Capitolo 14
Notte fonda. Sono le tre del mattino e, per qualche ragione non riesco a dormire. Sono passati tre giorni da quel bacio dato per errore, eppure mi sento più in colpa di prima. Sto sudando freddo. Non mi sento bene dal punto di vista emotivo. Vado in camera da Zoe ma lei non è a letto. Mi metto a cercarla per tutta la casa ma non la trovo. La chiamo e non mi risponde. Ho paura che le sia successo qualcosa di grave. Sveglio Kamala per non lasciarla a casa da sola, la vesto e corriamo a cercarla. La troviamo guardare dalle mura della città alta, in una delle zone più verdi. La abbraccio, ma lei mi chiede di lasciarla stare. Le stringo la mano e le indico di respirare a fondo. Kamala si aggrappa alla sua gamba in segno di affetto. Mi sembra un po' in stato di shock ed essendo anche incinta, la accompagno alla mia macchina e la porto a fare un controllo al pronto soccorso. La ricoverano subito e la fanno stendere. Le bagnano il viso con un po' di acqua. Non sembra nulla di grave, ma, non appena si libera un ecografo, controlleranno anche il bambino. "Come mai sei uscita? Cosa ti succede Zoe?" le chiedo stringendole la mano una seconda volta. Finché mi spiega la sua crisi esistenziale che l' ha portata a prendere una boccata d'aria, Kamala si è addormentata sulla poltroncina della stanza di ospedale. All' improvviso, noto che Zoe va in iper ventilazione e chiamo subito l' infermiera. Cerco di rassicurarla e le dico che andrà tutto bene. Le mettono la macchina per controllare i parametri vitali, ma non c' è nulla di buono: Zoe potrebbe aver perso il suo bambino. Arriva l' ora dell' ecografia: con un braccio la accompagno spingendo una sedia a rotelle che le hanno fornito per non farla affaticare troppo e con l' altro tengo in braccio la piccola stando attento a non svegliarla. Nell' ambulatorio si registra una nube di silenzio inquietante e macabra. La dottoressa ha gli occhi lucidi. Non sa come dirci che davvero il battito non si registra più e che il piccolino non vedrà mai la luce. Zoe è disperata. Io so benissimo che la perdita di un figlio è un dolore enorme. "Ma davvero il mio piccolo è morto?!" singhiozza esternando il suo dolore. La dottoressa si avvicina e le accarezza la pancia, comunicandole che entro domani sarebbe stata operata perché la morte in utero è avvenuta quasi al sesto mese ed è troppo tardi per un approccio farmacologico. Tra l' altro, in quel momento arriva la conferma che si sarebbe trattato di un maschietto, ma ormai cosa importa. Lei è devastata e io sono distrutto almeno quanto lei. In un certo senso, è come se fosse anche un po' mio questo bambino. Sono quasi le sette e mezza. Kamala si sveglia e la porto all' asilo. Fortuna vuole che io abbia allenamento al pomeriggio, così da stare un po' con lei durante i controlli pre operatori. D' altro canto, io non so a chi affidare la piccola oggi e mi viene spontaneo presentarmi alle mamme delle due nuove amiche di cui mi ha parlato in montagna. Per fortuna, a lei ci può pensare una delle due ospitando Kamala a casa per giocare.
Torno in ospedale da Zoe e vorrei tanto distrarla. Le hanno appena prelevato un campione di sangue per le analisi. "Hai già parlato con Kamala del suo amichetto che è volato in cielo?" mi domanda lei con le lacrime agli occhi. La verità è che non ho il coraggio di farlo perché so quanto vorrebbe essere stata la prima ad accoglierlo. Non so perché, ma credo che questo piccolino ora stia giocando con mia figlia e siano sotto l' ala protettrice del mio angelo custode.
Il giorno dopo, lei si risveglia a metà mattina dopo l' intervento. Il dolore della cicatrice è nulla in confronto a quello di non essere riuscita a diventare madre. In questo momento, lei sta parlando al suo pancione che non esiste più. La scena è una delle più tristi che mi si siano mai presentate agli occhi. La cosa che mi consola è che allora non sono l' unica persona che parla con le persone care che ha perso. Lei, al momento, ha giurato che non si troverà mai un compagno nuovo e non proverà ad avere altri bambini. È un dolore troppo grande e io la capisco come non mai. Io, invece, cari lettori, vi confesso che avrei il desiderio di avere un altro figlio. Ma, per via della mia professione, non mi posso permettere di essere un padre single con più bambini. Se, un giorno, sarò emotivamente disponibile da accogliere una nuova compagna nel mio cuore, sarà con onore la madre dei miei piccolini, ma al momento questa possibilità non esiste. Sapete, ogni tanto ci penso e mi immagino anche in età più tarda con un pargoletto in braccio. Ormai ho imparato a fare il papà in ogni circostanza e sono sicuro che sarei capace di farlo sentire protetto.
"Grazie per aver avuto il fiuto di portarmi qui! Come avevi fatto a capire che avrei avuto bisogno?" e la risposta è semplice perché ho letto il panico sul suo volto che faceva trasparire qualcosa di brutto. Il mio istinto mi continuava a dire che Zoe era in pericolo e questa volta l' ho seguito. Arya mi auguro che tu sia fiera di me questa volta.
Intanto, arrivano i risultati dell' autopsia e pare che la causa sia stata la preeclampsia. Zoe si sente in colpa per non aver vissuto serenamente la gestazione e di averlo ucciso con le sue pare che l' avrebbero agitata alzando troppo la pressione. Io mi appoggio sul suo braccio e le chiedo di ascoltarmi. Questa esperienza, per quanto straziante, non la rende di certo meno donna o meno valida nella vita. Il suo bimbo sarà sempre lì, a sorvegliarla e proteggerla.
Ad ora di pranzo, vado a prendere Kamala e non appena dimettono Zoe, torniamo a casa mia. Zoe ha bisogno di assoluto riposo per almeno 7-10 giorni. Kamala si vuole precipitare da lei, ma la fermo perché vorrebbe dormire e stare da sola. "Zia Zoe non mi vuole più bene?" domanda Kamala. "No piccolina, certo che te ne vuole... è solo che ha bisogno di mettersi in contatto con il suo angioletto che ora si trova sotto le ali della tua mamma" e a quella spiegazione... Kamala mi chiede cosa intendo, ma solo perché spera di aver capito male. A Kamala scendono i lacrimoni dagli occhi. "Posso dare un bacino a zia Zoe quando si sveglia?!" mi supplica. La risposta è che non deve nemmeno domandarlo perché sa benissimo quanto piacere le avrebbe fatto avere il suo sostegno. Kamala si reca nella sua cameretta ai piedi del letto per pensare a come far tornare il suo amichetto e rendere Zoe felice di nuovo. Ma non le viene in mente nulla perché capisce che non è possibile. E io, passando vicino a camera sua sento: "La vita è breve... e papi deve capirlo per vivere meglio" e la cosa mi commuove perché ha ragione. Mai e poi mai avrei pensato che i bambini potessero stupire così tanto ed essere così profondi fin da piccoli. Però sono stato bambino anche io e sinceramente... non ricordo di essere stato così profondo e maturo alla sua età. Ma può essere che fosse così... d' altronde... i primi anni di vita non permettono di sedimentare i ricordi a lungo termine.
Entro da lei in stanza e mi siedo anche io ai piedi del letto vicino a lei. "Io e te siamo squadra Kamala! Se non ci fossi tu, non so dove sarei a quest' ora!" le sussurro io fissandola negli occhi. Lei mi chiede se ho sentito i suoi pensieri ad alta voce ed io affermo. E per quella notte... io me la porto con me nel lettone per scrivere una nuova pagina dei momenti speciali da incorniciare. Sì, perché lei è la mia donnina e voglio godermela al meglio in ogni suo passo e progresso. Ma devo anche essere pronto a quando lei si staccherà da me e questo sarà un duro colpo al cuore... ma ci pensiamo più avanti!
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