Capitolo 23 - Profumo D'inverno

I tre viaggiatori continuarono il loro viaggio per un paio di ore, fermandosi per rifornirsi d'acqua e piante medicinali. Rubellius aveva una buona cultura sulle bacche e le piante che usava per le sue pozioni. Fulke era esperto nella caccia e sapeva come muoversi in quella foresta, Clizia diede una mano ai due uomini cercando un po' di legna per il fuoco. Non voleva fare la primadonna come molte delle sue amiche, amava dar una mano e molto spesso suo padre la sgridava quando cercava di aiutare le sue ancelle nel castello Della Roccia. 

Fulke posò la lepre che aveva cacciato vicino al fuoco, Rubellius guardò i suoi compagni, mettendo in una delle due borse una pianta curativa. Clizia si sedette e sospirò aggiungendo qualche rametto sulle braci, era incuriosita dall'amico di Rubellius.
L'uomo era molto diverso da loro, aveva un strano tatuaggio blu sul braccio destro. Indossava una maglia fatta con una pelliccia grigia, mentre i pantaloni in lino erano stretti da delle fasce blu e gialle. Fulke non era minuto come lei, aveva un fisico forte e atletico, la sua altezza era maggiore rispetto a quella di Rubellius. Il mezzo-demone si sedette notando lo sguardo curioso della Regina, alzò un sopracciglio e le sorrise.

Fulke - Viaggiamo da molto ma non vi ho chiesto il vostro nome.

Clizia appoggiò le ginocchia sul suo petto e sorrise, era timida con gli sconosciuti.

Clizia - Mi chiamo Clizia. Vi prego non datemi del voi.

Rubellius guardò i due e borbottò qualcosa, imitando le movenze di una donna.

Rubellius - "Non datemi del voi. Oh no."

Fulke lo fissò male, fece un gesto con la mano e lo mandò a quel paese. L'uomo prese la lepre e iniziò a preparala per il pasto.

Fulke - Allora vi darò del "tu". È un bel nome. Chi l'ha scelto?

Rubellius chiuse una delle due borse e si avvicinò per sedersi accanto a loro.

Clizia - Mia madre mi ha sempre detto che l'ha scelto mio padre. Lei odiava i nomi troppo lunghi ed era felice della sua decisione.

Il demone si distese a pancia in su e mise le mani sotto alla testa, rise per un breve istante, osservando i rami degli alberi.

Rubellius - A tua madre piaceva qualcos'altro di...

Fulke diede una pedata sull'addome di Rubellius per farlo tacere, il demone si piegò per il dolore ma continuò a ridere.

Fulke - Un po' di contegno!

La giovane agitò le mani per fermarlo. Non voleva che litigassero per una cosa del genere, anche se le dava parecchio fastidio.

Clizia - Lascia stare. Rubellius non ha mai sopportato mia madre, lei l'odiava per ciò che era.

Rubellius mugugnò chiudendo gli occhi e piegò una gamba, Fulke pulì l'animale e sorrise alla giovane.

Fulke - Sai una cosa, Clizia? Vorrei un tuo consiglio.

Clizia - Su cosa?

Fulke - Ecco Idis è da qualche settimana che non sta bene, nulla di grave. Ma continua ad avere nausee e rigetta il cibo dopo ogni pasto.  Ho notato il suo addome, ha un po' di pancia. Credo... che sia di nuovo incinta.

Clizia - Da quanto dura questa situazione?

Fulke - Da qualche mese.

La giovane sorrise mettendo davanti al suo petto le mani giunte.

Clizia - Una Dama che ho conosciuto qualche tempo fa aveva gli stessi sintomi e dopo qualche mese ha partorito due gemelli.

Rubellius sbuffò sentendo quel discorso.

Rubellius - A cosa serve fare dei figli? Te lo dico io a cosa serve! A nulla.

Fulke - Rubellius finiscila di dire fesserie.

Il demone chiuse gli occhi e schioccò la lingua, Clizia l'osservava in silenzio.

Rubellius - Dico solo che è una cosa inutile. I bambini piangono, mangiano, pisciano e si lamentano.

La ragazza sorrise e posò una mano sul terreno fangoso coperto dalle foglie.

Clizia - Beh... non vorresti aver un bambino? Scommetto che cambierai idea quando...

La giovane si coprì la bocca ricordandosi le parole di Dasha. Fulke non ci fece caso, poiché sapeva che non l'aveva detto con cattiveria. Rubellius la guardò con rabbia, alzò la schiena per mettersi seduto e prendendo un bastoncino alzò la voce.

Rubellius - Fatti gli affari tuoi Clizia! Devi sempre dare aria a quella stupida bocca.

Il demone si alzò calciando sassi e foglie. Clizia accennò dei no con il capo mentre la sua voce tremava per il dolore.

Clizia - Io... s-scusami non volevo dire...

Rubellius agitò il bastoncino e la indicò con un dito.

Rubellius - Oh sì che volevi dirlo! Che mi credi? Stupido?! Sai che ti dico? Vai al diavolo tu e le tue dannate idee!

Il demone diede le spalle ai due e se ne andò vicino ad un salice piangente. Clizia si coprì la bocca e iniziò a tremare, Fulke cercò di tranquillizzarla posando la lepre sul fuoco.

Fulke - Non è colpa tua Clizia. Lo hai trattato come una persona normale, ma fidati... non è colpa tua.

La giovane si alzò e camminò accanto al fuoco, guardando la strada che aveva fatto il demone.

Clizia - Devo dirgli che mi dispiace! Tua nonna mi aveva detto che per natura sono sterili. Vado da lui e gli dico che...

Fulke sospirò cucinando l'animale, fissò la ragazza e sorrise.

Fulke - Lascialo stare. Dagli qualche ora e gli passerà. I demoni sono fatti così, sono irascibili per quel punto.

La giovane si voltò guardando l'uomo, socchiudendo gli occhi colmi di dolore. L'uomo la indicò con le mani aperte, piegò una gamba per stare comodo.

Fulke - Hanno un carattere particolare. Sono fatti così, non c'è un motivo preciso, è  la loro natura.

Clizia - Anche tuo padre era così?

La voce della fanciulla era un sussurrò, Fulke annuì e osservò per un paio di secondi le asce che aveva lasciato vicino a Tenebris.

Fulke - Non mi ricordo di lui. Stetti con lui solo per un paio di mesi, poi se ne andò per trovare gli Angeli. Ma non tornò più al mio villaggio. Mia nonna Dasha mi raccontò di lui e del suo carattere. Diceva che ero buono come mia madre, ma testardo e spietato come lui.

Clizia - Mi dispiace... io non volevo offenderti.

Fulke fece spallucce e sorrise guardandola con serenità.

Fulke - Non ti scusare, Clizia. C'è bisogno della tua curiosità per scoprire il mondo.

Clizia - Posso chiedertelo?

Fulke - Dimmi.

Clizia - Tu sei... metà umano e metà demone. Giusto?

Fulke - Sì. Aspetta - mostrò le mani - se mi stai chiedendo se assumo una strana forma come quello stupido di Rubellius, ti sbagli.

Clizia - Non era questa la mia domanda, tranquillo.

La giovane accennò una risata e incrociò le braccia.

Clizia - Volevo sapere se tuo figlio... è come te. Hai notato qualcosa di diverso in lui.

Fulke la guardò e si sfiorò il mento per pensare, ma alla fine parlò con tono deciso e dolce.

Fulke - Lui non è come me. Ha preso tutto da mia madre e da sua madre, è umano. Non so dirti se il prossimo figlio nascerà demone o umano, ma di sicuro non sarà un mezzo-demone. Eh poi... lascio questo esperimento a voi due.

L'uomo indicò con la testa Rubellius e la giovane. Clizia alzò un sopracciglio, guardandolo con curiosità. Non riusciva a capire cosa volesse dire.

Clizia - Come scusa?

Fulke rise indicando con lo sguardo la strada che aveva fatto Rubellius per andare al salice piangete.

Fulke - Ho visto come lo stavi guardando stamattina. Tu sei un tipo silenzioso Clizia, ma i tuoi atteggiamenti sono ben visibili. Idis mi ha accennato qualcosa.

La giovane si sfiorò il fiore blu che aveva tra i capelli, abbassò lo sguardo con timore. Fulke si guardò intorno per evitare che Rubellius ascoltasse il loro discorso.

Fulke - Voglio essere sincero con te. Rubellius non si è mai legato a nessuna. Lui non è mai stato molto - mugugnò - come dire... affettuoso da creare un legame con una donna, tranne con una.

Clizia - C-come si chiamava lei?

Fulke stette in silenzio per un paio di secondi, un vento leggero sfiorò i loro corpi muovendo le foglie e gli arbusti della Foresta Nera.

Fulke - Si chiamava Tulia. Era un demone femminile. Era molto diversa da te, insomma... era uno spirito libero.

Alcuni passi si avvicinarono verso i due, Fulke si voltò notando Rubellius a qualche metro di distanza e si zittì immediatamente. Clizia capì e annuì andando verso Tenebris.

Clizia - Ho capito. Vado a prendere una cosa. Finiremo il discorso un'altra volta.

Rubellius fissò la ragazza e si sedette vicino al fuoco, non gli era ancora passata la rabbia che provava.

La giovane arrivò da Tenebris e gli diede una carezza sul muso. Il cavallo sbuffò, mentre lei prendeva da una delle due borse il diario di sua madre. Quando la giovane tornò indietro si sedette vicino al fuoco, ignorando il demone. Rubellius cercò di guardare il diario spostandosi leggermente dal suo posto, ma lei si voltò dandogli le spalle.

Clizia - Curioso.

La giovane sfogliò le pagine gialle di quel prezioso oggetto e si toccò la collana che aveva indosso, sfiorando con delicatezza la chiave in bronzo.

Anno 20.519, Settimo Mese, Martedì

Caro Diario.

L'inverno è alle porte, le riunioni con gli Ambasciatori e i Duchi sono sempre più opprimenti al castello. Mio marito è sempre impegnato e come potevo immaginare, non ha mai un attimo per me. Due giorni fa sono andata al Monastero per incontrare Fratello Filippo ed Erastos. Mi hanno consigliato di portare con me Gregorio, volevano capire la causa di questo maledetto flagello. L'ho portato con me, come mi avevano detto, Erastos non ha voluto dichiarare la sua identità né la sua natura a mio marito. Fratello Filippo ha detto a mio marito che si trattava di un giovane Sacerdote che si occupava delle nascite. Mio marito ci ha creduto e si è fatto visitare. Entrambi sapevamo di essere portatori di qualche malattia, ma Erastos ci tranquillizzò avvertendoci che presto avrebbe capito, grazie alle sue doti, il problema. L'Angelo mi aveva detto di stare tranquilla, ma era tutto inutile. Mi chiese molte volte se giacevo con regolarità con mio marito, io risposi di sì. Quasi ogni notte. La sua espressione era titubante.

Anno 20.519, Settimo Mese, Sabato

Caro Diario.

Oggi pomeriggio sono andata al Tempio del Monastero. Il giardino e il piccolo orticello dei Sacerdoti Benedetti era ricoperto dalla neve. Gregorio non era venuto con me a causa di un problema diplomatico. Devo essere sincera non mi ha causato nessun impiccio questa decisione, ma anzi... ho pregato, digiunato insieme ai Sacerdoti Benedetti. Sono stata con alcune Sacerdotesse Benedette. Ho accompagnato quelle Dame nella sala da pranzo per poi uscire da quel luogo lasciandole mangiare. Camminai sotto al porticato del Monastero, ammirando la neve sul giardino, restai basita da ciò che vedevo con i miei occhi, accanto al pesco spoglio vidi Erastos, il quale posava una mano sul tronco di quell'albero. L'osservava con curiosità, cercando di capire cosa avesse. Notai qualcosa di bianco sulla sua schiena. Rimasi incredula, scioccata, affascinata, quelle erano le sue ali, erano bianche all'esterno e grige all'interno, avevano delle piccole macchie azzurre. L'Angelo restò per qualche secondo in silenzio, poi si voltò e mi fece un cenno con la mano. Cercai d'ignoralo, ma si avvicinò verso di me.  Mi diede il buongiorno e mi chiese se stessi facendo una passeggiata, quando si mise davanti  mi osservò come se fosse incuriosito dal mio silenzio. Mi fece un sorriso dolce e allargò gli occhi marroni, indossava dei stupendi pantaloni grigi e una tunica turchese, stretta da una cintura in pelle. Gli dissi che stavo camminando e che l'avevo notato, indicando le sue ali. Lui  annuì con estrema cura, le mosse leggermente tendendole chiuse senza aprirle. Gli chiesi come mai le stava mostrando apertamente, la sua risposta era che non poteva tenerle sempre chiuse, poichè hanno bisogno d'essere aperte, notai nel suo tono di voce preoccupazione e mi chiese se mi ero spaventa. Io negai la sua domanda e ammirai quelle ali. L'Angelo fece una risata e m'invitò a fare una passeggiata in quel giardino pieno di neve. Un silenzio provocò in me molta paura, non volevo far delle brutte figure con un Angelo. In quel momento iniziò a nevicare e cercai di coprirmi  con il mio mantello di volpe. Erastos notò il mio innocuo gesto e si affiancò a me, avvertendomi che potevo prendermi un malanno. In quella manciata di secondi, estese le ali e una mi coprii il capo. Io lo guardai e lo ringraziai, mi sfiorai una guancia e sentii sulla mia pelle un intenso calore.

Quando Clizia finì di leggere quella piccola parte, Rubellius si alzò e sentì uno strano rumore. Fulke si voltò di colpo verso destra, avvertendo  un ruggito animalesco. Non era di un animale selvatico, ma di qualcosa di ben più grosso di loro.


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