26. Aspettative VS realtà
Stava dormendo pacificamente sul suo letto, quando sentì sulla sua faccia qualcosa di caldo, liscio e bagnato.
Di solito i suoi risvegli non erano così umidi e ... appiccicaticci.
Aprì gli occhi di scatto e vide il suo cane slinguazzargli il viso.
Con un'espressione inorridita, lo spinse via, esclamando:
« Che schifo, Rudy! » per poi togliersi la bava con le mani e correre in bagno.
Il suo fido compare lo seguì zampettando, parendo soddisfatto della sua trovata per far alzare il padrone.
Quest’ultimo si lavò il volto, sfregandolo rigorosamente con acqua e sapone.
Si asciugò e dopo, sorridendo ironicamente, chiese al maremmano:
« Da quando queste manifestazioni d'affetto? »
Lo vide seduto, scodinzolare e con la lingua di fuori.
« Sì, sì. Te la preparo, la pappa. »
Ipotizzando che il motivo del suo comportamento fosse dovuto alla fame, si avviò verso la cucina, mentre l'altro non faceva che pararglisi davanti e su due zampe, ad ogni sua falcata.
« Fammi passare, Rudy! » fece, divertito, non capendo le sue intenzioni.
Prese una scatoletta di cibo per cani da un anta di un armadietto basso e la aprì.
Intanto, la bestiola continuava con lo spettacolino fatto prima in bagno.
Una volta che Andrea mise il contenuto nella ciotola, Rudy la annusò soltanto, senza assaggiarla.
Anzi, tornò a guardarlo, nuovamente seduto e con quel musetto forse felice.
« Che c'è? Non hai fame? » formulò ancora, notandolo mantenere imperterrito la sua posizione.
Il biondo, allora, pensando volesse fare una passeggiata, si diresse verso la porta d'ingresso, dicendogli:
« Usciamo, Rudy? »
Gli si avvicinò, per poi alzarsi su due zampe e mettergli quelle anteriori sulla cintola.
Lui battè le palpebre più volte, disorientato, mentre il cane continuava ad agire come aveva fatto fino a quel momento.
Lo spostò, ma il bianco si risedette.
« Che c'è, bello? » gli domandò, dandogli una carezza sulla testa.
A quel tocco, sembrò muovere la sua folta coda più vigorosamente.
Accorgendosi del dettaglio, Andrea ripeté lo stesso movimento e constatò che, effettivamente, fosse così.
Il maremmano si buttò con la schiena sul pavimento, chiedendo silenziosamente delle coccole sul ventre.
Il ragazzo lo guardò intenerito, fece spallucce e si mise per terra, accontentando l'animale, che parve contento dei suoi gesti.
Il biondo sorrise e ponderò sulla ragione riguardo quelle richieste d'attenzione: da quando l'aveva adottato, non aveva mai agito in quella maniera giocosa, neanche quando avevano avuto la più spassosa delle giornate.
Intanto che sfregava la mano contro il suo manto, lo studiò da cima a fondo, osservando soprattutto i suoi occhietti vivaci.
E fu in quel momento che capì: in quei giorni l'aveva coccolato più frequentemente, a motivo della felicità che gli provocava Simona.
Pensava spesso a lei e più era contento più sfogava la sua euforia accarezzando il suo fido amico.
Non pensava, però, che al cucciolone potesse piacere particolarmente tanto quel trattamento, da volerlo ricevere di consueto.
Con un sorriso ancora più ampio sulle sue labbra, si mise a giocare con lui, che non cessava di scodinzolare con enfasi.
Rotolarono entrambi per il suolo, fecero la lotta, si divertirono e, quando furono stanchi, si riposarono: il padrone sul divano e il cane sul tappeto.
« Per colpa tua ... dovrò lavare di nuovo ... a terra! » gli parlò, col fiatone, per poi ridere e aggiungere:
« Hai lasciato un sacco di peli! E non oso immaginare quando sarà estate! »
Ma Rudy gli dava le spalle, messo nella "posizione della Sfinge" e con la testa tra le zampe davanti.
« Che c'è? Fai la faccia di muro*? » ridacchiò, scendendo dal divano e sdraiandosi a pancia in giù vicino all'animale.
Gli carezzò nuovamente la testolina, per poi avvolgerla con un braccio, nell'intento di abbracciarlo.
Il cane non fece niente, ma godette appieno quelle coccole, che ricevette eziandio sotto al muso.
Un'ultima strigliata e, subito dopo, il ragazzo si alzò, prendendo la scopa dal bagno e spazzando quanto più possibile ogni pelo.
Poi la posò e al suo posto portò in salone mocio e secchio, che riempì quasi a metà con l'acqua del rubinetto.
Vi aggiunse del detergente per i pavimenti e cominciò a pulire.
Già che c'era, decise di fare altrettanto in tutte le camere.
Rudy, probabilmente avendo capito cosa volesse fare il suo padrone, si posizionò davanti la porta, attendendo che il ragazzo la aprisse.
Non appena il biondo fece ciò, poté uscire e lasciargli lavare per terra.
Una volta finito, rimise a posto ogni cosa, prese una tuta pulita e rigò dritto a farsi una doccia.
Successivamente, si asciugò e indossò i vestiti scelti.
Non avendo nulla da fare, si recò in camera sua per pregare e meditare qualche passo della Bibbia che il Signore certamente gli avrebbe indicato.
Pregò per un'oretta e lesse il Salmo venticinque.
Non appena lo terminò, ringraziò il Signore per la lettura e Gli chiese di benedire il culto di quella sera e l'ultimo giorno dell'anno, confidando che anche in quello avvenire e in tutta la sua vita Lui non l'avrebbe mai lasciato.
Concluse con l'Amen e si alzò, scrollando le gambe intorpidite e stiracchiandosi.
Tornò nuovamente nel salone, portandosi il cellulare e sedendosi sul divano.
Essendo quasi le diciassette e avendo un'ora per prepararsi per la chiesa, volle mandare un messaggio alla tizia della Citroën.
Ricordò quando ancora non si conoscevano e rise dei loro precedenti.
Non era passato molto tempo, però a lui sembrava il contrario.
Le scrisse un messaggio e lo inviò, attendendo una sua risposta.
-Pace, Simona. Come va?-
Intanto, la ragazza stava scegliendo un maglione da indossare.
Tuttavia, non poteva fare a meno di pensare alla sua migliore amica e ai nuovi sentimenti che la scombussolavano.
Prese un dolcevita verde scuro, abbinandoci un pantalone nero di velluto e degli stivaletti dello stesso colore.
Soddisfatta - o quasi - frugò nel suo armadio, cercando una borsa nera.
Una volta trovata, mise il necessario per andare in chiesa e tese le orecchie all'ascolto, non appena sentì una notifica.
Estrasse il cellulare dalla tasca e non si stupì granché nel leggere il mittente.
Non aveva tanta voglia di scrivergli, ma per educazione lo fece.
-Pace, Andrea. Bene, grazie. A te?-
La sua espressione non mutò nemmeno di una virgola, quando il messaggio di lui le arrivò subito dopo.
-Idem. Che fai?-
-Mi preparo, tu?-
-Io tra poco, tanto non ci
metto molto-
-Capito.-
-Tu quanto ci metti
a prepararti?-
-Il tempo che mi serve.-
-Cioè? In minuti, quanto?-
-Boh.-
-Okay-
-Mi devo sbrigare, scusa. A dopo.-
-A dopo👋-
Rimase spaesato dai suoi messaggi: pochi giorni prima era spigliata e spensierata e in quel pomeriggio tornava ad essere distaccata.
Con la chat ancora aperta, mentre l'ultimo accesso spuntava sotto il nome della ragazza, si soffermò qualche secondo in più sulla loro conversazione.
Ad ogni messaggio aveva usato il segno convenzionale, ma aveva ormai compreso che quella fosse una sua fissa.
Non poteva capirlo da qualche parola scambiata attraverso uno schermo, era evidente, però c'era qualcosa che secondo lui non tornava nel suo comportamento.
Ma poteva mai accorgersene veramente dopo una chattata?
Scosse la testa, credendo di sbagliarsi, e si diresse in camera sua per vestirsi.
Fatto ciò, guardò l'orario: erano scoccate le diciassette e quaranta.
Mise scarpe, giubbotto e sciarpa, uscendo di casa e salendo in macchina, intenzionato a giungere in chiesa in anticipo.
Accese la radio prima di partire e cominciò a cantare, mentre un senso di pace si impossessava di lui e lo Spirito Santo forgiava e placcava il suo cuore.
Sentiva come se Lui lo stesse preparando a qualcosa, come se quella situazione fosse dovuta ad uno scopo ben preciso.
Un sorriso spiccò sulle labbra, dicendosi che ovviamente Dio non faceva nulla a caso e che ogni cosa che permetteva e compiva era per una ragione.
Non si meravigliò, infatti, quando il cantico "L'Unica Certezza" venne riprodotto, a conferma dei precedenti pensieri.
"Non esiste il caso: esiste il disegno di Dio!" pensò, svoltando a destra e parcheggiando l'auto.
Bloccò le portiere e incontrò alcuni fratelli davanti il portone della chiesa, tra cui i suoi zii.
Carmelo stava spegnendo i cellulari di entrambi, mentre Betty si stava sistemando la veletta.
Si salutarono guancia a guancia ed entrarono.
Come ormai ogni pomeriggio, cercò Simona con lo sguardo, ma non la vide.
Si sedette e attese che il culto iniziasse, girandosi tutte le volte che udiva l'uscio aprirsi.
~~~
« Che facciamo? Saliamo? » chiese Ismaele, rivolto ai nove giovani.
L'edificio era dotato anche di un primo piano, dove fratelli e sorelle si riunivano durante le agapi per cenare, chiacchierare e pregare.
« Certo! » disse Alberta, cominciando a salire i primi gradini.
C'era due stanze: una più grande e spaziosa, provvista di quattro grandi tavoli, molte sedie e una decina di finestre; l'altra più piccola, avente due tavoli - su cui le sorelle erano solite posare i dolci comprati o fatti in casa, per poi distribuirli a tutti -, un frigo, un fornetto, un piccolo piano cottura, due finestre e un balcone.
« Ci sediamo tutti assieme? » chiese Ruth, facendo gli occhi dolci.
« Per me va bene! Voi che dite? » affermò Diego, lanciando un'occhiata agli altri.
Vincenzo, Emanuele, Marcella, Ismaele, Valeria, Alberta e Andrea furono d'accordo, mentre Simona informò loro che prima voleva domandare ai suoi genitori.
Gli altri dissero che non c'era alcun problema e si avviarono alla parte di tavolo che scelse Ruth.
« Mamma, i ragazzi mi hanno chiesto se posso sedermi con loro. Vi serve una mano? » formulò, una volta giunta vicino alla sua famiglia, che aveva già preso posto.
« No, non ci serve aiuto, grazie. Marco è ormai abbastanza grande per non scorrazzare qua e là come una volta e noi ce la facciamo. Vai a socializzare di più con i giovani, ché non lo sai fare, dai! » la punzecchiò la donna, tirando fuori da una borsa della spesa i piatti di plastica, i bicchieri e le posate.
« Ancora con questi discorsi, mamma? Ti ho detto che so socializzare! » sbottò la ragazza, piccata.
« Ah, ma davvero? Allora che ci fai ancora qui, dopo che tua madre ti ha dato il permesso? Su, vai! » intervenne il padre, posando il cartone di una pizza famigliare sul ripiano.
Simona alzò gli occhi al cielo e sbuffò, incrociando le braccia al petto.
« Grazie. » marcò in tono seccato, mentre riceveva un bacio volante dalla signora.
Fece dietrofront e si diresse verso i ragazzi, sedendosi accanto ad Andrea.
In tutto ciò, il fratellino aveva assistito alla scena, bevendo dell'acqua.
« Perché Simo ha sbuffato? » interloquì, spaesato.
« Perché tua sorella, a volte, dice cose senza senso. Ma le vogliamo bene lo stesso, vero? » scherzò la donna, abbracciandolo e baciandogli la testa.
« Certo! E anche ad Emy! E a papà! E ad Andrea! »
Serena lo guardò sbattendo più volte le palpebre, confusa.
Abbozzò un sorriso nervoso e gli chiese:
« Che c'entra Andrea, amore? »
Il bambino sorrise e le comunicò, con semplicità e sincerità:
« Perché è simpatico e gli voglio bene. T'immagini se un giorno sposa Simo, mamma? Io posso fare quello che porta gli anelli? »
La madre lo fissò sbalordita, anche se, in fin dei conti, il figlio aveva dato voce ai suoi pensieri - salvo l'idea del paggetto.
Lei avrebbe desiderato un ragazzo proprio come Andrea per sua figlia, ma sapeva che, se gliel'avesse detto, lei avrebbe fatto una scenata coi fiocchi, aggiungendoci la sua vocina alterata e stridula, decisamente insopportabile.
Gli posò una mano sulla fronte, fingendo che avesse la febbre, e gli riferì, in tono melodrammatico:
« Anche tu dici cose senza senso, come tua sorella! Questa è colpa di vostro papà, sicuro! »
Marco rise, contagiando altresì la madre.
« Ma che dici, mamma? Io sto bene! »
« Allora è certamente la fame! Papà dov'è finito? »
« È andato in bagno poco fa. »
Nel frattempo, i giovani stavano parlando tra di loro in merito ad alcuni cantici da imparare.
Simona era completamente assorta nelle sue elucubrazioni, con gli occhi fissi sul suo bicchiere vuoto, avente solo una gocciolina che si spostava ad ogni suo movimento di mano.
La sua mente era stata liberata dai precedenti tormenti, ma in quei giorni essi erano stati rimpiazzati con dei nuovi, riguardanti il litigio con la migliore amica.
"Signore, Ti prego, liberami anche da questi! Perché finita una prova ne è cominciata un'altra, subito dopo? Aiutami, Ti prego! Ho bisogno di Te! Te lo chiedo nel Nome di Gesù, il Tuo Figliuolo, Che Tu hai Benedetto e Consacrato in eterno! Amen!"
« Alziamoci! » esordì il pastore.
La bruna ritornò alla realtà e si levò in piedi, come i suoi fratelli e le sue sorelle.
Musumeci innalzò una preghiera di ringraziamento al Signore, per l'insieme, il cibo e per la serata che avrebbero trascorso.
Dopodiché, si accomodarono ed iniziarono a mangiare.
Ci fu una situazione esilarante, che vide protagonisti Ismaele, Diego e Vincenzo.
Quest'ultimo aveva pronunciato una battuta abbastanza squallida, alla quale, però, Diego aveva riso e, non volendo, aveva dato una pacca sulla schiena a Ismaele, che stava sorseggiando della coca cola.
Essa gli andò di traverso e gli uscì fuori non solo dalla bocca, ma persino dal naso, finendo sulla faccia e sul maglione del ragazzo di fronte a lui, ovvero Vincenzo.
Scoppiarono tutti a ridere, anche Simona e altri fratelli e sorelle, che avevano preso posto a quel tavolo.
Il giovane si ripulì con un fazzoletto, per quel che poteva, aiutato dalle indicazioni di Marcella.
Simona consumò la sua fetta di pizza e si alzò, andando in bagno.
Andrea la seguì per un poco con lo sguardo: non gli aveva rivolto neanche mezza parola, nonostante lui ci avesse provato.
La vedeva nuovamente strana e voleva aiutarla.
L'unico problema era ... lei gliel'avrebbe permesso ancora?
Si voltò per appurare che fosse uscita e la notò recarsi nella stanza più piccola.
Si levò in piedi e si diresse lì, ma non la trovò.
Gli ci volle qualche secondo per capire che, probabilmente, fosse andata in balcone; per l'appunto, la vide appoggiata ad esso, distante il più possibile dalla porta-finestra, mentre osservava le macchine per strada e il firmamento stellato, avente alcune nuvole.
La raggiunse silenziosamente, per poi improvvisare un colpo di tosse.
Gli prestò attenzione, tuttavia non sembrava affatto stupita.
« Ti stavo aspettando. » sentenziò, atona, sollevando lievemente gli angoli della bocca.
La fissò stralunato, interrogandosi circa le sue parole.
« Mi ... aspettavi? » sussurrò, mantenendo un'espressione guardinga e confusa.
Lei annuì soltanto, accrescendo la tensione e la curiosità del ragazzo.
« E ... come mai? »
Poteva tenersi tutto dentro, come aveva sempre fatto.
Poteva ancora nascondere i suoi pensieri e far finta di nulla.
Ma la verità era che, da quando avevano pregato insieme, lei si era sentita meglio.
Le aveva fatto bene parlare e pregare con lui, come se Dio avesse voluto usarsi di quel ragazzo per farle ritrovare la Vera e Giusta Via, ovvero Gesù Cristo.
Aveva bisogno di aprirsi e sfogarsi con qualcuno.
Sorrise di più, emettendo un piccolo sbuffo divertito.
« Perché, ultimamente, mi stai vicino, come se, perdonami il paragone, io fossi un magnete. »
Non aveva tutti i torti.
Se avesse dovuto usare una frase fatta e rifatta dai libri d'amore, avrebbe detto di essere attratto da lei.
In tutto e per tutto.
Ad Andrea piaceva Simona.
Le si avvicinò di altri passi e lei gli fece spazio per affiancarla.
« Come volevasi dimostrare. » eccepì la giovane, sogghignando sommessamente.
« Perché sei triste? » ignorò la precedente affermazione, concentrandosi sul suo obiettivo.
« Il solito insistente. » rise ancora, sospirando e aggiungendo:
« Ho litigato con la mia migliore amica. »
"Questa non me l'aspettavo!" commentò tra sé il ragazzo, sorpreso.
« Posso chiedere cosa è successo? Forse posso aiutarti. » azzardò, svelando le sue intenzioni.
La ragazza asserì di nuovo con il capo.
« Dopo aver pregato insieme, il Signore mi ha liberata da tutti quei pensieri e sono stata benissimo, fino a quando, dopo il culto, sono tornata a casa e mi ha chiamato Abigail, scusandosi per non avermi avvertita che sarebbe andata in vacanza con il suo fidanzato. Non so cosa mi sia preso, so solo di averle risposto male ... forse l'ho fatto perché il suo modo di fare le cose senza avvisare non mi è mai piaciuto ... ma non gliel'ho mai detto, per non ferirla ... e, intanto, è proprio quello che ho fatto l'altro giorno. »
Spostò lo sguardo verso il cielo, osservando le stelle e notando la luce lampeggiante di un elicottero.
« Do sempre molta fiducia alle persone a me vicine, al punto da rimanerci male se una agisce in un modo diverso da come mi ero immaginata. Speravo che lei si accorgesse prima del mio fastidio, ma mi rendo conto che, spesso, le cose devo dirle chiare e tonde ad una persona, perché se continuo a fare la timida non concludo nulla e mi illudo soltanto. »
Un ennesimo sospiro.
« Il problema è che è più facile a dirsi che a farsi. Ho una mente complessata, da quanto hai potuto capire. Mi faccio un mare di paranoie, dimenticandomi che la realtà è tutt'altra cosa. »
Si girò nella direzione del ragazzo, cogliendolo intento a guardarla.
Gli sorrise, comunicandogli, sincera:
« Ti ringrazio per avermi ascoltata in silenzio. »
Lui annuì e prese il telefono dalla tasca del giubbotto, cercando qualcosa su Google.
Lo squadrò con fare indagatore, non capendo il suo comportamento.
Passarono quasi tre minuti e, una volta trovato quello che gli serviva, le diede nuovamente attenzione, facendole una domanda:
« Sai cosa significa aspettativa? »
Un'espressione perplessa prese spazio sul viso della giovane.
« Una cosa che ci si aspetta, no? » rispose, pensando fosse ovvio.
« Sì. Cercando su Google, trovi il significato di tanti siti. »
Puntò lo sguardo sullo schermo e lesse:
« Treccani dice: "l'atto, il fatto di aspettare, attesa"... »
Cliccò un altro sito e recitò:
« ... il Corriere della sera aggiunge: "speranze, previsioni"... »
E poi l'ultimo:
« ... Una parola al giorno dice: "l'aspettativa è l'attesa per la riuscita di qualcosa". Cito solo le prime cose che mi sono capitate sotto tiro, ma c'è anche un articolo che riguarda il non avere aspettative. »
Ripose il cellulare in tasca e continuò:
« Sempre lo stesso articolo dice di non confondere il non avere aspettative con il crearsi sogni, speranze e via discorrendo. Sognare, sperare, fa parte della natura dell'uomo. Noi sogniamo, speriamo qualcosa che vorremmo, aspiriamo a qualcosa. Sognare ci fa stare bene, a volte ci rende felici, ci piace immaginare. Sognare ci aiuta a crearci nuove speranze per vivere. Sognare è un bene. Ma mai, mai, aspettarsi che queste cose diventino realtà. I sogni si possono realizzare come non realizzare. »
Simona seguiva attentamente ogni parola da lui pronunciata, confrontandola con la sua condotta di vita.
« Non sappiamo che pensieri il nostro Signore medita per noi. Come dice Lui, in Isaia cinquantacinque, i Suoi pensieri non sono i nostri e le Sue vie non sono le nostre. Inoltre, i Suoi pensieri e le Sue vie sono molto più alti dei nostri. E in Geremia ventinove dice che Lui conosce i pensieri che medita per noi: pensieri di pace e non di male, per darci un avvenire e una speranza. È Lui che ha già pronto il nostro futuro, che sicuramente è infinite volte migliore di qualsiasi nostra aspettativa. »
Si fermò un istante, colpito dal fatto che il passo della Scrittura, che aveva letto quel pomeriggio, combaciasse con l'argomento di cui stavano trattando.
« In Lui abbiamo la nostra speranza. Oggi, mentre meditavo in camera mia, ho letto il Salmo venticinque, in cui Davide dice al Signore: "Dio mio, in te confido; fa' che io non sia deluso", poi, "io spero in te ogni giorno" e verso la fine "fa' che io non sia confuso, perché in te confido". Ti consiglio di leggere questo Salmo. »
La ragazza, non appena udì le frasi citate dal biondo, ricordò il momento in cui lei stessa aveva proferito parole simili in una preghiera, quando ancora quei crucci la assillavano.
Pensò che non fosse una coincidenza.
« Tornando alle aspettative, se proprio vogliamo averle, - e questo è un mio punto di vista - facciamole negative. Almeno, se accade davvero qualcosa di brutto, eravamo già psicologicamente preparati. Meglio farsi cattive aspettative, piuttosto che averne di belle e venire delusi. La delusione è una brutta bestia, che può tramutarsi in depressione. Tu ne sai qualcosa. A volte ci aspettiamo che le persone facciano qualcosa per noi, dopo aver fatto loro una cortesia o un gesto gentile, ad esempio. E quando non arriva, ci restiamo male, soprattutto se sono persone a noi care. »
« È esattamente quello che mi succede! » rivelò la ventitreenne, posando lo sguardo su un'auto appena parcheggiata.
« Perdonami se risulto indiscreto, ma ... cosa ti aspettavi dalla tua migliore amica? »
Lei prese un respiro profondo, rilasciandolo poco dopo.
« Che mi avesse avvertita. Più di una volta, in altre occasioni, me lo sarei aspettata ... » abbassò il tono di voce, triste.
Il ragazzo le mise delicatamente una mano sulla schiena, sorridendole mestamente:
« Non puoi cambiare una persona, Simo. Non puoi cambiare il carattere di una persona, per le tue aspettative. »
Si voltò di scatto, guardandolo come se avesse appena ricevuto un'illuminazione.
Una consapevolezza.
Lui aveva ragione.
Si accorse di aver commesso un mastodontico errore.
Non poteva cambiare l'indole della sua migliore amica; poteva chiederle di fare più attenzione, ma non cambiarla.
Non era nessuno per farlo.
« Sono ... io sono esigente! In questo momento, mi sto rendendo conto di aver sbagliato io! Invece di guardare la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, scorgi la trave che è nell'occhio tuo, dice Gesù. Ho sbagliato a giudicarla! Io ho sbagliato con Abigail, per le mie aspettative! Ho vissuto di aspettative, per tutto questo tempo! » mormorò, tra le lacrime, portandosi le mani al viso.
Il sorriso di lui si allargò, intenerito dalla sincerità della bruna.
« Per questo dobbiamo tenere ferma davanti agli occhi la nostra Unica Certezza, Gesù Cristo. Le aspettative, ogni tanto, me le creo anch'io, ma mi impongo di cacciarle via, per dare spazio alla fede in Dio, lasciando ogni cosa nelle Sue Giuste mani. So che con Lui, anche se le cose assumono una piega spiacevole, non sarò mai deluso. La vita è fatta così, il mondo pure, ma Gesù ci dice una cosa importante: 《Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo.》 Gesù ha vinto anche le nostre aspettative, se queste sono fonte di tribolazione per noi. Si è fatto carico di ogni nostro dolore, fisico e mentale. »
La ragazza ingoiò fiotti di saliva, prese un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e soffiò il naso.
Annuì e fece una domanda che spiazzò entrambi.
« Posso abbracciarti? »
Tentando di celare il suo lampante stupore, asserì col capo, allargando le braccia.
« Certo. »
E Simona non se lo fece ripetere due volte, fiondandosi in esse, rammentando ciò che aveva provato pochi giorni prima.
Si accorse di come il suo profumo, la sua stretta e la sua dolcezza l'avessero calmata notevolmente, come se avesse trovato la metà che mancava al suo carattere.
« Come le hai imparate queste cose? »
« Alcune me le insegnò mio zio, altre le ho apprese con il rapporto con Dio, altre ancora non le sapevo ed è stato lo Spirito Santo ammaestrami, pochi minuti fa, mentre parlavamo. »
Si guardarono per un istante negli occhi, sorridendosi a vicenda, in perfetta intesa.
La ragazza ringraziò con tutto il cuore il Signore per come si era usato di Andrea e per come ad ambedue aveva dato nuovi insegnamenti.
« Eccovi! Venite, ci sono i dolci! » esclamò Marco, facendoli spaventare e allontanare.
« Stiamo arrivando. » disse la sorella, mentre il bambino rientrava.
« Grazie. » bisbigliò, poi, al ragazzo ancora di fronte a lei.
Lui puntò l'indice verso l'alto, replicando:
« Grazie a Dio. »
*faccia di muro= a volte può significare anche "faccia da prendere a schiaffi". In altri casi, indica qualcuno di testardo, che non ascolta ciò che gli viene detto.
Angolo Autrice
Pace a tutti!
Come state?😊❤
Scusate il ritardo, purtroppo ho avuto diverse cose da fare, tra compiti e interrogazioni.
In questo capitolo, Simona ha finalmente capito di aver sbagliato a rivolgersi in quel modo ad Abigail! *stappa lo spumante, ma non lo beve perché è astemia*
Pare che ci sia un avvicinamento tra Andrea e Simona.👀 Sarà un buon segno?
Cosa pensate voi delle aspettative? È giusto crearsele oppure no?
Alla proxima!
Dio vi benedica!❤
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