Capitolo 6 - Specchi di Verità
Clizia andò nella sua sontuosa stanza e chiuse con rabbia la porta in legno. Le lacrime scesero sulle guance rosee, ma se le asciugò frettolosamente. Fece qualche passo verso il letto a baldacchino e si sedette. Chiuse gli occhi e si lasciò cadere, posando le braccia stanche sul materasso. Gli occhi si aprirono e fissarono le tende blu. Le pareti grigie della camera erano decorate con dei quadri. Il soffitto a volta era di un rosso porpora, mentre il pavimento era in marmo bianco. La luce del sole entrava da una finestra bifora, accanto alla scrivania in legno c'era un armadio colmo di ogni abito. La Regina si morse le labbra e richiuse gli occhi, tornando al passato.
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Nella stanza padronale dei suoi genitori, le mani di Clizia presero con estrema cura una bambola di pezza, mentre la balia giocava con lei. Arabella camminava controllando i vari documenti, i capelli biondi scivolarono sulla schiena e le labbra lilla accennarono un'espressione incerta. La figlia la fissò ammirando l'abito blu di sua madre.
Clizia – Madre... volevo sapere una cosa.
Arabella si voltò guardandola, la balia continuò il suo lavoro.
Clizia – Come avete conosciuto mio padre?
La Regina Della Roccia socchiuse gli occhi e si sedette sulla sedia vicino alla scrivania. Clizia si alzò e andò da sua madre, Arabella la prese in braccio e la posò sulle proprie ginocchia. La balia con l'abito viola si alzò e osservò la sovrana. Arabella la mandò via ringraziandola per quel piccolo gioco che aveva fatto con la figlia.
Arabella – Come ho conosciuto tuo padre? Semplice, i tuoi nonni combinarono il nostro matrimonio. Sai... tuo padre non riusciva ad avere una moglie a causa del suo carattere freddo. I tuoi nonni mi presentarono nella sua Corte quando avevo diciotto anni, mentre lui ne aveva trentacinque. Poi a vent'anni ebbi te, – le toccò il naso ridendo – una piccola scoiattolina, vivace e piena di domande.
La Principessa rise e posò le mani sulle ginocchia. Arabella sentì qualcuno bussare e fece entrare un Messaggero.
Diego – Mia Signora. Il Re vuole parlarvi.
Arabella – Per quale motivo?
Diego – Si tratta del Consigliere. Ha portato i documenti come da lei richiesto.
Clizia spalancò gli occhi e batté le mani, era felice d'incontrare l'uomo dai capelli rossi.
Clizia – Rubellius! Sì, madre andiamo! - scese dalle ginocchia di sua madre e prendendole una mano la tirò verso la porta.
Dopo qualche minuto tutti uscirono dalla stanza e percorsero il lungo corridoio grigio, illuminato dalle torce. Quando arrivarono negli Uffici Reali mostrarono il dovuto rispetto al Re. Gregorio Della Roccia era un uomo dall'aspetto freddo e duro. I capelli neri erano corti e sul capo c'era la pesante corona d'oro. Gli occhi blu fissarono il Consigliere con tranquillità, mentre le mani indicarono alcuni documenti posti su una scrivania. I due uomini si voltarono guardando la Regina e la Principessa. Clizia fece una riverenza per salutare suo padre, Arabella si avvicinò guardando con rabbia Rubellius.
Gregorio – Arabella... avvicinati. Volevo parlare privatamente con te, ma vedo che qualcuno si è unito alla nostra conversazione - guardò Clizia con tenerezza, lei gli sorrise.
Il Re si sedette sull'elegante sedia. L'Ufficio Reale era piccolo e cupo, i dipinti d'argento sul soffitto mostravano degli Angeli.
Gregorio – Dunque... ho preso la mia decisione. Il Consigliere Rubellius sarà colui che aiuterà la Principessa Clizia a governare quando diventerà Regina. Da ciò che ci ha detto quando è venuto qui, ha salvato con estrema cura nostra figlia da quell'uomo stipulando una sorta di Patto.
Arabella – Sì, da ciò che ci ha detto Rubellius. - strinse i pugni e guardò il marito - ha dovuto scambiare qualche soldo per riavere la figlia del Re. Ma s'è ciò che volete, sarò onorata di averlo a Corte.
Gregorio – Bene. Ora dovrei sistemare alcune faccende. Se volete discutere sulle nuove direttive, vi lascio il tempo necessario per parlare - si alzò dalla sedia e prendendo qualche documento si avviò fuori. Clizia e Arabella fecero una riverenza e lo lasciarono andare.
Rubellius stava in silenzio, Clizia si avvicinò e prendendo un angolo della sua tunica verde, lo chiamò.
Clizia – Allora starai qui con noi?
Rubellius incrociò le braccia e alzando un sopracciglio annuì alla piccola.
Clizia – Madre, chi è l'uomo che mi ha rapita? - Sorrise guardando la madre.
Il corpo di Arabella si irrigidì e le sue mani sudarono.
Rubellius – Un uomo molto, molto disperato - voce infantile.
Clizia – Perché?
Rubellius si inginocchiò per essere alla sua altezza.
Rubellius – Perché la disperazione fa fare cose strane. Ma se siete curiosa, chiedetelo a vostra madre - mosse le mani indicando la Regina.
Clizia si voltò guardando sua madre. Arabella era sbiancata per le parole del demone.
Arabella – Mia figlia non deve sapere nulla. Deve sapere solo che è un uomo.
Rubellius – Oh certo, certo. Un uomo, certo.
Arabella – Consigliere! Ora basta. Come ho pattuito con mio marito, lei avrà contatti con Clizia solo quando diventerà Regina.
Rubellius – Come desiderate, mia Signora - si alzò.
Clizia sbuffò guardando i vari quadri sulle pareti.
Clizia – Rubellius, posso vedere Tenebris? Posso madre? - fissò la madre e lui annuì accennando un sorriso.
Arabella fece chiamare una balia per accompagnare la piccola nelle stalle.
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Clizia riaprì gli occhi ritornando alla realtà. Ogni parte del suo animo era distrutta, sia mentalmente che fisicamente. Sapeva che sua madre le nascondeva delle verità riguardo all'infanzia. Ella si spostò dal letto e si avvicinò alla scrivania, prendendo un cofanetto di legno.
Ma non era l'unica a riflettere sul passato. In quel momento il Consigliere era all'interno delle prigioni del castello, precisamente nella Sala delle Torture. Le urla di dolore echeggiarono, le pareti nere e sporche di muffa erano logorate dal tempo. Il pavimento sporco di sangue e fango non veniva pulito da parecchio tempo, mentre gli strumenti di tortura continuavano il loro compito. Rubellius amava quella sala, poiché era l'unica parte del castello dove poteva lasciare liberamente i suoi istinti primordiali. Dopo il litigio contro Clizia, si era cambiato d'abito per non macchiare quei pregiati indumenti. In quell'istante indossava una camicia marrone e un paio di pantaloni neri. Nella mano destra aveva una frusta chiamata, Gatto a Nove Code. Di fronte a lui c'era un prigioniero legato da delle pesanti catene. Il corpo era commesso dalle botte e dai lividi, mentre la schiena nuda era ricoperta da alcune vecchie cicatrici.
Rubellius - "Quella stupida ragazzina non capisce nulla! Prima o poi si farà ammazzare! Se quella dannata si scava la fossa da sola, io non avrò modo di terminare il mio Patto. Perchè è maledettamente altruista?! Dannazione!"
Rubellius aveva il volto sudato e rosso a causa delle frustate che stava dando a quel povero disgraziato. La sua voce supplicava pietà per gli omicidi che aveva commesso. La frusta era impregnata di sangue e sudore. Il Consigliere respirò con affanno spostandosi i capelli rossi dal viso. Gli occhi ametista diventarono scuri. Le mani stringevano quell'orribile strumento, mentre alcuni ricordi presero vita nella sua mente.
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Arabella diede le spalle al demone e sospirò per la pesante notizia.
Arabella – Clizia deve starne fuori da tutto questo. Io dirò solo ciò che lei sa già, nulla di più.
Rubellius – Riguardo a quell'Angelo? – Mugugnò – Ottimo.
Arabella – Lo stesso vale per voi! Non dovete dirle niente, non deve sapere la verità, non ora.
Rubellius – Per quale motivo? - camminò nell'ufficio reale sfiorandosi il mento - Sembra, una bambina sveglia e intelligente. Perché non dovrei dirle la verità su quell'Angelo? Appena ho citato il suo nome, vi siete irrigidita. Sapevo che Erastos tenesse molti segreti, ma arrivare a questo punto.
Arabella – Infatti. Sono segreti e devono rimanere tali! Erastos ha dato la vita per Clizia. Mia figlia non deve sapere la verità.
Rubellius – Quale verità? Erastos mi aveva detto che il nostro Patto sarebbe stato concluso quando Clizia avrebbe conosciuto la verità. La domanda che mi sorge spontanea e... cosa c'entrate voi in tutto questo?
Arabella – Non sono affari vostri, demone. Io conosco il vostro mondo e so cosa siete. Vi nascondete tra di noi assumendo le nostre forme, siete subdoli e vili.
Rubellius – Grazie per il complimento. - mugugnò facendo una smorfia d'ironia - Comunque se temete che possa dir qualcosa a Clizia, state pur tranquilla che non le dirò nulla. Trovo dolce il vostro odio nei nostri confronti, Regina.
Arabella – Io trovo deplorevole il vostro comportamento. Ma... dopotutto, voi non conoscete il dolore. Siete stato creato per essere odiato e disprezzato, nulla di più.
Rubellius – Parlate come un Angelo. Avete la stessa arroganza che sentii molti secoli fa. Parlate di dolore ma in verità non sapete nulla di questo sentimento - strinse i pugni e guardò la Regina, il suo volto cambiò notevolmente per quelle parole.
L'uomo camminò su e giù indicandola con un dito.
Rubellius – È vero, sono stato creato nella mia Dimensione, ma ciò non toglie che sono una creatura senziente tanto quanto voi. Sono state le vostre stupide leggi a provocare i miei dolori. E se siamo sinceri, amo vedervi soffrire mentre i vostri stupidi uomini mi chiedevano di vendere la loro Essenza.
Arabella si voltò guardandolo con pietà. Rubellius la fissò con rabbia mentre si toccava il mento.
Arabella – Gli uomini scelgono le vie più facili per avere ciò che vogliono, e tu... Rubellius, cosa hai scelto? Ho letto molti libri su di voi. Siete un demone subdolo, incline alla pazzia e incitate ai peccati più antichi. Ma... un tempo non eravate così, ho letto che quando eravate giovane voi...
Rubellius – Basta! Il mio passato non deve riguardarvi! Le mie ragioni sono ben altre, ora... voglio ciò che mi spetta. Nulla di più - se ne andò uscendo dalla porta, la Regina fissò la soglia e sospirò.
Quando Rubellius tornò nella realtà il suo animo si incupì per quelle parole che la Regina aveva pronunciato.
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Il Consigliere non era l'unico a pensare al dolore. In un'altra zona, ai piedi di una pianura, c'era il Monastero dei Sacerdoti Benedetti.
Il Sacerdote Filippo era all'interno del Tempio mentre pregava. L'uomo era davanti e in ginocchio ad una statua di marmo che raffigurava un Angelo.
Il Tempio era illuminato dalle piccole candele poste davanti a quella gloriosa statua. Le colonne di marmo erano decorate con oro e argento, mentre il soffitto era dipinto d'azzurro. Filippo sentì dei passi e restò qualche secondo in silenzio, mentre sentiva una voce.
... - Scusatemi se vi disturbo, ma devo parlare con voi.
Filippo chinò il capo e si alzò, spostando la meravigliosa veste d'argento. Guardò l'uomo incappucciato con una tunica marrone e sorrise.
Filippo – Scusatemi voi. Allora... avete ricevuto ciò che avete chiesto?
...- Sì. Le informazioni che mi avete dato, sono state utili e fondamentali.
Filippo – Quindi... avrò ciò che vi ho chiesto se attuerete il vostro piano?
...- Certamente.
Filippo – Perfetto. Quando pensate d'iniziare?
-... - Fra pochi giorni. Quando eliminerò il parassita avrò ciò che mi appartiene. Voi dovete tenermi informato, su ogni cosa. Avete capito?
Filippo – Ovviamente, vi racconterò tutto. Ogni singolo dettaglio.
...- Molto bene. Ora... vi lascio alle vostre preghiere. Buonanotte.
L'uomo misterioso diede le spalle al Sacerdote Benedetto e se ne andò. Gli occhi di Filippo caddero sulle piastrelle azzurre del pavimento, notando una piuma verde lasciata cadere dal suo alleato.
Avviso:
Dedico questo capitolo a una lettrice che mi dà sempre una mano e ama le cose strane che fa Rubellius. C'è una cosa però che devo dire, mi piace come difende Clizia ogni istante (quando litiga con Ruby), quindi... diciamo che è la sua sostenitrice. Quindi questo capitolo è tutto per te. <3
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