13. A volte, la pioggia rende felici
Novembre era arrivato e con esso la stagione delle piogge.
Dato il freddo, Andrea, purtroppo, non avrebbe potuto fare il suo solito bagno a mare, però avrebbe passato un po' più di tempo con il suo cane.
Si recò in spiaggia - quell'abitudine di certo non la perdeva - intorno alle otto del mattino, fece fare i bisognini all'animale - raccogliendoli, ovviamente, con una paletta e infilandoli in un sacchetto - e si mise a giocare con Rudy al lancio del bastone e a palla.
Tirò un bastoncino di legno e ordinò al maremmano di correre a prenderlo. Ripeterono l'azione per diverse volte, poi giocarono a palla e, di tanto in tanto, si atterravano a vicenda, facendo una specie di lotta.
Andrea si divertiva molto con il suo fido amico e si pentiva di trascorrere poco tempo con lui. Si levò in piedi, dal momento che era rimasto seduto, dopo una stancante battaglia con il suo cane, il cui premio conteso era la pallina da tennis.
Gli intimò di seguirlo, con un fischio, e la bestiola gli corse appresso, con la lingua penzolante. Salì le scale, giunse di fronte alla porta, l'aprì con l'ausilio delle chiavi ed entrò, facendo largo pure a Rudy, che zampettò spedito verso la sua cuccia, un semplice materassino morbido all'interno di una cesta, nella quale fece più giri su se stesso, alla ricerca di una posizione ideale, e poi ci si semi-sdraiò.
Andrea, nel frattempo, si era sfilato le scarpe ed era andato a farsi una doccia ultra veloce, per eliminare il sale dal suo corpo. Una volta finito, si asciugò e si vestì rapidamente.
Fresco e profumato, prese la sua carpetta verde e tirò fuori da essa la fotocopia dei suoi appunti, proprio quella che gli aveva fatto stampare Simona, nel tentativo di rimediare al suo errore.
Li scrutò ancora qualche attimo, ripensando a quando lei glieli aveva consegnati, ma lui aveva reagito male. Poi, però, gli venne subito in mente la loro riconciliazione e abbozzò un mezzo sorriso, scuotendo la testa.
Li rimise a posto e uscì, raccomandando il suo cane di fare il bravo in sua assenza, sebbene sapesse che non potesse capirlo. Aveva Rudy da sei anni, ormai aveva imparato a dover stare buono e a non combinare disastri in casa.
E, in ogni caso, se aveva necessità di fare i suoi bisogni, c'era sempre la sua porticina personale aperta, un buco quadrato sulla porta d'ingresso, grande abbastanza per far passare un pastore maremmano. Ormai il ragazzo si fidava di lui.
Il giorno dell'esame era giunto e il ventiseienne non vedeva l'ora di darlo. Gli piacevano da matti le lingue straniere e quel dì doveva dare l'arabo. Si incamminò a passi felpati in direzione dell'Università.
L'appuntamento era per le nove, mentre Simona l'aveva alle dieci. Arrivato a destinazione, entrò nell'edificio, trovò la sua aula e diede l'esame, il cui esito fu nuovamente ventisei.
« Continui così ed arriverà sicuramente al trenta e lode! » si era congratulato con lui il docente dai capelli castani, in accordo con gli altri due.
Il ragazzo li aveva ringraziati di cuore, sorridendo loro. Era uscito dall'edificio e, siccome non aveva nulla da fare, volle starsene un po' in giro. Decise di andare in biblioteca.
Leggere non era una sua passione, però non gli dispiaceva arricchire il suo lessico con nuovi vocaboli. Varcata la porta scorrevole della mastodontica struttura, salutò il bibliotecario e si diresse verso la sezione cristiana.
Cercò il libro che gli interessava e, appena lo trovò, prese posto a un tavolo lì vicino e continuò la lettura di quel libro. Poteva portarselo a casa, certo, ma lui non era il tipo che leggeva tanto e che si prendeva la briga di prendere un libro da uno scaffale e sfogliarlo con interesse.
A lui piaceva di più non averlo che averlo, dal momento che conosceva se stesso e sapeva che, se avesse mai avuto un libro per cui impiegare del tempo, non l'avrebbe nemmeno sfiorato dallo scaffale o dal comodino.
O perlomeno, l'avrebbe letto ogni morte di papa!
La medesima cosa, però, non si poteva dire per la Bibbia. Lui la leggeva quasi tutti i giorni e, quando non ci arrivava perché troppo stanco, la sera almeno un versetto arrivava a leggerlo, e gli era sempre di incoraggiamento.
La Bibbia era l'unico libro in cui faceva scorrere le sue iridi con curiosità e voglia di sapere e conoscere più e più insegnamenti di vita, che venivano direttamente da Dio, attraverso la Sua Parola.
Il volume che stava leggendo era "La visione" di David Wilkerson. Era arrivato quasi a metà di tutte le pagine e da due mesi ancora doveva finirlo. Preferiva concentrarsi sulle righe che aveva sott'occhio, anziché essere veloce.
Stette lì per ore e non seppe con precisione quanto tempo vi passò lì, fatto sta che si erano fatte le dodici e mezza e cominciava ad avvertire un certo languorino.
Chiuse il libro - nel quale, per la cronaca, non era giunto alla fine! -, lo ripose sul suo apposito scaffale e uscì dalla biblioteca, non prima di aver dato l'arrivederci al simpatico signore al bancone. Si avviò verso un bar a pochi metri di distanza dal grande edificio pubblico e vi entrò.
Ordinò un calzone prosciutto e mozzarella, che si fece riscaldare, e una bottiglietta d'acqua. Avute quelle due cose, si sedette a un tavolo del piccolo locale. Pregò e poi addentò il suo pezzo rustico, guardando il cielo.
Già da quella mattina aveva notato le nuvole minacciose coprenti tutto il firmamento e, proprio a motivo di ciò, aveva permesso al suo cane di rimanere in casa. Suppose che avrebbe piovuto per le quattro del pomeriggio, e per quell'ora sarebbe stato al calduccio nella sua dimora.
Finito di gustarsi il suo calzone, si mise ad armeggiare con il cellulare, informandosi a proposito delle ultime partite di calcio. Si fecero quasi le due del pomeriggio e stabilì che quello fosse il momento giusto per rincasare.
Cammin facendo, però, le cose non andarono come previsto: si mise a piovere.
E non aveva l'ombrello con sé!
"Accidenti!" pensò Andrea, portandosi le mani sulla testa, come a proteggersela dalle goccie che, man mano, scendevano sempre più copiosamente.
Si riparò sotto un balcone di un appartamento e attese, impaziente, che la pioggia scemasse: stizziasse*, detto in siciliano. Sospirò e decise di ingannare l'attesa tirando fuori il telefonino.
Dopo circa mezz'ora, tra le tante macchine, una accostò di fronte a dov'era Andrea che, come gesto spontaneo, indagò su chi si fosse fermato. Rimase di stucco quando, abbassato a metà il finestrino, il conducente si rivelò essere Simona!
« Hey, serve un passaggio? » urlò per farsi udire meglio dal giovane.
« Sì, se non è un disturbo. » rispose lui, con educazione.
« Macché! Salta su! » gli intimò lei.
Lui, svelto, si affrettò a raggiungere la macchina e ad aprire lo sportello, per poi entrare nell'abitacolo e allacciarsi la cintura di sicurezza.
« Grazie! » esclamò, mentre l'altra metteva in moto e partiva.
« Figurati. Passavo di qua e ti ho visto. Dovevo pure ricambiare il favore, no? » alluse alla sera del matrimonio.
« Ad ogni modo, dov'è casa tua? » chiese, frattanto i tergicristallo si muovevano da un lato all'altro per spostare la quantità d'acqua che finiva sul parabrezza.
« Abito un po' fuori città. Dunque, devi mantenere questa strada. Al terzo incrocio gira a sinistra. Ti dico io, poi, dove svoltare. » le riferì.
Lei teneva gli occhi fissi sull'asfalto davanti a sé e aveva ascoltato attentamente le indicazioni di Andrea. Era da tempo che non vedevano una pioggia talmente forte come quella.
Sembrava che le nuvole stessero scaricando tutta l'acqua che avevano trattenuto durante l'intera estate.
In macchina nessuno dei due spiccò parola, ancora un poco a disagio per ciò che era successo circa un mese prima al ristorante. Da quella sera, si era visti solo in chiesa, ma si salutavano semplicemente con un Pace e, poi, ognuno per la propria strada.
Voleva chiederle scusa per la sua invadenza di quel giorno, ma non sapeva assolutamente come iniziare la discussione. Fortunatamente per lui, dopo aver sentito un profondo sospiro da parte di Simona, fu proprio lei che prese la parola.
« Senti, ehm ... s-scusa per quella volta al ristorante. N-non volevo reagire in quel modo, p-poiché tu non sai di-di certo cosa significa, per me, la mia ... l-l-la mia ... »
« Vitiligine. » concluse lui per lei.
Aveva notato quanto la ragazza fosse in difficoltà, dal momento che stava balbettando, come quella volta al compleanno di Abigail. Avrebbe voluto confessarle anche lui che non era la sola ad avere quella malattia, ma non se la sentiva di farlo, sebbene, forse, avrebbe potuto esserle di conforto.
Nonostante lui avesse superato la sua paura, non sapeva se sarebbe stato un bene oppure un male se gliel'avesse detto. Nel dubbio, non proferì nulla circa quell'argomento.
« Esattamente. » affermò lei, destando il ragazzo dalle sue elucubrazioni.
Scese ancora il silenzio tra di loro. Non aprirono bocca finché lei non giunse a un bivio e, perciò, gli chiese:
« Adesso, dove devo andare? »
« Prendi quella salita. Poi, la strada sarà piana e potrai continuare sempre dritto. » le comunicò, indicandole ciò che le aveva detto con l'indice.
Lei si guardò un po' intorno, assicurandosi che non passasse alcuna auto, e proseguì.
« Mi chiedevo ... » esordì ad un certo punto Andrea, attirando l'attenzione di Simona.
« Sì? »
« Tu sei una donna, no? »
La bruna lo fissò un istante con la coda dell'occhio, corrugando la fronte, alquanto perplessa da quella strana constatazione.
« Fino a prova contraria ... »
« E lo sai che le donne alla guida non hanno una buona reputazione, vero? »
Lei premette le labbra tra di esse, sempre più confusa.
« Dove vuoi arrivare, Chiave? »
« Come fa la tua macchina a non avere neanche un graffio, nonostante sia bella grande?! » domandò sbigottito, non capacitandosi di quel fatto per lui del tutto raro: un'auto di una donna senza una minima crepa? Non sia mai!
« Primo: questa è un'offesa al genere femminile. Secondo ... »
Attimo di suspance.
« ... invidioso? » concluse lei, sogghignando.
« Invidioso? Io? E per quale motivo? »
« Perché la mia macchina sembra nuova di zecca! » le fece notare, mantenendo il sorrisetto.
« Pff. Macché! Quanti errori hai fatto all'esame di guida, sentiamo? » chiese, beffardo, convinto che avesse fatto più errori di lui.
« Zero. » fu invece la spiazzante risposta.
Per poco, ad Andrea non precipitò il gargarozzo.
« E tu? » lo punzecchiò.
« ... due ... » ma lo pronunciò così piano che l'altra non capì.
« Come? »
« ... due. »
« Non ti sentooo! » lo canzonò, avvicinandosi verso di lui con la testa, ma mantenendo la sua attenzione sulla strada.
« DUE! » sentenziò lui, seccato.
« Oh-oh! » esclamò giuliva, ritornando alla posizione iniziale.
« Beh, allora devi ammettere che non tutte le donne sono come vengono comunemente etichettate. » gli sorrise innocentemente, ma in realtà era più un sorriso provocatorio.
Lui alzò gli occhi al cielo, facendo spallucce.
La pioggia diventava sempre più intensa e a Simona veniva un tantino arduo osservare la strada e anche proseguire lungo la salita, a causa dell'acqua.
Infatti, la macchina sobbalzò, prendendo delle pietre, e i due ragazzi, colti di sorpresa, si fecero sfuggire un sospiro spaventato, mentre l'auto iniziava a indietreggiare.
Lei non perse tempo, ingranò la marcia giusta e cercò di continuare a salire con accortezza. Una volta tornato il sentiero piano, individuò una villetta, così, fece motto al ragazzo:
« È quella lì? » la indicò.
« Sì. » confermò lui, dopo averla esaminata per qualche secondo.
Impiegarono circa quattro minuti per raggiungere la dimora di Andrea. Simona accostò vicino la casa e spense il motore. Si sporse verso il sedile posteriore e afferrò l'ombrello che si era portata dietro, per poi darlo al biondo.
« Me lo riporti dopodomani in chiesa, va bene? »
Lui sollevò lo sguardo su di lei e le disse:
« Un attimo, forse è meglio che aspetti dentro che scampi un po'. Non è sicuro fare quella discesa con questa pioggia. »
La bruna ponderò su quella proposta. In effetti, aveva dovuto faticare non poco per salire, scendere sarebbe stato anche più difficile e pericoloso. Posò gli occhi sul ragazzo e gli sorrise.
« Va bene. Grazie per la premura. »
« Grazie a te per il passaggio! »
fece di rimando lui.
Aprì lo sportello e subito dopo l'ombrello, chiuse la portiera e girò dall'altro lato. Simona scese dal veicolo, serrò lo sportello e bloccò le portiere grazie al telecomando, al quale erano attaccate le chiavi.
Lestamente, il ragazzo la riparò sotto il paracqua e avanzarono verso l'ingresso. Lui tirò fuori le chiavi di casa e aprì la porta, lasciando che la ragazza entrasse per prima. Scrollò l'ombrello, chiuse l'uscio e ripose l'oggetto di fianco l'entrata.
A metro e mezzo da essa, girando a destra, si trovava la cucina, con tanto di armadietti, forno, microonde, frullatore e una penisola dietro ai fornelli. La cucina era open-space con l'ampio salotto, dotato di un grande divano, un tavolino basso ma largo, un televisore e due lampade alte.
Infine, di fianco al salone era presente un corridoio ai cui lati vi erano il resto delle camere, tra sgabuzzino, stanza da letto, due toilette e camera degli ospiti.
Frattanto, Rudy si era svegliato e stava familiarizzando con la ventitreenne, che si era piegata sulle ginocchia e gli faceva i grattini e le carezze, mentre lui era disteso sul pavimento e si beava di quelle coccole dolci, scodinzolando.
« Non sapevo avessi un cane. » disse lei, grattando il petto all'animale.
« Non sapevo ti piacessero. » replicò lui.
« Vieni qua, Rudy! » lo chiamò, ma il pastore maremmano non si mosse dalla sua postazione.
« Rudy. »
Ma, ancora, non accennò a volerlo raggiungere.
« Andiamo, Rudy! » lo incitò, colpendosi le cosce con entrambe le mani.
La bestiola, allora, uscì la lingua, tanto era rilassato, ma il padrone interpretò quel gesto come un'offesa alla sua persona.
« Ah, è così? Io ti sfamo e tu ti vendi per un paio di carezze? Brutto traditore di un cane! » esclamò il ragazzo, oltraggiato.
La bruna ridacchiò, terminando di coccolare il bianco animale e levandosi in piedi.
« Mi potresti dire dov'è il bagno? »
« In fondo a destra. » le comunicò, spostandosi in cucina.
« Grazie. » e si avviò verso dove il ventiseienne le aveva detto.
Entrò e cercò l'interruttore a tentoni. Quando lo trovò, lo pigiò e la luce si accese. Si lavò le mani e se le asciugò, dopodiché si guardò qualche istante allo specchio, si sistemò meglio i capelli e uscì, dirigendosi in salone.
Vide Andrea versare della spremuta d'arancia in un bicchiere, per poi portarlo alle labbra e bere tutto d'un fiato.
« Ne vuoi un po'? » domandò gentilmente, asciugandosi la bocca lungo il dorso della mano destra.
« Sì, grazie. » asserì lei, avanzando nella sua direzione.
Egli prese un altro bicchiere di vetro da un armadietto in alto della cucina, lo riempì e lo porse a Simona, che lo prese e trangugiò anche lei la bevanda.
Percepì un gusto singolare, diverso da quelle comprate nei supermercati. Pertanto, gli chiese:
« È fatta da te? » azzeccando subito.
« Sì, come te ne sei accorta? »
« Beh, a me piace la spremuta d'arancia - non l'aranciata - e, spesso, la compro nelle buste di cartone. Ma questa che mi hai fatto assaggiare, è ben diversa da quelle dei supermercati. Per questo, me ne sono accorta. » gli spiegò, finendo di bere dal bicchiere.
Lui sbuffò una mezza risata, stupito.
« Ti hanno mai detto che potresti fare la detective? »
« Sempre! » sorrise lei, vantandosi giusto un po'.
Andrea si accomodò sul divano, battendo la mano su d'esso per intimare a Simona di sedersi vicino a lui. Fece come accennatole.
« Che tempo che c'è! » esclamò, ad un certo punto.
« Non ti piace? » domandò ella, osservando fuori dalla finestra le gocce oblique che scendevano lungo il vetro, come se ognuna di loro stesse partecipando alla medesima gara.
« No ... » rispose lui, restio.
« A me sì. » intervenne l'altra, aggiungendo dopo:
« Solitamente, ad altri, la pioggia non piace, fa stare giù di morale, e cose così. A me, invece, piace. Mi piace l'odore che si respira dopo, mi piace l'arcobaleno, mi piacciono i lampi e i tuoni, conto persino i secondi che separano un lampo da un tuono! Ma ciò che mi piace di più, sono le gocce sui vetri. Adoro vedere come scivolano, sembra quasi che gareggino. » ridacchiò sommessamente e il ragazzo non ne capì il motivo finché non fu lei stessa a svelarlo.
« Da piccola, mi immaginavo che parlassero tra di loro e si sfidassero! »
Una smorfia genuina apparve sulle labbra del giovane, divisando una piccola Simona che fissava con due occhioni curiosi il cielo dalla finestra della sua stanzetta.
« A me, invece, non piace per niente. Mi ... mi fa tornare alla mente brutti ricordi. » declamò, chinando lo sguardo.
Lo scrutò, mentre aveva quell'espressione triste che, fino a quel momento, non aveva mai visto dipinta sul suo viso.
Si affiancò a lui, circondandogli le spalle con il braccio sinistro e cominciando a strofinargli il destro con l'altro, leggermente insicura delle proprie azioni e timorosa di poterlo toccare, poiché non sapeva se si sarebbe opposto a quel contatto oppure no.
Egli non si ribellò, anzi, il tocco delicato della ragazza, in qualche modo, lo confortò.
« Se vuoi parlarne, io sono qui. » sussurrò dolce.
Lui girò il capo verso lei, che nel frattempo gli rivolgeva un flebile sorriso.
Annuì, posando gli occhi sulle proprie mani.
« Non ho avuto un'adolescenza facile. Fino all'età di dodici anni, andava tutto benissimo. I miei genitori erano in salute e anche io ed eravamo felici, insieme. Ma, all'età di tredici anni, un incidente cambiò le nostre vite. » iniziò a raccontare; frattanto, Simona notò un tremolio incontrollato delle sue dita.
Dedusse che quello spaccato di vita fosse stato veramente devastante per lui.
« Me lo ricordo come se fosse ieri. Mi trovavo a scuola, era primavera, nonostante ciò le piogge quell'anno furono abbondanti. A scuola ero bravo, sebbene non avessi chissà quali voti, ma una media del sette l'avevo. Era la quarta ora, quando mi chiamarono. Il bidello era entrato, dicendo al professore che mio zio Carmelo, al tempo ventisettenne, era venuto a prelevarmi. La cosa mi stranizzò, anche se non mi dispiacque affatto andare via - avevo matematica. Andammo in macchina e chiesi a mio zio perché fosse venuto a prendermi. Ricordo ancora quello sguardo: non sapeva come dirmelo, era talmente angosciato che contagiò persino me. Mi disse che i miei genitori avevano avuto un brutto incidente stradale. Mio padre aveva riportato qualche rottura, mentre mia madre era messa in condizioni più gravi. Il mondo mi crollò addosso! Ricacciai le lacrime dentro, ma gli occhi erano lucidi. Quando giungemmo in ospedale, vidi mio padre in sala d'attesa, con un braccio ingessato e una fasciatura alla testa. Subito, gli chiesi come stesse e lui mi rispose che non era messo tanto male. Ma volevo vedere anche mia madre. Però mio zio mi diceva che non potevo e così anche mio padre e i medici. Io controbattevo, ma alla fine vinsero loro. Dovetti aspettare ore, prima di poterla vedere. E quando potei farlo, non me lo feci ripetere due volte. Entrai in quella stanza, seguito da mio padre, e la vidi, sdraiata su quel letto. Sentii come se il mio cuore si fosse rotto in due ... le lacrime minacciarono di nuovo di uscire ... mi avvicinai a lei. » serrò i pugni con forza.
La ragazza lo strinse a sé più intensamente, capendo che stava arrivando alla parte più impegnativa e dolente del racconto.
« Dormiva ma, quando le presi la mano, lei riaprì gli occhi. Era bella, lei ... bellissima. I suoi capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle e al contempo le incorniciavano il viso d'incanto. Ho ereditato da lei gli occhi chiari. Mi sorrise non appena mi vide e io ricambiai il sorriso. Mi chiese come stessi e io le stavo per rinfacciare che, semmai, avrei dovuto farle io quella domanda. Ma le risposi che stavo bene e domandai a mia volta come stesse. Lei mi rispose che stava bene e mi disse anche che non dovevo preoccuparmi. Ma io non ce la facevo! Glielo leggevo negli occhi che stava per spegnersi, nonostante ciò sorrideva! » si fermò un attimo per evitare di piangere davanti alla bruna, prendendo un respiro profondo e buttando fuori l'aria.
« Devi sapere che mia madre era evangelica. Credeva molto in Dio, mentre io e mio padre no. Non andavamo nella chiesa che frequentava lei, ce ne stavamo a casa a guardare la TV o a fare altro. Ma quando tornava, ci parlava sempre del messaggio che il Signore aveva portato quel giorno. Noi a volte l'ascoltavamo, altre volte no. E in quel momento, vedendola lì distesa, mi pentii di tutte quelle volte che non l'avevo ascoltata, mi pentii di tutte quelle volte che mi aveva chiesto di venire in chiesa con lei e io rimandavo sempre, assieme a mio padre. Solo una volta c'eravamo andati, quando lei aveva deciso di battezzarsi in acqua. Fu l'unica volta che ci andammo. Mi pentii di tutte quelle volte che non la capivamo. Mi misi a piangere. Lasciai che quelle lacrime amare scendessero lungo le mie guance. » nel frattempo, a Simona vennero gli occhi lucidi, toccata da ciò che stava ascoltando dal ragazzo.
« Mi disse che non dovevo piangere. Mi disse che dovevo stare tranquillo perché tutto sarebbe andato bene. E mi recitò quel verso in Romani al capitolo otto: 《Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno》. Quella frase mi fece riflettere e allo stesso tempo mi rincuorò. Mi disse che dovevo avere fiducia in Dio. Mi disse che amava me e mio padre, ma doveva lasciarci perché doveva tornare a casa. Una lacrima le scese, ma il suo sorriso più bello lo riservò per quell'attimo. Sorrise come mai in vita sua e come mai io ricordavo e si spense proprio con quel meraviglioso sorriso sulle labbra. » finito di pronunciare ciò, però, si fece misteriosamente serio.
« Da quel momento, cominciai ad avercela con Dio. Ma ci fu un altro episodio che mi spinse a non voler avere più niente a che fare con Lui. Successivamente al funerale di mia madre, mio padre dovette partire in alta Italia per lavoro, lasciandomi a mio zio Carmelo, fratello di mia madre. Pochi anni dopo, ci annunciò, tramite una lettera, del suo matrimonio con un'altra donna. Non rispondemmo all'invito né andammo al suo matrimonio. Da quel giorno in poi, non ebbi più alcun contatto con mio padre. Non so nemmeno se posso definirlo padre. Ma lo chiamo così perché, ahimè, se non fosse stato per lui, io non sarei qui. »
Si alzò dalla sua postazione e si recò in camera sua per prendere una foto. Tornato in salotto, la diede in mano alla ragazza, la quale la osservò con curiosità: ritraeva lui da adolescente, a braccia conserte, con un sorriso fiero, e ai lati destro e sinistro rispettivamente sua madre e suo padre.
« Era bella, non è vero? » le chiese e lei annuì.
« Molto bella. » asserì.
Lui incrociò le braccia al petto e proseguì con la sua storia.
« Per i motivi detti prima, la morte di mia madre e l'abbandono di mio padre, io ce l'ebbi con Dio. E, per fargli un "dispetto", tra virgolette, decisi di andare male a scuola. Finii il mio terzo anno di medie, dove mi promossero con il sei politico, e alle superiori divenni il cosiddetto cattivo ragazzo. Non studiavo, me ne infischiavo dei miei voti, della mia condotta, dei rimproveri che ricevevo, di tutto. Persino mio zio era disperato per me e cercava sempre di riportarmi sulla retta via, mettendo in mezzo ai suoi insegnamenti anche mia madre. Ma io ero arrabbiato con Dio e credevo che quella fosse una buona motivazione che giustificasse il mio modo di agire. Però una sera, stanco di condurre quella vita che non mi giovava a nulla, feci ciò che credevo non avrei mai più fatto: pregai. Avevo quindici anni. Quella notte, pregai affinché il Signore mi desse delle risposte alle mie domande. Volevo sapere perché mia madre era morta. E feci un sogno. Sognai mia madre, seduta a una grande e bianca tavolata, che era felice. Il suo sorriso più bello era dipinto sul suo volto. Ma non capii il significato di quel sogno. Un'altra notte, pregai di nuovo per avere una risposta e mi addormentai, facendo lo stesso sogno. E ancora non capivo. Finché una terza notte, dopo aver pregato, sognai nuovamente quella scena, ma stavolta udii una voce che mi diceva: "Non l'hai ancora capito, Andrea, che tua madre è qui con Me?". Mi svegliai e piansi come mai in vita mia. Dio mi aveva risposto e compresi di aver sbagliato a comportarmi in quella maniera. Perciò, promisi a Dio e a me stesso che sarei cambiato, cambiato veramente! Mi impegnai - certo, sudai non sette bensì quattordici camice! -, ma riuscii a superare l'anno con la media del sei e, nei quattro anni successivi, uscii con la media del sette. Grazie a Dio. Posso solo dire questo. Lui mi ha aiutato a superare la morte di mia madre, Lui mi ha aiutato a comportarmi bene, Lui mi ha portato in chiesa, attraverso mio zio. Se non fosse stato per Lui, non sarei stato qui a raccontarti la mia storia. »
Si sedette di nuovo vicino alla bruna.
Simona stette qualche attimo in silenzio a riflettere, poi, esordì:
« Grazie. »
Lui la guardò perplesso, non recependo il motivo di quell'affermazione.
« Di cosa mi ringrazi? »
« Di aver condiviso con me la tua storia. » rivelò lei.
Un'altra pausa si creò tra loro due, fin quando la ragazza non ruppe il ghiaccio, dicendo:
« Sarebbe una frase fatta e rifatta il mi dispiace. Per cui, ti posso solo dire che il Signore ti ha lasciato un grande esempio, alias tua madre. Sono certa che sia stata una donna meravigliosa e sono altrettanto sicura che è fiera di te. »
Si sorrisero.
Frattanto, il cielo si stava rannuvolando e, salvo una lieve pioggerellina, il tempo stava migliorando. Lei si alzò e guardò dalla finestra del salotto, constatando che fosse il momento di andare, dato anche l'orario.
« Credo sia ora che vada. Ha smesso di piovere, o quasi, e devo rincasare, altrimenti mia sorella mi darà per dispersa! » scherzò, dopo essersi girata verso di lui, che aveva scosso la testa e ridacchiato leggermente.
Si levò in piedi e la raggiunse, scortandola alla porta.
« Magari, la prossima volta mi racconti la tua storia. »
Sentendo quelle parole, ella, che fino a quel momento gli aveva dato le spalle, si voltò completamente a guardarlo; quelle iridi grigie che sembravano volerla scrutare dentro la facevano sentire a disagio.
Lui in persona la metteva in soggezione!
Fu sorpresa da quella frase: ci sarebbe stata una prossima volta?
E dove?
In chiesa?
Di nuovo nella sua villetta?
Oppure a casa della bruna?
Tanti interrogativi le passarono per la testa, ai quali non seppe dare una risposta e neanche a lui pareva riuscire a rispondere.
« Sì, certo. » proferì infine, giusto per essere cortese.
Salutò il cane con qualche carezza e il padrone con un cenno di mano, per poi proseguire in direzione della sua macchina.
Salì, accese il moto e, con alcune manovre, si allontanò dalla dimora del ragazzo.
Quest'ultimo alzò lo sguardo verso il cielo. Era poco nuvoloso e le scarse gocce che scendevano e l'arcobaleno appena spuntato, annunciavano la fine della pioggia. Un sorriso sfociò sulle sue labbra e gli occhi brillarono di una luce diversa, mentre ammirava il paesaggio circostante.
Sollevò le iridi ancora più in alto, pronunciando:
« Sai, Signore? A volte, la pioggia rende felici. » e rientrò in casa, con Rudy che gli veniva appresso.
*stizziasse= stizzia al presente, che sta per "pioviggina"
Angolo Autrice
Salve! 😊
Scusate questo abnorme ritardo, ma ho avuto da fare.
Comunque, come state? Vi è piaciuto il capitolo?
Finalmente, abbiamo saputo qualcosa di più sul passato di Andrea. Povero ragazzo! :'(
Sono veramente curiosa di sapere cosa ne pensate della storia! Dai, commentate, fatemi capire che ci siete e che esistono le persone che leggono questa storia! 😅 Per favore! ❤
Lasciate anche una stellina, bitte!
Alla proxima.
Dio vi benedica.❤
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