domenica mattina

Mentre il sole le accarezzava la pelle diafàna da dietro la piccola finestrella di vetro, le sue dita lunghe e affusolate pizzicavano le corde di una vecchia chitarra rotta che aveva dimenticato di accordare e che inondava ora la stanza di note gracchianti e poco aggraziate. Il letto su cui era seduta era sfatto, le lenzuola rosse erano aggrovigliate in malo modo sul pavimento sporco e polveroso insieme ai vestiti che non voleva sistemare e a qualche coccio di vetro volato via dalla bottiglia di vodka che si era infranta sul pavimento la sera prima.
I capelli corvini e spettinati le ricadevano flosci sulle spalle curve, per tutta la stanza erano sparsi mozziconi di sigaretta.
Continuava a suonare in modo svogliato lo strumento nonostante il grande mal di testa, forse più per inerzia che per reale interesse, e infatti smise dopo appena pochi minuti, quando si rese conto che non aveva più la minima voglia di continuare ad ascoltare quell'insopportabile melodia.
Si avviò a passi lenti verso il piano inferiore, trascinando i piedi con l'intenzione di prendere un'aspirina dalla cucina, ma crollò a metà strada, cadendo in maniera poco aggraziata sul freddo pavimento di mattoni, stremata

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