25. A cuore aperto
« Non sei l'unica ad avere queste nuvole sulla pelle. »
Era sconvolta.
Tutto il sonno che fino a pochi secondi prima era presente in lei si era improvvisamente volatilizzato, lasciando il posto ad un'espressione sbalordita.
Tutto si sarebbe immaginata da quella frase, tranne che condividessero la stessa malattia.
Avvertì una morsa di delusione allo stomaco, mischiata alla tensione, all'illusione e alla derisione.
Si sentì presa in giro.
Non ne aveva alcun motivo, ma le sensazioni che provava non mentivano.
Come se lui avesse tradito la fiducia che lei aveva nei suoi confronti.
Boccheggiò, incapace di proferire qualcosa di sensato.
Considerò altresì l'ipotesi di uscire dalla macchina e correre a chiudersi nel suo appartamento.
Tuttavia, si rese conto di non riuscire a muovere neanche un muscolo e non poté spiegarsi il perché.
Forse a causa di quello che aveva scoperto?
Sarebbe dovuta scappare via da lui, dopo uno shock simile.
Per quale ragione ancora restava?
« Io ... io non riesco a crederci. Per tutto questo tempo ... quando pensavi di dirmelo?! Non hai pensato che mi avrebbe fatto stare meglio sapere di non essere sola? Sapere di essere capita perché tu hai quello che ho io? Non hai pensato a come mi sarei potuta sentire, se me l'avessi detto, o a come mi sarei sentita dicendomelo dopo mesi e mesi che ci conosciamo?! » ebbe il coraggio di buttare fuori tutta la sua frustrazione.
Ma l'altro ci mise poco ad incassare il colpo e rispondere per le rime.
« Ah! Dunque, fammi capire: non sono mesi e mesi che ci conosciamo, per cui non posso accorgermi del tuo cambio d'umore, però diventano mesi e mesi se ciò riguarda il non averti detto della vitiligine?! » sbottò lui, scettico ed irritato.
« Tu sapevi come mi sentissi! » sbraitò, a denti stretti.
« È vero, ma sentivo di non dirtelo e di aspettare il momento giusto! » affermò il giovane, sistemandosi la manica destra.
Era confusa, amareggiata, delusa, non sapeva che dire.
Quella situazione le sembrava surreale.
Il ragazzo, invece, non capiva perché glielo avesse confessato: se fosse rimasto zitto, forse non sarebbe successo quel pasticcio.
No, sarebbe accaduto anche di peggio!
Perciò fu un bene averle detto la verità.
Era un po' indispettito dalle sue risposte, ma del resto come biasimarla?
Aveva ragione ad essere arrabbiata.
« Queste frasi fatte e rifatte dei film non attaccano con me! Sono ... s-sono ... » e, in modo del tutto inaspettato, scoppiò in lacrime, portandosi le mani al viso.
Pianse nuovamente davanti a lui.
Un ennesimo pianto liberatorio, il quale spiazzò il biondo.
Si trovò in difficoltà, indeciso su cosa fare.
Confortarla?
Toccarle una spalla?
Abbracciarla?
Baciarla?
"Ma che mi salta in mente?! Andrea, torna in te! Smettila!"
« Simo ... » si sporse leggermente verso di lei, in procinto di poggiarle una mano sulla schiena ricurva.
La ragazza, con uno scatto, la rizzò, tornando a parlare.
« Vuoi la verità? Io ... io non sono triste, in realtà! S-sono felice! » un singhiozzo e poi un altro smorzarono le sue parole, costringendola a fermarsi e tranquillizzarsi.
Prese dei respiri lunghi e profondi, mentre lui scendeva dalla macchina, prendeva dal portabagagli una bottiglia d'acqua, che portava sempre con sé, ed estraeva un bicchiere da un pacco di plastica.
Chiuse la parte mobile e rientrò nell'abitacolo, porgendo alla bruna il bicchiere riempito d'acqua.
Bevve a sorsi, nel tentativo di calmarsi.
« Grazie. » bisbigliò, con una cadenza talmente bassa che gli fu difficile udire.
Quando si riprese, respirò regolarmente e Andrea le passò un fazzoletto di carta, con il quale lei si asciugò le lacrime e soffiò il naso.
« Va un po' meglio, ora? »
La ragazza annuì.
Con ancora il bicchiere stretto tra le mani, che usò come mezzo di sfogo, proseguì da dove si era interrotta:
« Non sono triste. Scusami per la scenata di prima, ero solo scombussolata da quello che ho visto. In realtà, sono felice, perché finalmente ho trovato qualcuno che mi capisce, qualcuno con la mia stessa malattia. Dimmi, come hai fatto a superare il fatto di essere pezzato come una mucca o a macchie come un dalmata? » formulò la giovane, stringendo l'oggetto ormai vuoto.
Il ragazzo era girato verso di lei e non cessò neanche per un istante di guardarla.
« L'ho superata pregando Dio e fregandomene di ciò che pensasse o dicesse la gente. Ho imparato a sopportare gli sguardi indiscreti degli altri e a camminare a testa alta, fiero della mia diversità. Forse è per questo motivo che non sono mai stato preso in giro. Mi sono sempre mostrato fiero delle mie macchie e, anche se stavo male dentro, non l'ho mai fatto capire. Mia madre mi ha sempre aiutato a vedere la mia malattia con occhi diversi, facendomela apprezzare. »
Sorrise non appena un ricordo fece capolino nella sua memoria.
« Ho una macchia sul ginocchio sinistro che assomiglia a un coniglietto. Quando cadevo e mi facevo male, mamma mi diceva: "Come sta il coniglietto? Si è fatto male?" Sul petto, invece, ho una chiazza molto grande che, sempre secondo mia madre, ha la forma di una rosa. Io non riesco a vedere questa somiglianza, francamente. » fece spallucce, mantenendo il sorriso sulle labbra.
Simona si era acquietata notevolmente, grazie a Dio.
« Tu, invece? Dove hai le macchie? »
Quella domanda la colse alla sprovvista, ma suonò ancora più strano a se stessa il fatto che lei non si richiuse nel guscio, bensì gli rispose, a cuore aperto.
Gettando alle spalle i suoi crucci, il suo passato, la sua insicurezza, stanca della vita da non cristiana che stava conducendo.
Lei era figlia di Dio, del Re dei re!
Non poteva tenere il capo chino verso il buio e non poteva restare nella sua cappa dai vetri oscurati.
Come se riuscisse a guardarsi dentro, si vide alzarsi all'interno del suo rifugio e rovesciarlo al suolo.
Alzò lo sguardo, voltandosi nella direzione del ragazzo e sorridendogli.
« Te lo dirò. Ma prima, voglio pregare con te. Ho bisogno di pregare. »
La richiesta non lo prese impreparato, poiché, a dirla tutta, sentiva lui stesso di dover pregare con lei.
« Stasera siamo di pari sentimento. Sento anch'io di dover pregare con te. »
Non ci fu bisogno di altre parole: congiunsero insieme le loro mani, chiusero gli occhi e pregarono.
Dentro di loro, sapevano di aver ricevuto lo stesso versetto:
《Poiché dove due o tre sono riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro》 (Matteo 18:20)
Orarono, piansero, gridarono assieme, non essendo certi che all'esterno si udissero le loro voci.
L'unica cosa che veramente a loro importava, era che il Signore ascoltasse la supplica di soccorso e agisse.
Entrambi chiesero la medesima cosa, che fu loro concessa.
Parlarono in lingue straniere, secondo come dava di esprimersi lo Spirito Santo.
Simona avvertì qualcosa di meraviglioso nel suo cuore: il peso che aveva fu rimosso.
Non c'era più alcun dolore, nessun pensiero negativo, nemmeno la più piccola preoccupazione.
Era veramente libera.
Niente più angosce sul passato, nulla di vecchio e tutta nuova; aveva vinto!
Dio aveva vinto per lei!
Versò le ennesime lacrime ed altresì Andrea, avendo spiritualmente evinto cosa fosse successo.
"Non basterebbe una vita per ringraziarTi, Gesù!" pensarono all'unisono, senza saperlo.
Il ragazzo chiuse la preghiera, rendendo grazie al Signore per quanto fosse accaduto, e pronunciò l'Amen assieme alla bruna.
Aprirono gli occhi e si fissarono, sorridenti, mentre un canto sorgeva nei loro cuori.
Non potendo trattenerlo, lo cantarono, accorgendosi che fosse uguale per entrambi.
« Chi Lui libera, libero sarà! Sono figlio Suo, sì è così! »
Si abbracciarono per qualche secondo e poi si staccarono.
Andrea prese un pacco di fazzolettini, ne porse uno alla ragazza e si asciugarono ambedue i propri visi.
« Come stai, ora? » le chiese, schiarendosi la gola.
Lei sfoggiò un sorriso radioso, che lui non le aveva mai visto esibire, lasciandolo di stucco e al contempo euforico.
« Sono libera! Non ho più nulla! »
Il giovane ricambiò la curva e gli luccicarono gli occhi.
« Non sai quanto mi renda felice sentirtelo dire! »
Si strinsero nuovamente tra le loro braccia e lui le diede un bacio tra i capelli.
« Guerriera. » sussurrò all'orecchio della ragazza, la quale sorrise un'altra volta.
Sciolsero l'abbraccio e lanciarono un'occhiata all'orologio digitale della macchina: incredibilmente, si erano fatte le due meno un quarto.
« Me lo dirai dopodomani in chiesa dove hai le macchie, ti va? Ora mi sembra un po' tardi per continuare a parlare. » riferì lui, carezzandole la spalla sinistra.
Non si mostrò infastidita dal suo tocco né lo pensò.
Stava bene, sia fisicamente che spiritualmente, e non poteva che esserne grata a Dio.
« Te lo dirò a capodanno, se non ti dispiace. Avremo più tempo per parlare. » suggerì la ventitreenne, slacciandosi la cintura di sicurezza.
« No problem, va benissimo anche a capodanno. Buonanotte e Dio ti benedica. » le disse, sorridendole.
Lei ricambiò e gli strinse la mano destra tra le sue.
« Grazie ancora, Andrea. Buonanotte, Dio ti benedica. »
Uscì dalla macchina e chiuse lo sportello, entrando nel suo edificio.
Il ragazzo rimase lì fino a quando non la vide sparire oltre le scale; poi, sgommò dritto a casa sua, contento come non mai per la Bontà, la Misericordia e la Grandiosità di Dio.
~~~
Voleva raccontare in chiesa la sua esperienza.
Voleva condividerla con i suoi fratelli e le sue sorelle.
Mentre ascoltava i cantici e toglieva i peli superflui delle sopracciglia con le pinzette, la sua mente rammentava tutta la situazione che aveva vissuto in un mese esatto.
Era stata parecchio dura, ma Gesù Cristo l'aveva liberata!
"Cristo potenza che libera" diceva un cantico.
Era gioiosa ed era riconoscente a Dio per ciò che aveva fatto!
In primis, per Chi Lui era per lei: era il suo Vero Amore, il suo Salvatore, il suo Signore, il suo Tutto!
E voleva che rimanesse così per sempre; che quei sentimenti non si allontanassero mai da lei!
In secondo luogo, per esserci sempre stato per lei e sapeva che Lui avrebbe continuato a farlo per tutta la sua vita!
Sorrise, si lavò la faccia e mise giusto un velo di fondotinta per nascondere le imperfezioni.
Si spostò i capelli da un lato e guardò la sua vitiligine sul collo, riflettendo.
I suoi pensieri erano svaniti, grazie a Gesù Cristo, ma la vergogna che le causava la malattia c'era ancora?
Ci pensò su e giunse alla conclusione di non aver superato la sua paura.
I tormenti che la disturbavano da tanti anni erano finiti, ma il muro dell'imbarazzo no.
Tuttavia, si ricordò ciò che le aveva detto Andrea: eziandio lui aveva la vitiligine.
Lui aveva affrontato la sua paura sulle ginocchia, pregando.
Cristo Gesù era la risposta!
Ce l'avrebbe fatta anche quella volta! Non si sarebbe arresa!
Avrebbe imparato ad amarsi così com'era, consapevole che se il Signore l'aveva creata in quel modo, c'era un motivo.
Forte di quel sentimento positivo, finì di prepararsi e uscì.
Salita in macchina, si diresse verso l'hotel della sua famiglia, dal momento che voleva essere accompagnata da lei, attendendo circa cinque minuti quando accostò.
Non appena vide i suoi genitori e suo fratello, tirò un sospiro di sollievo.
Entrarono nell'abitacolo e Simona salutò ciascuno con un bacio sulla guancia, per poi partire.
« Scusaci se ti abbiamo fatto aspettare un po'! Tuo fratello non trovava le scarpe. » disse la madre, seduta dietro insieme a Marco.
« Il solito disordinato. » ridacchiò la sorella.
« Non sono disordinato! Giocavano a nascondino! » si difese il bambino, offeso.
Gli altri risero e la ragazza accese la radio della Citroën.
Pregò che il Signore le desse chiarezza su quello che aveva intenzione di fare.
Non voleva compiere un passo sbagliato per poi avvertire i sensi di colpa accusarla: doveva ascoltare la voce dello Spirito Santo che era in lei e lasciare che Lui prendesse il comando.
Decisa a mettere in pratica quel proposito, giunse a destinazione e parcheggiò la macchina poco distante dalla chiesa.
Scesero tutti dalla macchina e si avviarono verso il locale di culto; una volta dentro, madre e figlia misero la veletta e si andarono a sedere, così come i due maschi.
Simona non si accorse che Andrea, non appena aveva udito la porta aprirsi, si era voltato subito, nell'attesa di scorgere la sua figura.
Infatti, non appena la vide, tentò di trattenere un sorriso.
Tornò a guardare il pulpito, ma allo zio non era passata inosservata la sua espressione facciale.
Era rientrato da circa tre giorni in Sicilia, insieme alla sua consorte, giusto in tempo per passare il capodanno in chiesa.
Ovviamente, Carmelo gli aveva chiesto aggiornamenti sulla sua conoscenza con la bruna e non aveva potuto non notare quanto il ragazzo si fosse affezionato a lei.
Si chiese se fosse nella volontà del Signore una loro possibile relazione.
Nel momento in cui il pastore si alzò, mettendosi dietro il pulpito, l'intera chiesa seguì il suo esempio e il culto cominciò.
Dopo aver cantato due inni e aver pregato, si diede spazio alle testimonianze.
Seduta su una delle tante panche, la ventitreenne domandava a Dio il da farsi, ma non sentiva alcuna approvazione.
Tuttavia, un versetto le si ripeteva nella mente:
《Tu non sai ora quello che io faccio, ma lo capirai dopo.》(Giovanni 13:7)
Comprendendo di non essere quella l'occasione giusta, rimase alla sua postazione.
Ma sapeva che avrebbe dovuto rendere partecipi i suoi fratelli e le sue sorelle del miracolo che il Signore aveva fatto nella sua vita: doveva solo attendere il momento propizio.
Alcune donne e altrettanti uomini testimoniarono della Benevolenza di Dio, dopodiché si passò alla Parola, nella Quale vennero affrontati i versi sei e sette del capitolo quattro dei Filippesi:
《Non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.》
Il pastore spiegò, per opera dello Spirito Santo, quelle parti della Scrittura e tutti si sentirono incoraggiati nell'animo a non preoccuparsi né del futuro né di null'altro, ma di ricercare l'aiuto del Signore e di pregare con perseveranza.
Quando Musumeci concluse il messaggio di quella sera, incitò la chiesa ad alzarsi; orarono, cantarono e, infine, il pastore esalò la preghiera di chiusura e tutti, all'unisono, esclamarono Amen.
Le sorelle tolsero il velo e i fratelli cominciarono a salutarsi.
Simona strinse in un forte abbraccio Betty, contenta che fosse tornata.
Andrea, invece, scambiò un segno di pace con ogni fratello e sorella che incontrava nel suo cammino, diretto verso la ragazza con la scusa di salutare la zia.
Mentre si avviava, però, un bambino lo chiamò.
« Andrea! »
Il giovane si girò appena in tempo per vedere Marco correre verso di lui e saltargli addosso.
« Hey, ometto! » lo apostrofò, prendendolo tra le braccia.
« Pace, Andrea. » disse il padre del bimbo, arrivato pochi attimi dopo di lui.
« Pace, signor Fedeli. » rispose il ragazzo, abbozzando un sorriso.
« Ci sei a capodanno, vero? » domandò il piccolo, con occhi supplichevoli.
« Ma certo che ci sono! » affermò il ragazzo, ammiccando.
Marco fu talmente entusiasta da abbracciarlo forte al collo.
« Quando ripartirete? » chiese il biondo, sapendo che la famiglia di Simona non vivesse più in Sicilia.
« Il tre gennaio. Marco deve ancora finire i compiti per le vacanze. »
« Che barba i compiti per vacanze! Si chiamano vacanze per un motivo, no? » sbottò il piccolo di nove anni, mettendo il broncio e incrociando le braccia al petto.
I due uomini risero per la sua semplicità, venendo raggiunti da Serena e Simona.
Se possibile, Andrea pensò che gli fossero comparsi due cuoricini al posto degli occhi: era proprio cotto!
« Pace, Andrea! » affermò la signora, stringendogli la mano, mentre lui ricambiava il saluto.
« Pace. » la ragazza, invece, si limitò ad un timido gesto di mano, cosa che fece anche lui, rispettando i suoi spazi.
~~~
Era stata convinta dal suo fidanzato ad infrangere la loro regola "not disturb" per far avere loro notizie ai suoi familiari e alla sua migliore amica.
Mancava solo lei da contattare, dopo il giro di telefonate fatto.
Si era resa conto di aver ricevuto un bel po' di chiamate da parte dei suoi genitori, dei suoi nonni e di Simona.
Soprattutto da lei.
Doveva aspettarselo, d'altro canto: Davide l'aveva avvertita che sarebbe stato opportuno avvisare, ma lei era sempre stata impulsiva e testarda.
Le aveva rimproverato quel suo comportamento più di una volta, da quando erano partiti; tuttavia Abigail non aveva voluto dargli retta, sostenendo di non aver fatto nulla di male e di poterselo permettere, in quanto non era più una minorenne.
Lui, al contrario, le rinfacciava di aver agito da ragazzina.
E in quel momento si trovava lì, nella loro camera d'hotel, a rigirarsi il cellulare tra le mani e a mordicchiarsi le labbra, colpita dai sensi di colpa e dal suo orgoglio.
« Quando ti decidi a chiamarla? » urlò Davide, disteso sul letto a guardare la televisione.
Abigail sbuffò dal bagno, gridando di rimando:
« Per te è facile dirlo: non sei tu quello che è in ansia! » e guardandosi ancora una volta allo specchio sopra al lavandino.
« Non sono mica io che ho torto. »
« Ah, io avrei torto? E in cosa, di grazia? »
Lui pigiò il tasto mute del telecomando, andando da lei.
Si fermò sotto la trave dell'entrata della toilette e appoggiò il braccio sullo stipite.
« Tanto per cominciare, ti ho detto più di una volta, prima e dopo essere partiti, di avvisare i tuoi cari, ma tu non mi hai ascoltato. Poi, arrivati in hotel, te l'ho ripetuto fino all'esaurimento, così come in questi giorni! Forse, questa è la volta buona che mi ascolti. » la redarguì lui, fissandola con saccenza.
« Potevi essere più convincente, sapendo come sono fatta, no? » formulò la castana, incrociando le braccia al petto e sostenendo il suo sguardo.
« Ma se ogni volta tu non vuoi sentire ragione! » obiettò, accigliandosi.
« Ma per lo meno ci provi, no? » insistette, soffiando contro un ciuffo fuori posto.
Lui sospirò, scuotendo la testa e accennando un sorriso.
« Tesoro mio, in tutto questo tempo che ti conosco, l'ho sempre fatto. E non nasconderti dietro ad un dito, perché non puoi affatto. »
Abigail si lasciò sfuggire un ennesimo sbuffo, spostando la sua attenzione verso lo specchio.
« Mica devo dar conto di tutto quello che faccio a qualcuno. » brontolò, alzando gli occhi al cielo.
« È vero. » cominciò il ragazzo, avvicinandosi a lei, che, nonostante fosse alta, dovette piegare di poco il capo all'indietro per guardarlo.
« Ma avendo delle persone che ti cercano - e, per inciso, qui non si tratta di persone qualunque, bensì di persone che ti amano e che tu ami - è giusto che lo sappiano. Sai benissimo quanto sia brutto ricevere un "il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile", specialmente se hai una particolare necessità di sentire quella persona. » le ricordò, poggiandosi le mani sui fianchi e sollevando le sopracciglia.
La ragazza tentò di giustificare il suo comportamento, ma Davide la troncò con un cenno della mano a mezz'aria.
« I tuoi genitori erano oltremodo preoccupati per te. Lo stesso varrà sicuramente per Simona. Chissà cosa le è successo, viste tutte quelle telefonate! »
A quella considerazione, la giovane distolse nuovamente lo sguardo, mordicchiandosi una pellicina dell'indice e meditando quanto avesse ragione il suo fidanzato, sebbene non volesse ammetterlo.
Conosceva Simona da tanto tempo, era palese che le fosse accaduto qualcosa, dal momento che erano solite scambiarsi più messaggi che chiamate.
Si sentì un'egoista per come si era comportata, ma non era assolutamente nelle sue intenzioni voler risultare tale.
Davide notò il suo improvviso cambio di umore e le carezzò un braccio, per poi salire e poggiarle dolcemente il palmo sulla guancia.
« Mi sono messo con te perché sei una ragazza meravigliosa, non perderti in un bicchiere d'acqua. » le sorrise e le diede un bacio a fior di labbra e un altro sulla fronte.
« Dai, ce la puoi fare. » le fece l'occhiolino e lei annuì.
Tornò a sdraiarsi sul letto, mentre la castana mise le mani sul marmo del lavandino e si osservò allo specchio con determinazione.
Sospirò e poi mormorò, fissando lo schermo del telefono:
« Bene, ci siamo. » e attivò la chiamata.
Simona, nel frattempo, era rincasata e aveva cenato da sola, per poi sedersi sul divano e godersi sul PC un film cristiano intitolato "Fireproof".
Ad un certo punto, il suo cellulare vibrò.
Lo prese dal tavolino dov'era posato anche il computer portatile e si meravigliò nel leggere il mittente, sgranando gli occhi.
Ma lo stupore si tramutò in rabbia repressa, rammentando quante volte l'avesse chiamata in quel mese e quanto avesse sofferto.
Strinse le palpebre trattenendo delle lacrime di nervosismo e rispose dopo aver ingoiato a vuoto fiotti di saliva.
« Ma che sorpresa. » disse, in tono sarcastico.
Abigail finse di non farci caso e la salutò.
« Ciao. Che fai? »
Tuttavia, quella domanda ebbe la capacità di fomentare i bollenti spiriti della bruna, che cercava di tenere a freno, sebbene fosse difficile.
« Che faccio? Oh, nulla di che! » affermò, mettendo in pausa il film.
« Oka-- »
« Mi spieghi dove ti sei cacciata? Sei praticamente sparita senza dire nemmeno una parola! »
Distanziò il telefono dal suo lobo, non aspettandosi che la migliore amica alzasse la voce, e le riferì:
« Sono in un centro benessere con Davide ad Alberobello, in Puglia. Si chiama Masseria Rosa Trulli. »
Simona si levò in piedi, iniziando a camminare in tondo per il salone.
« Ah! Io avevo bisogno di te e tu te ne sei andata a spassartela con il tuo ragazzo?! »
« Avevi bisogno di me? Ma di che parli? » chiese, corrugando la fronte, ma l'altra ignorò le sue domande.
« Ci eravamo promesse che ci saremmo sempre state l'una per l'altra, ma io questa promessa non l'ho vista! Io ci sono sempre stata per te, ma tu no! »
La ragazza dall'altro capo non capì cosa stesse dicendo, dal momento che stava parlando a raffica e tutto d'un fiato.
« Ma perché avevi bisogno di me? Che ti è successo? » ripeté, volendo venire a capo di quella faccenda.
« Lo sai come sono stata male in questo ultimo mese? No, certo che non lo sai. Eppure ti ho lasciato trenta chiamate e qualche messaggio in segreteria. Ma scommetto che non ci hai fatto neanche caso, tanto io ti sono utile solo quando tu stai male. » sentenziò, tagliente come non l'aveva mai sentita.
Erano realmente trenta chiamate.
Si chiese cosa fosse effettivamente accaduto, durante quelle settimane d'assenza, e si pentì di non esserci stata.
Nondimeno, non digerì le ultime parole della migliore amica; perciò replicò, indispettita e confusa:
« La pianti di fare l'enigmatica? Ti ho chiamato per scusarmi per il mio comportamento e ora tu mi stai aggredendo in questo modo! Cosa è successo? »
« È successo che quei pensieri erano tornati. »
E fece una pausa, nella quale la castana avvertì tutta la tensione tra di loro, malgrado fossero lontane.
Portò la mano libera vicino l'attaccatura dei capelli, per poi portare l'indice e il pollice sulla parte alta del naso, chiudendo gli occhi.
« I miei tormenti avevano ricominciato a torturarmi e avevo bisogno di un aiuto ... ma tu non c'eri. »
Ad entrambe sgorgarono lacrime amare, che percorsero la superficie delle guance.
« E questa è solo una delle tante volte che te ne sei andata senza avvisare. »
« Scusami, io non potevo-- »
« Non potevi sapere cosa io avessi, è vero, ma avresti potuto avvertirmi che in questi giorni non ci saresti stata! Almeno non mi sarei fatta paranoie su paranoie. » sibilò, acida, ma con voce incrinata.
Abigail era consapevole delle sue colpe, però non l'aveva fatto apposta e sicuramente non aveva agito con cattiveria.
Rientrava nella sua indole e non aveva mai pensato di poter dare fastidio con il suo carattere.
« Mi dispiace tanto. Ora ... ora come stai? » deglutì e tirò su col naso.
Davide l'aveva raggiunta minuti prima, non appena l'aveva sentita quasi gridare.
« Adesso è tutto passato. » rispose la bruna, dopo aver rilasciato un lungo sospiro, in tono piatto.
Aveva smesso di sfogarsi e si era calmata notevolmente.
« Mi fa piacere! » esclamò, sincera e contenta.
« Mh. » emise, col petto che le tremava.
« Ti prometto che appena tornerò, passerò più tempo con te, per farmi perdonare! Andremo dove vuoi tu e faremo quello che vuoi tu. » propose, sperando che la bruna accogliesse la sua idea.
« Non so se vorrò passare del tempo con te. Io ti ho già perdonata, ma ti vedrò con occhi diversi, d'ora innanzi. »
Abigail si girò verso il suo fidanzato, sconvolta.
« Ma perché? Non dovresti portare rancore. »
« Non porto rancore: infatti, io ti ho detto che ti ho perdonata. Semplicemente, voglio prendermi una pausa di riflessione. È meglio se non ci vediamo per un po'. » fece, anche se le faceva male.
Tuttavia, voleva essere certa di portersi ancora fidare di lei, dal momento che c'erano state altre occasioni in cui Abigail non aveva avvisato e quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
« M-ma ... ma perché? Ti ho chiesto scusa, ti ho detto che mi dispiace tanto, tantissimo-- » venne bloccata per l'ennesima volta dalla bruna.
« Voglio capire se posso continuare a fidarmi di te. » chiarì, percependo una morsa lancinante allo stomaco e al torace.
« E ... e non lo puoi capire continuando a sentirci e a vederci? » formulò, con le lacrime che fluivano incontrollate.
La stessa cosa valeva per Simona.
Stavolta, aveva bisogno di prendere le distanze e riflettere su tutte quelle situazioni che in quel mese l'avevano scossa: i suoi pensieri, il mancato avviso di Abigail, la vitiligine che condivideva con Andrea, i nuovi sentimenti che provava nei confronti del ragazzo, le incertezze che la assillavano a proposito della scelta che stava prendendo.
Ingoiò per la centesima volta, pronunciando, a singhiozzi:
« A-a vo-volte, ... una pa-pausa fa b-bene. Ora scusami ... buonanotte ... Dio ti benedica. »
« Simo! » ma riattaccò.
Davide si avvicinò alla fidanzata, stringendola a sé mentre lei piangeva, disperata.
« Ho combinato un disastro, Davi! » affermò, cingendogli la schiena.
« Ho sentito tutto, Abi. Ho sentito tutto. » le sussurrò dolcemente, confortandola tra le sue braccia.
Abigail aveva quasi sempre avuto il vizio di tenere il volume del cellulare alto, quando era sola a dover parlare con qualcuno.
« È una sua decisione, Abi. Le passerà, ne sono sicuro. Si tratta pur sempre di Simona. » le carezzò i capelli, posandovi un bacio.
Con il volto nascosto contro il petto del ragazzo, lei confessò, a cuore aperto:
« E io le voglio tanto bene. Tantissimo! »
« Lo so, cara. »
Poi, lui sorrise sommessamente, sorpreso da ciò che gli era balenato in mente.
Decise di condividere con la sua amata la sua iniziativa.
« Non avrei mai pensato di dirlo: preghiamo per questa situazione, affinché vi rappacifichiate nel migliore dei modi? »
La giovane alzò lo sguardo, guardandolo dritto negli occhi per capire se fosse serio.
Lo era.
Lei annuì, asciugandosi occhi e viso con i dorsi delle mani.
« Sì. »
E pregarono nel pari sentimento.
Angolo Autrice
Non è da tutti pubblicare un capitolo il primo del mese e un altro l'ultimo del mese (forse)!😅
Pace a tutti! Come state?😊❤
In questo aggiornamento sono successe un paio di cosette.👀
All'inizio sembrava andasse tutto a gonfie vele, Simona e Andrea sembra si siano avvicinati un po' di più, ma poi ... puff, è successo l'impensabile! Io nemmeno mi sarei aspettata che Simona decidesse di stare lontana da Abigail, ma capiamo un attimo il perché: lei è molto confusa per quello che le sta succedendo, troppi avvenimenti insieme non riesce a gestirli, per questo motivo Simona vuole chiarirsi le idee. Torneranno ad avere il rapporto di prima? Lo scoprirete solo se continuerete a leggere questa storia!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Fatemi sapere cosa ne pensate, lasciandomi anche una stellina.
Alla proxima!
Dio vi benedica!❤
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