19. E se cantassimo?

Erano rimasti soli, in salotto, con il sordo rumore del termosifone - visibilmente vecchiotto - acceso e lo scrocchiare dei biscotti sotto i loro denti.

Quelle piccole delizie erano state prese dall'apposito pacco ed erano talmente gustosi che chi poteva sapere quante calorie contenessero!

In ogni caso, però, il sapore e la gentilezza dell'anziana signora erano più rilevanti.

Per l'appunto, Simona, all'incirca un quarto d'ora prima, le aveva domandato se le fosse servito aiuto e la vecchietta aveva accettato con gratitudine, ripetendo loro due frasi in particolare:

« Dio vi benedica per questa buona azione! »

« Cuannu eru picciridda, anch'io aiutava i cristiani! » (Quando ero ragazzina, anch'io aiutavo le persone!)

Avevano portato una busta ciascuno, lasciando la donna minuta senza nulla in mano, se non la sua borsa.

Li aveva guidati fino alla sua dimora, che distava circa dieci minuti dal sentiero in cui si trovavano prima, ed aveva estratto la chiave dall'accessorio, infilandola nella toppa e aprendo la porta.

Aveva chiesto loro se avessero voluto entrare; in un primo momento, la ventitreenne fu tentata di dire di , ma subito dopo aveva arrestato le paroline in procinto di affiorare sulla sua bocca, girandosi a guardare Andrea, che fino a quell'attimo non aveva dato il suo parere, ma solo assecondato la richiesta della giovane.

Lui aveva meditato almeno una bella manciata di secondi, prima di capire che, oramai, il loro appuntamento aveva preso quella piega.

E se il Signore aveva stabilito che si sarebbe prolungato in quel modo, un motivo esisteva.

Per cui, aveva sorriso all'anziana e aveva acconsentito, avanzando dopo di lei e la ragazza, salendo le scale sin a raggiungere il primo piano e così un'altra porta, che venne aperta.

L'aspetto della casa non era dei migliori, dovettero ammettere.
Era una piccola camera d'appartamento, con un corridoio stretto sulla sinistra che conduceva alla camera da letto, costituita da un letto matrimoniale, le cui coperte erano perfettamente in tema con i muri spogli della stanza, tranne per qualche fiorellino celeste ricamato qua e là, un comodino al lato della testiera e una lampada sopra.

Di fronte al materasso, un armadio bianco sporco, e sul lato destro del letto una cassettiera dal ripiano in marmo e uno stile barocco conferito dai suoi piedi e dalla cornice dello specchio.

Su di essa, sopra un centrino lungo e rettangolare, le foto di suo marito - a proposito del quale, la signora raccontò loro che fosse morto in guerra all'età di vent'anni, un anno dopo il loro matrimonio, abbandonandola incinta di due gemelli, un maschio e una femmina, a diciotto anni - e dei suoi figli, ormai sposati e con le rispettive famiglie.

Oltre a ciò, era presente un quadretto, avente un verso della Bibbia, e altri due con un santo. L'anziana era una cattolica devota a quest'ultimo in particolare.

Uscendo dalla stanza e proseguendo alla loro sinistra, c'era il bagno, poi il salone e, infine, a destra stava un'angusta cucina, con un armadietto in alto che fungeva da credenza. Dopo aver finito quel tour, la settantottenne - aveva svelato la sua età - li aveva fatti accomodare e rinfocillare sul divano dov'erano tutt'ora.
Il suo nome era Annamaria.

Tornata da loro, si mise a narrare ancora della sua infanzia e di come trascorresse le sue giornate, da quando la sua famiglia l'aveva lasciata. Quelle storie erano decisamente tristi e non sapevano come poterla aiutare o confortare, ma Annamaria li ringraziò per la compagnia che le avevano offerto.

Si era fatta quasi l'ora di cena, quindi si salutarono - e, stavolta, Simona riuscì a dire "Dio la benedica", assieme al ragazzo -, permettendo alla signora di preparare il suo pasto.

Una volta fuori l'appartamento, i due fecero la via del ritorno per il sentiero.

« Andrea? » lo chiamò ad un certo punto, mentre continuavano a camminare.

« Dimmi. » rispose lui, notandola chinare il capo, in difficoltà.

« Ti-ti volevo chiedere scusa ... c-credo di aver rovinato l'appuntamento! Sicuramente, non era come l'avevi p-programmato. » balbettò lei, leccandosi le labbra.

Il giovane scosse la testa e le mise una mano sulla spalla, facendo fermare entrambi.

« Hey. »

Lei sollevò timorosa lo sguardo e lui la fissò in quelle perle nere che brillavano della luce riflessa dai lampioni. Provò una strana sensazione nello starla toccando in quella maniera, ma non ci fece troppo caso e le sorrise, confessandole:

« È vero: di solito, gli appuntamenti sono diversi. Ma non bisogna farne un dramma perché questo è stato strano, okay? Non mi è dispiaciuto, se vuoi saperlo. Anzi, credo che lo scopo degli appuntamenti, sia quello di conoscersi l'un l'altra. E, in questo appuntamento, io sto imparando a conoscerti! Quindi, tranquilla, su! »

Lasciò la presa e infilò le mani nelle tasche del giubbotto.
Lei si prese una ciocca di capelli, attorcigliandosela tra le dita, e si mordicchiò il labbro inferiore, guardando a destra, come a ponderare su ciò che il ventiseienne le aveva esposto.

Lo rilasciò pian piano, dando spazio a un sorriso, affermando:

« D'accordo! Allora, che si fa adesso? »

« Beh, tu non hai fame? » le chiese, imitando la voce di Carletto nella pubblicità dei Sofficini.

Simona rise e lui alzò un angolo della bocca, soddisfatto del suo tentativo di farla sentire a suo agio.

« A dirla tutta, sì! Quei due biscottini non mi hanno saziata affatto. »

« Direi che sia proprio ora ... - controllò il suo orologio da polso - sì, sì, è proprio ora di andare! »

La ragazza inclinò leggermente la testa, confusa.

« A fare cosa? » domandò e l'altro la rimbeccò bonariamente.

« A mangiare Sofficini, mi pare ovvio! »

« Eddai, non prendermi in giro! » fece, con un risolino intrappolato tra le labbra, mettendosi a braccia conserte.

« Non ti sto prendendo in giro. Dunque, credo che al ristorante li abbiano i Sofficini, no? » fece lui, portandosi un dito sul mento, fingendo di pensare e aspettandosi la reazione della bruna, che non tardò a giungere.

« Come-come? »

« Cosa-cosa! »

« Finiscila! » gli ordinò, riprendendo a parlare subito dopo aver tirato un sospiro pesante.

« Hai detto proprio al ristorante? Cioè, l'appuntamento è anche un invito a cena? » formulò la ventitreenne, scioccata, agitando le mani all'altezza del petto.

« Teoricamente, tu non lo potevi sapere, in quanto non avevo accennato a nulla di simile. Praticamente, volevo farti una piccola sorpresina e, da quel che vedo, ci sono riuscito! » ammiccò, osservandola ancora incredula.

« Sono ... sono senza parole. Sul serio, grazie. È ... grazie, Andrea! » biascicò incerta e, con altrettanto atteggiamento, si fece avanti di qualche passo, dandogli un bacio veloce sulla guancia e arretrando al punto dov'era prima.

Ora era rimasto lui senza parole: non si aspettava affatto che la timida e insicura Simona avrebbe compiuto un gesto del genere!
Ma non gli dispiacque nemmeno un pochino!

Ridestandosi dai suoi pensieri, le fece motto, con un cenno del capo:

« Andiamo? »

La bruna annuì e si incamminarono verso la macchina.
Una volta arrivati, entrarono nell'abitacolo e Andrea guidò fino al ristorante scelto.

Fuori era buio e poca era la gente che vedevano nei dintorni. Alcuni chiudevano i propri negozi, altri facevano rientro a casa, altri ancora erano appena usciti con degli amici.

Simona sollevò gli occhi al cielo e ringraziò il Signore per il regalo che le aveva fatto. Era tutta nuova per lei quella situazione, perciò da una parte le faceva paura, ma dall'altra si sentiva felice.

E voleva mantenere la seconda in ogni giorno della sua vita, con o senza degli appuntamenti.

« Eccoci qui! » affermò il giovane, dopo aver parcheggiato.

Scesero e la ragazza rimase estrefatta da ciò che vide: conosceva quel ristorante e facevano dei piatti a base di pesce davvero buonissimi, specialmente il calamaro ripieno, uno dei suoi cibi preferiti.

« Mi hai portato al Corallo Rosso? Io amo questo ristorante! »

« Mi fa piacere! » esclamò lui, avanzando insieme verso l'entrata.

Il biondo si diressero subito alla cassa e avvisò il ragazzo che stava lì circa la sua prenotazione.
Questi li guidò al loro tavolo e li fece accomodare; poi, consegnò i menù e si ritirò in cucina.

L'interno era ben illuminato, la metà in basso di ogni parete era di un placido blu, mentre quella in alto era bianca.

I tavoli erano alcuni quadrati e altri rettangolari e avevano chi due, chi quattro, chi sei, chi otto, chi dieci e chi addirittura dodici posti, a seconda delle dimensioni.

Cominciarono a sfogliare i menù, perdendosi tra i primi e i secondi per poi dare una sbirciatina alle pizze.
Dato il silenzio regnato un po' troppo, a detta di Andrea, quest'ultimo pensò di smorzarlo con una battuta venuta sul momento, per far sorridere.

Fece finta di schiarirsi la gola, attirando così l'attenzione della ragazza, la quale sollevò gli occhi dal menù e lo fissò di sottecchi, per poi alzare la testa nell'istante in cui lui spiccò parola.

« Dovrò fare qualche lamentela. »

La bruna inarcò un sopracciglio, non capendo a cosa si stesse riferendo.

« Perché? » chiese, quindi.

« Non hai visto? » indicò il menù, girandolo verso di lei.

Quest'ultima boccheggiò un paio di volte, non sapendo che dire, finché non fu lui a chiarirle le idee, esclamando:

« Mancano i Sofficini! »

Simona socchiuse le palpebre, guardandolo con scetticismo.

"Ma sei serio?" pareva dire quello sguardo, anche se intravide tremare il labbro inferiore della ragazza.
Lui accennò un leggero sorriso, ridendosela sotto i baffi:

« Dai! Era un po' per smorzare la tensione! » sdrammatizzò.

« Ma non fa ridere! » inveì lei, mentre delle pieghe prendevano spazio vicino la sua bocca.

Aveva un sacco di fossette concentrate proprio in quel punto: una al centro di ciascuna guancia, almeno quattro in entrambi gli angoli delle labbra e, infine, una sul mento.

« Allora perché stai ridendo? » le chiese, facendo altrettanto.

« Non sto ridendo! » protestò, mantenendo l'espressione precedente.

« Sì, invece! » fece eco lui, continuando a sghignazzare.

Continuarono quel battibecco di "sì" e "no" per almeno un minuto, per poi ridere entrambi senza un motivo.
Una volta ritornati seri, riguardarono i menù.

Simona alternava lo sguardo da esso al ragazzo, indecisa se chiedergli cosa avrebbe ordinato o cosa poteva consigliarle, sebbene lei conoscesse già il posto.

Alla fine, prese un piccolo respiro e glielo domandò.

« Tu cosa prendi? »

Lui non distolse la sua attenzione dalle scritte su cui si erano inchiodati i suoi occhi e le recapitò, portandosi una mano sotto al mento:

« Non saprei ... penso una pizza, dato che non riesco a scegliere altro. Tu? » passò la palla a lei, abbassando il libretto che aveva tra le mani e guardandola.

« Siamo sulla stessa barca, allora! Anch'io credo che prenderò una pizza. » eccepì infine, chiudendo il menù e tornando a fissare lui.

Quest'ultimo mise i gomiti sul tavolo e intrecciò le dite delle mani tra di esse, appoggiando il mento sui dorsi.

« Bene. Prendiamo anche l'antipasto? Ah, e che sia chiaro: pago io! Io ti ho invitata, io pago. »

La ragazza stava per replicare, non piacendole il fatto che un altro pagasse al posto suo. Ma, a conti fatti, poteva fregarsene per una volta ed accettare la sua gentilezza.

Aveva dato quest'ultima alle persone che aveva aiutato quel pomeriggio, adesso veniva offerto un gesto cordiale a lei.

« Va-va bene. Per entrambe le cose, dico. Grazie ancora. » gli sorrise debolmente.

« Quante volte avrò sentito questa parolina, oggi? Tre? Quattro volte? » fece retorico lui.

Lei continuò a mantenere l'espressione precedente, rispondendogli:

« E, beh, credo che la sentirai anche per il resto della serata. Il perché te l'ho già spiegato quella volta in macchina, quando stavamo andando in spiaggia con i fratelli. »

Come dimenticarselo!
Come non ricordare quel momento in cui si era sentito anche lui capito, in cui aveva avuto occasione di essere lui, senza filtri, e di poter condividere silenziosamente con lei quella simbiosi.

Quanto gli era piaciuto averla sentita intonare il suo cantico preferito, che sensazione meravigliosa aveva provato nell'averla accanto durante tutta quella sera e quanto strano fu l'averle toccato il viso, averla vista così pura.

Era vero, non la conosceva ancora per nulla, ma stava imparando a farlo.
Stava imparando quanto fossero simili, come potesse capire qualcun altro poiché eziandio lui era così. In tutto e per tutto, persino la stessa malattia!

E come dimenticare la sensazione che lo investì, quando le proprie mani si toccarono.
Approfondire la loro conoscenza gli stava piacendo e anche il sentirla a suo agio, con lui.

Lo rendeva ... soddisfatto.
Come se ogni suo sorriso fosse la ricompensa di un gesto che la facesse rilassare.

La vide portarsi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e poté scorgere la macchiolina situata sul suo collo.

Poi, passò agli occhi e ammirò quelle che aveva sulle palpebre mobili, che davano l'impressione dell'ombretto bianco.

E, nel frattempo, si toccò il petto, rammentando la sua chiazza lì presente ed altre sui gomiti, vicino le scapole e sulle ginocchia.

Si chiedeva in quali altri punti le avesse lei, ma sapendo il suo disagio non spiccò parola circa l'argomento.

Il cameriere arrivò per prendere le ordinazioni e subito il biondo si ridestò dai suoi pensieri.

« Pronti per ordinare? » domandò, già munito di block notes e penna.

Andrea parlò per primo.

« Sì. Un antipasto caldo per entrambi e io prendo una pizza completa. »

L'altro scrisse ciò che gli era stato detto e si rivolse alla ragazza.

« E per la signora? »

Simona provò una strana sensazione nell'essere stata chiamata "signora".
La fece sentire più grande della sua età e le piacque, in quanto spesso e volentieri veniva chiamata "signorina", il che sembrava ci si stesse riferendo ad una quindicenne.

« Io prendo una vegetariana. » rispose, chiudendo il menù e passandolo al cameriere.

Quest'ultimo prese anche quello del ragazzo e tornò in cucina.

« Andrea? »

« Mh? »

« Tu che stagione sei? »

Lui sgranò impercettibilmente gli occhi e il cuore palpitò più velocemente.

Aveva completamente dimenticato quello che le aveva proposto prima, ovvero che se lei avesse voluto, avrebbe potuto fare la stessa domanda che lui le avrebbe posto.

Meditò un attimo tra sé, poggiando i gomiti sul tavolo e reggendosi il mento sui dorsi delle mani congiunte. Guardò il suo bicchiere in vetro per qualche istante e Simona attese con pazienza, finché non vide i suoi occhi posarsi su lei e dalla sua bocca uscì il responso.

« Inverno. »

« Come mai? »

Ma vennero interrotti dal camerire che portò loro due piatti puliti e una ciotolina con delle bustine di ketchup e maionese dentro.

Li avvisò che in pochi minuti avrebbe servito l'antipasto e loro lo ringraziarono, aggiungendo un sorriso ciascuno.

Lo sguardo di entrambi seguì la sua figura, per poi distogliere l'attenzione e ritornare a fissarsi.

Lo vide pensarci ancora, si accorse dei suoi occhi vacui che osservavano posate, bicchieri e la bottiglia d'acqua.
Per cui, decise di concedergli del tempo per rispondere, avvisandolo:

« Vado un attimo in bagno. »

Si alzò e si diresse nel luogo detto.
Lui, nel frattempo, si massaggiò le tempie con le dita, serrando le palpebre.

Non sapeva come articolare le frasi, non sapeva veramente cosa raccontarle, come parlarle di sé.

Il cameriere tornò al loro tavolo, servendo un piatto grande con del fritto misto. Lui ringraziò nuovamente e vide Simona uscire dalla toilette e sedersi.

Fece lui la preghiera prima di mangiare e poi cominciarono a dividersi le patatine, le crocchette e quant'altro c'era lì.

La bruna aprì una bustina di ketchup e una di maionese, spremendole sul suo piatto e mescolandole tra loro.

Anche Andrea fece altrettanto.
Ultimato l'antipasto, dopo qualche minuto i loro piatti sporchi vennero portati via.

« Quindi? » insistette la ventitreenne, mettendo le mani in grembo.

Lui, allora, fece un sospiro ed espose la sua condizione:

« La stagione che mi sento è l'inverno. Perché, alle volte, risulto algido, freddo, come senza sentimenti. Ecco, perché proprio i sentimenti li seppellisco sotto la neve. Non solo quelli, ma faccio la stessa cosa anche con le parole mai dette e i segreti. Fino a quando ... beh, vengono a galla! Posso diventare meschino e non permettere a niente e nessuno di persuadermi. Già, dietro questa faccia da bravo ragazzo, riesce a nascondersi qualcuno che nelle situazioni difficili reagisce così. Non voglio l'aiuto di nessuno e voglio stare nella mia solitudine, aspettando che tutto passi. Lo so, è sbagliato, ma sto pregando affinché il Signore mi cambi. Non voglio fare montagne di neve dentro al mio cuore. Voglio che il Sole della primavera le sciolga tutte! »

Simona intervenne subito dopo l'ultima frase, volendo rassicurarlo, volendo fargli sapere che non era il solo ad essere in quel modo.

« Purtroppo, anche le persone più buone, arrivate ad affrontare una determinata situazione, posso diventare cattive. Lo so bene, Andrea. Anch'io mi sento così, a volte. Va' avanti. »

Un ennesimo sospiro da parte del ragazzo.

« Come ben sai, mia madre è venuta a mancare diversi anni fa. In quel periodo tanto buio, per me, ho reagito esattamente nella maniera che ti ho spiegata. Mi porto appresso questo comportamento da quando ero un tredicenne. Ripeto, io voglio cambiare, ma devo essere io a permettere a Gesù di poter fare questo miracolo nella mia vita. »

La ragazza ebbe un'improvvisa voglia di abbracciarlo e rincuorarlo, tuttavia provava vergogna ad alzarsi e compiere un gesto simile.

Quindi, dal momento che la sua mano sinistra si trovava sul tavolo, lei allungò la destra e gliela strinse.

Andrea la osservò sorpreso e si irrigidì a quel tocco, mentre la giovane aveva puntato lo sguardo sul dorso e glielo accarezzava delicatamente.

Alzò gli occhi per guardare lui e vide i suoi leggermente spalancati.
Gli sorrise e lasciò la presa lentamente, tornando con le mani sulla pancia.

Dopo qualche istante di riflessione, lui ricambiò il sorriso.
Si misero a chiacchierare del più e del meno, scherzarono e risero insieme e finalmente la ragazza si rivelava per quella che era e lui ne era tanto felice.

Era proprio contento di essere riuscito a farla sentire a suo agio.
E gli piaceva udire quella risata tanto spontanea quanto simile a uno squittio: lo rallegrava.

Si alzò e andò in bagno, per poi, dopo cinque minuti, tornare e sedersi.
Le loro pizze arrivarono in seguito ad altri dieci di parlare.
Simona tagliò la sua in tranci e così anche il ragazzo, ma nel momento in cui doveva mangiarla, si trovò incerto se usare le mani o le posate.

Diede un'occhiata alla giovane e la vide già portarsi una fetta alla bocca, con le mani.

Notandosi osservata, gli fece un cenno con la testa e corrugò le sopracciglia. Masticò e, una volta deglutito, domandò:

« Che c'è? »

Per tutta risposta, lui sollevò le spalle e prese un pezzo dalla propria pizza, come aveva fatto lei, mandando giù un boccone.

La ventitreenne fu disorientata, non avendo compreso il motivo del suo comportamento.
Vedendola ancora con quell'espressione in viso, abbozzò un sorriso e le rivelò:

« Ero indeciso se mangiare la pizza usando forchetta e coltello oppure le mani. Ho guardato te e mi hai tolto il dubbio. »

« Ehm, okay? » fece poco convinta, per poi continuare a gustarsi la sua pizza.

Quando finirono, si diressero verso la cassa e, come accennato quasi un'ora prima, fu il ragazzo a pagare il conto.
Misero piede fuori dal ristorante ed entrarono in macchina, uscendo dal parcheggio.

« Sono appena le dieci e trentacinque. Ti riaccompagno a casa? » chiese il biondo, guardando distrattamente l'orologio digitale dell'auto.

« Se non hai altro in programma, sì. » rispose lei, facendo poi uno starnuto somigliante al verso di un pulcino.

« Salute! » ridacchiò lui.

« Grazie! » disse, prendendo un fazzoletto dalla borsa e soffiandosi il naso.

« In realtà, c'è un posto in cui vorrei andare. » affermò ad un certo punto.

« Dove? »

Il ventiseienne abbozzò un sorriso, riferendole:

« Scoprilo da sola. »

E, arrivato ad un incrocio, girò a destra.

~~~

« Ho azzeccato al quarto tentativo! Niente male, no? » esclamò Simona, slacciandosi la cintura e scendendo dalla macchina, seguita dal ragazzo.

« Credo tu debba ripassare la matematica: hai indovinato al quinto tentativo. Al quarto, avevi detto spiaggia. » precisò lui, bloccando le portiere con il telecomando e avviandosi insieme a lei verso la sabbia.

« Spiaggia, mare, sempre là siamo! » sentenziò lei, sbuffando.

Il ragazzo, dal canto suo, rise sommessamente, alzando le mani in segno di resa.

« Va bene, mi arrendo. »

Affiorò un piccolo sorriso sulle labbra della ragazza, che poi si allargò osservando le calme onde del mare carezzare la riva.

Andò proprio lì vicino e si abbassò, aspettando che la gelida acqua le bagnasse le dita.

A quel refrigerio, ebbe un brivido di piacere ed eccepì una mezza risata, chiudendo gli occhi.

Quando li riaprì, fissò l'oscuro orizzonte, i cui unici lumi erano delle piccole barche e il debole riflesso di uno spicchio di luna.

Si levò in piedi, dopo aver sciacquato la mano, alla quale si erano attaccati dei granelli di sabbia, e si girò verso il giovane, scoprendolo a guardarla.

Nell'aria era già presente un fresco venticello e i capelli di lei danzarono, dolcemente mossi da esso.

Gli angoli delle labbra di lui erano all'insù e le sue mani stavano al caldo dentro le tasche del suo giubbotto. Le si fece più vicino, fino ad affiancarla, senza interrompere il contatto visivo tra loro.

« E se cantassimo? » formulò ad un certo punto, spiazzando la bruna.

« Ca-cantare? Io no-non sap-saprei ... » balbettò, imbarazzata, puntando i suoi occhi sulle lievi onde.

« Eddai! Non sei stonata! Semmai lo sono io! Ti va? Dai! » insistette lui, provando a persuaderla e volendo evitare che ritornasse a chiudersi nel suo guscio.

« E se ci sono persone che ci ascoltano? » fece lei, timidamente.

« Meglio! Faremo sentir loro canti che parlano di Gesù! Comincio io! »

E fu proprio così!
Dopo aver schiarito la gola, parole meravigliose spiccarono fuori dalla sua bocca, di un cantico che lei conosceva molto bene. Non era lo stesso della volta precedente, bensì uno diverso, cantato da un uomo e una donna.

« Tu che ti prendi cura di me, mi conosci da prima che io venissi al mondo. Hai formato ogni parte di me, rendendomi speciale e unico. Sì, unico! E mentre soffrivi al posto mio, su quella croce, al posto mio: ero nei Tuoi pensieri e T'innamoravi di me. E mentre il dolore ricopriva ogni parte Tua e il Tuo sangue scorreva via, Tu mi pensavi ed eri orgoglioso di me, di ciò che Tu sei per me! »

Fece lui, guardando il firmamento con un amplissimo sorriso, intonando poi:

« Oh - oh - oh - oh » che la ragazza seguì per altre due volte di fila, rilassandosi completamente e abbassando le palpebre, pronta per cantare il coro.

« L'unica certezza che ho! L'unico Re che ho! L'unico per cui vale la pena morire! L'unica fede che ho! L'unico Dio che ho! L'unico per cui vale la pena vivere! »

E da capo, assieme.
Fissando il cielo e il mare, col cuore pieno dello stesso sentimento verso il Signore.

Non si curarono se per caso alle loro spalle stava qualcuno che li udiva, cantavano per il loro Dio e basta, realizzando ciò che pronunciavano.
Leggeri, felici, in pace.

Poi, ripeterono il coro per due volte.
Ma quando stavano per concludere con cinque serie di "oh - oh - oh - oh", lui prese le mani dell'altra tra le sue ed incominciò a girare con lei.

Dapprima, ella lo osservò con un'espressione alquanto smarrita in volto, ma poi gettò la testa all'indietro e guardò le stelle, sorridendo, totalmente in tranquillità.

Quando finirono di ruotare, risero e si sorrisero a vicenda, alla stregua di due adolescenti.

La testa girava ad entrambi, ma la gioia che provavano era un più forte.

Era stato stupendo.

Di comune accordo, decisero di tornare alle proprie dimore.
Lui la accompagnò alla sua, scendendo in seguito dall'auto per salutarla.

Fece per dargli un bacio sulla guancia, ma si rese conto, nonostante i tacchi, di doversi sollevare sulle punte dei piedi, al che esalò, scocciata:

« Perché con voi ragazzi bisogna alzarsi sulle punte anche solo per darvi un bacio sulla guancia? »

Lui, inizialmente, inarcò un sopracciglio, ma dopo le sorrise e compì un'azione che la spiazzò completamente.

Si inginocchiò davanti a lei e le poggiò le mani sulle spalle, sembrando quindi più basso.

« Adesso, non ce n'è più bisogno. » e ammiccò.

Sbattè le palpebre, non potendo crederci: si era abbassato per lei?
Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere nei suoi confronti, fino a quel momento!

« Ma ... ti stai sporcando i pantaloni! » considerò la bruna, dicendo la prima frase che le venne in mente.

Il ventiseienne fece spallucce.

« Si possono sempre pulire. Ora, che dici, mi saluti? »

« Sì-sì. » mormorò, mettendogli le mani sulle spalle e dandogli un bacio sulla guancia.

Lui ricambiò e si rialzò, ma nel momento in cui stava per darle la buonanotte, lei gli circondò il busto con le sue braccia.

La testa arrivava al petto di lui e dovette girare la faccia verso sinistra per non toccarlo col naso.
In quel modo, riusciva a udire i suoi battiti cardiaci e un sorriso spiccò sul suo volto.

« Grazie, Andrea! Grazie davvero per questa magnifica serata. »

Strano era esattamente l'aggettivo che lo descriveva in quel frangente.
Aveva strabuzzato gli occhi dalla sorpresa e non riusciva a realizzare quell'istante.

Solo quando lei stava per slegare l'abbraccio, lui la trattenne a sé, stringendola.

Ed era arrivato il suo turno di essere sbigottita.
Provò ad allontanarsi, ma la morsa restò ferrea.

Perché non la lasciava?

Perché la voleva tenere avvolta tra le sue braccia ancora per un po'?

Aveva percepito qualcosa in quell'abbraccio?

Gli era piaciuto talmente tanto da volerlo fare durare qualche attimo di più?

La risposta le arrivò subito dopo.

« Per essere efficace, un abbraccio deve durare venti secondi. »

« Oh, n-non ... non lo sa-sapev-vo ... » ammise lei, scuotendo impercettibilmente il capo.

Egli ridacchiò bonariamente e cronometrò veramente i secondi!
Poi, sciolse la stretta, continuando a sorridere.

« Ehm ... buona-buonanotte, A-An-Andrea. » balbettò ancora, rigida nelle spalle, mirando un punto indefinito.

« Buonanotte, Simona. »

Lei si voltò e marciò dritta verso il portone. Estrasse le chiavi dalla borsa e aprì, entrando dentro l'edificio e chiudendo l'uscio, mentre lui saliva di nuovo nell'auto e andava via.

Una volta giunta dentro il suo appartamento e richiusa la porta, un sospiro beato le scappò dalla bocca, tenendo le palpebre serrate.

Le risollevò e si recò nella sua camera per cambiarsi, lavarsi i denti, leggere un passo della Bibbia - Isaia 55 -, pregare e mettersi a letto, con un sorriso radioso.

Non sapeva, però, che quest'ultimo dipingeva anche il viso del ragazzo appena tornato a casa sua.







Angolo Autrice

Salve a tutti! 😊❤
Era da tanto che non aggiornavo! Scusatemi per il ritardo, purtroppo non ho passato un bel periodo ma, grazie a Dio, ora è tutto sistemato!
Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto!
La scena iniziale, quella con la signora anziana, è tratta da un episodio accadutomi veramente, ma ero con delle mie amiche.
Fatemi sapere cosa pensate di questo nuovo aggiornamento, sono curiosa! :) Come vi è parso il loro primo appuntamento?
Alla proxima!
Dio vi benedica.❤

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