10. Novità dell'ultimo minuto

Finalmente si era liberata di quel peso schiacciante!
Aveva risolto, più o meno, con quel ragazzo e si era fatta valere, non facendosi intimidire da lui.

Era riuscita a tenergli testa egregiamente e a dargli del filo da torcere. Gli aveva fatto capire che lei era una da non sottovalutare e con la quale c'era poco da scherzare - almeno, era ciò che gli voleva trasmettere.

Ma allora ... perché si sentiva ancora in colpa?
Era forse per l'espressione arrabbiata di Andrea nel vedere quella fotocopia? Forse non lo aveva perdonato abbastanza o non gli aveva chiesto scusa come si doveva?

C'era qualcosa che mancava e lei sembrava accorgersene solo in quell'esatto momento: non erano stati di testimonianza l'uno verso l'altra, né per chi stava loro accanto.
Non avevano dimostrato di essere dei veri seguaci ed imitatori di Cristo.

Ancora seduta sulla sedia di fronte al tavolo della cucina, si prese la testa tra le mani, scuotendola leggermente. Le passò sul viso a coprirsi gli occhi ed infine le congiunse. Abbassò le palpebre e tirò su col naso, pregando sottovoce:

« Signore, ti prego, perdonami. Non sono stata per niente di testimonianza né al mio fratello né ad altri. Ho peccato in diverse cose e ti chiedo perdono con tutta me stessa! Ti prego, perdonami e aiutami a non farlo più! Ti prometto che d'ora in avanti mi impegnerò seriamente per non ricommettere lo stesso errore! Aiutami in questo e ancora benedicici in quest'oggi. Te lo chiedo nel Nome di Gesù, il Tuo Figliuolo, che Tu L'hai Benedetto e Consacrato in eterno. Amen. »

Si sentiva sempre meglio quando pregava Dio e Gli parlava. Sentiva come se quei pesi che aveva sopra scivolassero da lei, rendendola leggera.

Alzò lo sguardo e sorrise, sussurrando un devoto Grazie, per poi alzarsi e decidere di fare la lavatrice.

Prese tutti i capi di colore blu da lavare e si diresse verso il bagno.
Passò dalla camera di Emilia e le domandò:

« Emy, hai qualcosa di blu da mettere a lavare? » afferrando prontamente un calzino che stava cadendo dal mucchietto che teneva tra le braccia.

« Come mai così massara di prima mattina, sis? » chiese di rimando la sorella, usando un termine siciliano dal modesto significato di "casalinga", ora sdraiata su un fianco, col busto sollevato e tenuto fermo dal gomito sinistro che faceva da sostegno.

« Devo pur fare la lavatrice di tanto in tanto, no? Mica si lavano da soli i vestiti. » constatò Simona, appoggiandosi con il piede allo stipite della porta.

« Hai qualcosa di blu da mettere a lavare oppure no? » chiese nuovamente, quasi stizzita.

« Sì. » fece Emilia, alzando gli occhi al cielo.

« Cosa? »

« La gonna di jeans dell'altro giorno. »

Erano passati già cinque giorni dalla nuova chiacchierata tra Simona e Andrea e non si erano più rivisti. Lei pensava la maggior parte del suo tempo a quella rabbia che l'aveva investito, a quegli occhi colmi di disprezzo e al modo in cui le si era rivolto. C'era rimasta molto male, anche perché si aspettava una reazione ben diversa da quella che, invece, era stata in realtà.

Aveva parlato con Abigail dell'accaduto, un paio di giorni addietro, e lei le aveva dato ragione: non si poteva permettere quel ragazzo di giudicarla senza conoscerla neppure.

Era stato molto scortese, aveva detto la migliore amica e, secondo il suo parere, stavolta doveva essere lui a sentirsi in colpa per come l'aveva trattata.

Lei si era impegnata per farsi perdonare, facendogli riavere quegli appunti e sbarazzandosi di quella foto che non era di sua proprietà, ma lui non l'aveva ricompensata nemmeno con un briciolo di gratitudine, tutt'altro: l'aveva mortificata ancora di più!

Si ricordò dell'espressione infuriata della bruna, dopo aver sentito il racconto, nei confronti Andrea e la proposta di recarsi a parlargli lei stessa. Ma Simona aveva fermato la sua iniziativa, dicendole che se c'era qualcuno che doveva fargli capire il suo errore, quello era Dio: loro potevano solo pregare per il ragazzo.

Cacciò via il pensiero di lui dalla sua mente e ritornò a focalizzarsi sul suo proposito di quel giorno: la lavatrice.

Guardò sua sorella ancora sul materasso e si schiarì la gola prepotentemente, facendo sì che Emilia le rivolgesse la sua attenzione. Si guardarono per alcuni istanti, poi la maggiore decise di intervenire:

« Allora? »

« Allora cosa? » fece a sua volta la ramata, confusa.

« Dammi la gonna, no? » affermò l'altra, con ovvietà.

La minore sbuffò e si ributtò a peso morto sul letto, facendolo sobbalzare di poco.

« Uffi. Mi secca alzarmi! » protestò, con fare esageratamente teatrale.

Simona sospirò sonoramente, seccata dal comportamento della sorella.

« Dove l'hai messa? » chiese esasperata, entrando nella stanza.

Emilia sfoggiò un sorrisetto scaltro e vittorioso, puntando l'indice in direzione della sua valigia enorme.
La più grande vi si diresse, posò i vestiti accanto a sé, fece giacere il bagaglio in orizzontale e aprì la cerniera.

« Scava un pochino tra la mia roba e la troverai. » le suggerì, in tono beffardo, che fece irritare la ventitreenne fino a farla inveire.

« Pigrona! » e la ramata rise, sdrammatizzando con una sua frase tipica:

« Anch'io ti voglio bene, sis! » le mandò un bacio, soffiando sul palmo della sua mano e ammiccando.

Simona alzò gli occhi al cielo e sospirò, stanca, prendendo poi la gonna di jeans. Riprese i vestiti e uscì dalla camera della sorella, avviandosi in bagno. Li infilò assieme ad un acchiappacolore dentro la lavatrice, chiuse lo sportelletto, mise un misurino di detersivo e la attivò, ammaccando il pulsante di accensione.

Erano quasi le undici. Andò nella sua stanza, prese la Bibbia e si recò in salone, dove era solita leggere, sedendosi sul divano.
Lesse in Romani al primo capitolo.
Si perse nella lettura, in ciò che scrisse l'apostolo Paolo.

Lei era così: non c'era rumore che tenesse quando lei leggeva e nulla poteva distrarla; quando si immergeva nelle righe di un libro, niente e nessuno poteva smuoverla da lì. Le piaceva tanto, tantissimo, leggere e così anche alla sua migliore amica.

Scoprirono di condividere quella passione quando, il primo giorno di liceo, per ingannare l'attesa mentre aspettavano che il bus passasse, stavano sedute alla fermata con i libri tra le mani e gli occhi fissi sulla pagina di fronte.

E successe che, quando si alzarono per salire sul mezzo, si scontrarono accidentalmente, facendo così cadere i rispettivi libri per terra. Si scusarono, si chinarono per riprendere i volumi e si accorsero di stare leggendo lo stesso tipo di libro, l'uno il continuo dell'altro.

Da lì, cominciarono a conversare su i loro gusti in fatto di libri e si accorsero di avere molte cose in comune. E quando scoprirono di essere nella stessa classe, fecero i salti di gioia.

Migliori amiche a partire da un libro, così l'avevano definita la loro solida amicizia.

Arrivò a un punto della Scrittura che la turbò non poco:

L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, perché, pur avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio, né l'hanno ringraziato; ma si sono dati a vani ragionamenti e il loro cuore privo d'intelligenza si è ottenebrato. Benché si dichiarino sapienti, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
Per questo Dio li ha abbandonati all'impurità, secondo i desideri dei loro cuori, in modo da disonorare fra di loro i loro corpi; essi, che hanno mutato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore, che è benedetto in eterno. Amen. Perciò Dio li ha abbandonati a passioni infami: infatti le loro donne hanno cambiato l'uso naturale in quello che è contro natura; similmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati nella loro libidine gli uni per gli altri commettendo uomini con uomini atti infami, ricevendo in loro stessi la meritata ricompensa del proprio traviamento.
Siccome non si sono curati di conoscere Dio, Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa sì che facessero ciò che è sconveniente; ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di contesa, di frode, di malignità; calunniatori, maldicenti, abominevoli a Dio, insolenti, superbi, vanagloriosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza affetti naturali, spietati. Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette.

Aveva letto con attenzione ogni singola parola.
Strabuzzò gli occhi all'inverosimile, non potendo non accorgersi - dopo una veloce ma elaborata riflessione - del fatto che ciò che l'apostolo aveva scritto nel passato si stesse realizzando nel presente.

A interrompere i suoi ragionamenti fu lo squillo del cellulare che aveva lasciato sulla poltrona.

Adagiò la Bibbia sul tavolino, si alzò e l'afferrò. Controllò chi fosse e sorrise quando lesse Betty, ovvero sua cugina, sul display.

Accettò la chiamata.

« Pronto? »

« Simona! »

« Hey, Betty! » sorrise, seppur consapevole che l'altra non potesse vederla.

« Come va? Tutto a posto? Ho saputo che Emilia è arrivata da poco. »

« Tutto bene, grazie. Sì, qualche settimana fa, apposta per il tuo matrimonio. »

« Mi fa piacere. A proposito di questo, sareste così gentili da raggiungermi all'Atelier? Devo mostrarvi una cosa. » le comunicò e Simona percepì una nota di emozione nella voce della cugina.

Acconsentì con gioia, esclamando:

« Certamente! Saremo lì fra poco! »

« Perfetto! Vi aspetto qui! Grazie, Simo! » affermò raggiante.

« Ma figurati, tesoro! A fra poco! » chiusero la chiamata.

La ragazza si recò in camera di sua sorella e l'avvertì di vestirsi subito, per raggiungere la cugina al negozio d'abiti da sposa.

Il giorno del matrimonio, infatti, si stava avvicinando e i preparativi erano da svolgersi alla svelta. Per lo sposo era molto semplice trovare l'abito, le scarpe e tutto il resto, ma per la futura consorte era più complicato.

Il luogo dove sposarsi era già stato scelto, cioè la chiesa che frequentavano, e il locale per il ricevimento era stato prenotato.
Circa duecento erano gli invitati.

Indossati i jeans e una maglietta a maniche lunghe ciascuno, le due sorelle misero le loro converse preferite, Simona si portò dietro una borsa bianca in cui mise i cellulari e un pacco di fazzoletti, e uscirono dall'appartamento.

L'Atelier non distava molto, per cui decisero di andarvi a piedi. Giunsero a destinazione dopo dieci minuti e, non appena entrarono nel negozio, il profumo tipico di quei posti penetrò nelle loro narici e se ne bearono.

La cugina le accolse subito, sfoggiando uno dei suoi sorrisi più belli, a braccia aperte. Aveva dei bellissimi capelli biondi e due occhi azzurri come il cielo. Era poco più alta delle due ragazze e aveva un fisico perfetto.

« Cugine care! » esclamò, scherzosamente.

« Cugina cara! » fecero a loro volta le sorelle, abbracciandosi tutte e tre, ridendo.

Slegarono l'abbraccio e Betty si soffermò su Emilia.

« Accipicchia, Emilia! Sei diventata più alta o mi sbaglio? » domandò, sorpresa.

La sorella minore di Simona circondò le spalle di quest'ultima.

« No, non ti sbagli affatto, cugina! Sono quasi quanto mia sorella! » rivelò fiera, sollevando il mento.

La primogenita roteò gli occhi e fece una piccola smorfia rassegnata, inarcando un angolo della bocca. Si tolse il braccio della sorella e chiese a Betty:

« Allora, presumo tu ci abbia chiamate per l'abito da sposa, no? »

« Esatto. Ma anche per un'altra cosa. » fece con aria enigmatica, scortando le Fedeli vicino ai camerini.

« Sedetevi pure, io tornò fra poco. » disse, sparendo dietro la tenda.

Attesero circa quattro o cinque minuti per poi ritrovarsi davanti una Betty con un vestito da sposa bellissimo.

Gonna a nuvola, busto con cristalli sparsi, scollo a V e il pizzo sopra quest'ultimo che le copriva il petto fino ad arrivare alle spalle, dove andava a formare delle maniche corte.
Il velo, però, era corto e arrivava a metà schiena.

Girò lentamente su se stessa per mostrare il retro dell'abito; Simona la guardò estasiata, intrecciando le mani, con occhi sognanti.

Anche Emilia aveva manifestato la stessa reazione e all'unisono esclamarono:

« Sei stupenda! »

La futura sposa sorrise, quasi arrossì a quel complimento. Le stava molto bene, sembrava fatto apposta per lei. Nondimeno, non era abbastanza convincente, soprattutto il velo.

« Però ... » esordì Emilia, ma Betty la interruppe, dicendo:

« Ce n'è un secondo. Sono indecisa tra questo e un altro. Vi ho chiamate appunto perché mi aiutaste a scegliere quale, secondo voi, è il migliore. »

La scrutarono ancora un po', poi la cugina riprese a parlare.

« Allora? Che ne pensate? » domandò, sorridendo debolmente e allargando le braccia per mostrare l'abito per intero.

Le due sorelle si scambiarono un'occhiata d'intesa, quindi annuirono e si voltarono verso la giovane donna.

« Dunque » prese la parola la maggiore.

« C'è da dire che è un abito meraviglioso, non è sconcio e la gonna mi piace un sacco! L'unica pecca è il velo. Per il resto, è molto bello. Ma, non so, mi sembra che ci manchi qualcosa. »

« Lo credo anch'io. In effetti, il velo lo preferisco lungo. Comunque, c'è l'altro. Un attimo che mi cambio. » annunciò, rientrando in camerino.

Per ammazzare il tempo, Simona ed Emilia cominciarono a discutere su un po' tutto.

« A parer mio, lo scollo a V non andava benissimo. Lei non ha molto decoltè e quello scollo risaltava quel "difetto", se possiamo chiamarlo così. » fece la minore, a bassa voce, imitando le virgolette con le dita.

« Però le stava molto bene! » ribatté Simona.

Poi, si fece pensierosa.

« Anche se, considerando il tempo che dovrebbe fare il nove di ottobre e il ristorante dove mangeremo ... credo che come minimo potrebbe venirle un mal di gola, indossando quell'abito, di sera. » rifletté infine e sua sorella concordò con lei, annuendo e affermando:

« Sì, hai ragione. Ma aspettiamo di vedere l'altro abito per dare un giudizio. »

« Certo! » asserì la maggiore.

Passati altri tre minuti a parlare dei vestiti da cerimonia che avrebbero indossato entrambe e della sala ricevimenti che era stata scelta, la cugina uscì dal camerino, mostrando il secondo abito.

Stessa gonna di quello precedente, scollo a cuore e pizzo che all'apparenza sembrava un po' più pesante (probabilmente avevano messo un'altra stoffa di sotto, simile al pizzo) che le copriva il petto, le spalle e continuava fino ai polsi.

Stupefatte, le sorelle si alzarono per osservare meglio il vestito: i ricami sul pizzo somigliavano all'edera e vi erano sparsi dei cristalli, anche su tutto l'abito. Il velo era lungo e le arrivava oltre i piedi.

Si misero di fronte a lei, la quale fece nuovamente un giro su se stessa e chiese, sorridendo più emozionata di prima:

« Come sto? »

« Stai d'incanto, tesoro! È perfetto! » rispose la bruna, battendo le mani, felice come una bambina.

« Stai benissimo! » la assecondò la minore, sfoggiando un sorriso gigantesco, che fu ricambiato da Betty.

« Ero sicura che vi sarebbe piaciuto! » esclamò, mettendo in mostra i suoi denti quasi perfetti.

« L'altro è bello, sì, ha dei bei ricami, ma non ha niente a che vedere con questo qui! » disse Emilia, sincera.

« Personalmente, preferisco di più i ricami che richiamano la natura. E questo con l'edera mi soddisfa. » constatò la bionda, contenta.

« E poi, ha il velo lungo! » esclamò, facendo l'occhiolino a Simona, che abbozzò un sorriso.

« Lo prendo, allora? »

« E di corsa, anche! È questo il vestito ideale, fidati! » affermarono in coro le due sorelle, dando l'okay con le mani per poi guardarsi a vicenda, perplesse, e scoppiare a ridere tutte e tre.

Dopo ciò la cugina, non avendo più dubbi, andò a cambiarsi. Si rivestì e chiese alla commessa di portarglielo cortesemente alla cassa.

Appena si fu allontanata, Betty informò le ragazze dell'altra faccenda.

« E adesso, la seconda notizia! Siete pronte? » fece, raggiante come non l'avevano mai vista.

Annuirono e rivelò loro, tutta contenta:

« Ebbene, ho qui davanti a me la mia damigella - e indicò Emilia - e la mia testimone - e indicò Simona- ! » entrambe spalancarono bocche e occhi, scioccate.

Avendo capito che quella novità le aveva un po' stupite, sebbene fosse l'effetto che si aspettava, decise di intervenire, ancora sorridente.

« Allora? Non mi dite niente? Accettate o no? »

Ambedue si puntarono col proprio indice, domandando all'unisono, sconvolte:

« Tu vuoi che io ti faccia da damigella? »

« Tu vuoi che io ti faccia da testimone? »

« Beh, sì! » disse Betty, mettendo le mani sui fianchi e sollevando le sopracciglia, mantenendo il sorriso sulle labbra.

Le fecero un ampio sorriso da arrivare quasi alle orecchie ed esultarono e saltarono di gioia, abbracciando la cugina e dicendo, euforiche:

« Sììììììììì! Certo che sì! »

Betty ne fu felicissima, perciò le strinse di più a sé, emettendo insieme a loro dei gridolini di allegria. Improvvisamente, le commesse si affacciarono per capire a cosa fosse dovuto quel chiasso che stava sentendo mezzo paese, a momenti.

Scoccarono loro un'occhiata ammomitrice e severa, attendendo che si zittissero. Le tre si accorsero della presenza delle donne e si staccarono dall'abbraccio, smettendo anche di urlare come delle liceali che avevano ricevuto degli inviti per il ballo di fine anno dai ragazzi per i quali avevano una folle cotta.

« Volevamo dire ... » proruppe Simona, dopo aver schiarito la voce,

« ... che saremo onorate di farti io da testimone e mia sorella da damigella al tuo matrimonio. »

Rivolsero uno sguardo veloce alle commesse, le quali annuirono con il capo e tornarono ai loro posti.

« Okay, ehm ... imbarazzante, non trovate? » chiese Emilia, grattandosi la nuca.

Le altre asserirono con un cenno della testa.

« Betty! »

« Sì, Simo? »

« Volevo chiederti, chi è l'altra testimone? »

« Mia sorella Matilde. Non so se te la ricordi. » rispose la bionda.

« Oh, sì! Mi ricordo di lei! È tanto che non la vediamo! » considerò la ventitreenne.

Betty aveva trentaquattro anni.

« E per quanto riguarda il paggetto? Chi sarà? » cambiò argomento.

« Il paggetto sarà il piccolo Samuel. Ti ricordi di lui, no? Il figlio del mio vicino di casa, Cosimo. Era un mio vecchio compagno delle superiori e siamo rimasti in contatto. E sua figlia sarà la damigella. » spiegò la cugina.

« Ah, sì. Mi ricordo di Cosimo. Se non sbaglio, aveva una cotta per te, al liceo. » disse, pensosa.

« E io per lui. Finché non ha conosciuto Anna e si è sposato con lei. E, dopo circa qualche mese, io ho incontrato Carmelo e, beh, per noi il resto è tutto da vedere! » replicò, facendo l'occhiolino alle sue cugine.

Sorrisero e si diressero alla cassa per pagare il vestito, con i soldi che i genitori di Betty le avevano dato. Finito ciò, uscirono dal negozio e decisero di recarsi in un bar lì vicino per bere qualcosa. Entrate lì, salutarono educatamente e ordinarono direttamente al bancone.

« Mi faccia, cortesemente, un caffè macchiato. » disse la bionda, chiedendo e ottenendo poi il permesso di appoggiare l'abito su un tavolino del bar.

« Per me un caffè decaffeinato, grazie. » fece Emilia.

« Io prendo un cappuccino, per favore. » ordinò infine la bruna.

Nell'attesa, la minore decise di passare il tempo con una domanda venutale sul momento.

« E gli altri due testimoni? Li conosciamo? »

« Credo di sì. » iniziò la futura sposa.

« Uno è un fratello di chiesa e amico molto stretto di Carmelo. Di cognome fa Ricciotti ... »

Simona si ricordò di quel cognome e ciò le rammentò il suo ultimo dibattito con Andrea. Betty continuò a parlare, raccontando come si fossero conosciuti i due uomini, data l'improvvisa curiosità di Emilia, ma la sorella maggiore si focalizzò sul suo, ormai, quasi pensiero fisso.

Non poteva fare a meno di ripensare a quel viso così cupo, a quei suoi occhi più scuri del normale e alla rabbia che aveva riversata su di lei; sperava tanto che gli fosse passata.

Sapeva che il Signore l'aveva perdonata, ma non sapeva se anche il ragazzo l'avesse fatto oppure no. Vennero servite le bevande richieste e le ragazze, di rimando, ringraziarono gentilmente.

La ventitreenne continuò a rimuginare su quei pensieri che aveva come un chiodo fisso in testa, mentre finiva di mescolare il suo cappuccino con il cucchiaino e cominciava a sorseggiarlo, finché non udì una frase da sua cugina.

Frase che la scombussolò ancora di più.

« Mentre l'altro testimone è suo nipote, Andrea Chiave! » le comunicò, ignara dei precedenti che avesse la bruna con il giovane appena tirato in ballo.

Le espressioni sbigottite delle due sorelle non mancarono d'arrivare.

« Cosa? » fece Emilia, sorpresa, strozzandosi appena con il caffè e tossendo, dandosi colpetti sul petto.

La reazione dell'altra fu diversa e più incisiva, infatti la bevanda le andò di traverso e la sputò dritta davanti a sé, proprio in faccia al povero barista che stava ripulendo pacificamente un bicchiere di vetro.

Evidentemente, Simona e i cappuccini non andavano d'accordo se c'era di mezzo un maschio.

« Cosa? » squittì infine, guardando sbalordita la bionda.

Poi si girò in direzione dell'uomo, rimasto scioccato da quella doccia di caffè inaspettata.

« Mi scusi! » disse debolmente, desolata.

Il barista si ripulì con un asciugamano, scoccandole un'occhiata guardinga e buffa, soprattutto a motivo delle sue labbra: il superiore normale e l'inferiore sporto di lato e uscito di poco.

Lei si morse il labbro, dispiaciuta. Si ridestò e si rivolse di nuovo alla cugina.

« Cosa? » ripeté, con più enfasi.

« Cosa? » chiese confusa la trentaquattrenne.

« Cosa? » rifece la sorella minore.

« COSA?! » sbottò disperato il barista, avendone abbastanza di tutti quei cosa? e volendone venire a capo anche lui, ricevendo delle occhiate perplesse dalle ragazze.

Una volta che gli animi furono placati, Betty domandò:

« Che c'è? Lo conoscete, forse? »

Le due sorelle si guardarono a vicenda, l'una più triste dell'altra.

« Sì. Beh, non proprio. » fece incerta Emilia.

Poi aggiunse:

« Diciamo che Simona e lui non vanno d'amore e d'accordo. » formulò infine.

La maggiore sbuffò una mezza risata amara, confermando in quel modo la spiegazione dell'altra.

« Oh. » emise la cugina.

« Cos'è successo, se posso saperlo? »

La ramata si grattò la nuca nervosamente, mentre sua sorella ridacchiava istericamente.

« È una storia molto lunga, ma cercherò di farla breve. » annunciò quest'ultima.

« Sin da quando ci siamo conosciuti, non ci siamo sopportati nemmeno per un secondo! » dichiarò, tra la contrizione e l'ironia.

Betty non voleva essere scortese nel domandare cosa fosse accaduto tra di loro, sapeva che non erano affari suoi e perciò non doveva immischiarsi. Ma era una donna e come tale si era incuriosita della situazione tra i due giovani.

« Ragazza! » non fu lei, bensì il barista, che interruppe le sue elucubrazioni.

Simona posò lo sguardo sull'uomo, osservandolo meglio: capelli castano chiaro e occhi marroni, pochi nei sparsi un po' sulla fronte e baffi folti. Poteva dedurre che avesse appena superato i cinquant'anni.

« Sai, noi uomini sappiamo essere dei veri cocciuti e sciocchi, a volte, e neanche ce ne rendiamo conto. Spesso non vogliamo ammettere che la colpa è nostra e la diamo a voi donne, sbagliando. Dovremmo sapere ammettere i nostri errori e invece non lo facciamo. Ciò che hai detto, mi ricorda quello che accadde parecchi anni fa con mia moglie. »

La bruna spostò l'attenzione sulla mano sinistra dell'uomo dove, a confermare ciò che aveva appena detto, c'era la fede nuziale infilata all'anulare.

Non capiva perché si stesse impicciando nella sua faccenda, senza che qualcuno lo avesse interpellato o avesse chiesto un suo parere. Nonostante ciò, decise di ascoltare quell'indiscreto signore, ritornando a guardarlo e annuendo con il capo, facendogli capire di poter continuare. Lui annuì a sua volta.

« Tra noi due non scorse da subito buon sangue. Non ci tolleravamo, arrivando persino a detestare il fatto di dover respirare la stessa aria. » lui alzò lo sguardo in alto, sfoggiando un sorrisetto.

« Ma un giorno, successe ciò che non avremmo mai voluto che accadesse. Ci incontrammo per caso in un supermercato, il cui parcheggio si trovava sotto d'esso. Non ci salutammo neanche: ognuno a pensare alla propria spesa. Finché, quando finimmo e dovemmo scendere al parcheggio, capitammo in pochi secondi di differenza dentro lo stesso ascensore, con le borse pesanti tra le mani. » ridacchiò apparentemente senza un motivo, ma dopo rivelò:

« Sì, perché c'eravamo scontrati per prendere il carrello, perciò vi rinunciammo! » rise più forte, avendo vivo il ricordo impresso nella mente.

« Ad ogni modo, ci ritrovammo lì, nell'ascensore. E ci fu un blackout! » rise ancora e le ragazze lo accompagnarono con dei sorrisi, divertite da quel cliché.

« Lo so, potrà sembrare troppo scontato e da film, ma da quel momento in poi cambiò qualcosa nelle nostre vite. Non sono un tipo molto credente, però sono sicuro che non fu un caso quel blackout. Lei soffriva di claustrofobia e si mise a urlare di voler uscire, come una pazza. Non l'avevo mai vista così nel panico. La soccorsi, mettendo da parte le nostre divergenze, cercando di calmarla e ci riuscii. Cominciammo a parlare pacificamente, per la prima volta. Scoprimmo di avere parecchie cose in comune e ci dimenticammo perché continuavamo a farci la guerra. Il disprezzo tra noi due sparì completamente, ritornò finalmente la luce nell'edificio e, dopo qualche giorno, ci mettemmo in contatto, diventando sempre più amici, fino al giorno in cui, a uno dei nostri appuntamenti, scappò il nostro primo bacio. » raccontò l'uomo, sorridendo come un ragazzino in preda alla prima cotta, e le ragazze fecero altrettanto.

« E adesso sono ventidue anni che siamo sposati. » concluse, soddisfatto, ritornando a pulire il bancone di lavoro e gli oggetti in vetro.

Erano le uniche clienti in quel piccolo locale, quindi nessuno aveva ascoltato il racconto del barista, oltre loro. Ma ciò che ronzava nella testa di Simona era perché l'uomo le avesse esposto quello spaccato della sua vita amorosa.

Che cosa voleva trasmetterle o farle comprendere? Per quale motivo si era intromesso nella loro discussione?

« Cosa intende farci capire? » volle sapere, aggrottando la fronte, guadagnandosi l'ennesimo sorriso da lui, che stavolta sollevò le sopracciglia.

« Non sai mai chi è veramente una persona, finché non impari a conoscerla. » sentenziò lui.

Poco dopo, aggiunse, cambiando argomento:

« Non c'è bisogno che paghiate: omaggio della casa! » facendo loro l'occhiolino, per poi dirigersi verso la cucina del bar, chiudendo definitivamente quella conversazione.

Simona rimase basita dalla risposta precedente, ripetendosela nella mente e iniziando a riflettere sulla veridicità di quelle parole. Nel frattempo, altre persone stavano entrando nel bar.

Le tre non riuscirono a ringraziare l'uomo, poiché non era ancora uscito dalla cucina e Betty ebbe l'urgenza di tornare a casa, siccome si era fatta l'ora di pranzo e i suoi genitori non tolleravano ritardi. Per cui, uscirono dal bar e le due sorelle accompagnarono la cugina alla macchina, una Panda azzurra.

La aiutarono a sistemare il vestito, ovviamente già dentro l'apposito sacco, dentro l'abitacolo, salì all'interno anche lei e salutò le cugine, mettendo in moto e partendo verso casa sua.

Le Fedeli fecero ritorno al loro appartamento, ma Simona continuava ad avere la testa altrove, torturandosela con le parole del barista. Ponderò ancora di più sul comportamento che aveva avuto con Andrea e anche lei, oltre ad avere le sue colpe, forse, si era fatta qualche pregiudizio sul ragazzo.






Angolo Autrice

Buondì! Come va?😊
Vi aspettavate che Simona ed Emilia sarebbero state rispettivamente testimone e damigella della sposa? E di Andrea che mi dite? Cosa pensate che succederà al matrimonio? Scrivetemelo in un commento e lasciatemi una stellina, please. 😅
Alla proxima.
Dio vi benedica.❤

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