CAPITOLO 11: PRIMA LEZIONE DI PRATICA
All'uscita di scuola, tornai a casa di corsa.
- Ciao, mamma! - gridai.
Mi salutò e andai in camera. Passai dalla scrivania e entrai a Cornflower; c'era la prima prova di pratica quel giorno ed ero proprio curiosa di cosa avessimo potuto fare. Cominciai a correre e, varcando la soglia della stanza delle lezioni, tutti si girarono, compresa Lady Lit, che, a mia sorpresa, non si alterò per il mio ritardo. In prima fila c'era Jack, solo al banco, che ignorò la mia presenza, mentre io mi sedetti vicino a Fanny. Era ancora arrabbiato con me dalla festa? Dopo aver scoperto che era lui l'altro membro, anche a scuola ogni volta che mi vedeva cambiava strada. Era ridicolo. All'inizio non diedi troppa importanza alla situazione, infatti cominciai a evitarlo anche io, ma sapevo che se andava troppo per le lunghe avrei dovuto affrontarlo.
Sulla cattedra c'erano i nostri libri che Lady Lit ci distribuì.
- E la lezione di pratica? - chiese Laurie.
- Ci sarà dopo - cominciò Lady Lit - che avrete studiato un po' di teoria. Io vi consiglio di uscire in giardino... troverete più ispirazione e più serenità. E... occhio alle stagioni!
Già. Quel giardino era veramente fantastico!
- Così sei il capobranco?
La voce di Jack interruppe i miei occhi affascinati, quando uscimmo dalla Home.
- Già - risposi - stavo pensando di organizzare una riunione anche fuori da Cornflower per studiare insieme...
- Io studio da solo.
Aggrottai la fronte, sperando di non aver sentito bene.
- Beh, potresti provare a stare con noi. Lady Lit ha detto...
- Di studiare insieme, si, lo so - completò la frase annoiato - ma vedi, io frequento l'università... so bene come si studia.
Ma chi si crede di essere?!
- Allora, visto che sei tanto bravo, insegnaci - risposi ironica.
Mi guardò come se fossi una deficiente. Alzò le spalle e si allontanò.
- Ah - mi disse con aria superiore - non ce l'ho con te, se per caso l'avessi pensato.
Che stronzo.
- E allora - ripresi - cerchiamo di avere un'aria serena, visto che siamo stati scelti per questo impiego; dobbiamo avere collaborazione ed essere uniti: se vuoi stare da solo, allora non fai parte di noi - lo guardai negli occhi e mi allontanai.
- Non credere che essendo il capo, tu ti possa permettere di comandarmi.
- Impara a portare rispetto quando parli, invece di alzare le spalle come fanno i bambini!
- Scusa?!
- Che succede? - ci interruppe Lady Lit.
Ci fu un momento di silenzio: stavamo litigando. Poi, infine, presi io la parola.
- Chiedilo a lui - indicando Jack che mi lanciò uno sguardo fulmineo - vuole studiare da solo - continuai.
- Semplicemente - replicò - perché non ne vedo il motivo, visto non vi conosco e... non ti conosco.
Lady Lit sospirò e Jack andò a sedersi su uno scalino della Home e cominciò a leggere, mentre io andai a studiare con gli altri.
- Non te la prendere, Debby - sussurrò Lady Lit - è fatto così.
Ero sicura di ciò che gli avevo detto, ma il punto è che anche lui era convinto delle sue parole.
Faceva caldo, eravamo nella parte estiva del prato.
- Dovremmo portarci un costume o qualcosa di più leggero se vogliamo stare qui - disse Philip.
Nelle ore che seguirono, durante lo studio, mi sentii osservata dalle occhiate di Jack, ma non sapevo che cosa pensasse in quel momento. Mi girai più volte nella sua direzione per vedere se effettivamente mi stava guardando o se era semplicemente una mia immaginazione. Ed ogni volta lo vidi concentrato a studiare. Ogni volta che avevo difficoltà a capire le nozioni del libro e chiedevo agli altri, lo sorprendevo a sorridere sotto i baffi e a quel punto i nostri occhi si incrociavano. Le espressioni che mi faceva, volevano dirmi che lui sentiva di aver ragione.
Cominciava a darmi ai nervi. Eppure a scuola non sembrava così. Cosa stava succedendo a quel Jack Tennison tanto carino e gentile per il quale tutte perdevano la testa? Se tutte avessero scoperto questo suo lato, probabilmente Jack avrebbe perso una marea di fans.
Verso il tardo pomeriggio cominciammo la prova di pratica nel bosco: era prevista la corsa e arrampicamento sugli alberi. Un brivido di tensione mi attraversò la schiena: c'erano tanti di quegli alberi, che avevo paura di non controllare la mia direzione, e anche l'altezza aveva il suo pericolo.
Nel libro c'era scritto che ognuno sarebbe stato in grado di vedere con molta chiarezza dove si sarebbe diretto, ma io finché non ci avrei provato non ci avrei creduto.
Ci mettemmo intorno a Lady Lit.
- In questa prova - cominciò - vi dividerete in coppie che sceglierò io: Greg e Melanie, Laurie e Dave, Vanessa e Walter, Philip e Fanny, Debby e Jack.
Fantastico, pensai ironica.
Lady Lit mi strizzò un occhio. Non avrei immaginato che l'avrebbe fatto apposta, ma ricordai il punto fondamentale del gruppo: la collaborazione.
- Ogni coppia - continuò - deve decidere chi del compagno scapperà e chi inseguirà. Alla fine ci rivedremo qui.
Guardai Jack, ma non mi fece decidere:
- Tu scappi - mi disse con un mezzo sorriso - tanto è sicuro che ti prendo: farò solo finta di non farlo.
- Tu credi? - gli risposi con aria di sfida.
- Sono sempre stato veloce a educazione fisica, al liceo.
- Vedremo...
Il suo carattere troppo sicuro di sé cominciava a darmi i nervi.
- Posti di partenza! - gridò Lady Lit - tre... due... uno... via!
Cominciai a correre, sentendo l'ebbrezza della velocità che faceva muovere ogni pianta e ogni foglia che sfioravo. Sentivo i miei capelli che scivolavano dietro il collo e il vento sul viso. La mia velocità oscillava sui cento all'ora. Era divertente. Riuscivo a vedere tutto nei minimi dettagli... I fiori. Le piante. I colori. La formica su una corteccia dell'albero. La goccia di umidità sulla foglia che cadeva per terra. Era meraviglioso.
Ricordai lo scopo dell'esercizio e vidi Jack che correva accanto a me, ma l'espressione della sua faccia mi fece capire che ero lenta e che, questione di secondi, mi avrebbe preso; con un pizzico di fastidio saltai sull'albero: l'adrenalina nel compiere quel gesto andò a mille per tutta la sensazione di vuoto in quel piccolo salto, finito non appena mi aggrappai sull'albero. Mi fermai e realizzai ciò che avevo fatto. Mi ci arrampicai ancora più in alto per sfuggire a Jack. Balzò anche lui e fece per prendermi, ma non ci riuscì perché scattai sull' albero vicino, questa volta di un'altezza molto più grande e vidi Jack che mi sorrise con un'aria di sfida. Ma non era ancora finita: mi preparai per ripartire, ma mi bloccai non appena vidi un vuoto maggiore di quello precedente sotto di me e l'albero a cui dovevo arrivare era troppo lontano per saltarvi; Jack era invece pronto a farlo, ma lo feci prima io per cadere a terra a quattro zampe e per non farmi prendere; ma la mia caduta fu interrotta dalla sua presa sui miei fianchi e mi portò sull'albero più vicino a noi.
- Ehi! - gli dissi - ce l'avrei fatta ad atterrare!
- Non da un'altezza così alta - rispose lui con affanno.
- Mi dovevi lasciar provare!
- Il corpo sopporta non oltre uno slancio di 20 metri per cadere a terra - replicò - non l'hai letto questo particolare nel libro?
- Veramente era di 10! - precisai.
- Lo so - rispose - era per vedere se eri un'attenta studiosa - mi prese in giro.
- Si, certo - ironizzai.
- Comunque è a tuo sfavore.
Stavo per replicare, ma continuò ancora:
- Lo dicevo che è meglio studiare da soli... e poi ho raggiunto lo scopo dell'esercizio - rise.
Mi liberai infastidita dalla sua presa. Pensai che avevo appena messo a rischio la mia vita pur di non farmi prendere da Jack: forse la stavo prendendo troppo sul personale quella situazione con lui.
- Sono stato un po' scontroso prima - mi disse.
- Solo un po'? - replicai.
- Beh, forse hai ragione - mi ignorò - è meglio studiare insieme: può sfuggire qualche particolare, come quello che è successo a te - rise tra sé e sé.
Mi girai per andarmene, ma lui prese per un braccio:
- Dai, ma non hai senso dell'umorismo?
Io? Che non avevo senso dell'umorismo? Buona, questa.
- Andiamo - dissi - non ti rispondo nemmeno.
- Il tuo problema è che non stai allo scherzo.
Ma come si permetteva?
- Ne sei convinto?
- Si.
- Beh, non è un mio problema.
- Ehi, ehi - tese le mani avanti - basta litigare, per favore, sembriamo una coppia sposata.
- Se ti diverti tanto potevi lasciarmi cadere...
- Che c'entra? Collaborazione, ricordi? - mi interruppe - dovresti ringraziarmi per averti appena salvato la vita.
Mi liberai brusca dalla sua presa.
- Dai, ti ho chiesto scusa - mi disse tornando serio - sto solo scherzando.
- Hai un modo arrogante di scherzare.
- Arrogante? - rise.
Feci per andarmene, ma mi prese ancora per un braccio.
- Prometto di scherzare diversamente la prossima volta - sorrise impercettibilmente - e ti chiedo scusa anche per la scenata di prima con Lady Lit.
Non pensavo che avrebbe messo da parte il suo orgoglio. Poi tornò serio, così gli feci un mezzo sorriso. Poi guardò dietro di me e socchiuse gli occhi per un momento: si era fatto quasi accecare dal sole, pensai sorridendo tra me e me.
- Guarda! - mi disse, infine.
- Ora basta con gli scherzi.
Ma lui mi girò nella direzione in cui stava guardando.
- Guarda - ripeté.
E vidi un qualcosa che era a dir poco magica. Anch'io socchiusi gli occhi per un attimo. Non era un normale tramonto. Era molto di più. Tutti i colori, anche i meno conosciuti erano mischiati tra loro, le stelle cominciavano a farsi vedere nel blu scuro, in un cielo che era molto più alto di quello in cui il sole stava scomparendo. L'aria mite accarezzava i nostri visi e quel panorama dava l'idea di infinito, come se ci fosse altro a ciò che stavamo vedendo. Sembrava strano e irreale, quasi un incantesimo. Ma quella era Cornflower, ci si poteva aspettare di tutto. Non avevo mai visto qualcosa di più bello e incredibile.
Sentii lo sguardo veloce e impercettibile di Jack su di me, ma feci finta di niente.
- E' un posto fantastico Cornflower, non è vero? - mi disse.
- Già... - gli risposi affascinata - un'altra delle sue meraviglie?
- Probabile - rispose - sarà meglio tornare, si è fatto tardi - tagliò corto - e comunque, tornando a prima, scusa se te lo dico ma sei un po' permalosa.
- Non sono permalosa - replicai - so solo a chi dare confidenza e a chi no...
- Ah, davvero? - mi interruppe sorridendo.
- Tu, per esempio, - continuai - hai una personalità instabile e nel dubbio preferisco non parlarti.
- Nel dubbio di che cosa? - mi chiese sorridendo ancora.
- Si è fatto tardi, Jack. Andiamo - sviai.
- Peccato che tu non mi voglia parlare - sorrise - non so come farai, visto che sei il capo.
Si creò un'aria di sfida. Poi alzai gli occhi al cielo.
Non voglio più ascoltarti!
Nella strada del ritorno non parlammo, ma lo vidi correre vicino a me e ogni muscolo del suo corpo si contraeva ad ogni passo. Vedevo l'azzurro dei suoi occhi anche di profilo. Era dannatamente odioso, quanto dannatamente bello.
Da Lady Lit trovammo già tutti gli altri.
- Chi ha vinto? - mi chiese Philip.
- Jack - risposi - di voi chi ha vinto?
- Fanny. Era velocissima, non sono riuscito a prenderla.
- Spero che abbiate capito lo scopo dell'esercizio - ci interruppe Lady Lit.
Ci stava facendo allenare per quando sarebbe arrivato l'inatteso scontro con Moror. Ognuno di noi rischiava di morire e non c'era cosa peggiore di aspettare con agonia.
- Ci vediamo domani alla stessa ora - riprese Lady Lit - andremo avanti.
La salutammo e andammo tutti ai posti di ritorno.
Sentii i passi di qualcuno dietro di me: mi voltai e vidi Jack che mi stava seguendo.
- Che cosa stai facendo? - gli chiesi.
- Vado al mio posto di ritorno.
Rimasi perplessa e lui se ne accorse.
- Che ci posso fare se è vicino al tuo? - mi disse con aria di sfida.
- Niente - risposi fredda.
Mi stava facendo innervosire ancora: ebbene si, non riuscivo a sopportarlo. Quel suo modo di fare, di scherzare, di guardare, di parlare, quel suo perfezionismo lo identificavano come un essere insopportabile. Per lui tutto era una sfida. Non avevo mai fatto caso a tutto questo, forse perché non lo conoscevo o non avevo mai avuto l'opportunità di avere questo tipo di contatto con lui; non che in quel momento lo avessi conosciuto meglio, ma sicuramente avevo colto alcuni particolari del suo carattere da non sottovalutare e che non mi piacevano. Già: ero arrivata al punto di non sopportare Jack Tennison. Ma non troppo.
- Sei pesante, lo sai? - gli dissi - dici sempre le stesse cose.
- Senti - mi rispose - chiariamo questa situazione. Questa sera ti invito a cena insieme agli altri, così ci conosciamo meglio. Che ne dici?
- Non credo di esserci, stasera.
- Okay - rispose distaccato - poi non dire che io non ti voglio conoscere.
- Ho detto che non vengo io: questo non vuol dire che gli altri non debbano venire. Esci con loro.
Non desideravo altro di andare a quell'appuntamento, ma non volevo che pensasse che potesse trattarmi secondo i suoi cambi di umore.
- La serata è a casa mia - mi rispose.
- Mi dispiace, la prossima volta, se posso, verrò.
Tornai a casa e quella sera guardai un film, cercando di non pensare a Jack e che tutti sarebbero andati da lui.
Ma fu inevitabile, così scrissi un messaggio a Vanessa: Siete andati a casa di Jack?
La risposta arrivò subito: si, ci siamo tutti. Perché non sei venuta?
Non mi sento molto bene.
È successo qualcosa durante la prova, oggi?
Non le dissi né del litigio, né del tramonto. Sarebbe stato meglio non far nascere già incomprensioni. Eravamo solo all'inizio di quell'avventura e ne mancava ancora tanto di tempo per finirla.
No, tranquilla. Ci vediamo domani.
Mi misi sotto le coperte e mi addormentai sfinita da quella giornata.
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#spazioautore:
Belliiii 😄 vi sta piacendo la storia? Cosa ne pensate di questa combriccola?
Vi aspetto😙😙
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