Capitolo 27 - Lividi e Orgoglio
Clizia strinse la torcia che illuminava quel piccolo ritrovo di ricordi, la luce soffusa illuminò con estrema cura le due rocce. I pochi alberi che circondavano i due si mossero a causa del vento. La ragazza si staccò da quel delicato abbraccio e fece qualche passo indietro, lasciando un po' di rispetto a Rubellius.
Clizia – Io... speravo di poter capire la causa del tuo dolore.
Il demone fece un piccolo sorriso e posò le mani sui fianchi.
Rubellius – Ciò che provai quando tornai nella mia Dimensione fu ancora più umiliante.
La mente del giovane demone divagò di nuovo, cercando un spiraglio di luce.
----
Quando le torture finirono, Rubellius fu trascinato con la forza da due Angeli che lo gettarono in una Gabbia Sospesa. Le due creature derisero il suo aspetto pieno di lividi. La Gabbia Sospesa era molto piccola ed era fatta d'acciaio, oro e argento, materiali che i demoni non potevano distruggere. La notte di quel terribile giorno arrivò, le tende bianche erano illuminate dai vari falò che gli Angeli avevano acceso per cucinare il loro pasto. Rubellius posò le ginocchia sul petto e cercò di riposare, le lunghe ferite sulla schiena non sarebbero mai andate via. L'acciaio che gli Angeli usavano per torturare i demoni, provocava delle terribili cicatrici e infezioni. Il Demone Minore tremò per il dolore emotivo e fisico, i suoi capelli rossi erano stati tagliati e le sue piccole corna si potevano vedere.
Il giovane demone alzò lo sguardo lentamente sentendo dei passi, la sua vista appannata fissò quella atletica figura femminile. L'Angelo aprì una piccola porticina della gabbia e posò al suo interno una ciotola di cibo, poi la richiuse aspettando una sua risposta. La donna incrociò le braccia attendendo nel silenzio, Rubellius guardò la ciotola di cibo e la calciò rifiutando il pasto.
La fanciulla dalla pelle scura posò le mani sui fianchi e sospirò, socchiuse gli occhi e andò a prendere un pezzo di pane dai suoi compagni per darlo al demone.
Electre – Cerca di mangiare, ho messo nel cibo dell'erbe curative per le tue ferite.
Rubellius – Preferisco morire che accettare il tuo cibo.
La donna si toccò i capelli corti e ricci.
Electre – Non pretendo il tuo perdono e non te lo chiederò. Era necessario questo atto. Non fraintendermi giovane demone, il nostro mondo si è diviso a metà. Dovevamo scegliere se risparmiarvi o no. La maggioranza ha vinto attuando il vostro sterminio. Mi dispiace giovane demone.
Rubellius – Mi chiamo Rubellius. Io non ho bisogno del tuo patetico dispiacere, stupida sgualdrina.
Electre sospirò e guardò per terra, sentendo la voce dei suoi compagni mentre chiacchieravano attorno a un falò.
Electre – So cosa provi. Rabbia, disgusto, disprezzo. Ma voglio essere sincera con te. Ciò che volevamo era fermarvi. Se continuavate a riprodurvi senza un degno controllo, l'equilibrio dell'interno universo si sarebbe distrutto.
L'Angelo camminò di fronte alla prigione del demone, mise le mani dietro alla schiena e alzò il mento.
Electre – Io facevo parte della minoranza, quella che voleva aiutarvi a capire come dosare la progenie senza intaccare l'equilibro dell'universo. Ma la maggioranza... voleva uccidervi. L'Angelo della Battaglia fu il primo a incentivare i nostri compagni su questa decisione. Non potevamo fermarlo, eravamo in pochi... potevamo solo gestire i nostri sottoposti.
Rubellius la guardò stringendo i pugni, aveva sentito parlare di quell'Angelo anziano e con le sue idee sulla purezza dei Dogmi Celesti.
Electre – Ma per nostra sfortuna i vostri compagni, i Demoni Minori più Anziani, seppero della situazione e dello sterminio. Così ci mandarono un ultimatum. Se non avessimo risparmiato uno solo di voi, ci avrebbero dichiarato guerra, di nuovo per la millesima volta. Non sarebbe stata la prima né l'ultima. Quindi... mandai a richiamare i miei uomini. Tarasios aveva il compito di catturane uno solo, ma non di torturarlo. L'Angelo che ti portò via dalla tua compagna non doveva... attuare quelle torture.
Rubellius si scagliò contro la porta della Gabbia Sospesa e strinse con le mani le sbarre d'acciaio e oro.
Rubellius – La mia compagna è morta! Mio figlio è morto! Te lo dirò chiaro e tondo, stupida meretrice, io avrò la mia vendetta su di lui. Che ti piaccia o pure no! Puoi tenerti il tuo sentimentalismo a me non serve.
La donna dalla pelle nera lo fissò con dolore, strinse i pugni muovendo le sue ali bianche.
Electre – Se ne avrai l'occasione... non ti impedirò di compire la tua vendetta. Come Angelo della Sapienza, so benissimo cosa provi e che sentimento ti percuote. Io ho perso mia madre nella stessa maniera. Gli Angeli tendono alla perfezione e alle regole, ma molti di loro sono ciechi alla verità.
Rubellius si sedette e si calmò un po', osservando l'Angelo. Electre gli fece un sorriso e si voltò dandogli le spalle.
Electre – Ora mangia, domani tornerai nella tua Dimensione. Se un giorno avrai bisogno della mia saggezza sarò disposta ad aiutarti.
Rubellius prese il pezzo di pane e la guardò, le fece un fischio per attirare la sua attenzione. La giovane si voltò guardandolo con i suoi occhi neri.
Rubellius – Come ti chiami?
Electre socchiuse gli occhi e mosse le ali.
Electre – Mi chiamo Electre.
La donna si allontanò facendogli un saluto, Rubellius masticò il pane e chiuse finalmente gli occhi.
Il giorno dopo il giovane demone venne scortato in una piccola collina di Callisto. Rubellius aveva i polsi incatenati e le sue ginocchia faticarono a reggere il suo peso. Un Angelo prese da un sacchetto in pelle, legato sulla sua cintura, un po' di polvere nera e la gettò su un pioppo. I due Angeli attesero, finché una strana nube nera scivolò verso il corpo del demone. Quando la nube nera coprì il demone, un lampo grigio si espanse nel cielo, facendolo scomparire. Gli Angeli se ne andarono tornando nel loro accampamento.
Il fumo nero che aveva preso Rubellius si disperse in un altro luogo, in un'altra Dimensione.
Il Demone Minore si ritrovò a terra, alzò lentamente lo sguardo dal terreno fangoso e si osservò intorno. L'aria densa e pesante inebriò il suo naso, i gas bluastri che fuoriuscirono da quei strani vulcani color rosso sangue salirono verso l'alto. Rubellius si alzò e si lamentò per il dolore, il suo corpo era posto sul bordo di un precipizio. Sotto al quel precipizio c'erano delle immense pianure, dove crescevano gli Umbras. Il demone diede le spalle al dirupo e fissò le immense caverne giallastre poste alla base di quei giganteschi vulcani. Le gallerie di quelle caverne erano lunghe ed estese, ma permettevano ai vari demoni di vivere adeguatamente. Rubellius camminò mostrando con molta fatica la sua natura. La sua passeggiata continuò per qualche minuto, finché non si fermò vicino ad una piccola caverna. Il demone guardò la grotta e si avvicinò all'ingresso. Quella era la sua casa, quello era il suo rifugio nella Dimensione Deiouona. La piccola grotta era illuminata da delle pietre giallastre che davano quel colore naturale alle caverne. Al suo interno c'era di tutto, oggetti di vario tipo che aveva raccolto nel mondo di Astrea. Il demone cercò di entrare ma venne fermato da una voce roca e pesante, Rubellius notò l'ombra che copriva il suo corpo.
Bardus – Sei tornato.
Il giovane demone posò una mano sulla parete rocciosa del suo rifugio e guardò la figura.
Rubellius – Lasciami stare Bardus. Ho pagato ciò che mi avevi detto. Non ho voglia di sentire una sola parola da parte tua.
Il Demone Minore che era all'esterno incrociò le braccia e mugugnò.
Bardus – Vi avevamo avvisato. Sapevamo ciò che gli Angeli erano pronti a fare. Voi giovani siete così... stupidi.
Rubellius respirò a fatica e posò un braccio sulla parete della grotta. Si voltò e fissò il demone. Il demone rosso accennò un sorriso, mostrando i suoi piccoli e affilati denti.
Rubellius – Beh... puoi dire agli Anziani che io sono l'ultimo rimasto. Tulia... è morta, portando con se – batté le mani sulle ginocchia squamate – mio figlio. Quindi... potete festeggiare la vostra "vittoria".
Bardus si avvicinò con passo deciso, era molto più alto di Rubellius. La sua altezza si aggirava sui due metri, le spalle grosse e muscolose reggevano delle cinture in pelle, dove dietro alla schiena c'erano due asce. Le corna ad ariete color ocra mostravano la sua età. Il demone si sfiorò la lunga barba gialla mentre osservava Rubellius. Il suo volto quadrato era dipinto con dei piccoli tribali verdi, mentre la pelle color vermiglio era in contrasto con le squame color avorio. I capelli gialli erano legati e attorcigliati da delle lunghe trecce che arrivano alle spalle. Le muscolose braccia erano ricoperte da alcune piccole corna.
Bardus – Questa non è una vittoria, Rubellius. Siete voi giovani che non avete colto il nostro consiglio. Ed ora... dovremmo attendere altri duecento anni per una nuova generazione. Gli Umbras sono lenti e tu lo sai.
Rubellius chiuse gli occhi posando una mano su un braccio. Bardus si avvicinò notando le ferite del giovane.
Rubellius – Lo so Bardus, non sono un idiota.
Bardus – A parere mio lo sei. Sei debole, gracile, pensi di combattere e di affrontare qualsiasi Angelo. Solo il tuo spirito è forte, ma la tua magia seppur matura è ancora debole.
Rubellius socchiuse gli occhi e sospirò, osservando il demone guerriero.
Rubellius – E dunque che vuoi fare?
Bardus estrasse le due asce, facendone roteare una. I suoi occhi gialli erano serie.
Bardus – Addestrarti nel combattimento e nella magia.
Rubellius – Perché dovresti? Sei un demone guerriero, il tuo scopo è sempre "uccidi e combatti da solo".
Bardus sorrise mostrando i denti appuntiti, le due asce sembravano così leggere tra le sue mani.
Bardus – Ricordo come il tuo Umbras ti ha creato! Ti sei fatto strada da solo, scoprendo immediatamente la tua abilità nell'uso dell'Essenze e dei tuoi "Patti". Sei subdolo e mostri un carattere deciso, degno di ogni guerriero. Hai affrontato un tuo pari in una zuffa, mostrando una dote per l'agilità. Devo dirlo... - sorrise - ci provavi gusto a decapitare gli altri Demoni Minori. Mi hai impressionato.
Rubellius lo fissò accennando un sorriso, Bardus si avviò verso la sua grotta, camminando in quel terreno fangoso e putrido.
Bardus – Sarai un ottimo allievo, me lo sento. E forse un giorno... gli umani temeranno il tuo nome.
----
Il Demone Minore se ne andò lasciando solo quello più giovane. In quell'istante il ricordo finì facendo tornare Rubellius nella realtà. Clizia sentì le ultime parole del suo racconto e restò in silenzio, mentre Rubellius la guardò. Il Demone Minore le fece un gesto con il capo per farsi seguire. I due scesero da quella pendenza arrivando sul bordo di un piccolo dirupo. Sotto ai loro piedi c'era la pianura dove avvenne il Grande Sterminio, mentre sopra alle loro teste c'erano le stelle e le varie costellazioni.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top