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Giunti al mercato, le due carrozze si fermano proprio all'ingresso. Il principe Dastan, per non attirare troppo l'attenzione, si copre con un mantello. Quando il cocchiere apre la porta, scende per primo e poi aiuta Tamina a scendere.

Gli accompagnatori scendono a loro volta dalla seconda carrozza e si posizionano dietro Dastan e Tamina.

"Vogliamo andare?" chiede Tamina, rivolgendo un sorriso al principe.

"Certamente. Voi due, restate dietro e siate vigili," ordina Dastan agli uomini, che annuiscono senza esitare.

I quattro si addentrano nelle strette e coloratissime vie del mercato, alla ricerca di stoffe belle e pregiate da acquistare.

"Che ne pensi di questa?" domanda Tamina, fermandosi davanti a un banco colmo di tessuti color rosa perla.

"Questo colore è troppo pallido," osserva Dastan.

"Quella invece è splendida," aggiunge, indicando una stoffa rosso vino accanto a quella rosa. Tamina osserva il tessuto e annuisce.

"Avete ragione, è davvero magnifica. La prendiamo?"

"Certo. Prendiamone dieci metri," risponde Dastan rivolgendosi al venditore. L'uomo taglia con precisione il tessuto, lo avvolge e lo porge al principe, che con un cenno del capo fa sì che uno dei due uomini lo prenda.

Proseguono poi tra le vie del mercato, scegliendo per il secondo abito una stoffa color argento.

Mentre cercano il tessuto perfetto per un terzo abito, Tamina viene riconosciuta da un uomo grossolano dietro una bancarella.

"Tamina! Tamina! Sei tu?" grida l'uomo, attirando la sua attenzione.

Tamina e Dastan si voltano verso la voce. Tamina lo riconosce subito: è Jaffar, il truffatore più noto del mercato e del quartiere in cui è cresciuta.

"Jaffar, cosa vuoi?" chiede, avvicinandosi con cautela alla sua bancarella.

"Ho una notizia per te," risponde lui, facendole segno di passare dietro al banco.

"Vieni."

"Perché dovrei fidarmi di te?" ribatte Tamina, sospettosa.

"Deciderai tu stessa se credermi o no."

Tamina si volta verso Dastan. "Puoi aspettarmi due minuti?" chiede. Lui annuisce, ma non le toglie gli occhi di dosso.

Tamina segue Jaffar dietro la bancarella. "Cosa hai di così urgente da dirmi?"

"Stasera, alla locanda dietro la sartoria, si radunano gli Scorpioni delle Sabbie. Sono gli stessi che hanno aggredito tua madre."

Tamina resta senza parole. Era una notizia che aspettava da anni. Finalmente quei banditi erano tornati in città.

"Come fai a saperlo?" domanda, sempre sospettosa.

"Ho i miei metodi. Alle undici di stasera. Ora vai, ho da fare."

Tamina, ancora turbata, torna da Dastan.

"Tutto bene?" le chiede, notando la sua espressione confusa.

"Sì, andiamo a cercare la terza stoffa?"

"Ci ho già pensato io. Torniamo al castello prima che faccia buio."

Tamina annuisce, e insieme si incamminano verso l'uscita del mercato, un dedalo di bancarelle in cui solo chi è del posto riesce a orientarsi.

Dopo una cena tranquilla con Dastan, Tamina si ritira nelle sue stanze. Quando il castello piomba nel silenzio della notte, lei passeggia nervosamente avanti e indietro, combattuta su cosa fare. I minuti sembrano ore, e alla fine si sdraia sul letto, tentando di convincersi a ignorare le parole di Jaffar.

Ma il pensiero non le dà pace. Si rigira tra le coperte, incapace di prendere sonno. All'improvviso si siede sul letto.

"Devo andare. E se avesse detto la verità? Non posso perdere quest'occasione. Se fosse l'ultima possibilità? Andrò, e se sarà una bugia me ne andrò senza farmi notare."

Determinata, si alza e apre l'armadio. Indossa il suo abbigliamento da allenamento: pantaloni e maglia neri, comodi e silenziosi. Prende quattro coltelli, due li infila negli stivali e due nella cintura. Aveva nascosto quelle armi tra i suoi effetti personali, e nessuno al castello lo aveva mai scoperto.

Indossa un mantello nero, apre la porta con cautela e si muove in punta di piedi lungo i corridoi, facendo attenzione a non svegliare nessuno. Scende le scale, attraversa il corridoio principale ed esce dal castello.

L'aria fresca della notte la investe, riempiendola di energia. Cammina rapida verso le stalle, passando accanto al grande albero dove spesso si fermava a leggere.

Nel frattempo, Dastan, che era nelle sue stanze a contemplare il cielo stellato, nota un'ombra muoversi furtivamente nel cortile. Si affaccia per osservare meglio e riconosce Tamina.

"Dove pensa di andare a quest'ora?" si domanda.

Senza perdere tempo, si veste in fretta, indossa un mantello e si dirige all'uscita, deciso a seguirla senza farsi notare.

Tamina entra nelle stalle e sceglie un cavallo nero, elegante e possente.

"Sei perfetto per questa missione," mormora, accarezzandolo. Lo sella rapidamente e monta in sella.

"Quello è il mio cavallo," bisbiglia Dastan tra sé, osservandola dall'ombra.

Appena Tamina esce dalla stalla, Dastan prende un altro cavallo e comincia a seguirla a debita distanza.

Galoppano nel buio, con l'aria fresca che accarezza il viso di Tamina, facendo fluttuare le sue ciocche ribelli.

"Da dove ha imparato a cavalcare così bene?" si chiede Dastan, stupito dalla sua abilità.

Giunti ai margini del mercato, Tamina smonta e lega il cavallo a un albero.

"Resta qui tranquillo, tornerò presto," sussurra.

Dastan aspetta che si allontani, poi lega il suo cavallo allo stesso albero e prosegue seguendola silenziosamente.

Tamina si addentra nelle vie deserte del mercato. Gira a destra, poi a sinistra, ancora a destra e infine a sinistra, salendo una rampa di scale alla fine della strada. In cima si trova in un piazzale aperto. Si dirige oltre una casa illuminata, continuando fino alla locanda di cui le aveva parlato Jaffar.

Davanti alla locanda c'è ancora movimento: uomini e donne ridono, parlano e bevono, mentre l'aria è satura del puzzo di alcool e sudore. Tamina si guarda intorno, stringendo un coltello in mano.

"Che intenzioni hai, Tamina? E perché indossi pantaloni?" si domanda Dastan, nascosto dietro una casa poco distante.

Tamina entra nella locanda con passo deciso, abbassando il capo per non attirare l'attenzione. L'ambiente è piccolo, senza un piano superiore. Osserva attentamente, ma non trova traccia degli uomini che sta cercando. Capisce di essere stata ingannata e si dirige verso l'uscita.

All'improvviso un uomo la blocca.

"Tamina? Sei tu Tamina?"

"Chi lo vuole sapere?" domanda lei, non riconoscendolo.

"Sapevo che saresti venuta. Seguimi, so chi stai cercando."

Dastan, convinto che Tamina si sia fermata per bere qualcosa, decide di tornare indietro. Ripercorre la strada fino alla scala, ma inciampa sull'ultimo gradino, cadendo malamente.

"Che dolore!" sussurra massaggiandosi il ginocchio. Mentre si rialza, sente delle urla provenire dal piazzale e si nasconde sotto una bancarella per osservare la scena.

L'uomo conduce Tamina fuori dalla locanda, dove si uniscono a lui altri due individui che le puntano contro le spade. Uno di loro le torce il polso, costringendola a lasciare il coltello.

"Lasciami andare! Cosa volete da me?" grida Tamina.

"Io nulla, ma lui ha un conto in sospeso con te," risponde uno di loro, indicando un uomo che si avvicina lentamente.

Dastan, osservando nascosto, riconosce quell'uomo.

"Talal," sussurra tra sé, stringendo i pugni.

Talal si avvicina con calma, il cappuccio del mantello che gli copre parzialmente il volto. Con un gesto teatrale, lo abbassa, rivelando un viso segnato da cicatrici e uno sguardo freddo e penetrante.

"Tamina," dice con un sorriso sinistro, "quanto tempo è passato dall'ultima volta che ci siamo visti? Troppo, direi."

"Non abbastanza, Talal," risponde lei con freddezza, cercando di mascherare il timore che le stringe il cuore.

"Ah, sempre così tagliente. Sai perché sei qui?"

"Non l'ho scelto io," ribatte Tamina, tentando di liberare il polso dalla stretta dell'uomo dietro di lei.

"Ah, ma io sì," risponde Talal. "Tu mi hai portato via tutto, e ora sono qui per riscuotere il mio debito."

"Debito? Tu mi hai quasi distrutto la mia vita e reputazione per il tuo tornaconto!" ribatte Tamina con rabbia, fissandolo dritto negli occhi.

Talal ride. "Parole forti, ma inutili. Vedremo quanto resisterai"

Con un cenno, ordina ai suoi uomini di portarla via. Tamina si divincola, ma la loro forza combinata la rende impotente.

Dastan, nascosto tra le ombre, osserva la scena con crescente tensione. La sua mano scivola verso l'elsa della spada, ma sa di non poter agire avventatamente. I tre uomini armati e Talal rappresentano una sfida anche per lui, e mettere in pericolo Tamina sarebbe un rischio troppo grande.

Aspetta il momento giusto.

Gli uomini spingono Tamina verso un vicolo laterale, una zona più buia e isolata. Dastan li segue con passi silenziosi, mantenendosi al margine delle ombre.

Quando arrivano in un cortile circondato da mura alte, Talal si ferma. "Qui nessuno potrà sentirti urlare," dice con un sorriso crudele.

Tamina si guarda attorno, calcolando ogni possibilità. I suoi coltelli sono stati confiscati, ma la sua determinazione è intatta.

"Che c'è, Talal? Hai bisogno di tutti questi uomini per affrontare una donna?" lo provoca, sperando di guadagnare tempo.

Lui ride. "No, ma è sempre divertente vedere quanto puoi resistere prima di crollare."

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