56 - Celebrità
Dopo un viaggio di tre ore, arrivammo a destinazione. Un altro mini aereoporto. Cominciavo a pensare che lo zio Lionel facesse troppi sotterfugi. Come se mi leggesse nel pensiero disse a tutti: "Mi spiace se sto facendo tutte queste manovre, ma è per il vostro bene". Quindi prese fuori il suo Exphone, invitando tutti noi a guardare. Aveva aperto un applicazione che ricordava vagamente la bacheca di un qualche sito web. E le notizie contenute al suo interno mi lasciarono esterrefatto.
C'erano montagne di fotografie, congetture, spiegazioni, piani. Perfino storie inventare su parenti di Blacksmith che, in segreto, si sarebbero ribellati a lui. Ero indeciso se ridere per lo sdegno o incupirmi per così tanto interesse. Alla fine, decisi che mi sarei comportato in base a come saremmo stati presentati. In quel momento, arrivò un secondo aereo, molto simile al nostro, tranne per la striscia che correva dal corpo fino alla carlinga, di colore verde chiaro.
Bofonchiando, lo zio Lionel disse: "Coincidenza perfetta, è arrivato puntuale".
"Chi è arrivato?" chiesi, solo per rendermi conto di quanto fosse stata stupida la domanda. Appena si aprì il portellone, venne fuori un ragazzo alto quanto me, un metro e sessantotto, pelle olivastra, capelli neri e occhi marrone scuro. Anche Riccardo era arrivato a destinazione. Mi fiondai a salutarlo, per poi rendermi conto che anche il resto della squadra si era precipitato per dargli il benvenuto. Ultima di tutti, arrivò anche Demetra, che si sciolse appena lui la fissò.
'È ufficiale' pensai fra me e me, 'Demetra non sarà più una scocciatura'.
Entrò una limousine di gran classe, nera, con una statuina dorata. "Rolls Royce" disse Gerald, rimanendo affascinato dal veicolo. Scese il guidatore che, prontamente aprì lo sportello, invitandoci ad entrare.
Dentro era veramente più bella di quanto si potesse immaginare. Interni in pelle, morbidi al tatto. Ma dentro c'erano anche due persone. Una donna molto giovane, all'incirca sui quarant'anni, bionda, vestita con un completo dal gusto ricercato, due labbra rosse come il fuoco. L'uomo che stava al suo fianco aveva tratti tipici dei panamensi, due occhiali tondi, capigliatura riccia e ribelle, con un completo nero gessato. C'erano diverse sedute, perciò presi posto più o meno al centro. A destra si sedette Angelica, seguita da Gerald, mentre a sinistra si sedette Jeena. Verso le sedute di fondo si sedette lo zio Lionel e il signor Baxter, mentre Demetra e Riccardo si sedettero alle poltrone di fronte alle nostre. Quindi Lionel fece gli onori di casa, se così si poteva dire.
"Ragazzi cari, finalmente ci siamo. Vi presento la signora Swift, ovvero conosciuta come il Presidente degli Stati Uniti d'America, mentre il signore qui presente è il primo ministro, nonché mio ex compagno di studi, Domingo Pimentèl"; quando disse del Presidente, guardò in faccia a me, a Jeena e a sua figlia, ricordandoci chiaramente la promessa fatta in auto qualche ora prima.
"A nome della nazione intera, e per estensione a nome di tutti i governi, vi do le mie più vive congratulazioni. Avete rischiato la vostra vita in modo disinteressato, e il tutto per riprendere la vostra vita, strappata dall'ex magnate di videogiochi Rudolph Blacksmith. Lasciate che vi esprima tutto il mio apprezzamento per il vostro grande gesto. In questa ultima settimana, sono stata informata di quanta celebrità avete riscosso, e vorremmo che simili atteggiamenti fossero più presenti. Lascio che il primo ministro vi spieghi l'andamento della giornata odierna. La celebrazione avverrà, davanti alle telecamere dei maggiori giornali del mondo, domani mattina alle undici e tre quarti".
Quindi il Presidente guardò il primo ministro che, sorridendo, cominciò a dire: "Lionel, felice di vederti. Ecco come sarà il vostro soggiorno. In questo momento, abbiamo lasciato l'aeroporto privato, e ci stiamo dirigendo verso il Pearl Hotel, dove pernotterete oggi e domani sera. Vi abbiamo già assegnato le camere, dovete presentarvi tutti assieme alla reception con i cognomi fittizi 'Laroute e Castershire'. Potete andare a farvi un giro anche in città, l'importante è che non diate troppo nell'occhio, ed evitare di rispondere a domande riguardanti la vicenda D.S.P. sarà fondamentale per la vostra incolumità. Inoltre, tutte le vostre spese sono tutte coperte; d'altro canto, penso sia il minimo per accogliere gli eroi, non credete?"
Tutti facemmo cenno di sì. Con un bel sorriso stampato in volto, e senza nemmeno rendercene conto, arrivammo proprio nei pressi del Pearl Hotel. Caotica come ho sempre immaginato, New York era una delle città in cui sarei voluto andare, appena ne avessi avuto la possibilità.
Facemmo proprio come ci aveva istruito il primo ministro. Ci presentammo tutti assieme al Pearl Hotel, e Lionel si presentò facendo da ambasciatore, chiedendo proprio dei cognomi Laroute e Castershire. In appena cinque minuti, salimmo alle stanze più alte dell'edificio.
Varcata la soglia della prima stanza, rimasi stupefatto dall'aspetto e dalla magnificenza della Suite Imperiale. Pavimenti marmorei, una fontana molto elaborata al centro della stanza circondata da un divano che sembrava non finisse mai, il tutto corredato da elettrodomestici di ultima generazione, piante pregiate, una piccola palestra con tanto di sauna, un maxi-televisore da 85 pollici e quanto altro potesse significare la parola opulenza. Sbirciai la suite accanto alla nostra, e la scena era letteralmente la stessa, con la differenza che quella sarebbe stata la suite per le ragazze. Lo zio Lionel, invece di stare con noi nella suite, scelse di sua spontanea iniziativa, di prendere una delle camere appena più indietro. Così io, Riccardo, Gerald e Tim Baxter prendemmo possesso della suite, mentre Angelica, Demetra e Jeena andarono nella suite confinante. Tempo di sistemare le valigie, e partimmo alla volta di New York, per quanto tempo potessimo avere. Erano già le 4 p.m., e non dovevamo perdere nemmeno un secondo di questa vacanza.
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Arrivarono le 8:40 p.m., e dopo aver esplorato negozi di elettronica, di vestiti, di gioielli e quant'altro ci si parasse ai nostri occhi, andammo verso il ristorante interno del Pearl Hotel. Non ci sono parole, anche se ci penso ancora, a tutto il ben di Dio che c'era su quei tavoli.
Dopo aver mangiato come se non ci fosse un domani, si erano fatte le 11 p.m..
Non avevo sonno, e avevo voglia ancora di stare sveglio. A quell'ora sarei già andato a dormire da almeno un'ora, ma domani non ci sarebbe stata la scuola. Lasciammo che lo zio Lionel e Tim Baxter andassero a dormire. Quindi si avvicinarono Gerald e Riccardo.
"Hey Al" disse Riccardo. "Che ne dici se facciamo una fuga? C'è un parco non lontano da qui, e anche le ragazze verrebbero". La sua faccia era tipica del malandrino quale egli fosse. Per una volta, non feci il guastafeste e li seguii senza fiatare. Erano vestiti da veri modelli, e per non sfigurare, andai al volo a cambiarmi. Scelsi una felpa leggera viola a strisce, con un 98 in rilievo e un pantalone nero. Stavo per prendere le solite scarpe senza marca, quando Gerald mi toccò la spalla e disse: "Penso che queste potrebbero piacerti". Una scatola color nero, che svelarono un paio di scarpe nere con inserti di gomma viola. Non sapevo che dire, e Gerald disse: "Dai, muoviti, mettiti quelle scarpe e scendiamo. Facciamo piano, così non sveglieremo Tim né Lionel". Presi al volo l'Exphone e le chiavi della suite, e ci fiondammo giù.
In appena due minuti ci trovammo nella hall, dove le ragazze ci stavano aspettando. Angelica aveva una maglia lunghissima fino alle ginocchia di colore grigio a righe e scarpine dello stesso colore. Demetra aveva invece un pantalone verde scuro, una cintura a forma di treccia di colore bruno, un top nero con un bel cuore bianco, e un ciondolo lungo a forma di rombo. Jemma invece aveva una veste blu cobalto, una collana di perle e un paio di tacchi dello stesso colore. A tutti e tre ci venne un colpo. Prendemmo tutti coraggio e ci avvicinammo al trio, pronti a uscire e conquistare la serata. Stavamo per uscire, quando mi vibrò il cellulare nella tasca. Lo presi fuori, e a leggere il messaggio, rimasi stupito.
"Inutile, non te la si può proprio fare, eh zio?" dissi, quasi come se stesse ascoltando.
Il messaggio recitava:
"Non fate casini, divertitevi".
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29 Giugno 2023, ore 9:25 a.m.
Tutti svegli. Si fa per dire. Nessuno di noi, nemmeno quelli che erano andati a dormire presto, avevano potuto riposare. Agitazione a tutto spiano, e la tensione cresceva per ogni minuto che passava. Tuttavia, sarebbe durato solo una giornata, e al massimo, saremmo stati ricordati per almeno un paio d'anni.
Erano le 10:00 in punto, noi maschi uscimmo dalla suite. Neanche fosse una sfilata di alta moda, ma non facevamo altro che la nostra miglior figura.
Lionel e Tim avevano un completo con giacca a doppiopetto. Nero per Lionel, blu oltremare per il signor Baxter. Cravatta nera su camicia bianco avorio per il capo della sicurezza digitale, corredato di scarpe nero lucido, mentre Tim sfoggiava una cravatta azzurra su una camicia bianca.
Guardai Gerald, vestito con un completo grigio, stile principe di Galles, camicia grigio chiaro con gemelli argentati, scarpe dello stesso colore dell'abito ma senza cravatta o papillon.
Riccardo invece aveva scelto il farfallino nero su camicia viola acceso, completo nero satinato, con tanto di pochette che spuntava fuori dalla taschino.
Io invece avevo un completo blu gessato, camicia bianca con sottili striature nere, cravatta blu a tinta unita annodata in stile Windsor.
Eravamo appena fuori dalla porta della seconda suite, quella delle ragazze. Le sentivo ridere, sghignazzare e fare rumori dalla dubbia natura. Lionel, agitato come non lo vidi mai, andava avanti e indietro, e stufo di aspettare, bussò alla porta, chiedendo a un volume abbastanza alto: "Ragazze, tra poco arriverà la limousine per la celeb... ehm, per la festa di fine anno scolastico. Muovetevi!"
"Lo sappiamo, abbiamo quasi finito!" urlò Demetra. "Se ti azzardi ad aprire la porta, te ne pentirai amaramente!" disse Angelica, mentre passetti di fuga si potevano sentire da dentro.
Dopo venti minuti, si aprì la porta, lasciandoci tutti a bocca aperta, Lionel e Tim inclusi.
Partendo da Angelica, con i capelli raccolti in uno chignon, e giusto due ciocche che andavano verso sinistra, si presentò con un lungo abito di seta bianco, corredato di copri spalle di qualche tonalità più scura, una collana di perle e un paio di tacchi coordinati.
Demetra fu la seconda ad uscire. Un abito lungo al ginocchio, con tacchi neri dalla forma semplice. Corredata di collana argentata con una pietra di ametista grande quanto un occhio, una pochette violetto scuro e diversi bracciali di varie fogge. Vedere Demetra in quella veste fece comparire un sorriso da ebete sul volto di Riccardo.
Poi fu il turno di Jeena. Se ne uscì con l'accappatoio, generando un mix tra ilarità (tra le ragazze) e di sdegno tra noi maschi. Con una richiesta di spiegazioni, Jeena fece un sorriso tipico di chi sa come prendere in giro, e aperto l'accappatoio, mostrò di esser già pronta, a discapito di quanto aveva fatto intendere. Aveva un abito di seta nero con maniche a tre quarti e gonna bianca lunga appena sotto il ginocchio. Il tutto fu completato da un paio di decolletè nere dalla punta bianca, una pochette bianca con inserti dorati e un ciondolo di colore smeraldo.
"Ragazzi, facciamo una foto! Una cosa del genere non capita tutti i giorni, non credete?" disse Timothy Baxter. Chiamò uno degli inservienti che, alla vista di com'eravamo vestiti, e con un bel sorriso di incanto, prese la macchina fotografica e scattò diverse foto, tra foto con tutti, foto con solo i maschi, solo con le ragazze, padre e figlia; finito il reportage fotografico riconsegnò prontamente la macchina al proprietario. Fu in quel momento che lo stesso inserviente disse: "Voi siete Laroute e Castershire? C'è una limousine che è appena arrivata e chiedeva di voi!"
"Ci siamo, è ora di andare!" disse Lionel.
E nello scendere, mentre fra loro parlottavano, ridevano e scherzavano, io ero teso come non ero mai stato, nemmeno se fosse stata un'interrogazione. Ma su una cosa ero sicuro al mille per mille.
Non avrei preparato un discorso, ma avrei parlato con il cuore, e avrei espresso ciò che in realtà sono.
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