49 - Soluzione all'enigma

Io ero davanti al titanico Abyssos, a metà strada tra il colosso e le schiere che attaccavano senza sosta, e appena poco più in alto, vedevo il fervore di Angelica nel dirigere le operazioni meglio di un generale pluridecorato.

"Ragazzo, sei pronto?" mi disse Lionel, svegliandomi dalla trance di quello spettacolo, tetro, sanguinario... ma che stava iniziando ad affascinarmi.

"S-sì... Ma cosa devo fare?" risposi intontito.

"Tu? Subire!" rispose Riccardo, in modo canzonatorio.

"S-s-subire!?" esclamai, sbigottito.

"Non ascoltare quel citrullo" esplose Demetra. "Penso sia una metafora" aggiunse.

"Dice che devi canalizzate energia, quindi... Dobbiamo prestarti la nostra forza... Giusto?" chiese Jeena. Mentre parlavamo, vedevo i loro corpi, quelli veri, come se fossi in loro presenza.

"Esatto Jeena" rispose Lionel. "Credo che dobbiamo effettuare come una sorta di collegamento..."

"Tesoro" mi sentii chiamare. Era mia madre, seriamente preoccupata di quello che stava succedendo e della misteriosa circostanza in cui ci eravamo rincontrati.

"Sì...Mamma?"

Quindi mi toccò la mano destra con le sue. All'improvviso, accompagnato dal suono di un qualcosa che si accendeva, vidi sotto ai suoi piedi il simbolo di un lucchetto, attorniato da una piccola barra arancione. Vidi fisicamente dell'energia passare dalle sue braccia, attraversarle le mani, incanalarsi nelle sue dita per entrare nella mia mano. Era una sorta di scarica elettrica, mi faceva male, ma se era necessario sopportare del dolore per arrivare al premio più ambito, ovvero la libertà, allora avrei sopportato questo e altro.

Vidi un piccola barra sotto ai miei piedi cominciare anch'essa a riempirsi, ma vedevo con grande stupore e disappunto che, per quanta energia stava sacrificando mia madre, mi entrava poca energia. Le cose erano due: o il valore tra me e mia madre era sfalsato, o era vero che richiedesse un grosso ammontare di energia.

Staccai io mia madre, vedendola provata, mentre uno scoppio mi fece spaventare. Alcune centinaia di arpie erano state eliminate da alcuni piccoli cannoni, usciti dalle gambe di quel maledetto gigante. "Sapevo che avrebbe imbrogliato, maledetto bastardo" disse a denti stretti Lionel. Una serie di cannoni, come se avesse preso coscienza, prese la mira nella nostra direzione. In quell'istante, un forte battito d'ali riempì l'aria, e Nick, come un eroe senza macchia e senza paura, si scagliò tra noi e i raggi dei cannoni, falciando tutti gli attacchi. Con uno sguardo, capii che avrebbe preso tempo per noi. Io gli feci cenno col capo.

Per la prima volta stavo 'giocando' con mio fratello. Nel senso di una vera squadra. Era strano che non avessi incontrato mio padre, o Annie. Probabilmente erano tra gli eserciti, o speravo fossero fra quelli disconnessi al primo giro.

Guardai di nuovo gli eserciti, e vidi schieramenti di artiglieria immani iniziare a fare fuoco. Un suono debole, appena percepibile. Esaminai che entrambe le gambe avevano perso dieci dei quaranta milioni di punti. Non avrei mai sperato che così tanti, tra giocatori ed NPC, potessero fare così tanti danni. Si avvicinò Munch, e sedutosi vicino a me, iniziò anche lui a trasmettere e energia. Ancora mi chiedevo il come fosse entrato in D.S.P., e soprattutto come fosse sopravvissuto nel gioco.

Mossi il mio caro Jack Russell dalla mia posizione, e accucciandosi a qualche passo dal gruppo, vidi che aveva sacrificato almeno 80% della sua energia. Non sapevo se quella fosse la barra degli HP, o se fosse qualcosa che non rientrava nello schema originario del gioco. In fondo, nulla di questo gioco aveva uno schema. Ai miei piedi ancora quella barra arancione che, stavolta, era arrivata intorno al 9%. Sospirai, se pensavo che con solo due interventi avevo raccolto così poca energia.

Si avvicinò Lionel a me, e provando a fare la stessa cosa, cominciò a passare dell'energia. Mi accorsi fin da subito che entrava in misura minore, e forse lo stesso Lionel se n'era accorto. Si staccò da me, vedendomi in dubbio, mentre vidi che era pensieroso; questo fino a che il suo volto non si illuminò.

E mentre gli scoppi, gli stridii, e il rumore dei colpi e dei caduti si mescolava con quello del gigante e dei suoi bassi gemiti, intorno a me si radunarono i miei compagni di quell'avventura forzata e in prima fase odiata, ma che ora quest'ultima mi aveva arricchito nel profondo. Davanti a me c'era Lionel, alla mia destra avevo Jeena e il suo sguardo triste e cupo, mentre Gerald stava alla mia sinistra. Dietro a me c'erano Demetra e Riccardo, e avevo già il sentore di qualche strana relazione. Posai i miei occhi su Helena, ovvero mia madre, e il suo corpo statuario, con la spada sguainata di colore verde. Per una volta, ragionai come un vero nerd di D.S.P., capendo che la spada in suo possesso fosse una spada di Granterra, uno dei quattro elementi superiori del gioco. Mi chiesi perfino che fine avesse fatto la spada tetraelementare.

Lionel attirò la mia attenzione, e urlò: "Ora!"

Non capii più nulla, mentre tutti e cinque posero le loro mani su di me. Stavolta sentivo le forti scariche di energia entrarmi nel corpo, e abbassando debolmente la testa, anche se vedevo sfocato, stavo vedendo che la barra arancione si stava ricaricando a una velocità folle. Dopo appena due minuti, i cinque caddero a terra, visibilmente provati, e riottenni quel poco di lucidità per vedere meglio. La barra era carica al 84%.

Sentivo già più forza di quella che avevo sperimentato durante tutto il corso della mia permanenza forzata. L'unica cosa a quale mi sarei voluto abituare subito era la vita normale.

Un botto molto forte, simile a quello di una bomba, seguito da altri due o tre colpi dello stesso tipo, mi svegliò dalla trance dei pensieri in cui ero. Guardai il gigante, e vidi con grande meraviglia che i piedi e le mani di Abyssos erano stati eliminati. Esultai, ma nello stesso tempo pensai che questa non sarebbe stata una battaglia leale, una battaglia che si poggiava sulle regole.

In quel momento, vidi l'orrore. Il gigante si poggiava sugli stinchi, e il volto di Abyssos mi faceva rabbrividire di paura. Sorrideva, ma non con un sorriso di rassegnazione. No, il suo era un sorriso di frustrazione, come quello che spunta quando tutti ti guardano con cattiveria, riversando la propria frustrazione, il proprio sconcerto, su colui che ne è la causa. Quello era il sorriso di Rudolph Blacksmith, fuso con la bestia finale chiamata Abyssos. Vidi Angelica schizzare via, solo per poi inorridire dall'orrore.

Dagli stinchi uscì qualcosa simile a un blocco, che si aprì e rilasciò una cortina di fumo che avvelenò tutte le unità nel raggio di azione. Tutti i 580.000 giocatori, sommati ai 950.000 NPC, caddero vittima di quella nube tossica. Un gemito più profondo, molto più vicino a una risata, mi fece ribollire il sangue dalla ceca rabbia.

Lionel guardò a terra, e si meravigliò per la reazione. La rabbia aveva fatto alzare di qualche punto la barra arancione, solo che io non me ne accorsi. La rabbia fluiva libera nel mio corpo, nella mia mente e nel mio spirito, come un fiume che distrugge una diga e travolge tutto ciò che incontra con furia inarrestabile. Anche se erano solo proiezioni, Lionel insieme a Demetra, Gerald e Riccardo tentarono di scuotermi, cercare di svegliarmi dalla nuova trance, stavolta causata dalla rabbia. Una rabbia mai provata prima, o che se avevo provato prima non avevo mai provato a scatenare. Non la scatenai nemmeno quando arrivai al secondo anno, quando i bulli mi avevano picchiato per più di due ore, e solo perché non avevo passato loro i compiti. Ancora oggi pensavo a quello spiacevole episodio, fantasticando molto raramente su cosa sarebbe successo se Marcus Tennents, il vicepreside della scuola, non fosse passato da quelle parti e mi avesse salvato.

Cercavano di scuotermi, di pizzicarmi, di tirarmi i capelli, ma non c'era verso di svegliarmi da quella che poteva essere una situazione esplosiva.

Si fece avanti Jeena, e quando vide che i gesti degli altri non sortivano alcun effetto, li fece spostare. Mi accorsi di tutto questo solo dopo, quando la visione periferica mi fece vedere che gli altri si stavano spostando, per poi accorgermi di un forte dolore nei paesi bassi. Sì, Jeena mi diede un violento calcio nelle palle. Era un gesto estremo, ma sortì l'effetto desiderato. 

La mia rabbia si piantò di colpo, sostituito dal male assurdo appena ricevuto. L'unica cosa che non avrei mai visto, specialmente in un videogioco di realtà virtuale, fu proprio un calcio in quel posto. 

Rialzandomi a fatica, e piagnucolando come non facevo da parecchio, dissi: "E-e-era p-proprio n-necessario?"

Demetra rispose dicendo: "E pensare che prima avrei assaporato i tuoi lamenti come musica... ma ora... non li... apprezzo più... perché?"

"Perché sei cresciuta nella mente e nello spirito... e sei diventata sua amica" rispose Lionel.

"Pfft... figurarsi se sono diventata amica di questo sfig-".

"QUESTO SFIGATO, come tu lo chiami, ti ha salvato diverse volte in questo gioco. Tienilo a mente" gli urlò contro Riccardo. In tutta reazione, Demetra abbassò lo sguardo. Mi accorsi che non era più la principessina altezzosa che comandava sugli altri. Aveva ragione Lionel.

Se questo oscuro mondo ci aveva fatto crescere, me compreso, avevo una ragione in più per combattere. 

"Grazie" dissi a tutti.

"Di cosa?" esclamarono, quasi tutti all'unisono.

"Per avermi fatto crescere. E ora scusatemi, devo saldare un debito"; e detto questo, mi alzai e mi incamminai verso Abyssos, pronto a prendere per le redini la sorte di questo gioco.

Dissi fra me: "'Se sei giunto a questo punto, allora puoi abbandonare ogni speranza. Morire è la migliore soluzione'". Ma che significa? Morire... morire...

"CI SONO!" esultai in quell'istante.

"Su cosa?" dissero gli altri, avvicinatisi dopo aver visto il mio esultare senza apparente senso.

Quindi spiegai: "Quando voi eravate usciti da qui, insieme ad Angelica, abbiamo visto un banner che diceva che avevamo completato la missione. Probabilmente si riferiva a Zero. Ma poi si è attivato un banner più sinistro chiamato Rebirth. E recitava questo detto - Se sei giunto a questo punto, allora puoi abbandonare ogni speranza. Morire è la migliore soluzione".

"E dunque cosa hai capito?" disse Lionel, per la prima volta incuriosito da quanto spiegato. Come se il ruolo di conoscitore delle risposte si fosse invertito, dissi: "Rudolph si è fatto eliminare apposta per poter prendere possesso di Abyssos, il titano. Quindi è logico che la frase significasse questo. Uno dei due contendenti doveva morire per arrivare ad Abyssos..."

E spostando lo sguardo verso il gigante, tornai a guardare i ragazzi e dissi loro: "Dovete fare una sola cosa, e non voglio sentire obiezioni".

"Cosa?" rispose Jeena, diventando loro portavoce.

E dissi loro, chiudendo gli occhi, ed aprendo le braccia: "Uccidermi..." 

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