresca e pura. Era bellissimo quel posto e l'acqua era cristallina. Ho sempre voluto andare in quei posti tropicali e stare da sola. Io e il suono delle onde. Volevo godermi tutta quella pace che c'era, prima della battaglia.

Dopo pochi minuti vidi Philip da lontano che mi stava raggiungendo.

- Ciao - mi disse.

- Ciao.

- Sei pronta?

- Per cosa?

- Per domani. Sono molto preoccupato. Come va la gamba?

- Ormai è passato.

Passò qualche secondo, poi mi chiese:

- Ti fidi di me, vero?

- Io non posso fidarmi di nessuno.

- E di Jack?

Lo guardai per un istante e abbassai la testa. Aveva già capito la risposta.

- Non ci posso credere - disse.

- È il mio fidanzato, Philip.

Era il mio fidanzato?

- Si, è il tuo fidanzato, ma sei così sicura che non ti stia mentendo?

- Perché dovrebbe farlo?

- E perche dovrei farlo io?

- Ma non sto dicendo niente! - replicai seccata.

- Il tuo comportamento parla chiaro!

Non sapevo cosa rispondere, del resto poteva aver ragione. Come poteva non averla. La questione era così sottile che era impossibile trovarvi differenze o perlomeno qualcosa che distinguesse chi era il traditore da chi non lo era.

- Debby, ascolta - si ricompose - prendendomi la mano - io voglio che tu capisca che io non voglio farti del male, in nessun modo, qualsiasi cosa accada.

- Lo so - risposi.

Si avvicinò per abbracciarmi, ma fu in quel momento che vidi Jack. Ci raggiunse in un attimo.

- Ciao Philip! Ciao Debby - ci salutò con un mezzo sarcasmo - vi ho disturbati?

Capii che era furioso per ciò che Philip mi aveva detto e mi guardò con aria interrogativa.

- Jack...

- La ami? - disse Jack a Philip.

Philip esitò a rispondermi, mi guardò, poi confermò. Jack mi guardò e disse:

- Tu lo sapevi?

Deglutii e poi risposi di si.

- Perché non me l'hai detto?

- L'avrei fatto, ma tu sei stato così scontroso con me in questi giorni.

- Non sono stato scontroso, sei tu che non ti fidavi perché dovevi dar retta a Lady Lit.

- Ragazzi, per favore... - si intromise Philip.

- Tu non intrometterti - gli rispose Jack in tono freddo.

- Voglio solo evitare di fare scenate.

- Ho detto che devi stare zitto!

Si guardarono in un modo così violento che capii che dovevo separarli o la battaglia sarebbe stata tra loro due. Spinsi via Jack, mentre nel frattempo disse a Philip di stare al suo posto. Ma spingendo Jack, lui stava camminando per andarsene. Lo raggiunsi.

- Jack, stai calmo - gli dissi.

- È meglio che io vada.

- Aspetta.

Ma se ne andò, lasciandomi lì ancora una volta.

- Sei proprio un bambino quando fai così, lo sai? - gli urlai.

Si fermò di botto. Rimase fermo per un istante, poi si voltò e me lo ritrovai in un attimo avanti. Era incredibile come fosse così veloce.

- Ero venuto per parlare, mentre ti trovo con questo. Il bambino chiede scusa - ironizzò.

Ma era ovviamente arrabbiato. Lanciò una brutta occhiata a Philip e fece ancora per andarsene, ma lo ripresi:

- E allora resta - gli dissi - non ti ho detto di Philip perché tu avresti avuto questa reazione e non ce ne sarebbe stato bisogno perché io amo te. Fidati di me...

Philip era lontano e non sapevo se avesse sentito, ma poco importava. Non potevo assolutamente perdere Jack. Anche se le situazioni mi obbligavano a farlo, in un certo senso.

- Ci credo - mi interruppe - va bene. Ti credo. E tu ti fidi di me?

Non risposi.

Sospirò.

- Bene, non c'è bisogno che io resti, se non ti fidi - disse - ci vediamo dopo, semmai.

Parleremo senza che lui sia presente perché la questione è nostra.

Se ne andò. Feci per replicare, ma se ne andò in un batter d'occhio. Volevo spiegargli quanto volevo invece fidarmi di lui e che nel cuore del mio cuore già lo stavo facendo. Philip mi raggiunse.

- Debby, ti chiedo scusa.

- Per cosa?

- Se è successo questo è anche colpa mia.

- Non centri niente, tu - dissi fissando il vuoto - è una cosa tra me e lui.

Philip rimase in silenzio.

- Philip, io ti voglio bene, ma non puoi pretendere altro da me.

- Vorrei tanto che non bastasse, però dimmi che non cambierà niente tra noi. È importante.

- Te lo prometto.

Sapevo che per Philip non era la stessa cosa e io non sapevo come comportarmi con lui. Non gli avrei mai fatto del male, ma evidentemente gliene stavo facendo pur non volendo.

Prima di tornare a casa tentai di parlare con Jack, ma senza risultati. A casa non c'era e non era nemmeno da Lady Lit. Volevo chiarire quella situazione, poiché aveva capito diversamente ciò che gli avevo detto.

Dove si era cacciato?

Ritornai a casa verso l'ora di pranzo. Incontrai Lady Lit e la invitai a farmi compagnia: mi sfogai con lei di ciò che era successo; era in grado vedere le cose da un altro punto di vista, forse un punto di vista più saggio del mio.

- Io vorrei solo che lui capisse quello che intendo - dissi - non gli ho mai detto di concludere il

nostro rapporto, né che voglio farlo perché c'è di mezzo Philip.

- Gliel'hai detto?

- Beh, in un certo senso.

- "Un certo senso" non è chiarezza.

- Mi dovrebbe capire comunque.

- Lui ti capisce, ma è come la maggior parte degli uomini innamorati: è geloso.

- Come può essere geloso se mi ama? Dovrebbe fidarsi.

- Ma lui si fida, te l'ha detto. Tu stai facendo solo ciò che ti ho chiesto di fare e lui lo capisce perfettamente. È che ha paura di perderti, solo questo. E manifesta tutto ciò con questa rabbia.

- Perché dovrebbe perdermi?

- Più ti tieni a distanza per la cosa che è accaduta, più avrà paura di perderti: in fondo vi conoscete da poco, non sa come sei o come ti comporteresti in questi casi. Invece di litigare dovreste spiegarvi, restare uniti e allo stesso tempo essere consapevoli di tutto ciò che è accaduto.

Aveva ragione. Le liti non sarebbero servite a niente, ma per me era importante che lui mi capisse.

Vidi Lady Lit pensierosa, così le chiesi a cosa stava pensando.

- Sembra che ci sia un nuovo pericolo per la battaglia, ma non riesco a capire quale.

- Che vuol dire? - dissi.

- Sarà solo una mia impressione.

Mi disse che era stanca, così lasciai che tornasse a casa. Non so cosa fecero gli altri quel pomeriggio, ma quel giorno volevo restare da sola. Ripensai alla mia vita prima di Cornflower, a quanto era semplice per così come era. Una vita normale. Pensai al sogno notturno che aveva dato inizio a tutto questo. Pensai al mio destino, pensai che la vita che avevo non me l'ero scelta.

Ripensai alle prime volte che venimmo qui, allo stupore davanti alle meraviglie di Cornflower, a Jack, al nostro rapporto prima della nostra relazione e a quanto esso fosse cambiato fino a quel giorno. Pensai che volevo averlo qui adesso, ma il destino ancora una volta aveva deciso al posto mio che quello non era il momento. Ripensai persino anche a Lucy, al fatto che probabilmente non l'avrei più vista. Ripensai alla danza e a Ily: lei avrebbe saputo vederci chiaro in tutta questa situazione. Ripensai ai miei compagni, uno per uno. E poi pensai a mia madre che mi è mancata immediatamente da quando misi residenza fissa a Cornflower. Pensai a Moror e all'imprevisto indecifrato che aveva visto Lady Lit, alla battaglia che mi attendeva a poche ore e capii che le cose erano cambiate, noi tutti eravamo cambiati.

Guardai fuori la finestra sospirando: il cielo cominciò a oscurarsi raccogliendo nuvole. Il giorno era arrivato.

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