7. Cercare di rimediare
Non aveva le idee molto chiare su cosa avrebbe dovuto fare.
Era uscita con l'obbiettivo di voler sistemare le cose, a qualunque costo e in qualsiasi modo, ma non sapeva come fare.
Aveva sceso tutte le scale, meditando insistentemente, ed era uscita dal portone senza una meta precisa. Neanche rifletteva più sui passi che faceva, dato che il suo corpo sembrava si muovesse da solo.
Si sentiva un automa: camminava per abitudine.
Girovagò per alcune vie del paese, non molto lontano da dove abitava. Si fermò dopo aver svoltato qualche angolo, sul marciapiede, estrasse dalla borsa il proprio cellulare ed entrò nella "Galleria", rimurginando ancora su una possibile soluzione, mentre osservava attentamente la foto
Pensò che avrebbe potuto trascriverla lei, ma non era del tutto sicura che il ragazzo avrebbe compreso la sua scrittura.
Magari avrebbe potuto chiedere a un falsario esperto di copiare quella grafia, ma probabilmente le sarebbe costato un bel po' e comunque sarebbe stata una cosa illegale - non che lei avesse la coscienza pulita.
Avrebbe potuto inviargliela tramite un messaggio, se solo avesse avuto il suo numero.
Avrebbe potuto chiedere ad Abigail di darle il numero del ragazzo, ma sapeva che l'amica le avrebbe sicuramente fatto l'interrogatorio e lei, a quel punto, avrebbe dovuto vuotare il sacco e subirsi la sua ramanzina.
Per farla breve, non aveva la minima idea di come risolvere quel problema che, in un certo qual modo, lei aveva contribuito a creare!
Si era cacciata proprio in un bel pasticcio, dal quale sperava di uscirne quantomeno illesa, se le fosse stato possibile. Sbuffò frustrata e confusa, ammaccando in una mossa veloce del pollice il tasto di spegnimento e riprendendo a camminare.
Passeggiando ancora, passò davanti ad una cartolibreria nella cui vetrina era stato appeso un avviso:
'Si stampano fotocopie: 0,10 €' citava.
Fu in quel momento che le venne un'idea, a suo parere, brillante.
Spinse la porta del negozietto e vi entrò, richiudendola e facendosi sentire con un "Salve" che venne ricambiato da una voce femminile.
Si avvicinò alla cassa e vi trovò, una signora bassina sulla quarantina inoltrata, piuttosto in carne e con gli occhiali da vista sulla punta del naso, seduta su una sedia con le ruote che stava fissando lo schermo di fronte a lei, con la mano destra sul mouse.
Passati poco più di cinque secondi di attesa, la donna le rivolse la sua attenzione.
« In cosa posso esserle utile? » domandò in tono neutro, guardando la ragazza alzando il capo e poggiando i gomiti sul bancone e il mento sulle mani giunte.
« Dunque ... » esitò la bruna, cercando l'immagine di poco prima sul display.
« Mi servirebbe che lei mi facesse una fotocopia di questa. » riferì ciò che le era stato chiesto, mentre la signora la osservava di sottecchi; quindi, le mostrò la foto, girando il cellulare nella sua direzione, in modo che lei la vedesse.
« Me la invii tramite bluetooth. » decretò diretta, accendendo il bluetooth, mentre Simona faceva altrettanto.
« È questo, giusto? » indicò con l'indice sullo schermo il nominativo del dispositivo appena comparso.
La donna asserì con un cenno di capo e la ragazza inviò lo scatto del documento.
L'altra accettò l'elemento cliccando col mouse e in un attimo venne spedito nel desktop.
Fece scegliere alla cliente la grandezza dell'immagine e, ultimato ciò, la signora cliccò l'opzione 'stampa'. Pochi istanti e la foto divenne cartacea.
La consegnò nelle mani della giovane, facendo ondeggiare il foglio e pronunciando:
« Ecco a lei. »
La ragazza si sforzò di non sorridere ampiamente, mordendosi con il canino l'angolo interno del labbro inferiore, evitando che la proprietaria del negozietto lo notasse.
Posò la fotocopia sul bancone e prese dalla borsa il portafoglio, estraendo dieci centesimi. Li poggiò sul ripiano, riprese il foglio e se ne andò, ringraziando e salutando gentilmente la donna che ricambiava l' "Arrivederci", per poi inserire la monetina nel cassettino della cassa.
Uscita dalla cartolibreria, saltò il gradino che la separava dal marciapiede e si incamminò tutta sorridente, infilando il foglio nella borsa.
Non voleva tornare subito a casa, quindi decise di restare ancora un po' nei paraggi, dando fiducia alle tre ragazze che aveva lasciato nel suo appartamento.
Non si fidava molto di loro a causa di un episodio accaduto cinque anni prima.
Era il suo primo anno di Università ed era super nervosa e agitata, in quanto da lì a qualche minuto avrebbe dovuto dare il suo primissimo esame.
Entrata nell'aula, con l'ansia che la accompagnava, cominciando a parlare si calmò notevolmente, anche perché i suoi professori erano riusciti a farla sentire a suo agio.
Grazie a Dio, andò tutto bene e le diedero il trenta e lode.
Felice come non mai, si mise persino a saltellare per come si sentiva leggera, una volta uscita dall'edificio.
Abigail, Emilia e Tamara, che erano state presenti durante il suo esame, si proposero di farle una sorpresa.
La scortarono con la macchina della migliore amica in un bar vicino alla loro palazzina, le ordinarono un gelato cioccolato e pistacchio con panna, pagarono e la lasciarono lì a gustarsi quella delizia fresca, tornando all'appartamento di Simona.
La castana possedeva una copia delle chiavi, per cui aprì la porta ed entrarono.
Si misero sotto con la preparazione di un soufflet al cacao, il dolce preferito della ragazza.
Sfortunatamente, non andò secondo i loro piani. Fecero un disastro: farina per terra e sul forno, burro che rese il pavimento della cucina scivoloso, un uovo nel lavandino e cacao sul piano cottura.
Il soufflet erano riuscite a farlo, ma era risultato un po' sgonfio.
Quando Simona fece rientro al suo appartamento, si ritrovò davanti e in fila orizzontale le tre ragazze che la guardavano sfoggiando un sorriso forzato - forse un po' troppo pronunciato - e con Abigail che teneva tra le mani il piatto con il dolce.
Le osservò con la fronte corrucciata, spaesata, e solo dopo aver indugiato con attenzione in cucina, si accorse della farina e del cacao e, entrandovi, avrebbe senza ombra di dubbio fatto un bello scivolone, se non si fosse aggrappata appena in tempo al bordo del tavolo.
Le guardò con un cipiglio e le sgridò; per risposta, la migliore amica le porse il soufflet, nella speranza che l'avrebbe gradito.
In effetti, fu così: dopo che la rabbia si dileguò da lei, Simona sospirò e poi rise e sorrise allo stesso tempo, accettando il dolce e sedendosi al tavolo per mangiarselo: perlomeno era buono.
Tutto sommato, a parte il guaio combinato, era stato un pensiero molto carino da parte delle giovani. Infatti, la bruna le ringraziò con sincerità, abbracciandosele calorosamente.
Ma le avvisò che, prima di rifare una cosa del genere, avrebbero dovuto obbligatoriamente prendere lezioni di cucina intensive e in più disse loro che le avrebbe tenute d'occhio.
In altre parole, non si sarebbe fidata ciecamente di nessuna delle tre, soprattutto se fossero state insieme.
Tralasciando quell'episodio, si divertiva sempre da matti a stare con loro. Erano le sue amiche incredibili e nessuno le avrebbe mai eguagliate. Voleva loro tanto bene e, oltre a Emilia, ormai le considerava come sorelle.
Mentre viaggiava con i suoi ricordi, si sedette su una panchina, vicino a un bar. Improvvisamente, qualcuno, riconoscendola, le venne incontro.
« Ciao, Simona. » la chiamò una voce maschile.
Si girò verso di lui.
« Hey, Davide! » gli sorrise, alzandosi.
« Come va? A posto? » domandò il ragazzo, avendola raggiunta, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
« Sì. Tutto bene, grazie a Dio. » rispose, gentilmente.
« E tu? » continuò la ragazza.
Lui fece spallucce.
« Tutto okay. Sono appena uscito da un colloquio di lavoro. Comincerò la prossima settimana. » proferì, con un pizzico di orgoglio nella voce.
« Oh, ma è fantastico! Complimenti, sono felice per te! E credo che lo sarà anche Abigail, quando glielo dirai! » esclamò Simona battendo due volte le mani per l'entusiasmo.
Davide si grattò la nuca, un po' imbarazzato.
« Ti ringrazio. » disse sorridente.
Stettero qualche istante in silenzio, non sapendo cos'altro aggiungere.
La ragazza decise di tornare a casa e fece per salutarlo, ma egli la precedette, chiedendole schietto:
« Devi andare da qualche parte, adesso? » quel quesito le suonò strano e sospetto.
Gli rivolse uno sguardo accigliato e gli disse, non del tutto sicura:
« Beh, no. Perché? »
Il ragazzo era più a disagio di prima e inquieto, come se qualcosa lo stesse tormentando da giorni e non ci dormisse la notte.
Lo vide spostare il peso del suo corpo da un piede all'altro ed era come se quella semplice domanda lo avesse messo in difficoltà. Giocherellò con i pollici e tenne gli occhi fissi in basso.
« Ecco ... »
Simona si stava spazientendo. Incrociò le braccia al petto e batté ritmicamente il piede a terra.
Avendo capito che da un momento all'altro lo avrebbe lasciato perdere di sicuro, le propose, titubante:
« Vieni. Ti racconterò tutto nel bar. » e così si incamminarono dentro il locale.
Una volta trovato un tavolino più appartato, si accomodarono l'uno di fronte all'altra.
« Allora? Che mi devi dire? » prese per prima la parola, picchiettando l'indice sinistro sul ripiano in vetro del tavolino rettangolare.
« Ho bisogno di un favore! » affermò, dopo un sospiro.
« Che tipo di favore? » chiese subito.
« Voglio comprare un regalo ad Abigail, ma sinceramente non so cosa! Per San Valentino le ho regalato una collana della Swarovski e l'ultima volta un braccialetto della Pandora. » vuotò finalmente il sacco, intrecciando le mani e giocando nuovamente con i pollici.
Lei ricordava bene con quanta emozione ed entusiasmo la migliore amica le avesse mostrato quei gioielli meravigliosi!
La Collana Dear in acciaio aveva due cuori incastrati: uno grande al centro, brillante, e un altro più piccolo e in metallo placcato in oro rosa.
Era un bellissimo accessorio!
Il bracciale, invece, era in argento, con la chiusura a cuore in Pandora rose, anch'esso stupendo.
Davide era un po' ossessionato dai cuori, ma diceva che per lui era un modo per dimostrare il suo amore per la fidanzata. E cosa c'era di migliore di un cuore per manifestare il proprio amore?
Simona rifletté su cos'altro sarebbe piaciuto ad Abigail, oltre a quei gioielli sfarzosi e spettacolari.
Non poteva proporre al ragazzo di comprarle un anello, sarebbe stato troppo scontato, e poi gliel'aveva già regalato quando si erano fidanzati: era una semplice fedina classica della Tiffany incastonata di diamantini intorno e con un diamante a forma di cuore al centro - sì, la sua era proprio una fissazione! -.
Non impazziva per gli orecchini e i pochi che aveva le erano sufficienti per le serate importanti, i matrimoni, le uscite con le amiche e con Davide o per andare a fare shopping. Ma a volte neanche li indossava.
Se c'era una cosa che la castana amava molto, era leggere. Riusciva a divorare con gli occhi libri interi in poche settimane o addirittura in pochi giorni. La lettura la faceva uscire fuori dall'ordinario per entrare nel suo mondo, immaginandosi ogni scena descritta in quelle righe.
E se il libro che cercava non esisteva in lingua italiana, lei lo cercava su Internet e se lo traduceva. Era un po' stancante, a volte, - anche perché, avendo la stampante e prediligendo di gran lunga i cartacei, stampava i vari fogli - ma il desiderio di leggere quel libro, di scoprire cosa si celasse dopo l'intrigante trama, le faceva pesare di meno quella specie di hobby.
E alla fine si ritrovava con la soddisfazione di leggere qualcosa che aveva tradotto lei e ciò non poteva che renderla fiera di sé. Capì che un buon libro era la soluzione ideale ... possibilmente uno senza cuori!
« Potresti regalarle un libro. » intervenne poi, poggiando i gomiti sul tavolo.
Lui si illuminò di colpo, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
« Certo! Un libro! Perché non c'ho pensato prima! » esultò, gioioso.
Dopo, però, divenne pensieroso, massaggiandosi il mento.
« Hai idea di che genere di libro potrei regalarle? » chiese, spostando gli occhi su quelli di lei.
La ragazza distolse un attimo lo sguardo, riflettendo ancora.
« Ci sono! » schioccò le dita, attirando l'attenzione del ragazzo, che la fissò con curiosità, emozionato come un bambino.
« Dimmi, dimmi! » formulò impaziente ed eccitato allo stesso tempo.
« C'è un libro che da un po' di tempo interessa ad Abi. Si chiama "La custode dell'ambra". Voleva comprarlo una volta, ma quel giorno mi disse che non aveva avuto abbastanza soldi, così mi proposi io di regalarglielo per il suo prossimo compleanno. Ma visto che l'idea serve a te, credo che le farà più piacere se sarai tu a regalarglielo! » ammiccò complice, con un sorriso di sbieco.
Quel libro aveva suscitato particolare attenzione nell'amica da quando ne aveva letto la trama in libreria. Era un romanzo storico, ambientato in Russia, dove una ragazza era desiderosa di scoprire il passato della madre.
Non l'aveva mai letto, ma di come gliene aveva parlato sembrava interessante. Ad Abigail piacevano i libri che rievocavano la storia, che profumavano di antico e che in mezzo, se possibile, c'era qualche storia d'amore in corso.
Per dirla tutta, da piccola voleva diventare un'archeologa: studiare le antiche civiltà, conoscere nuovi popoli e scoprire un mondo che lei sconosceva, le si era sempre presentato come qualcosa di affascinante e che l'avrebbe fatta rimanere con il Wow sulle labbra.
« Grazie mille, Simona! » le disse sincero.
« Figurati! » affermò lei, alzandosi, seguita da Davide.
Questi le si avvicinò e la abbracciò forte, quasi a stritolarla.
« Dico sul serio: grazie, grazie, grazie! » continuò, aumentando la presa sulle spalle di lei.
Si sentiva come chiusa in una gabbia di ferro, stretta tra le sbarre da non riuscire a muovere un muscolo.
« Di niente. » proferì con voce fioca, soffocando un'impercettibilmente lagna.
« Come potrò mai sdebitarmi con te? » domandò, riconoscente e ancora felice.
« Che ne diresti col lasciarmi respirare? » fece ironica e, al contempo, scherzosa.
Egli, come se se ne fosse reso conto solo in quel momento di starla tenendo ancora bloccata fra le sue braccia, la lasciò subito andare.
La bruna smise di trattenere il respiro e lo rilasciò tutto d'un fiato.
Uscirono dal bar, avviandosi verso casa di Simona.
« Ma tu hai delle tenaglie al posto della braccia, per caso? » esordì d'improvviso, stizzita, scherzando ovviamente.
« Mizzica, non riuscivo a muovermi! Ma quanta palestra fai, tu? » proseguì con lo stesso tono, facendo ridere di gusto il ragazzo.
« In realtà, al momento l'ho sospesa per dedicarmi al lavoro. Ma comunque, in passato ne ho fatta un bel po'! Ho fatto pure il pugile per due anni, sai? » spiegò lui, girando la testa verso di lei.
« Davvero? E come mai non lo fai più? » domandò curiosa e sbigottita, guardandolo mentre camminavano, lanciando di tanto in tanto delle occhiate davanti a sé.
« Durante un incontro, mi ruppi una gamba e fui costretto a portare il gesso per qualche tempo, circa tre anni, se non sbaglio. Avevo ventitré anni quando guarii del tutto. Ma quando decisi di ritornarci, scoprii che ormai mi avevano rimpiazzato con un altro e che le mie prestazioni fisiche non erano delle migliori, secondo loro. Così, mi ritirai da quello sport, optando per la palestra dopo due anni. Ora ho ventisette anni ed è da qualche mese che l'ho sospesa, ma la forza e i muscoli mi sono rimasti. » raccontò, per poi concludere con vanità e fierezza l'ultima frase.
« Hey, non ti montare troppo la testa. » lo ammonì Simona, puntandogli l'indice contro.
« Sai benissimo che Abigail non sopporta la gente che si dà tante arie. » concluse lei, osservandolo con un cipiglio.
« Tranquilla, Simo. Stavo solo sdrammatizzando scherzosamente. » la rassicurò prontamente lui, continuando serio:
« Non ho alcuna intenzione di perdere Abigail per una sciocchezza simile. La amo troppo e sarei disposto a fare la qualunque per dimostrarle il mio amore. Anche sacrificare la mia stessa vita per lei. Lei è l'unica che mi ha fatto capire quanto sia importante amare. Non solo riguardo a lei, ma anche riguardo agli altri. » espose i suoi sentimenti, frattanto che lei lo guardava con ammirazione.
Se c'era una cosa che le due amiche avevano in comune, era il perdono verso gli altri. La parola odio non era presente nel loro vocabolario; sapevano che perdonare, qualunque fosse stato il misfatto e chiunque ne fosse stato l'artefice, era la scelta giusta.
Gesù aveva sempre perdonato tutti, anche coloro che, quando Lui era venuto sulla terra, Lo avevano accusato e crocifisso! Non ci fu mai odio in Lui, né risentimento o disprezzo verso qualcuno!
Perché Dio è amore! E l'amore di Dio vince l'odio! L'amore di Dio vince su tutto!
« Sono rari i ragazzi come te. » si lasciò sfuggire, per poi tapparsi la bocca con entrambe le mani.
Forse le gote avevano assunto una lieve tonalità di rosso, che fece sorridere Davide, intenerito da quella frase spontanea.
Si fermarono davanti al portone della palazzina dell'appartamento di Simona.
« Ti ringrazio ancora per il consiglio che mi hai dato! Credo che andrò a comprare quel libro oggi stesso. "La custode dell'ambra", giusto? » chiese conferma il ragazzo.
« Sì, esatto. » disse solo, per poi aggiungere:
« Allora ciao. » si girò verso il portone e fece per tirare fuori dalla borsa le chiavi, ma due braccia le circondarono nuovamente le spalle.
« Sta' tranquilla. Lo troverai anche tu il ragazzo. Sei così cara e dolce, te lo meriti! E credo che Dio te lo vuole dare. » considerò lui, rincuorandola.
Lei sorrise a quelle parole: da quel che sembrava, anche in lui - come in Abigail - era stato piantato un seme e la sua testimonianza non era stata resa vana.
« Grazie. » sussurrò sincera.
Le diede un bacetto veloce sulla guancia e la salutò:
« Ciao, Simo! » lasciandola e andandosene, mentre lei infilava e girava le chiavi nella toppa.
Giunta davanti al suo appartamento, suonò il campanello.
Attese qualche minuto.
Nessuno venne ad aprirle.
Provò di nuovo, ma niente neanche stavolta.
L'evangelica, corrugando la fronte, suonò ancora, ma fu la stessa situazione. Estrasse la chiave dalla borsa e aprì la porta.
Fece in tempo a mettere i piedi dentro e chiudere l'ingresso, che una nube di fumo la invase, facendola tossire e, in un batter d'occhio, l'allarme antincendio si attivò.
L'acqua le cadde tutta addosso, bagnandola dalla testa ai piedi; fortunatamente, la borsa era in pelle ed era chiusa, quindi il foglio ne uscì illeso.
« Oh, santissimo cielo! Ragazze!! » gridò, infuriata, attendendole.
Uscirono dalla cucina una ad una, presentandosi in riga davanti a Simona, nel salone. L'allarme si era spento, ma l'acqua era ancora sul pavimento.
« Wow, Simo. Sei un po' ... umidiccia. » disse Emilia per sdrammatizzare, ma non servì a nulla, vista l'occhiataccia che le regalò la sorella.
Delle risatine nervose provenirono dalle tre a quella frase, ma si interruppero subito quando la bruna rivolse loro un'occhiata ancora più severa della prima; strinse le labbra e le guardò di sottecchi.
« Cosa avete da dire a vostra discolpa? » esalò, quasi ringhiando.
Le altre trovarono fissare il suolo più interessante del guardarla in faccia.
Anche perché, quando era arrabbiata, la sua espressione era troppo buffa; inoltre, per quanto si potesse impegnare, non sapeva rimproverare! I suoi 'rimproveri' erano come delle battutine con lo scopo di far divertire.
Prese la parola Emilia, mantenendo lo sguardo basso.
« Scusaci, Simo. O meglio, scusami. Ho proposto io di cucinare qualcosa. Volevamo dimostrarti che di noi ti puoi fidare, ma non è andata come speravamo. » un tono dispiaciuto e a disagio che non scompose la freddezza della sorella maggiore, la quale le disse, con un calibro di voce incolore:
« Che avete cucinato? »
Abigail si mosse verso la cucina e le altre la seguirono. Aprì il forno situato sul marmo dove, un po' più in là, si trovavano prima il piano cottura e dopo il lavello.
« Volevamo cucinare patate al forno e pollo, ma non sapevano nè a quanti gradi mettere il tutto né per quanto tempo lasciarli lì. Così, li abbiamo messi a centottanta gradi per cinquanta minuti-- » tentò di spiegare, ma non appena la più grande sentì a quanto e per quanto erano stati infornati pollo e patate, sgranò gli occhi e strillò scioccata, portandosi le mani ai capelli:
« Cinquanta minuti?! Centottanta gradi?! Ma siete fuse tutte e tre, per caso? Chi vi ha dato queste indicazioni sbagliate? »
« Beh, solitamente in televisione dicono che si inforna a centottanta gradi. » cercò una giustificazione Tamara, alzando un indice.
Un tic isterico spuntò all'occhio di Simona.
« Possibile che nessuna di voi sappia come si cucina un pollo? O delle patate?! » sbottò, camminando avanti e indietro per metà stanza.
« Potevate mandarmi a fuoco la cucina, santo cielo! » accompagnò le sue grida gesticolando e sbracciando come una forsennata, sempre più stizzita.
La castana tirò fuori dal forno la teglia con le patate con un guanto da cucina, mostrandole all'amica.
« Patate abbrustolite? » propose, con un sorriso nervoso.
« E tu queste le chiami abbrustolite? » replicò Emilia, puntando la teglia.
« Per carità! Io impazzisco per le cose abbrustolite e le so riconoscere. Ma queste qui sono proprio bruciate, nere, carbone! » interferì ancora, beccandosi un'occhiataccia dalle sorelle Stefanini.
« Sei con o contro di noi, Emy? » domandò sarcastica Tamara.
« Scusate! » rise in modo isterico, grattandosi il collo.
La maggiore diede una sbirciata al pollo e non era messo meglio dei tuberi. Scosse la testa e sospirò, accennando un sorrisetto.
« Poi dite che mi dovrei fidare! Vi avevo avvisato di non combinare nulla, ma avete voluto fare di testa vostra! Siete terribili, veramente! » esclamò, ridendo poco dopo.
Le altre si guardarono un attimo confuse, poi sorrisero anche loro.
« Non riesco a stare arrabbiata con voi! Mi passa subito! Ripeto: siete terribili! » si lamentò, divertita.
« E come se non bastasse, sono tutta inzuppata, dalla testa ai piedi! » continuò, sospirando di nuovo.
Si sentiva addirittura i calzini fradici, siccome indossava delle scarpe di tela.
« Mentre io sono a cambiarmi e ad asciugarmi, voi prendete moci e secchi e asciugate questo disastro. » comandò loro, avviandosi in camera sua.
Si infilò sotto la doccia - perché non le piaceva l'idea di tenersi quell'acqua dell'allarme addosso -, uscì e si vestì, mettendo una tuta comoda.
Mise quei vestiti in lavatrice, aggiungendo un misurino di detersivo e ammorbidente, e la attivò. Asciugati i suoi capelli con il phon, si sedette sul letto e prese la borsa, per verificare se effettivamente non si fosse bagnato nulla al suo interno.
Grazie a Dio, era tutto asciutto, foglio compreso! Uscì dalla camera, appese le scarpe allo stendino del balcone e tornò in cucina per aiutare le ragazze a pulire.
Una volta tolta tutta l'acqua dal pavimento, la misero nei secchi e la gettarono nel gabinetto, secchio dopo secchio. Quando finirono di sgobbare, si buttarono a peso morto sul divano, in sincronia, sbuffando e sospirando pesantemente.
« Te l'assicuro, Simo. Non tenterò mai più di cucinare qualcosa in tua assenza! Ho paura che la prossima volta, invece dell'allarme antincendio, mi spunteranno direttamente i pompieri con la pompa! » dichiarò Emilia, facendo ridere affannosamente le presenti.
« Meglio così. » le disse, ritornando seria.
« Piuttosto » incalzò Tamara, accavallando le gambe e sfoggiando un sorrisetto furbo.
« Dove sei andata? » e dopo quel quesito si ritrovò sei paia di occhi a fissarla con interesse.
« Esatto! » concordarono in coro le due restanti.
Temeva che quella domanda sarebbe arrivata, prima o poi, e psicologicamente si stava preparando una risposta.
O meglio, si preparava a un modo su come dire la verità! Non ne aveva parlato con nessuna di loro, nessuno sapeva di ciò che aveva fatto.
Aveva paura dei giudizi o delle accuse che le avrebbero dato le sue amiche e sapeva di avere la coscienza sporca.
Come poteva confessare quello che aveva fatto? Non poteva neanche difendersi o giustificarsi, come l'avrebbe spiegato loro?
Un momento di debolezza?
Una fragilità?
Non erano scuse accettabili e lo sapeva.
Tentennò qualche secondo, spostando lo sguardo da un angolo all'altro della stanza, palesemente in difficoltà.
Posò nuovamente gli occhi su loro e si accorse che non avevano staccato lo sguardo da lei, anzi continuavano a osservarla incessantemente.
Sospirò e soffiò, a occhi bassi:
« Ragazze, devo dirvi una cosa. »
Angolo Autrice
Salve di nuovo! Come andiamo? 😊
Sinceramente, non so se effettivamente in un appartamento ci possa essere un allarme antincendio, ma nel mio immaginario c'era! 😅
Che ne pensate di questo capitolo? E nel prossimo cosa vi aspettate? Le ragazze giudicheranno Simona per quello che ha fatto oppure no?
Sarei tanto curiosa di conoscere le vostre considerazioni ...
Anyway, spero tanto che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Alla proxima.
Dio vi benedica.❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top