Capitolo 45 - Nefilim e Angeli
PRIMA PARTE del Capitolo
La notte di quel tremendo litigio sembrò non passare mai, Clizia era seduta sulla riva del ruscelletto, aveva le ginocchia sul proprio petto e continuava a fissare l'acqua con dolore. Le lacrime scendevano sulle guance, si mordeva intensamente le labbra e alcune volte singhiozzava per la sofferenza. La ragazza si tastò la testa e tolse il diadema d'argento, lo gettò nell'acqua e si coprì il viso con le braccia, il vestito lilla si muoveva grazie a un po' di vento. Dei passi si avvicinarono, Clizia li sentì e si voltò leggermente sperando che fosse Rubellius, ma si sbagliò. Fulke la osservava con una torcia in mano, su un braccio aveva una coperta di pelliccia. L'uomo le sorrise e posò la torcia su un masso, poi mise la coperta sulle spalle di Clizia e si inginocchiò di fianco a lei. La ragazza restò in silenzio per qualche minuto, Fulke posò le braccia sulle ginocchia e fissò il pianeta viola. Clizia deglutì un po' di saliva, si graffiò le mani e continuò a piangere.
Clizia - S-scommetto che l-la pensi come... lui. Tra demoni si capiscono certe cose - singhiozzò.
Fulke guardò il ruscello e socchiuse gli occhi, la sua voce era calma.
Fulke - Tra demoni si capiscono molte cose, Clizia. Tra umani ancor di più. Io non la penso come lui, ma non per questo lo giudico. Io sono simile a lui per alcuni aspetti, ma sono anche simile a te per altri.
Clizia - Tu non sei simile a me, Fulke.
Fulke - Ah no? Se non ricordi bene la mia storia, abbiamo entrambi una mamma umana. Diversamente da Rubellius. Ascolta... - sospirò - voglio essere sincero con te, so cosa provi per lui e per quanto idiota possa essere, dovevi dirgli la verità. Si pensa che i Demoni Minori siano stupidi e che alcune volte non ci arrivino, ma non è vero. Il suo dolore è stato non sapere la verità in questi giorni.
Clizia - Il suo d -dolore è sapere la verità su ciò che sono, Fulke. F- forse hai ragione, ma ugualmente non ritornerà come un tempo.
Fulke mosse le mani e chiuse gli occhi.
Fulke - Non direi lo stesso, Clizia. Come ho detto non difendo le sue decisioni e per questo dico che si è comportato come un idiota verso di te. La vostra natura è...
Clizia - La n- nostra natura non ci vuole, l'ha detto. Non si p- può... - singhiozzò - o- ormai... l-l'ho perso per sempre.
Fulke - Non ti ricordi più cosa ti ha detto Electre? Persino i demoni e gli umani non potevano amarsi, ma guarda me, io sono qui. I miei genitori hanno affrontato la natura e si sono burlati di lei. Tu non l'hai perso, tu lo ami al tal punto che rinunceresti a tutto per il suo bene, al contrario lui rinuncerebbe alla sua vita per te. Siete due Essenze diverse, ma alla fine tornate sempre nello stesso punto d'origine.
La ragazza si asciugò le lacrime e lo fissò, accennando un sorriso, Fulke le diede una carezza sul capo arruffandole i capelli castani. L'uomo si alzò e si stiracchiò, guardò il cielo stellato.
Clizia - Idis ha capito tutto - rise un po'.
Fulke - Ah no. Idis ha capito che sono un caso perso. - Rise - Su vieni al falò, è tardi e domani dovremmo essere in forze per camminare verso il mio villaggio.
La giovane annuì e si alzò, Fulke riprese la torcia e i due tornarono al piccolo rifugio. La notte non era finita, il demone che aveva volato per qualche minuto nella Foresta Nera, si appollaiò su un ramo di una quercia. Rubellius stiracchiò le ali nere e le chiuse, camminò sul ramo e si sedette, posando la schiena sul tronco. Il demone rosso fece penzolare la gamba destra mentre l'altra la piegò, posando il piede sul ramo. La mano sinistra si appoggiò sul ginocchio sinistro, il demone fissò i rami e la luce della luna, chiuse le ali formando il solito mantello nero. Il Demone Minore si toccò il mento con i sottili artigli e rifletté, aveva incontrato poche volte Erastos. La sua mente divagò nel tempo, ricordando la giovinezza.
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Un pomeriggio Rubellius era stato invocato da alcuni fattori per sistemare il loro raccolto e quando raccolse l'Essenza del malcapitato, si rifugiò nella Foresta Nera. In quei secoli la presenza degli Angeli era molto frequente, poiché volevano aiutare i poveri e i malati nei vari regni. Rubellius si nascose sulle cime di un albero mentre guardava su un sentiero della Foresta Nera, dieci Angeli che erano in groppa ai loro destrieri, muniti di lance e spade. Il demone aveva già perso Tulia e non se la sentiva di combattere contro quegli esseri, quindi volò via e si diresse verso un laghetto.
All'interno di quel gruppo di Cavalieri alati c'era Erastos. L'Angelo era giovane e aveva qualche secolo in più rispetto a Rubellius. Il padre di Erastos, ormai morto da qualche anno, aveva preso parte alla decisione del Grande Sterminio e come Electre, egli voleva tutelare e non distruggere i Demoni Minori in quella battaglia. Erastos non amava combattere senza un motivo preciso e molto spesso rifiutava un vivace combattimento. Dopo pochi minuti i dieci uomini alati si accamparono, facendo riposare i loro destrieri. Erastos avvisò i suoi sottoposti che si sarebbe diretto ad un laghetto per far abbeverare il suo cavallo e riempire l'ultima borraccia d'acqua.
Quando Rubellius trovò il laghetto, atterrò sulla riva e stiracchiò le ali, si inginocchiò per bere un po' d'acqua. Il demone sentì qualcuno avvicinarsi e si voltò, notando Erastos con una borraccia e le redini del suo cavallo marrone. La bestia nitrì e l'Angelo lo calmò dandogli delle pacche sul collo, Rubellius aprì le ali, era teso e pronto ad attaccare. L'Angelo si avvicinò alla riva tenendo le distanze dal demone, mostrò la borraccia e con la mano aperta lo calmò.
Erastos - Tranquillo... non ho intenzione di disturbarti. Se ovviamente tu non lo farai.
L'Angelo gli sorrise e si piegò per riempire la borraccia, Rubellius continuò a fissarlo con severità. Erastos socchiuse gli occhi e tappò la borraccia ormai piena.
Erastos - Sei il demone dai capelli rossi, vero? Dopotutto sei l'unico ad averli nella tua Dimensione da ciò che mi dicevano i miei compagni. Ti chiami... R- Rubellius, giusto?
L'Angelo lo guardò continuando a sorridere, il demone si inginocchiò posando una mano sul terreno sassoso, era teso e non abbassava minimamente la guardia. Il cavallo di Erastos sbuffò calpestando il terreno. La creatura si pulì le mani nell'acqua e le asciugò sui pantaloni marroni.
Erastos - Stavamo passando per di qui e non ti abbiamo visto. Scommetto che ti hanno invocato per le solite cose, giusto? Se non mi sbaglio, ti occupi di Patti? - Rise un po' - Ah questi umani, sempre a contattare voi demoni.
Rubellius - Finiscila di fare il santerellino, Erastos! So chi sei. Se vuoi uccidermi, non ti sarà facile.
Erastos lo guardò e scosse la testa, si alzò in piedi e mostrò la borraccia.
Erastos - Non uccido un demone senza un motivo, al contrario di mio padre che morì perché aveva provocato un Demone Minore delle ombre. Tieni, può servirti prima che torni nella tua Dimensione.
Rubellius lo fissò restando immobile, Erastos sospirò e posò la borraccia per terra.
Erastos - Sei un demone strano, ma del resto siete fatti così. L'unica cosa buona che ha fatto quel burbero di mio padre è appoggiare la vostra tutela per il Grande Sterminio. Anch'io avrei fatto lo stesso.
Rubellius prese la borraccia, non capiva quello strano atteggiamento. Erastos si avvicinò al suo cavallo e gli sfiorò la criniera, ridendo piano.
Rubellius - Perché non mi attacchi? Tu sei l'Angelo del Tempo, devi attaccarmi - alzò un sopracciglio.
Erastos - Potrei far la stessa domanda. Non mi va di attaccare un demone che non mi ha provocato.
Il Demone Minore guardò la borraccia e la lanciò, Erastos fissò il gesto ma era tranquillo, salì sulla sella del cavallo.
Rubellius - Siete i soliti presuntuosi! Noi siamo nemici per natura! Troverai una scusa per attaccarmi?!
Rubellius sorrise con ironia e si strofinò le dita, Erastos posò le mani sulla sella e piegò il volto di lato.
Erastos - Anche se siamo nemici per natura non vuol dire che bene e male si affrontino ogni giorno. Essi vivono in costante equilibro e alcune volte trovano una pausa. Sei un giovane demone, Rubellius, quando sarai Anziano e se ovviamente ci arriverai ai mille anni, capirai.
Il demone rise prendendosi gioco di lui, imitò con la mano di togliersi un cappello e lo prese in giro.
Rubellius - Oh messere le vostre patetiche parole, provocano in me gioia nel vostro patetico e inutile sentimento.
Erastos comandò il cavallo di voltarsi e diede le spalle al demone, fece spallucce e alla fine lo salutò con un gesto della mano.
Erastos - Stammi bene Rubellius, forse un giorno c'incontreremo.
Rubellius - Quando accadrà non vedo l'ora di vedervi soffrire davanti a me - rise con malignità.
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La realtà tornò da Rubellius in un lampo. Il demone aveva gli occhi chiusi e lunghi capelli rossi scivolarono sull'addome. La creatura schioccò le dita facendo comparire la pergamena, cercò il nome di Erastos.
Rubellius - "Se rinunciassi alla sua Magia non vedrei mai più Clizia, ma non posso andarmene finché il mio Patto non si concluderà."
Il demone schioccò di nuovo le dita facendo scomparire il foglio, si toccò la fronte e sospirò.
Rubellius - "Non c'è più speranza, non c'è più gioia in tutto questo. Clizia non può contrastare il suo destino e io sono stanco di questo dolore."
Ma il dolore non era provocato da una sola Essenza. Nell'accampamento degli Angeli, alcuni soldati avvisarono i loro superiori di una terribile scoperta.
I soldati alati presero le loro spade e si diressero all'entrata della barriera, trovando un corpo martoriato davanti a loro. Nestor osservò con i suoi uomini la creatura, restò pietrificato e incredulo, Macaone imprecava per la rapina avvenuta nel suo rifugio e Galene era accanto a lui. Quando Electre volò e atterrò vicino ai suoi uomini e a Nestor, si coprì la bocca con la mano. Gli Angeli erano in semicerchio davanti al cadavere dell'uomo. La donna dai capelli ricci e corti si avvicinò, tremando e inginocchiandosi, Nestor socchiuse gli occhi e parlò piano.
Nestor - Un mio... cadetto ha sentito dei rumori nella barriera e l'ha trovato... in queste condizioni.
Electre si avvicinò all'uomo e gli prese il volto, sfiorandoli il viso sporco di sangue. L'Angelo iniziò a piangere e guardò Nestor con ira.
Electre - Chi? Come?
Nestor fissò Macaone per alcuni secondi e chiuse gli occhi, posò la mano sul manico della spada e spiegò ogni cosa.
Nestor - Macaone ha notato che mancavano i suoi congegni di teletrasporto, crede che qualcuno gli abbia rubati.
Electre prese le mani del cadavere, notò che i suoi palmi c'era una patina gelatinosa, la stessa del piccolo strumento.
Electre - G- gli ha rubati lui... è... andato - singhiozzò guardando il cielo - da Tarasios... no... no!
La donna abbracciò il cadavere di suo marito e lo sollevò leggermente, piangendo con dolore. Non l'aveva mai amato, ma l'aveva trattato sempre con rispetto e amicizia. Nestor socchiuse gli occhi e cercò di consolare la sua Signora, Galene si avvicinò a Electre e posò le mani sulle spalle.
Nestor - Mia Signora... se ha rubato i congegni allora vuol dire che era un traditore. Non voglio essere crudele, ma... non è una grave perdita. I Nefilim non sono così importanti per queste situazioni e...
Electre si voltò e urlò, aprendo le meravigliose ali bianche. Sulla sua meravigliosa pelle scura si crearono delle striature bianche.
Electre - Stai zitto!! Con quale diritto osi pronunciare queste parole?! Anche se Fulvio era un Nefilim non valeva meno di zero! Non osare mai più insultare mio marito in mia presenza!
Electre si voltò guardando Fulvio, il viso dell'uomo era pieno di escoriazioni ed ematomi, aveva un braccio rotto e nell'addome c'era una profonda ferita. I Cacciatori Bianchi non l'avevano risparmiato. La donna con i capelli biondi, abbracciò Electre e le sussurrò qualcosa, l'Angelo della Sapienza strinse Fulvio con agonia.
La situazione stava migliorando notevolmente per Tarasios, l'Angelo traditore uscì dalla locanda dove aveva incontrato mezz'ora fa Fulvio e ringraziò i Cacciatori Bianchi. Tarasios parlò con i suoi uomini e precisò che la mattina seguente sarebbero partiti per un'ardua missione, i Cacciatori Bianchi lo ascoltarono prima di riferire ai loro compagni l'ordine.
Tarasios - Domani mattina vi voglio al campo d'ulivi, portate più uomini possibili.
Uno dei due cacciatori lo guardò e posando le mani sui fianchi rispose.
Michele - Come mai?
Tarasios mosse i cubetti e sorrise con malignità.
Tarasios - Perché dei vili peccatori di una strana Tribù ci attendono. Dicono che sia covo di demoni, ci sarà bisogno di purificare quel luogo con il sangue.
I due uomini si guardarono e sorrisero, fecero un saluto di rispetto a Tarasios si diressero verso i propri cavalli per convocare i loro compagni. Tarasios fissò i cubetti con gli occhi blu e si morse il labbro, pensando a Rubellius.
Tarasios - E questa volta... non ti lascerò vivo, demone rosso.
L'Angelo si coprì con il mantello e nascondendosi dietro ad una casa volò via, preparandosi allo scontro.
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