Capitolo 3 - Parole Benedette

Il giorno dopo il corteo della Regina partì immediatamente per dirigersi al Monastero Bianco, dimora dei Sacerdoti Benedetti. Un vento gelido sfiorò gli alberi e le coltivazioni sulle colline. Il sole era sorto da più di mezz'ora e alcuni contadini stavano già lavorando.

La Regina osservò dalla piccola finestrella della carrozza, le colline e la strada fangosa, gli occhi color miele erano assonnati e le orecchie udirono lo scalpitio dei cavalli. Rubellius domava il suo cavallo con forza, mentre osservava la foresta alle loro spalle.

Rubellius - Suppongo che non hai dormito molto questa notte. Hai ricevuto... una visita diciamo... piacevole?

Clizia - No. Tu, sì? - lo guardò dalla finestrella con serenità.

Rubellius strinse le redini rosse e accennò un sorriso, le lentiggini sul naso si accentuarono con i raggi del sole.

Rubellius - Sfortunatamente no. Sono stato sveglio tutta la notte per sistemare alcuni affari. Questioni di lavoro.

Clizia - Lavoro? Servi me, non ti basta?

Rubellius - Non quel tipo di lavoro. Diciamo... affari ben oltre la vostra comprensione.

Clizia appoggiò il viso sulla mano, guardando il vestito bianco senza nessun motivo.

Clizia - Rubellius, posso farti una domanda?

Rubellius - Dipende dal tipo di domanda.

Clizia - Non ti manca... ecco... casa? O il posto da dove vieni.

Rubellius - Assolutamente no. L'uomo che mi ha stretto a te, come merce di scambio mi ha dato la sua Magia e la sua Essenza. Permettendomi di stare qui - schioccò la lingua.

Clizia - Ma... non temi gli Angeli? E se tornassero?

Rubellius - Non temo gli Angeli, ho milleseicento anni. - sogghignò guardandola con un certo sarcasmo - Ho abbastanza esperienza da tenerli fuori dalla mia portata.

Clizia - Non mi hai mai detto la tua età e ti conosco da quando ero una bambina. Sembri così... giovane - emise una risata.

Il cavallo nitrì e sbuffò, mentre le chiacchere continuarono.

Rubellius - Non sono giovane, Clizia. - alzò gli occhi al cielo e sospirò - Tu mi vedi in questa forma, ma è solo un mutamento del mio vero aspetto. Tu sei una bambina in confronto a me.

Clizia - Sarò sempre una bambina per te. -Sorrise - Mi mancava la tua acidità.

Rubellius - A me mancava la tua curiosità. "Ma Rubellius com'è fatto questo?", "Ma Rubellius cosa vuol dire quest'altro?" - imitò la voce di Clizia - Prima o poi dovrò tagliarmi le orecchie per non sentire la tua stupida voce.

Clizia - Vale lo stesso per me! - sbuffò e coprendo la finestrella con la tendina blu.

Rubellius rise sotto i baffi e incitò il cavallo a superare le guardie, mettendosi in prima fila al corteo. Il cavallo nero trottò con nervosismo. Il padrone osservava la pianura dove si posava il Monastero, un brivido lungo la schiena gli provocò una sensazione di disgusto.

Rubellius - Il Monastero dei beati e casti. Niente ricchezze, niente cibi prelibati, ma soprattutto... niente sesso. Come diamine fanno a vivere?

Il corteo reale proseguì il viaggio senza nessun intoppo, finché non arrivò al magnifico luogo. Un imponente Tempio di pietre bianche era al centro del Monastero. I Sacerdoti Benedetti avevano il compito di pregare e coltivare i loro rimedi naturali, come descritti nei sacri testi dell'Angelo della Natura.

Quando la carrozza della Regina oltrepassò l'entrata principale, i soldati si fermarono. Clizia scese dal mezzo e attese con pazienza l'arrivo di un Sacerdote. Un uomo pelato con una barba bianca ben curata e con una tunica argentata si avvicinò a lei, allargò le braccia e fece una riverenza.

Filippo - Mia Signora benvenuta. Ha ricevuto il mio messaggio?

Clizia - Sì. Come mai avete richiesto la mia presenza? - si avvicinò e sorrise, posò le mani sull'addome e accompagnò il Sacerdote Benedetto.

Filippo - Volevo pregare con lei stamattina e parlare di alcune cose.

Clizia - Sarò felice di pregare con voi.

Rubellius scese dalla groppa del suo cavallo e accarezzò il collo nero della bestia, gli occhi ametista guardarono la Regina e il Sacerdote mentre salivano la lunga scalinata, ed entravano all'interno del Tempio.

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Il tempo per le preghiere si concluse dopo due ore. Il demone attese la sua Signora vicino alla carrozza, chiacchierando alcune volte con i soldati, poi si sedette su una panchina in legno sotto al porticato del Monastero.

Rubellius - Due ore per delle stupide preghiere. Le stesse che andranno nella Dimensione Sirona. Come se agli Angeli fregasse qualcosa degli umani.

Quando il portone del Tempio si aprì, la Regina e il Sacerdote Benedetto uscirono, mentre parlavano e si dirigevano sotto al porticato. Rubellius li seguì senza dir nulla. I tre arrivarono al chiostro del Monastero, Filippo si fermò guardando la Regina, Rubellius sospirò e appoggiò la schiena sul muro, incrociando le braccia.

Filippo - Parlando d'altro. Devo confidarle alcune cose - socchiuse gli occhi marroni.

Il Sacerdote conosceva perfettamente il ruolo di Rubellius e per alcuni aspetti non l'accettava.

Clizia - Su cosa?

Filippo - Sono passati molti anni da quando avete preso con voi il vostro Consigliere. Vostra madre vi ha sempre detto di non fidarvi di lui e delle sue parole.

Clizia - Parlate di Rubellius come se fosse un mostro. So bene che mia madre era diffidente nei suoi confronti, lo odiava.

Filippo - Per questo motivo... forse è utile scegliere un altro Consigliere. Che ne pensate?

Clizia - Non mi ha fatto nulla di male. Può sembrare duro, cattivo, freddo e acido, ma mi fido di lui - si voltò guardando il demone, il ragazzo osservò il via vai dei Sacerdoti Benedetti.

Filippo - Fidarsi di un uomo che è silenzioso con i vostri sudditi ma non con voi, provoca paura, mia Signora. Sa meglio di me che certi Consiglieri sono pronti ad uccidere il loro sovrano per qualche ricchezza in più - le appoggiò una mano sulla spalla e sussurrò, allontanandola dal Consigliere.

Rubellius chiuse gli occhi, mostrando un sorriso beffardo, si spostò e si sedette su una panchina di marmo che dava sul giardino, incrociò le mani e osservò alcune Sacerdotesse Benedette che pregavano dai loro quadernetti.

Rubellius - Castità eterna - sussurrò - il problema più grande è questo ben di dio.

I Sacerdoti sia uomini che donne avevano fatto voto di castità. Non potevano procreare, poiché erano stati castrati grazie alla somministrazione di una sostanza. Le Sacerdotesse Benedette erano delle nobili e delle contadine, la loro bellezza era impressionante e indossavano soltanto degli abiti bianchi con un velo di seta posato sul capo.

Un gruppo di Sacerdotesse passò accanto al demone e parlarono di alcune preghiere.

Giada - Secondo me, dovremmo aumentare la lettura delle nostre preghiere.

Silvana - Sono pienamente d'accordo con te.

Sara - A proposito, avete saputo di Rosa?

Giada - No. Che le è successo?

Sara - Ha commesso un grande peccato.

Silvana mise una mano sulla bocca e si stupì, gli occhi a mandorla osservarono le compagne. Sara era bassa di statura, aveva due piccoli occhi neri, mentre Giada aveva la pelle bianca ed era la più alta.

Silvana - Peccato?

Sara - È andata in biblioteca e ha baciato un nostro fratello. È stata scoperta! Che disonore!

Giada - Ma si è pentita, vero?

Sara - Per fortuna sì. Ma dovevate vederla, era disperata. Io non l'avrei mai fatto. Non so perché abbia ceduto al peccato.

Rubellius - Un bacio per voi è un peccato così grande? - posò le mani sulla panchina e guardò il cielo azzurro, accennando un sorriso.

Le tre si voltarono guardando il demone.

Sara - Abbiamo fatto voto di castità. Un bacio è la prova di ogni peccatore. Eccetto per le donne sposate - strinse il quadernetto di preghiere.

Rubellius - Suppongo che le vostre madri siano delle grandi peccatrici. Dopotutto, gli amanti non si trovano a baciarsi di nascosto.

Sara - Siete insolente!

Rubellius - No. Sono sincero. Dunque... parlando di cose serie. Chi di voi cederebbe a questi peccati? - le indicò con un dito.

Sara - Nessuna di noi. Giusto sorelle? - alzò il mento e chiuse gli occhi.

Silvana - Giusto!

Giada - Ah, sì... giusto - balbettò e notò il fisico atletico.

Rubellius - Voi non siete molto convinta - la indicò e rise.

Sara diventò rossa per l'ira e difendendo l'amica protestò.

Sara - State dicendo delle menzogne, Giada sa benissimo ciò che intendiamo. Ora è meglio andare.

Sara e Silvana si allontanarono velocemente, mentre Giada si fermò osservando il demone con curiosità.

Rubellius - Vi conviene muovervi, perderete la prossima preghiera - guardò il giardino, dandole le spalle.

Giada strinse il suo quadernino, annuì e cercò di avviarsi verso le sue compagne. Il demone la fermò con la sua voce.

Rubellius - Ovviamente se le preghiere non saranno di vostro gradimento, sapete cosa fare e chi cercare.

Giada - Come vi chiamate? - si voltò guardandogli la schiena e la tunica viola decorata con dei piccoli filamenti rossi.

Rubellius - Perché chiedete il mio nome? Non dovrebbe interessarvi un peccatore come me. Giusto?

Giada - Beh... aiutare un peccatore ad assolvere i suoi peccati è un mio dovere. Non trovate?

Rubellius fece spallucce e alla fine si voltò.

Rubellius - Credo di sì. Oppure una creatura benevole può cadere nel peccato con il proprio peccatore - la guardò con curiosità.

I due tacquero per alcuni secondi, Giada spostò il peso su una gamba e osservò le compagne vicino ad una colonna.

Rubellius - Se siete interessata ad assolvere i miei eterni peccati, chiedete allo stalliere della Regina Della Roccia. Sarò felice di assolvere i miei peccati con il vostro aiuto.

Giada annuì e se ne andò lasciandolo da solo.

Rubellius sorrise e si alzò, canticchiando e avvicinandosi a Clizia per tornare alla carrozza, un'imprecazione uscì dalle labbra sottili, mentre notava a qualche metro di distanza Filippo. Il protettore e la giovane erano l'uno accanto all'altro, mentre passavano sotto al lungo porticato.

Rubellius - Filippo non mi sopporta.

Clizia - Diciamo che prova lo stesso odio che aveva mia madre nei tuoi confronti - socchiuse gli occhi amaramente.

Rubellius - Capisco. Beh tua madre Arabella era una donna particolare.

Clizia - Sì. Ma non si fidava, perché?

I due arrivarono nella piazza principale del Monastero. Rubellius prese le redini del cavallo nero e lo avvicinò alla carrozza.

Rubellius - Non saprei. Forse per la mia meravigliosa natura.

Clizia - La tua natura? Oh certo - accennò un sorriso - Mi ricordo perfettamente come ti sei presentato a me. Posso farti una domanda?

Rubellius - Ormai che siamo sul discorso, certo. Ma sappi che questa è l'ultima domanda per oggi - salì in groppa al destriero e sbuffò.

La Regina si avvicinò al cavallo e gli accarezzò il collo, gli occhi mostravano curiosità verso il Consigliere.

Clizia - Perché hai detto solo a me della tua natura? Ti fidi così tanto da dirmi ciò che sei? -mise le mani dietro alla schiena.

Rubellius spostò il cavallo scansando la Regina.

Rubellius - Sei la mia merce di scambio, Clizia. Nulla di più. Quando finirò il mio compito non mi vedrai più. E finalmente avrò la mia stupenda libertà!

Clizia - Stai sviando la domanda, Rubellius! Perché?

Rubellius - Ah. Niente da fare, per oggi ho finito con le domande.

Clizia lo guardò ed entrò nella carrozza con nervosismo, chiuse la porticina e borbottò qualcosa. Il corteo reale partì uscendo dal Monastero e tornando al castello.

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